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Antonio Turroni: Bepooler, il nuovo autostop in un click per andare al lavoro risparmiando

E' il sogno, avverato, di poter sfrecciare sulla corsia preferenziale mentre la città, all’ora di punta, è in tilt; è il sogno, avverato, di superare il varco attivo delle zone a traffico limitato senza temere multe; è il sogno, non ancora avverato, di fare del bene non solo a se stessi ma all’intera società, più sostenibile, meno inquinata. Visione onirica sì, ma realizzabile: dall’incubo ci si può anche risvegliare. Come in Svizzera

L'evoluzione più pura dell’autostop che, passando dal famoso (ed aspecifico) BlaBlaCar, si rende App. Un vero e proprio autostop tra lavoratori, per recarsi in azienda tutti insieme, con un solo veicolo, ed utilizzare il classico dito dell’autostoppista in altro modo: per un click sullo smartphone. E voilà, ecco qui BePooler, puntuale come un orologio svizzero, meglio detto, come una macchina svizzera: perché è in Canton Ticino che nasce, si sperimenta, si fonde con altre realtà e si evolve. Tecnologia al passo coi tempi, ma in «sharing», dunque più che al passo, su quattro ruote.
Quattro ruote sì, ma anche quattro passeggeri sulla stessa vettura: condivisione di spese, e non solo. Ci sono incentivi da parte delle aziende, per cui si possono guadagnare buoni benzina o gomme nuove, e da parte dei Comuni: è il sogno, avverato, di poter sfrecciare sulla corsia preferenziale mentre la città, all’ora di punta, è in tilt; è il sogno, avverato, di superare il varco attivo delle zone a traffico limitato senza temere multe; è il sogno, non ancora avverato, di fare del bene non solo a se stessi ma all’intera società, più sostenibile, meno inquinata. Visione onirica sì, ma realizzabile: dall’incubo ci si può risvegliare.
Anche grazie a BePooler. L’azienda che vi aderisca può riservare posti auto preferenziali per i suoi dipendenti e monitorarne l’utilizzo in tempo reale, l’assegnazione dei parcheggi può essere personalizzata dal mobility manager incaricati, si può acquistare un pannello elettronico da installare nei posti auto riservati che riporta in tempo reale la targa del carpooler che ha prenotato; possono essere forniti rimborsi spese validi per buoni benzina od altro, calcolati in base ai chilometri percorsi e al numero di passeggeri in auto, con la tranquillità di un processo verificato e certificato da BePooler. E l’incentivo dell’azienda andrà ai «carpoolers», non a BePooler. Poi ci sono i Comuni, che possono garantire a tutti i cittadini aderenti una serie di comodità, in questo modo favorendo la vivibilità della città e lo sviluppo di un cambiamento sociale.
Ne parla a Specchio Economico Antonio Turroni, presidente di BePooler nonché, insieme ad altri amici, fondatore.
Domanda. Come vi siete accorti di questo mercato «intoccato»?
Risposta. Siamo partiti da un mercato aggredibile, vedevamo che tutto il mondo del «carpooling» e della mobilità condivisa era molto di moda in tutte le sue declinazioni, da BlablaCar fino a Uber, che è andato ad attaccare il mercato dei taxi. C’era però ancora un «mercato vergine», quello di chi va avanti e indietro al lavoro ogni giorno con la propria macchina - un conducente e quattro posti vuoti - e nulla era stato ancora fatto per ottimizzare questo tipo di spostamento.
D. Concettualmente (e praticamente) potrebbe usarsi anche il BlaBlaCar per andare a lavoro. Che differenza c’è con BePooler?
R. In realtà, in base alla nostra esperienza, sulla lunga distanza il risparmio di benzina è una motivazione sufficiente per dividere l’auto, e questo è stato da sempre il senso del BlaBlaCar. Ma nel quotidiano, dove le percorrenze sono frequenti perché ci si muove tutti i giorni, i tragitti sono brevi, dunque fattibili sul punto delle spese, e ciò induce ciascuno a prendere la macchina per non vedersi privato della propria libertà di movimento. Abbiamo così studiato il fenomeno e siamo giunti ad ipotizzare un incentivo addizionale per i pendolari, che fosse di carattere economico per loro, ma utile anche per l’ambiente e per la società: infatti, condividendo l’automobile, si riducono il traffico, gli incidenti, l’inquinamento. Invece di avere quattro auto per quattro persone, si ha un’auto per quattro persone. Ci siamo allora diretti a trovare un metodo che costituisse un volano, e abbiamo sviluppato una soluzione specifica per i pendolari che garantisse loro non solo il risparmio della condivisione del carburante - in Svizzera mediamente i dipendenti che fanno questa pratica, a persona, risparmiano da 1.200 ai 2 milafranchi all’anno - ma anche un guadagno ulteriore, che fosse incentivante.
