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Pierluigi Richini: Quadrifor, ecco come monitoriamo e formiamo i quadri del settore terziario

Pierluigi Richini, responsabile  Studi e Formazione di Quadrifor,  l’Istituto bilaterale per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario

Quadrifor è l’istituto bilaterale per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario, distribuzione e servizi, costituito nel 1995 sulla base dell’intesa contrattuale sottoscritta dalla Confcommercio e da Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, UilTucs-UIL. L’Istituto promuove iniziative di formazione in aula e a distanza, nonché di informazione indirizzate allo sviluppo delle conoscenze e competenze professionali dei quadri del terziario. La cooperazione tra le esigenze di sviluppo e crescita imprenditoriale e la sensibilità delle parti sociali per la qualificazione professionale dei lavoratori costituiscono la chiave di volta per il settore rappresentato da Quadrifor, che è punto di riferimento per oltre 53 mila quadri e 11 mila aziende iscritte e mira ad accrescere le competenze specifiche nei vari settori per le finalità di sviluppo professionale dei quadri e delle imprese. Tale attività è realizzata attraverso la promozione di corsi, seminari, ricerche, convegni e workshop.
Quadrifor svolge la propria attività principale attraverso un’offerta formativa in aula di corsi e percorsi di formazione tecnica e manageriale, un’offerta formativa e-learning, progetti formativi aziendali e interaziendali finanziati, ricerche inerenti al campo della formazione professionale, al ruolo e la figura del quadro, alle competenze strategiche ed alle esigenze formative, una rassegna stampa dedicata ai quadri. In un’ottica di miglioramento continuo, a partire dal 2005, Quadrifor ha sistematicamente ottenuto dall’ente certificatore Uniter la certificazione della qualità ISO 9001:2008 per la progettazione ed erogazione di attività formative destinate all’orientamento ed alla formazione continua dei quadri. Dal 2003 l’Istituto è accreditato alla Regione Lazio. Ne parla Pierluigi Richini, responsabile del settore Studi e Formazione.
Domanda. Cos’è esattamente, un istituto bilaterale, quale Quadrifor?
Risposta. Gli istituti bilaterali sono formati per il 50 per cento dall’associazione di categoria e per il restante 50 per cento dai tre sindacati. Nel nostro caso specifico, dato che siamo l’ente bilaterale di quadri del terziario, il 50 per cento è detenuto dalla Confcommercio e l’altro 50 dalle tre categorie sindacali che fanno riferimento al commercio.
D. L’iscrizione ha un costo?
R. Sulla base del contratto nazionale sottoscritto dai sindacati e dalle imprese che vi fanno riferimento, il quadro versa 25 euro l’anno, e per ogni quadro sono versati 50 euro, quindi abbiamo 75 euro per ogni quadro iscritto. Oggi contiamo su oltre 53 mila quadri e 11 mila imprese, e costituiamo il punto di riferimento per un’ampia parte del settore.
D. Che attività svolgete?
R. Facciamo studi periodici al fine di predisporre un’offerta formativa per gli iscritti. Abbiamo costituito un sistema di monitoraggio di tutte le aree di interesse che ci dice di anno in anno che cosa proporre. Le ricerche ci danno l’evidenza delle nuove priorità su cui intervenire, e hanno una periodicità biennale. Al di là del fatto che siamo specificamente focalizzati sui quadri intermedi, otteniamo da esse l’evidenza di come si sta trasformando l’impresa.
D. Proprio a partire dalle vostre ricerche, come risulta modificata la situazione dei quadri negli ultimi anni?
R. Venti anni fa, quando è nato il nostro Istituto, emergeva il carattere intermedio del quadro che collegava chi determinava le strategie d’impresa e chi poi doveva operare; il dirigente era il «leader», colui che ha la visione del mercato e dell’impresa, elabora le strategie, costruisce i sentieri dell’innovazione. Il quadro era quello che traduceva queste visioni in operatività quotidiana, motivando le persone a raggiungere gli obiettivi. Alla luce della crisi c’è stato un forte cambiamento, dalle statistiche Istat sulle forze lavoro il numero dei quadri è rimasto pressoché invariato, mentre il numero dei dirigenti si è ridotto; è una questione di costi, ma questo sta anche a significare che molte delle competenze che prima erano affidate ai dirigenti, che tutt’oggi hanno la funzione di prendere le decisioni, si sono trasferite ai quadri. D’altro lato c’è un processo di responsabilizzazione all’interno delle imprese che è sempre più elevato, per cui non è solo ai quadri intermedi che si chiede un senso di responsabilità rispetto all’andamento complessivo dell’impresa, ma anche a livelli più bassi, e questo si sposa anche con la politica dell’Unione europea che, tra le otto competenze chiave della cittadinanza, inserisce l’autoimprenditorialità.
D. Da cosa avete misurato questo cambiamento nel ruolo dei quadri?
R. Il quadro è una figura particolare perché è un ganglio organizzativo. Innanzitutto c’è un ampliamento di autonomia, per cui oltre l’80 per cento gestisce dei collaboratori. Si tenga presente che quando parliamo di quadri stiamo parlando di una posizione contrattu
ale, per cui chi si trova all’interno dell’impresa da molti anni, in relazione alle strategie di valorizzazione dell’impresa, può ottenere la qualifica di quadro senza che ciò cambi la sua attività professionale. Oggi chi è quadro invece è sempre di più gestore di risorse: il 66 per cento e cioè i due terzi gestiscono un budget, chi in relativa autonomia e chi sotto direttive e vincoli, ma comunque con un budget di riferimento ed è una proporzione quasi simile a quella dei quadri che rispondono direttamente o al titolare o al direttore generale o all’amministratore delegato: non ci sono molti passaggi e ciò significa che la piramide organizzativa si sta schiacciando e che chiaramente assume una configurazione diversa anche l’impresa.
