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Alessandra Sensini, ovvero la regina delle onde: dalla vela alla dirigenza a terra

Alessandra Sensini vela

a cura di FABRIZIO SVALDUZ

Nata a Grosseto il 26 gennaio 1970 sotto il segno dell’Acquario, Alessandra Sensini è la velista con più medaglie all’attivo della storia delle Olimpiadi: 4 podi consecutivi su 6 Giochi cui ha partecipato (bronzo ad Atlanta 1996, oro a Sidney 2000, bronzo ad Atene 2004 e argento a Pechino 2008). Più in generale poi, la campionessa dell’acqua è stata bagnata da una vera pioggia di medaglie, avendo vinto anche 12 Mondiali e 9 Europei, tutte ottenute nella categoria Windsurf. Storicamente la vela italiana ad oggi ha vinto solo tre ori olimpici: Giovanni Leone Reggio a Berlino nel 1936, Agostino Straulino a Helsinki nel 1952 e la Sensini, soprannominata la «regina delle onde», ai giochi australiani. Alle Olimpiadi di Londra 2012, scontando la non perfetta preparazione ed un malessere fisico, è riuscita ad assicurarsi un nono posto. Al suo impegno di dirigente sportivo nella Federazione Italiana Vela (Fiv), dove in passato ha raggiunto la carica di vicepresidente, ha aggiunto quello di membro della giunta esecutiva del Coni. È stata, infatti, eletta con tutta la nuova dirigenza lo scorso febbraio, dove opera al fianco di Fiona May e di Valentina Turisini, nel Comitato Olimpico Italiano, il cui nuovo presidente è Giovanni Malagò. Nel 2011, per comunicare la sua grande passione di vita, ha scritto il libro «Una vita con il vento», la cui introduzione è firmata dal velista di fama mondiale Giovanni Soldini, che dell’amica «Ale» ha scritto: «La sua passione per il mare e per l’andare a vela, non si limita alla regata ma sconfina nel piacere e nella felicità di viversi il mare, il vento e le planate. Il piacere di godersi la gioia di navigare spinti quasi da una magia».
Domanda. Come si arriva ai suoi risultati?
Risposta. È un mix con base ereditaria. Probabilmente sono nata con delle caratteristiche passatemi dai miei genitori, che mi hanno dato una buona educazione, armonizzata con gli exploit del mio forte spirito competitivo, ma nel binario del più assoluto rispetto delle regole. E poi, tanto lavoro, allenamento e la voglia di mettersi sempre in gioco per migliorarsi. Ho, però, sacrificato molto della mia vita personale per dedicarmi alla vela.
D. Tra le tante, qual è stata la vittoria più bella?
R. L’oro di Sidney. Primeggiare in un’Olimpiade è il massimo, significa aver fatto l’impresa della vita. E poi io amo quella meravigliosa baia australiana che, per la sua naturale struttura, dona l’illusione di veleggiare dentro un enorme stadio. Ricorderò sempre quei momenti di tifo pulsante che sottolineava la mia corsa sulle onde verso la vittoria. È stato un tripudio di sensazioni e di emozioni.
D. Invece, a Londra 2012, cosa è successo?
R. Provenivo da un quadriennio un po’ turbolento, con problemi di diversa natura. Sono arrivata alla vigilia con una preparazione non completa ed uno stiramento. Ho dato comunque il massimo per quel momento, riuscendo ad entrare in finale.
D. Nel windsurf e nella vela, il fattore anagrafico che importanza ha?
R. Sono specialità che richiedono sia un forte impegno fisico che un bagaglio tecnico-tattico fondamentale per fronteggiare in gara le tante variabili. Quindi è indispensabile avere in testa un fornito database da arricchire con l’età. Ma non basta. In competizione ci vuole immediatezza nelle decisioni, per non provocare un cortocircuito per le tante informazioni in possesso. Insomma, nell’agonismo il mix è totale e l’età può essere meno importante.
D. Ufficialmente, lei non si è mai ritirata dalle competizioni olimpiche. Potremmo sperare, quindi, di vederla in gara ai giochi di Rio de Janeiro 2016?
R. In effetti non ho mai convocato una conferenza stampa sul tema, quindi sottolineo in questa occasione di essermi ritirata definitivamente dalla competizione agonistica, trasbordando a terra la mia precedente esperienza agonistica in acqua, attraverso un impegno dirigenziale. All’interno della Federvela (Fiv) ricopro la carica di vicedirettore tecnico, lavorando a fianco del direttore tecnico Michele Marchesini per tutta l’attività sportiva federale. Un impegno estremamente stimolante che mi fa sentire di non aver smesso con il windsurf, escludendo le competizioni.
