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comunicazione «machine to machine»: le necessarie sinergie istituzionali

alessandro luciano presidente della fondazione ugo bordoni

La Fondazione Bordoni ha dibattuto del tema «Comunicazioni Machine-to-Machine. Le necessarie sinergie istituzionali» il 25 marzo scorso nell’Aula Magna Mario Arcelli dell’Università Luiss Guido Carli di Roma, in profonda sintonia con quella che è una delle caratteristiche migliori, direi più importanti della Fondazione che presiedo: non solo ricerca di alta qualità, teorica ed applicata; non solo supporto (spero indispensabile) alle attività del Ministero dello Sviluppo economico e della Pubblica Amministrazione e allo sviluppo e alla regolamentazione del settore delle telecomunicazioni, come dimostra anche la nostra collaborazione fin dall’inizio con l’Agenda Digitale. La Fondazione Bordoni è e deve continuare ad essere stimolo perché i protagonisti dello scenario delle tecnologie informatiche e della comunicazione si confrontino e trovino linguaggi comuni per dialogare.
La giornata del 25 marzo è stata la migliore dimostrazione: l’incontro ha voluto ampliare il dibattito in corso in Italia fra le istituzioni con particolare riguardo alle reti pubbliche per le comunicazioni elettroniche e al settore energetico. E non può più stupire che anche le grandi reti di distribuzione energetiche ed idriche facciano tutte parte di questo processo: la loro crescita dipende anche dalla ricerca e dallo sviluppo, perché solo con una visione condivisa ed una presa di coscienza comune si può tentare di affrontare gli straordinari cambiamenti che stanno arrivando, e quelli che sono già arrivati.
Con la locuzione «Machine-to-Machine» (anche «M2M») non intendiamo riferirci alle tradizionali comunicazioni tra computer, ma a quelle tra dispositivi sempre più «smart», quali quelli usati nelle comunicazioni nelle reti energetiche o tra automobili, e che coinvolgono numeri sempre più elevati di dispositivi. La Gartner, società mondiale nella consulenza strategica nelle tecnologie informatiche, stima che entro il 2015 vi saranno, solo nel settore delle «smart city», 1 miliardo e cento milioni di «oggetti» connessi: illuminazione, traffico, parcheggi, reti di distribuzione, sanità. E se dovessimo ampliare lo sguardo su tutti gli «oggetti connessi», i numeri diventerebbero stupefacenti: stime affidabili riferiscono che alla fine del decennio questi dispositivi potrebbero arrivare a circa 50 miliardi. È l’«internet delle cose», e non è più solo un’idea, solo una possibilità del futuro; è qui, oggi, è già iniziata ed è in pieno sviluppo.
Ecco perché non possiamo rimanere indietro. Riteniamo che, per sfruttare in pieno questo potenziale con vantaggio per l’industria nazionale e per la crescita del Paese, sia necessaria qualche riflessione sulle politiche delle telecomunicazioni e sul contesto regolatorio. Mi riferisco ai temi dell’accesso al mercato mobile, all’ingrosso, alle politiche di numerazione, alle politiche dello spettro, alla privacy e security, all’accesso condiviso, ad informazioni di pubblica utilità.
Il rischio, tipico di queste fasi storiche di grande e disordinato sviluppo, è che ci si possa trovare con un mercato con eccessivi vincoli o eccessivamente frammentato, o con soggetti stranieri che possano diventare dominanti in Italia. Gli esempi provengono non solo dagli «over-the-top», da Apple o da Amazon, ma anche da case automobilistiche che possono introdurre nel mercato veicoli dotati di apparati con Sim già istallate e contratti con operatori stranieri. Per evitare ciò occorrono sforzi condivisi e soluzioni comuni. È già stato avviato un dibattito internazionale sulla possibilità di liberalizzare i numeri dell’Imsi, l’identità internazionale di utente di telefonia mobile, identificativi di ogni singolo operatore cellulare; quando i suoi utenti si muovono nel mondo, è necessario prevedere la possibilità di distribuire numeri telefonici non solo ad operatori mobili, ma anche a grandi utenti M2M. Questo può condurre a vantaggi o svantaggi per gli utenti finali, secondo le regole adottate.
Un altro esempio è la numerazione: il problema, apparentemente banale, dell’esaurirsi della numerazione telefonica. Le soluzioni esistono ma bisogna cominciare a pensarci. E non possiamo evitare di domandarci quali possano essere i rischi per la privacy e la sicurezza. I dispositivi M2M sono pervasivi, possono trasmettere dati legati a salute, spostamenti, consumi energetici, personali, propensioni agli acquisti. Rischi reali, per cui vanno previste contromisure.
 Saranno disponibili dati che possono originare nuovi servizi di pubblica utilità e che dovranno essere disponibili per tutti. Per esempio il servizio di emergenza europeo «eCall» che obbliga le case automobilistiche ad inserire un dispositivo che comunichi immediatamente un incidente, servizio in vigore in Europa da marzo 2018. L’Italia ha un enorme problema di infrastrutture digitali, ma ora sembra che il Governo si appresti a colmarlo con un quadro normativo e un impulso allo sviluppo di infrastrutture digitali pari a quanto è già stato fatto in tutta Europa. È indispensabile una convergenza tra regolatori, operatori, ricercatori per indicare una soluzione con linguaggi e dei sistemi comuni.    

Tags: Aprile 2015

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