D. Chi è disposto a pagare incentivi a questi pendolari?
R. Gli incentivi da noi immaginati e concretizzati sono collegati alle due tipologie di clienti che abbiamo individuato: le aziende con una particolare sensibilità e più attente alla responsabilità sociale d’impresa, le quali possono incentivare attraverso il welfare aziendale i dipendenti che, condividendo l’automobile, implicitamente aiutano l’ambiente; ed i Comuni, che possono incentivare con altre modalità i cittadini che compiono una buona pratica. Perciò abbiamo sviluppato una soluzione sostanzialmente rivolta a queste due tipologie di clienti.
D. Che tipo di incentivi sono dati da aziende e Comuni?
R. Nel privato sono innanzitutto economici: alcune aziende mettono a disposizione buoni benzina, altre garantiscono gomme nuove a coloro che hanno fatto più viaggi, sia come guidatori della propria macchina che come passeggeri che, rinunciando alla propria libertà, collaborano con la società. Il nostro strumento monitora tutti i differenti incentivi dati dall’azienda ai dipendenti che utilizzano questa opzione: attraverso un’App i dipendenti «carpooler» fanno sapere chi va con chi, il luogo di partenza e di arrivo, gli orari, e tutti possono impiegarla, ovviamente, per mettersi d’accordo su ogni tipo di esigenza. Ma dietro all’App c’è tutta la strumentazione che noi conferiamo attraverso la nostra intermediazione. Dal canto loro, i Comuni non mettono tipicamente a disposizione buoni benzina o altri beni, poiché non regalano soldi ai cittadini, invece impiegano incentivi «in natura» che possono essere costituiti, ad esempio, dalla possibilità di transitare nelle Ztl o nelle corsie preferenziali senza essere soggetti a multa. In relazione a ciò abbiamo lanciato un progetto con il Comune di Como, che a fine giornata riceve da noi una lista di targhe autorizzate al transito nelle zone preferenziali per il fatto di aver aderito all’iniziativa. In diversi Comuni, come in quello di Lugano, sono invece riservati dei parcheggi, incluso in una zona di scambio dove i cittadini arrivano con auto in carpooling e da lì possono prende i mezzi pubblici. In questi spazi solitamente è molto difficile e costoso parcheggiare, ma chi utilizza il nostro strumento ha un parcheggio prenotabile e gratuito. Questo è stato fatto in Svizzera, ma ne stiamo discutendo anche con diversi Comuni italiani.
D. Perché partire dalla Svizzera?
R. Per due motivi. Il primo è la densità di traffico automobilistico: nella Svizzera italiana ogni mattina entrano dall’Italia 80 mila transfrontalieri che da Varese, Como ed altre città limitrofe si recano al lavoro con la propria auto, e che la sera con la stessa ritornano a casa. Il secondo motivo è costituito dalla legislazione svizzera, un sistema molto avanzato che da un lato già incentiva aziende e Comuni a compiere pratiche di questo tipo, dall’altro pone forti penali a carico di aziende e Comuni che non lo fanno. La Svizzera è dunque l’ambiente migliore, sotto il profilo normativo, per sperimentare queste politiche sostenibili.
D. Prima che voi entraste nel mercato, dunque, era già presente in Svizzera il carpooling?
R. Sì, ma la differenza che abbiamo fatto sta nello strumento che abbiamo fornito, e che è piaciuto molto. Abbiamo scelto il Ticino come territorio pilota, e dopo un anno e mezzo di sperimentazione molto avanzata abbiamo sviluppato una soluzione, l’unica che ha integrazione con i parcheggi. Ora che l’abbiamo rodata in Svizzera, con una ventina di aziende e circa 2 mila utenti che la usano quotidianamente, la lanciamo già robusta in Italia. Il motivo della scelta svizzera quindi è stato proprio la bontà sperimentale del territorio, sia perché denso di traffico pendolare, sia perché colpito da una legislazione avanzata che già di suo spinge e incentiva la politica di mobilità sostenibile delle imprese e dei Comuni. Pur essendo già esistente l’idea, una soluzione così innovativa come la nostra non ha pari, anche considerati tutti gli elementi di sicurezza che abbiamo inserito.