D. Quale membro della nuova giunta del Coni, cosa fa esattamente?
R. Mi occupo indistintamente delle problematiche di tutti gli sport. Essendo stata eletta in quota atleti, ho certamente il polso della situazione del mio settore di provenienza, ma senza dare preferenze di genere.
D. Un bilancio dei primi 100 giorni del nuovo Coni?
R. È prematuro. Posso però dire che sono entusiasta dell’ambiente che ho trovato, e questo grazie al presidente Malagò che riesce a stimolare e coinvolgere tutti nel suo dinamismo. Giovanni ha tutte le caratteristiche dell’atleta, compresi il coraggio delle scelte, l’energia e, perché no, una buona dose di perfezionismo.
D. In tandem con il nuovo Ministro dello Sport, delle Pari Opportunità e delle Politiche Giovanili, Josefa Idem, al Coni ora ci sono i presupposti per trasformare l’Italia dello sport?
R. Sono strafelice di tale scelta del Governo perché Josefa non è solo un atleta simbolo, ma è anche una perfetta organizzatrice che vuole concludere. Le donne negli ultimi anni hanno dato tantissimo allo sport e non a caso anche in Giunta Coni ora siamo tre donne, non quote rosa ma elette perché votate. È molto significativo che lo sport segua l’emancipazione della società civile. Recentemente, Josefa ha dichiarato che le piacerebbe che la parola sport entrasse nella Costituzione. Sono pienamente d’accordo con lei.
D. Da ex candidata del Pd alle europee del 2009, non eletta, come vede la vicenda che ha portato al tracollo della segreteria Bersani? E come vede il ruolo del premier Letta?
R. Il passaggio è stato difficile ed ha avuto tempi troppo lunghi. Sul premier, che ho conosciuto, solo una nota di carattere regionale: Enrico Letta è toscano come me, diretto, senza fronzoli né timidezze decisionali. Personalmente mi piacciono gli uomini che hanno coraggio, quindi sia lui che il sindaco Renzi, non a caso entrambi toscani, mi danno fiducia. Sull’operato del Governo, però, aspetto i fatti per giudicare.
D. Lo scorso aprile a Napoli, lei, assistendo alle World Series della Coppa America, ha definito i catamarani in gara, gli AC45, delle affascinanti «astronavi del mare». Perché ne è attratta?
R. La Coppa America è il trofeo più famoso della vela nonché quello più antico del mondo. Questi catamarani sono scafi veloci, dinamici, direi quasi acrobatici. Si tratta di un altro stile di andare a vela che, però, ha portato un grande pubblico generalista cui piace lo show sportivo. Per gareggiare su tali siluri però, i «piloti» sono particolarmente equipaggiati con casco, ginocchiere, giubbotto rinforzato e bomboletta di ossigeno nella cerata. Con la crisi di investimenti nel settore, i team si sono ridotti, ma una nuova generazione di velisti ha trovato spazio all’interno di questo mondo iperdinamico e giovane. Vengo dal windsurf, amo la velocità e l’acrobazia sulle onde, quindi amo il catamarano.
D. Però, lo scorso maggio, nella baia di San Francisco in allenamento sul catamarano AC72 di Artemis, è morto Andrew «Burt» Simpson, cui sono seguite grandissime polemiche al punto che Patrizio Bertelli, patron di Luna Rossa, ha minacciato di ritirarla dalla prossima competizione se non cambieranno le regole. E tra pochi giorni inizia la Louis Vuitton Cup, dove verrà fuori lo sfidante della Coppa America di settembre. Come vede questa delicata situazione?
R. Strutturalmente, c’è una notevole differenza tra gli AC45 in competizione a Napoli e gli AC72. Per capirci, quest’ultimo ha l’ala rigida centrale che è alta 40 metri contro i 21,5 dell’AC45. Sono barche che devono combattere l’azione combinata di torsione, flessione e compressione. A questo si aggiunga l’attitudine al «foiling», la caratteristica di navigare a pelo d’acqua come un aliscafo, perché la velocità è subordinata all’idrodinamica. Detto questo, non conoscendone i particolari, non riesco a giudicare serenamente l’accaduto, ma sembrerebbe che anche la sfortuna abbia avuto il suo peso nel tragico incidente in California. È urgente, però, che l’organizzazione studi con i team le giuste misure di sicurezza per salvaguardare gli atleti, perché è inaccettabile morire in regata.