D. Quali sono le competenze richieste ai quadri nel prossimo futuro?
R. Abbiamo molto focalizzato l’attenzione sull’aspetto delle competenze richieste nel prossimo futuro e abbiamo avuto delle relative sorprese. Non ci aspettavamo che nel ranking oltre il 40 per cento delle imprese e dei quadri mettesse al primo posto le capacità d’innovazione, concetto non molto facile nel terziario: se nel secondario l’innovazione è quella del processo produttivo e di prodotto, nel terziario innovazione significa gestione del cambiamento. Ci sono delle leggere differenze tra uomini e donne, per cui per esempio le donne sono molto più propense al «change management», alla «business collaboration» e alle competenze digitali. Rispetto al passato, inoltre, il quadro deve conoscere lo stato economico della propria unità e dell’impresa e deve sapere entrare nel merito dei numeri, ossia avere competenze di amministrazione e di finanza, conoscere gli indicatori chiave per poter dare valutazioni sulla redditività della propria attività, essere in grado di produrre report amministrativi e finanziari. Questo è ciò che noi abbiamo chiamato la sfida della gestione economica, che si affianca alla sfida delle strategie. Una cosa emersa che sembrerebbe coincidente con il passato ma che non lo è, è l’elevatissima convinzione della necessità che il quadro oggi sappia motivare, condividere gli obiettivi, gestire le persone. Ciò era ritenuto importante anche 20 anni fa, ma oggi ne è cambiato il significato, poiché c’è un livello di individualizzazione sempre più elevato: bisogna condividere significati prima ancora che obiettivi. Da ultimo, c’è la sfida delle nuove tecnologie e delle competenze digitali. Nell’Agenda digitale ci sono tantissimi punti come la banda larga e la sicurezza; in Italia abbiamo problemi forti da risolvere, la banda larga ancora non c’è e la sicurezza dei dati è molto lacunosa. Solo per il 15 per cento dei quadri e l’8,7 delle imprese conoscere e utilizzare i social media è importante, differentemente da ciò che avviene in molte aziende di Paesi nostri competitor. Sul tema dello sviluppo delle competenze digitali abbiamo avviato un’iniziativa, denominata «digital coaching», in cui abbiamo selezionato giovani quadri cui insegnare come gestire il trasferimento di competenze digitali ai «senior».
D. È soddisfatto della formazione che avviene attraverso l’istituto Quadrifor?
R. La partecipazione per i quadri iscritti è gratuita, l’anno scorso abbiamo messo in formazione 2.900 quadri in aula e 1.200 attraverso l’e-learning, ossia le lezioni online, e per ogni classe ci sono tra i 10 e i 15 partecipanti. Siamo una sorta di «metaorganizzazione», cioè non facciamo formazione ma interpretiamo i bisogni e poi articoliamo l’offerta. Il nostro catalogo comprende 26 scuole di formazione, e quando apriamo le iscrizioni il primo giorno in generale abbiamo già circa mille iscritti, ciò significa che abbiamo dovuto lavorare molto anche sull’informatizzazione dei nostri sistemi.
D. Cos’è cambiato nel settore della formazione e del management?
R. Mi sono sempre occupato di formazione a diversi livelli e noto con molta evidenza che oggi è una sorpresa persino per me il fatto che dobbiamo rincorrere il cambiamento ed esserne il motore, anche se ciò è difficile in determinati contesti. L’altro cambiamento che noto è nella durata della formazione, oggi inferiore a prima, per gli impegni di tutti. Ma la formazione funziona sempre di più quando mette insieme la pratica quotidiana con quanto detto dai docenti.
D. E invece i nuovi fabbisogni di competenza quali sono?
R. I temi più richiesti sono quelli sulla gestione del cambiamento, sul «project management», sulla certificazione internazionale di «project manager». Abbiamo corsi, che una volta non c’erano, sulla capacità di analizzare gli scenari, o sulla «business collaboration», che non è particolarmente richiesta ma che comincia ad affacciarsi come tema formativo importante.
D. Cos’è la «business collaboration»?
R. Significa ragionare oltre i confini della propria impresa sulle sinergie che possono stabilirsi con gli altri soggetti. Abbiamo inoltre una grandissima richiesta da parte dei quadri sul gestire le risorse umane, che possono andare dalle «leadership» femminile allo «storytelling», a corsi che utilizzano tecniche molto particolari per liberare energie nella comunicazione della gestione delle risorse, quali tecniche teatrali o musicali.
D. Quale percorso è più efficace?
R. Chiediamo sempre ai nostri interlocutori e alle agenzie formative che ci sia la possibilità di costruire con i partecipanti, entro la fine del corso, un piano individuale di sviluppo. Abbiamo avviato anche dei percorsi lunghi: nel master in gestione d’impresa prevediamo 16 giornate più una consulenza individuale ai partecipanti a moduli di 2 giornate per tutto l’anno, e in questo caso la costruzione di occasioni di implementazione all’interno dell’impresa è particolarmente enfatizzata dalla presenza continuativa del partecipante quadro, che può fare pratica di quanto appreso, mantenendo un rapporto tra formazione e realtà lavorativa molto stretto.    
 

Tags: Giugno 2015 formazione Giosetta Ciuffa

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