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Focus immobiliare - Tempi duri per il mattone: servono obiettivi certi con risultati concreti

Fabio Picciolini, centro studi associazione italiana istituti di pagamento e moneta elettronica

Gli ultimi anni sono stati molto intensi per il comparto edilizio, in particolare per l’abitativo, ma anche per quello industriale. La crisi che si è protratta dal 2008, da cui solo negli ultimi mesi sembra essere in via di uscita, ha falcidiato redditi e patrimoni: il Paese nel suo insieme non cresce quanto necessario, il potere di acquisto delle famiglie è diminuito di molti punti percentuali, la disoccupazione è cresciuta e, anche in questo caso, solo ultimamente sembra avere intrapreso una curva verso il basso, così come la cassa integrazione, la forbice ricchi-poveri si è allargata, le imprese non hanno la domanda necessaria per sviluppare la produzione, il credito è stato contingentato, le sofferenze sono cresciute, il risparmio delle famiglie è aumentato ma congelato in una liquidità sempre più abbondante e non per dare linfa a investimenti produttivi. Infine il fisco è arrivato a livelli difficilmente sopportabili da imprese e famiglie.
Una crisi tanto profonda non poteva non colpire un settore importante quale l’edilizia, dove si sono sommate situazioni diverse, in non rari casi di segno opposto. L’edilizia è, di fatto, bloccata per anni, con conseguenze disastrose sull’occupazione. Tentativi di recupero e di social housing non hanno avuto il successo che alcuni speravano. I prezzi hanno avuto andamenti negativi con sviluppi pesanti sul patrimonio, sui prezzi, sulle vendite all’asta degli immobili. Negatività che non è però stata generalizzata: alcune aree hanno retto, gli immobili di lusso sono aumentati di valore, come per alcuni acquirenti la riduzione dei prezzi è stata motivo di ottimi affari.
La fiscalità è stata, almeno schizofrenica, per un lungo periodo dell’ultimo decennio, le tasse e le imposte, su beni già tra i più tassati, si è proceduto con nuove tassazioni, sia a livello centrale sia locale; poi è stata eliminata l’Imu, ma sono state reintrodotte alcune misure sulle successioni, sono state previste nuove agevolazioni, dirette e indirette, per combattere il «mercato nero» è stata introdotta la cosiddetta «cedolare secca» sugli affitti.
Il credito bancario molto rarefatto ha ridotto le possibilità di acquisto con finanziamento e molti crediti sono andati in sofferenza, innescando un circolo vizioso. Sono stati fatti vari tentativi, da un lato per ridurre i rischi di mancati pagamenti attraverso leggi che hanno consentito la sospensione dei pagamenti o che hanno permesso, anche grazie a tassi particolarmente bassi, di ristrutturazione i mutui originari (surroga/portabilità), è stato aggiornato il fondo per l’acquisto della prima casa per le giovani coppie, sono stati immessi sul mercato prodotti destinati all’acquisto dell’abitazione e allo stesso tempo sono state introdotte norme che hanno reso più facile la perdita dell’immobile, abitativo e industriale.
Su questi due ultimi punti è utile soffermarsi. In premessa è però necessario chiarire due convinzioni, quasi leggende, che non hanno riscontro nella realtà. La prima che per l’acquisto dell’abitazione si ricorra sempre al finanziamento bancario. Non è così. Una percentuale esatta non è possibile, ma alcune statistiche valutano oltre il 30 per cento gli acquisti effettuati in contanti. La seconda riguarda la quantità di «prima casa». Le statistiche ufficiali stimano che quattro case su cinque possono considerarsi rientranti in tale area. La realtà è molto più bassa. Confermando che «l’italiano vuole la propria casa di proprietà», le abitazioni effettivamente da considerare «principali» sono molto molto meno.
Come nuovi prodotti si è iniziato, nel 2014, con il cosiddetto «rent to buy». Una formula di vendita che consente a una persona o a una famiglia di usufruire subito di un immobile anche senza avere la liquidità sufficiente per il suo acquisto o la possibilità di accendere un mutuo, rinviando a un momento successivo l’acquisto e al venditore (concedente) di ricevere anticipi sulla futura vendita, senza perdere la proprietà dell’immobile. La legge, cosiddetta «SbloccaItalia», prevede una doppia possibilità di rent to buy: obbligo di acquisto oppure la facoltà di procedere alla compravendita alla scadenza stabilita. La scelta ha conseguenze diverse ai fini fiscali. Nel primo caso gli effetti della cessione si hanno fin dal momento della sottoscrizione del contratto, nel secondo solo dal momento dell’opzione di acquisto.
Praticamente, il locatario per la durata del contratto versa il canone maggiorato di una percentuale predeterminata a favore del proprietario dell’immobile. La maggiorazione rappresenta l’acconto iniziale per l’acquisto dell’abitazione. Per il potenziale compratore il rent to buy da il vantaggio di abitare in una casa che può diventare sua, di accantonare le somme necessarie nel tempo senza uno sforzo economico immediato; per il locatore/venditore il vantaggio è particolarmente alto nel caso di abitazioni che altrimenti resterebbero libere, concorrendo a ridurre l’invenduto; inoltre «scarica» sul locatario parte delle spese e ha la certezza o una buona possibilità di vendere l’immobile. Un’operazione teoricamente interessante, ma con scarsi risultati pratici. Il motivo è molto semplice: non esiste alcuna convenienza fiscale rispetto a un mutuo, anzi per alcuni versi la fiscalità è meno vantaggiosa. Si è proseguito nel 2015 con il «contratto di locazione finanziaria d’immobile da adibire ad abitazione principale», più semplicemente leasing abitativo.