D. Dal 1° gennaio 2016, avete unito le forze con Pool2Job, già noto nell’offrire soluzioni di «carpooling» aziendale nel territorio del Ticino. Con quali obiettivi?
R. Pool2Job era un’azienda simile a noi nata nella Svizzera ticinese. Ci siamo uniti proprio perché loro avevano avuto l’intuizione giusta ma operavano in quel mercato senza una soluzione avanzata. Pool2Job ha visto il valore della nostra piattaforma tecnologica, e integrando le nostre componenti siamo diventati leder di mercato nella Svizzera ticinese.
D. Qual è il plusvalore del vostro «carpooling» rispetto agli altri già esistenti nel mondo?
R. Abbiamo molte iniziative. Stiamo lavorando, ad esempio, sul monitoraggio nello stile di guida per poter permettere alle aziende di incentivare non solo il fatto di condividere un’automobile, ma anche di garantire che il guidatore abbia uno stile di guida sicuro. Lo facciamo sia attraverso i feedback, e cioè con una valutazione degli altri utenti, sia attraverso le scatole nere che ci fornisce Viasat, che è anche un nostro investitore, eccellenza europea nei sistemi di sicurezza satellitare che integra le più moderne tecnologie telematiche e IoT: integrandoci con quanto registrato dalla scatola nera dell’auto si potrà avere la valutazione positiva come autisti, ottenere incentivi extra dell’azienda ed anche uno sconto sull’assicurazione auto.
D. In che modo garantite la sicurezza nella guida? E cosa lega BePooler al guidatore?
R. L’utente guidatore deve impegnarsi al rispetto di condizioni di guida sicura come è previsto dalle nostre condizioni, e deve avere un’assicurazione valida; nel caso di incidenti l’assicurazione copre il trasporto dei passeggeri, che a tali fini sono considerati come fossero degli amici trasportati dal guidatore: non si tratta in nessun modo di un’attività lavorativa, quindi l’assicurazione copre ogni tipo di rischio anche per i trasportati.
D. I trasportati pagano la benzina? Come? E in che altri modi partecipano alla condivisione?
R. Ci sono diverse azioni di condivisione della benzina: gli utenti possono pagarla attraverso l’App con appositi borsellini; se non vogliono usare i borsellini si mettono d’accordo alternandosi nella guida. Hanno cioè piena libertà di usare o non usare i meccanismi di condivisione delle spese che noi suggeriamo attraverso la nostra App. L’utente infine può prenotare il ritorno con il vecchio equipaggio, o con un altro equipaggio, anche perché gli orari possono cambiare. In casi di emergenza - certificati e comprovati da noi - in cui chi ha prenotato un viaggio BePooler rimanga a piedi, alcune aziende nostre clienti mettono anche a disposizione un servizio di rientro in emergenza in taxi. In tali casi l’azienda paga le spese del taxi e dà tranquillità al dipendente.
D. Chi non ha la patente può prendere un passaggio?
R. Certo, e c’è un’ampia possibilità di personalizzazione nel decidere gli orari, nello scegliere l’equipaggio. È possibile rifiutare il viaggio con un equipaggio che ha delle valutazioni negative.
D. Le aziende che aderiscono all’iniziativa, oltre a prevedere incentivi per i propri dipendenti, pagano per i vostri servizi? È in questo modo che fate fatturato?
R. Per i dipendenti, ossia gli utenti, BePooler è completamente gratuito, mentre le aziende pagano un canone per il servizio che forniamo.
D. Si può fare «carpooling» con i dipendenti di più aziende?
R. Assolutamente sì; sta alle imprese decidere se vogliono una società chiusa o aperta. Tipicamente iniziano con una comunità chiusa, poi pian piano, quando capiscono il potenziale dello strumento, decidono di allargare l’esperienza a una comunità di distretto, e così si comincia a creare un network di gente che lavora nella stessa zona.
