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Bruno Piattelli: «Più si avanza nell’età, più la memoria cerca di ripercorrere quanto si è vissuto»

Bruno Piattelli, imprenditore del settore dell’Alta Moda

Non c’è alcuna novità, né alcuna scoperta. Più si avanza nell’età più la memoria si agita e cerca di correre o ripercorrere quanto si è vissuto. È un fatto naturale, fisiologico, di sviluppo matematico. Questo si può fare solo con se stessi, tranne qualche raro caso o episodio che consenta di riferirne a qualcuno. Il punto è questo «qualcuno». I giovani, anche se parenti come figli, nipoti affettuosi e attenti, quelli di tutti, ti ascoltano per un po’ e, soprattutto se c’è da sorridere, poi senza pensare ma istintivamente, fatto che ovviamente si ripete in ogni generazione, ne allontanano l’attenzione come cosa obsoleta ed insignificante. I meno giovani si dividono in due classi: la generazione di mezzo, che si sta avvicinando ma ancora pulsa guardando il futuro, ma che in una certa misura ha «vissuto» e quindi accetta meglio, ma si sente disturbata per dover «già» guardar dietro; il dialogo è possibile perché c’è un certo interesse a capire, intendere, captare il passaggio che si sta verificando o è avvenuto. Ma non più di tanto.
I coetanei sono reciprocamente un disastro. Se mai t’avventuri ad iniziare un racconto, sei subito frenato da quello del collega che cerca di far primeggiare il proprio e così, a non finire, emergono episodi di tragedie sfiorate o qualche volta vissute; le persone che possono, raccontano la guerra, le donne raccontano i parti o i torti subiti; il tutto condito di denuncia, di acciacchi, dolori, rinunce più o meno serie, più o meno gravi e sempre con un più o meno delicato velo di rimpianto o di rammarico per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. È scritto: ciascun uomo ha la propria vita. Che la vita abbia momenti simili, analoghi, episodicamente identici, non vuol dire eguali. Ogni essere umano, ogni essere vivente è uno, unico, inimitabile.
Un fascino della vita stessa è conoscere e capire la vita degli altri. Se fosse facile e possibile, quanti studi non sarebbero necessari, quante discipline non sarebbero nate? E ancora si parla di statistiche sull’individualità, un controsenso già nei termini. Lasciamoci crogiolare nella nostra memoria e, se possiamo, diamo dei segni, pochi ma precisi, di riferimenti positivi che possano essere di utilità. Ma non pensiamo di insegnare con la nostra esperienza. Riflettiamo: spesso non è stata utile neanche a noi stessi.
La possibilità, quando è data, di valutare e considerare le cose, i fatti, gli uomini, con qualche elemento in più di quell’esperienza che ho citato, è un gran valore; la mancanza di velleità, anche se lecite, di spirito agonistico, di visione panoramica delle situazioni, dall’alto della mancanza di interessi faziosi sono, non diciamo il bello, non esageriamo, ma le parti positive della maturità avanzata. La vecchiaia è una filosofia, l’anzianità una fisiologia, la vetustà un’archeologia.

Tags: Ottobre 2015 Bruno Piattelli

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