L’operazione, come tutte le altre di leasing, consiste nell’acquisto o nella costruzione di un’abitazione, nuova o usata, da parte di una banca o di una società finanziaria specializzata, secondo le indicazioni date dal cliente che intende accendere il contratto.
L’immobile è dato in locazione al cliente (conduttore) per il tempo previsto contrattualmente e dietro corresponsione di un canone, comprendente il costo dell’immobile maggiorato degli interessi; alla scadenza il conduttore può decidere l’acquisto dell’immobile oppure rinnovare il leasing o lasciare l’immobile. Un aspetto importante, in un periodo così difficile, è la previsione per la prima volta in un contratto per l’acquisto della casa, nella possibilità di interrompere il pagamento delle rate per un periodo massimo di 12 mesi. Il vantaggio del leasing abitativo rispetto al mutuo è da ricercare soprattutto nell’aspetto fiscale. È necessario fare una distinzione netta tra utilizzatori/conduttori giovani e meno giovani. Infatti esiste una linea di demarcazione netta tra i potenziali clienti con età compresa fino a 35 anni e con reddito fino a 55 mila euro e i soggetti che non rientrano in tali limiti.
Per i primi, potenzialmente circa 200 mila soggetti, è prevista una detrazione fiscale del 19 percento, la stessa dei mutui ma con la differenza che si calcola sull’intero canone (capitale e interessi) e non solo sugli interessi come per i mutui; inoltre il massimale su cui calcolare la detrazione è doppio, 8 mila euro rispetto a 4 mila euro, infine, la stessa detrazione, su un tetto di 20 mila euro è possibile sull’opzione finale di acquisto.
Per chi non rientri in tale situazione (circa 800 mila soggetti), le detrazioni sono ridotte del 50 per cento e le imposte di registro sono ridotte. L’informazione più importante che i possibili acquirenti dell’abitazione principale con un finanziamento, devono avere chiara è la proprietà dell’immobile: con il mutuo fondiario l’acquirente diviene immediatamente proprietario dell’immobile pur se gravato da un’ipoteca; con il leasing immobiliare l’utilizzatore diviene proprietario solo con il pagamento dell’intero finanziamento compreso il prezzo versato a seguito dell’esercizio dell’opzione di acquisto.
Come accade di solito anche quest’operazione presenta vantaggi e svantaggi. Tra i primi va inserita la possibilità di finanziamento del 100 per cento del valore dell’immobile pur con il pagamento di un canone iniziale (le banche hanno il limite di legge dell’80 per cento, salvo maggiori garanzie; poi le maggiori detrazioni fiscali possibili anche per abitazioni di pregio). Altro vantaggio sono i minori costi da sostenere all’atto della firma del contratto come la non iscrizione d’ipoteca in quanto l’immobile è di proprietà dell’intermediario e, in termini di reddito imponibile, il vantaggio è innegabile considerato che la rendita dell’abitazione non concorre a formarlo considerato che l’immobile è di proprietà dell’intermediario. Tra gli svantaggi il pagamento di un canone iniziale e dell’opzione di riscatto che incide sul costo complessivo del finanziamento, un costo dell’operazione più alto di quello del mutuo.
In ogni caso è innegabile che si tratti di una nuova possibilità che può essere presa, in considerazione soprattutto dai giovani. A fronte di queste nuove possibilità di finanziamento sono state introdotte alcune norme che rendono più facile la perdita dell’immobile, abitativo o industriale. Sono state rese più rapide le procedure delle aste e sono stati introdotti due nuovi istituti giuridici: il patto marciano e il patto non commissorio. Il patto marciano consente di inserire, nel contratto di credito una clausola (cosiddetta di spossessamento) che consente al finanziatore, in caso d’inadempimento per almeno 18 rate, di acquisire la proprietà del bene del debitore fornito in garanzia senza sottostare alle lungaggini burocratiche e giudiziarie, velocizzando le operazioni di recupero da parte degli intermediari. L’unico aspetto positivo per il debitore è che con la perdita dell’immobile si estingue interamente il debito, anche se il suo valore di mercato/vendita sia inferiore al debito ancora in essere.
L’altro nuovo istituto giuridico, riguardante esclusivamente le imprese, è il pegno mobiliare non possessorio che consente ai creditori, con l’accordo del debitore, persona giuridica iscritta nel Registro delle Imprese, di prevedere nel contratto di finanziamento una garanzia sui beni mobili esistenti o futuri, determinati o determinabili (con esclusione dei beni mobili registrati, ad esempio veicoli), destinati all’esercizio dell’impresa del debitore sotto la condizione sospensiva dell’inadempimento del debitore stesso, attraverso una garanzia sui crediti presenti o futuri, determinati o determinabili. Il bene, quindi, rimane nella disponibilità del debitore che potrà continuare a utilizzarlo e a disporne nell’esercizio dell’impresa senza, però, poterne cambiare la destinazione economica potendolo, però, trasformare o alienare con obbligo del trasferimento del ricavato al creditore.
Si può dire, senza paura di sbagliare, che sull’abitazione si è agito in maniera spot, senza avere un obiettivo preciso da raggiungere, spesso con scelte contradditorie. Si può solo sperare che in futuro le decisioni siano ponderate a monte e che abbiano un obiettivo non indefinito e risultati certi e misurabili.          

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