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nuova economia. un mercato condiviso per un consumatore più attento: è il momento del consumo collaborativo

Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori

Alla vigilia del nostro sessantesimo compleanno (nel 2015) dedicare il Premio Vincenzo Dona ai temi dell’innovazione ci sembrava il modo giusto per rappresentare idealmente questo passaggio verso un nuovo corso. D’altra parte l’Unc è la più antica tra le associazioni dei consumatori, ma ha sempre cercato di mantenersi al passo con il continuo mutare dei tempi, proprio come diceva Vincenzo Dona: «La missione per chi si occupa di consumatori è tenere d’occhio il mondo circostante; per la nostra associazione si tratta di essere sempre in orario con quel che succede».
Al giorno d’oggi, il nuovo circonda le esistenze di ciascuno di noi: per questo il filo conduttore della riflessione dell’ottava edizione del Premio, lo scorso 26 novembre, è punteggiato da quelle parole nuove ormai entrate nell’uso comune come «start up», «car sharing», «social», «rating» o «new health». Per farlo abbiamo coinvolto sul palco i principali protagonisti dell’economia condivisa come Facebook, Amazon, Airbnb, Eni Enjoy, solo per citare qualcuno dei protagonisti della giornata. Ma in questi nuovi paradigmi del nuovo, non può mancare un riferimento alla legalità. E questo spiega la nostra scelta di premiare un magistrato come Nicola Gratteri che proprio in questi mesi è stato incaricato da Matteo Renzi di riscrivere alcune norme di contrasto alla criminalità organizzata.
Senza questa parola, senza «legalità», l’albero del nuovo, che ha caratterizzato la creatività del Premio, non potrà portare alcun buon frutto ma diventa, citando lo stesso Gratteri, una «malapianta». Siamo di fronte a nuovi modi di vivere e di consumare che potremmo riassumere così: «It’s time to share» (è tempo di condividere). Per questo si parla di «sharing economy», un nuovo paradigma che coinvolge i consumatori, promette nuovi scenari alle imprese ma anche alla società, non solo una forma di risparmio dettata dalla crisi (come sostengono i suoi detrattori), ma un diffuso atteggiamento solidale e sostenibile che si sta sviluppando oltre ogni aspettativa e che stimola crescente interesse da parte dei consumatori e tanta voglia di saperne di più. «Funziona davvero»; «È il futuro». Sono queste le voci di coloro che hanno messo in pratica le forme collaborative della new economy.
Di cosa si tratta concretamente? Il fenomeno è variegato: dall’appariscente «car sharing» che sta invadendo le grandi città, alla banca del tempo, dal «crowd funding» al «co-working», ma anche orti urbani e investimenti etici. Si sviluppano nuove sensibilità che arricchiscono l’esperienza di consumo. Evidenti i vantaggi: si risparmia tempo e fatica, si genera fiducia con la sensazione di «fare affari», di ridurre gli sprechi, aiutando l’ambiente.
C’è da crederci? Noi crediamo di sì, pur non nascondendo che, per certi versi, si tratta ancora di un fenomeno di nicchia, ma con grandi prospettive: basta guardare al di là dell’oceano dove migliaia di persone attraverso internet condividono, scambiano, rimettono in circolo beni e competenze. «Consumo collaborativo», l’hanno chiamato Rachel Botsman e Roo Rogers nel loro libro «What’s mine is yours» («Quel che è mio è tuo») e, secondo il Time, stiamo parlando di una delle 10 idee che cambieranno il mondo. Tutto può essere prestato, noleggiato o condiviso: dai giocattoli all’orto, dal trapano alla falciatrice (presi in prestito dal vicino di casa o da un amico), ma anche le competenze e il proprio tempo possono essere messi in comunione. Certo condividere non è facile, bisogna fidarsi («trust and share») e qui sta, forse, la vera novità: nel mondo dello sharing si sta riaffermando un rispetto delle regole che altri comparti sembrano aver dimenticato. E funziona di più il semplice fatto che nel mondo digitale tutti ci autodichiariamo, ci conosciamo e chi sbaglia viene espulso. Potremmo arrivare a dire non solo che ogni clic abbassa i costi, ma che serve anche ad alzare la consapevolezza.
È un nuovo mondo nel quale, finalmente non ci sentiamo più ripetere stancamente che «customer is the king», perché anche il consumatore è pronto a rimboccarsi le maniche e a collaborare in nome di una promessa che non è solo economica (se mi riduci i costi, ti faccio risparmiare), ma è anche prospettiva di un nuovo «rapporto» con l’impresa: il consumatore nuovo desidera dare un contributo, cambiare il prodotto.
E le imprese sanno che questo nuovo metodo può costituire una risorsa. Non so se arriveremo come teorizzato da Jeremy Rifkin (anche lui insignito del nostro Premio quest’anno) all’eclissi del capitalismo a favore dell’era del consumo collaborativo, sicuramente ci sarà bisogno di tempo, perché i consumatori si approprino definitivamente di questo potere (chiamiamolo «rating sociale distribuito»), ma, a vederlo così, mi sembra un modello di capitalismo che potrebbe funzionare un po’ meglio del precedente. Affinché ciò accada è necessario che questo genere di innovazione riguardi anche le aziende che, per rimanere competitive sul mercato, dovranno accettare di confrontarsi con i paradigmi della nuova economia: la condivisione, la sostenibilità, una nuova fiducia da parte dei consumatori.  

Tags: Dicembre 2014 consumatori Massimiliano Dona car sharing Amazon UNC Unione nazionale consumatori Airbnb

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