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Corsera Story. Giornalisti. Quando il silenzio è quasi un suicidio

L’opinione del Corrierista

 

«La crisi economica sta facendo più male alla stampa che a qualsiasi altro settore o comparto economico, industriale, culturale. Questo si afferma anche nei paludati convegni appositamente organizzati dal mondo competente, quello dei fabbricanti e venditori di carta e quello dei produttori di carta stampata. Si può attribuire la ridotta vendita di carta al calo generale dei consumi registratosi in questi ultimi anni, ma fenomeni passeggeri non possono trarre in inganno gli osservatori più attenti e fedeli. Da quanto tempo critichiamo la moda di lasciare il campo libero alle radiotelevisioni, ritirandoci dalle edicole in determinati e significativi periodi?
L’ultima volta è avvenuto a distanza ravvicinata, domenica 5 aprile scorso, giorno di Pasqua, e giorno in cui uno dei maggiori giornali romani, Il Messaggero, ha pubblicato in prima pagina una finestrina incorniciata con questo annuncio: «In occasione della Pasqua Il Messaggero domani non sarà in edicola. Auguri ai lettori. Verrà aggiornato il suo sito ilmessaggero.it». Tutto come in precedenti varie occasioni di passate Pasquette e di altre festività. Quindi tutti in vacanza: cartai, trasportatori, distributori, poligrafici, giornalisti. E, ovviamente, i meno interessati a questa filiera finanziaria e produttiva, cioè i lettori, del resto ampiamente riforniti di notizie, più o meno tali, in una pessima giornata meteorologica come è stata la scorsa Pasquetta. Ecco allora la domanda: ma di che vi lamentate, giornalisti? Che cosa volete di più, oltre a fare vacanza, e a non lavorare proprio nei giorni in cui nei giornali si lavorava, di festa, alle 6 del mattino fino alle 17 del pomeriggio, ossia fino a quando bisognava acquisire di corsa i risultati del Gioco del Lotto e trasmetterli in redazione per pubblicarli nell’ultima edizione? Nella ricerca di nuove notizie da dare ai lettori, ma non da questi richieste, il 7 aprile scorso ad esempio Il Messaggero ha pubblicato nella prima pagina della cronaca di Roma, in apertura e sopra tutti gli altri molto più interessanti ed opportuni articoli, il richiamo: «Dopo l’Isola. Baci in Via Veneto per Brice Martinet e la moglie Elena. Ora un figlio».
Si è trattato di un incontro «sparato» con titolo a quattro colonne «Naufragi a Via Veneto» proprio nei giorni in cui, se qualcosa era naufragato, in Via Veneto, era invece proprio la Cultura, quella con la C veramente maiuscola, ignorata anche da sovrintendenti ed esperti delle direzioni del Ministero dei Beni e delle Attività culturali. Basta ricordare che, con un colpo di mano, proprio da cultura del III millennio avanti Cristo o degli islamici di oggi, è stato rimosso, a quasi 60 anni dalla sua morte, il gazebo alla cui ombra era solito trascorrere estate e inverno, il grande poeta etrusco di Tarquinia Vincenzo Cardarelli, che vestiva d’estate e d’inverno intabarrato e incappellato, cioè con cappotto e cappello, a causa di una fastidiosa malattia che gli procurava sempre freddo.
Gazebo la cui costruzione era stata permessa prima della guerra, al proprietario del locale situato tra i grandi alberghi Flora ed Excelsior, il così chiamato Caffè Strega, dal nome del suo attivissimo ed illustre proprietario, il cavalier Guido Alberti, produttore anche dell’allora famosissimo e consumatissimo liquore Strega Alberti di Benevento. Alberto, che negli anni 50 fu anche chiamato dal cinema ad interpretare in qualche film il ruolo di attore occasionale, era ricco di iniziative: insieme alla coppia Maria e Goffredo Bellonci creò il Premio letterario Strega che si consegna nel Ninfeo di Valle Giulia, offrendo ogni anno a giovani ed esordienti scrittori l’opportunità di vincerlo.
Non solo: il vulcanico re dello Strega ideò questa iniziativa destinata a diventare un’eccellente istituzione culturale e letteraria romana, ma con la costruzione di quel gazebo nei giorni scorsi demolito anticipò di almeno 30 anni l’iniziativa di Francesco Rutelli il quale, quando fu sindaco di Roma, negli anni 90, concesse a vari esercizi pubblici di costruire direttamente all’esterno, in Via Veneto, fuori del proprio locale, grandi gazebo prevalentemente in marmi, lamiere, vetrate. Ma, oltre a far asportare il Gazebo ormai dedicato perpetuamente al grande poeta di Tarquinia, il Comune di Roma e le sovrintendenze competenti hanno fatto del tutto chiudere l’antico e notissimo Caffè Strega, appartenente alla prestigiosa società di produzione dei liquori «Strega».
Essendo ogni anno fissata nel pieno del mese di luglio la cerimonia della votazione per l’assegnazione del Premio Strega, l’intervento del Comune di Roma e delle Sovrintendenze si risolverà solo in un grande danno per l’immagine di Roma, per la Letteratura, per la Cultura. Né si può sapere se un’azione del genere fosse diretta, come spesso tutti gli interventi politico-burocratici, a liberare qualche poltrona per assegnarla ad altri, magari amici degli ultimi arrivati al potere. Ma sicuramente il risultato sarà ancor più catastrofico di quelli via via prospettatisi negli ultimi anni, già di per sé abbastanza deludenti.
Si rilanciano in tal modo, cioè con spostamenti e promozioni di funzionari, attribuzione di posti, nuove elargizioni ed erogazioni, altri carrozzoni o carrozzini, le aspettative di quanti sono stati invitati, con enormi spese e sacrifici, a venire in Italia per visitare l’Expo 2015 di Milano e quanto altro possa fare anche il Vaticano con l’iniziativa del nuovo Giubileo? Papa Francesco non conosceva bene l’Italia e gli italiani? Proprio lui dovevamo rischiare di coinvolgere in un’altra italica avventura, per di più largamente superflua?
Quanto rubarono la classe politica e amministrativa italiana con il grandioso Giubileo del 2000, quello che, anzi, contribuì abbondantemente a fornire agli operatori nostrani i meccanismi finanziari, legislativi ed operativi per violare le leggi a cominciare proprio da quelle sul Giubileo? A 25 anni di distanza dall’inizio di quell’avventura i procedimenti giudiziari per le illegalità connesse e commesse non sono ancora esauriti, o sono tuttora pendenti senza che la giustizia italiana abbia ancora provveduto. E pochi disonesti italiani costringono le autorità di un altro Paese, per di più sovranazionale, ad accettare e forse anche a bissare gli errori volontari o meno del precedente Giubileo. Ma il Vangelo non insegna la prevenzione? Come prevenire un secondo Giubileo 2000? E la stampa italiana, tacendo su tutto, non mette in forse il destino di se stessa?

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