D. Un soggetto privato può unirsi?
R. I privati possono farlo l’uno con l’altro come vogliono perché la piattaforma è aperta a tutti. Però se uno di essi è il dipendente di un’azienda che ha aderito all’iniziativa, è la stessa azienda che deve autorizzare a dare un passaggio a un soggetto privato, cioè non appartenente ad essa.
D. In che modo vi rapportate con i «mobility manager» delle varie aziende?
R. Forniamo loro uno strumento per osservare le esigenze di mobilità dei dipendenti, pianificare e monitorare le campagne di incentivo al carpooling aziendale e valutarne i risultati. Il «cruscotto» fornisce una reportistica completa dei viaggi effettuati e delle spese condivise, dell’uso dei parcheggi, del CO2 risparmiato. Inoltre, permette di ottenere dati aggregati nel rispetto della privacy e dei dati dei dipendenti. Grazie al cruscotto il mobility manager può monitorare e variare le campagne di incentivi e i rimborsi chilometrici. È una figura prevista dalla legge; ogni azienda di una certa dimensione dovrebbe avere una persona addetta a sviluppare le politiche di mobilità dell’azienda; l’importante è fornire ad essa gli strumenti e la formazione adatta, e la nostra missione è proprio questa: spiegare ai mobility manager gli strumenti che hanno a disposizione, alcuni tradizionali, altri più innovativi. Si va dall’incentivare gli abbonamenti al trasporto pubblico, all’attivazione di navette aziendali, o al carpooling come noi lo prospettiamo.
D. BePooler è un’App, ed è una società. Che forma giuridica ha?
R. La start up ha la forma giuridica di una società a responsabilità limitata; siamo nati nel 2015, quindi siamo una start up innovativa a tutti gli effetti. BePooler ha sede a Pontepresa, paese della Svizzera ticinese, ed ora ha aperto una sede anche a Milano, proprio in quanto stiamo lanciando l’offerta sul nostro mercato.
D. È infatti recente la notizia del vostro ingente aumento di capitale, pari a circa un milione di euro, per sostenere il lancio e lo sviluppo dell’attività di carpooling in Italia. Come lo avete finanziato?
R. Abbiamo raccolto capitali freschi attraverso una ventina di investitori presenti e vicini al mondo della mobilità, con la consulenza di una società che rivolge particolare attenzione al settore «automotive & mobility», la Terra Nova Advisers.
D. In quanti lavorate al progetto?
R. La società svizzera nasce dall’iniziativa di una serie di fondatori, peraltro amici, incluso me, tra ingegneri e appassionati di tematiche tecnologiche; oggi, con l’ingresso dei nuovi investitori per lo sviluppo internazionale a partire dal lancio in Italia, sono saliti a bordo partner molto vicini al mondo professionale della telematica, dei quali abbiamo integrato le competenze, e individui che seguono tematiche di mobilità sostenibile individualmente o per grandi gruppi internazionali, così come alcune aziende del settore quali il gruppo Viasat. In questo modo è già partita la fase 2 di BePooler, che si è arricchita dell’apporto di quelle aziende che ci hanno permesso di investire oltre 1 milione di euro per lo sviluppo a Milano e nel mercato italiano, con un team costituito da una decina di persone che lavorano allo sviluppo dell’iniziativa e con partner tecnologici di caratura internazionale. Ad oggi siamo attivi con una ventina di clienti e aziende che ci garantiscono quotidianamente un fatturato stabile, e abbiamo accordi in chiusura con altre aziende, anche di alto livello.
D. La Svizzera è una cosa, l’Italia è un’altra, soprattutto se distinguiamo il settentrione dal meridione, quest’ultimo più «rischioso». Attecchirà l’iniziativa?
R. Penso che avrà un successo significativo, anche se non si avvierà tutto insieme e nello stesso momento. Ci saranno nuclei operativi, gruppi di aziende localizzate in un territorio molto circoscritto, o Comuni delle aree metropolitane che credono nel progetto e lo faranno partire. Questo avrà un effetto di imitazione quasi dirompente per i vantaggi esclusivi che il servizio comporta.   

Tags: Giugno 2017

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