D. Perché quello dei catamarani di ultima generazione non è un mondo in rosa?
R. Le donne sono ammesse, ma sono proprio le dinamiche fisiche stressanti, ma indispensabili su questa classe di barche, a richiedere, direi naturalmente, un fisico maschile. Più in generale, però la figura del tattico o del timoniere è assolta perfettamente dalla donna. Nel mondo della vela d’altura o in quello della Coppa America.
D. Le è mai capitata qualche brutta avventura sfidando le onde?
R. Premettendo che sono attratta più dall’oceano che dal mare, mi trovavo nella spiaggia dei surfisti più famosa al mondo, quella di Ho’okipa, sull’isola di Maui nelle Hawaii, dove le onde possono superare i 5 metri, e dove qualche seria difficoltà l’ho incontrata. Ma, forse il peggior ricordo risale ad un «combattimento» nelle acque nero-pece del Giappone, io sulla mia tavola contro una fortissima corrente che provocava, a raffica, degli implacabili mulinelli.
D. La vela è uno sport per ricchi?
R. Non necessariamente, perché può essere praticata a vari livelli, iniziando con una semplice tavola da windsurf in spiaggia. È sempre consigliabile, comunque, avere di base una certa confidenza con l’acqua e affidarsi agli istruttori qualificati. Poi, a seconda della specialità scelta e delle imbarcazioni con cui si gareggia, i costi possono lievitare.
D. Quali sono i pro ed i contro della vela amatoriale italiana?
R. La vela è uno sport che attrae molto, se ti prende la passione, difficilmente ti lascia nella vita. La lunghezza delle coste della nostra Penisola poi, agevola lo sport velico, che è, in effetti, molto praticato ed il cui numero di tesserati Fiv cresce al ritmo di oltre 30 mila giovani ogni anno. Ma è anche vero che ci sono delle zone in Italia, anche posizionate su un mare bellissimo e con delle coste fantastiche, dove, però, la vela non attecchisce. Ma questi casi, generalmente non sono un problema di Federvela, quanto, invece, delle istituzioni amministrative locali, cui spetta il compito di rilasciare le concessioni. Sono loro i veri fautori delle nascite sul territorio di strutture propedeutiche a tale sport. Tra i posti, invece, lontani dal mare ma organizzati e rinomati per la vela ed il windsurf, ci sono Torbole sul Garda in Trentino e, in provincia di Bolzano, il laghetto alpino di Caldaro, dove è nata un’intera generazione di campioni di windsurf, ad iniziare da Klaus Maran alla fine degli anni 70.
D. Nel medagliere olimpico, la vela italiana è al 12esimo posto. Chi primeggia invece?
R. Sicuramente l’Inghilterra e l’Australia, perché vincono tantissimo ed hanno un buon ricambio generazionale. Un altro Paese, poi, dove la vela è strutturata molto bene, con un percorso formativo e di crescita ben identificato, è sicuramente la Francia.
D. La Fiv ha giudicato i Giochi di Londra un momento di passaggio di testimone da una generazione, che ha regalato vittorie e prestigio al tutto il movimento velistico azzurro, ad un nuovo gruppo che punta decisamente ai giochi di Rio 2016. Quale è il futuro della nostra Vela agonistica?
R. Ci sono delle classi di specialità dove abbiamo un gruppetto di atleti giovani che devono crescere molto, ma dove il cambiamento si inizia già a vedere. Ma le medaglie si ottengono con un percorso lungo e faticoso, per il quale sono necessari non meno di un paio di quadrienni. Vedremo.
D. Quale sono le tappe importanti prima dei giochi di Rio 2016?
R. Sicuramente il Mondiale di Vela di Santander, in Spagna, a settembre nel 2014, dove saranno presenti tutte le classi olimpiche e potremo fare, come Fiv, il punto della situazione. Dopo tale competizione, inizieranno le selezioni olimpiche.
D. Intravede eredi?
R. In generale ci sono 2 atlete, tra le prime 10 a livello mondiale, nel RS:X femminile, la classe che ha portato più elementi ad un buon livello internazionale. In particolare, quest’anno sta andando molto forte Flavia Tartaglini, che ha vinto 2 tappe di Coppa del Mondo ed una tappa del circuito Eurosaf. Alla luce dei suoi risultati, penso che sia arrivato il momento per Flavia di compiere il passaggio importante della sua carriera.
D. A quando il prossimo libro?
R. «Una vita con il vento» è stato un bilancio dei miei primi 40 anni, condensati nel racconto di tutto quello che ho vissuto agonisticamente ed anche nel mio intimo. Ma le esperienze da vivere non si fermano mai. Quindi, in un certo senso, sto raccogliendo il materiale che in futuro potrei convogliare, di nuovo, nelle pagine di un libro, con lo scopo di comunicare il mio grande amore per il mare.    

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