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Una ricerca Unc: quale il futuro del welfare italiano?

Massimiliano Dona, segretario generale dell’unione nazionale consumatori

Tra ottobre 2015 e gennaio 2016 l’Unione Nazionale Consumatori ha realizzato un’indagine dal titolo «Sanità e previdenza: più o meno tasse per il futuro?» con l’obiettivo di indagare le opinioni e le attese dei consumatori riguardo ai temi del welfare. È innegabile, infatti, che da alcuni anni si stia verificando un processo di trasferimento della gestione dei rischi dal settore pubblico alle famiglie, poiché le tradizionali «coperture» tendono progressivamente a contrarsi o a essere non facilmente accessibili con un conseguente aggravio economico per le famiglie stesse.
Inevitabilmente il livello delle prestazioni socio-assistenziali si abbassa e nel contempo diventa più difficile l’accesso ai sistemi di protezione; a questo si aggiunge un sensibile aumento della pressione fiscale, che ha raggiunto livelli tra i più elevati dell’area Ocse. Ne consegue che i nuclei familiari spesso non dispongono di risorse adeguate per far fronte alla gestione dei rischi.
L’esigenza di rendere compatibile la spesa sociale con un adeguato livello di competitività economica ha avuto un forte impatto sul welfare che oggi è posto ad un bivio: imboccare la strada della propria revisione per adeguarsi al nuovo scenario e conservare la propria funzione di motore principale della promozione sociale ed economica oppure avviarsi verso il declino, accettando un ruolo marginale incapace di soddisfare efficacemente i bisogni della popolazione. Per questo diventa interessante capire quali sono le speranze e le preoccupazioni dei consumatori, soprattutto i più giovani, ai quali verosimilmente verranno richiesti maggiori sacrifici.
La ricerca, che fa parte di un progetto più ampio promosso dall’Unione Nazionale Consumatori con Forum Ania Consumatori, partendo da queste premesse fa emergere alcune risultanze che meritano una riflessione: tra queste si osserva che quasi un italiano su tre, rispondendo alla domanda «come è possibile mantenere un adeguato livello di assistenza sanitaria pubblica»  suggerisce di ricorrere a forme assicurative integrative. Il dato dimostra che buona parte dei cittadini è concretamente interessata e culturalmente propensa a forme di assistenza integrativa.
D’altro canto, il 61 per cento degli intervistati si è dichiarato «molto o abbastanza favorevole a pagare direttamente i servizi di cui ha bisogno se lo Stato riducesse le tasse», così confermando che gli italiani sono tendenzialmente propensi all’introduzione di vantaggi fiscali per alcuni strumenti assicurativi (polizze sanitarie, iscrizioni a mutue sanitarie, polizze long term care, ecc) e sulla possibilità di dedurre fiscalmente alcune spese per il welfare (badante, baby sitter, etc.).
L’altra faccia della medaglia è rappresentata però da quell’85 per cento dei consumatori che desidera che lo Stato conservi il monopolio dei servizi fondamentali così sintetizzando la «voglia di welfare» e «la capacità di resistenza» («resilience») della società che si contrappone ad ipotesi di «taglio» («retrenchment») dei servizi. Ciò non toglie che gli italiani sembrano consapevoli dell’incertezza tipica della situazione attuale: alla domanda sul futuro della copertura del servizio sanitario pubblico, infatti, il 46 per cento degli intervistati risponde che si aspetta di dover «pagare di più per ottenere i servizi attuali», mentre il 26 per cento si rassegna ad accettare un ridimensionamento dei servizi della salute.
I consumatori hanno ben chiaro il trasferimento di certi rischi dal settore pubblico alle famiglie, che rimangono il principale ammortizzatore sociale del nostro Paese, ma le stesse famiglie sempre più spesso non dispongono di risorse adeguate per far fronte alle emergenze. È significativo quanto emerge dalla domanda «com’è possibile mantenere un adeguato livello di assistenza sanitaria pubblica?». ll 63 per cento degli intervistati propone di aumentare le tariffe per le prestazioni limitatamente alle fasce di reddito più elevate. Questa risposta non sorprende, anche perché, sia pure indirettamente, pone al centro dell’attenzione ancora una volta i criteri di definizione dei Lea, cioè dei livelli essenziali di assistenza che sono le prestazioni e i servizi forniti dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket).
Quel che è evidente è che il sistema attuale di welfare è inadeguato a rispondere alle reali esigenze dei cittadini, soprattutto a causa del trend demografico che sta rendendo il nostro Paese uno dei più vecchi del mondo. Il welfare inevitabilmente non sarà più lo stesso e il primo passo verso il cambiamento passa attraverso l’educazione delle giovani generazioni, in modo da renderle sempre più consapevoli del loro futuro e delle loro scelte. Per leggere i risultati completi della ricerca: www.consumatori.it.   

Tags: Aprile 2016 Massimiliano Dona UNC Unione nazionale consumatori

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