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FOCUS ambiente energia sostenibilità - Energia, una sfida sulla cresta delle «onde»

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L’energia rappresenta la chiave di volta di un innovativo sviluppo socio-industriale. Le politiche ambientali e le scelte di politica internazionale ne sono profondamente influenzate, come ha dimostrato il recente appuntamento del G7 dell’energia tenutosi a Roma nell’aprile scorso. La transizione energetica, i riflessi sul mercato internazionale come su quello italiano, si dimostrano sempre più cruciali per orientare stilli di vita e modelli di impresa, di un cambiamento che ancora stenta a realizzarsi. Le grandi aziende multinazionali del settore - l’Italia ne annovera due, l’Enel e l’Eni - sono protagoniste in questo scenario destinato ad incidere in modo assai incisivo sia sui cittadini, sia sull’economia delle imprese. Il settore elettrico si caratterizza per una accentuata mole di interventi che chiamano in causa sia i fattori della produzione e distribuzione dell’energia, sia gli investimenti a medio e lungo termine sulle reti, sia il mantenimento in efficienza dei sistemi. Questi argomenti hanno impegnato di recente il Ministero dello Sviluppo economico con il documento programmatico sulla Sen (la Strategia energetica nazionale) e il Parlamento. Ne è emersa la necessità di intervenire in modo rapido per un riposizionamento generale delle attività.
Occorre nel medio periodo, sino al 2020, riorganizzare il sistema elettrico del Paese, tanto nel parco di generazione, quanto nelle infrastrutture di rete, sia di alta che di media e bassa tensione. Questi interventi s’impongono come imprescindibili per poter rispondere efficacemente alle incalzanti innovazioni tecnologiche che sempre più stanno modificando il settore, nonché per far fronte alle difficili sfide della crescente integrazione fisica ed economica del mercato euro-mediterraneo di cui l’Italia è il fulcro. Si giocherà nel prossimo quadriennio la partita della piena interconnessione fisica degli Stati europei. Ciò rende necessaria una stabilizzazione del sistema elettrico italiano, attualmente alle prese con una «difficile transizione». Cruciale attenzione deve essere, pertanto, rivolta alla programmazione energetica, in modo da garantire sicurezza e miglioramento, innovazione della rete, stessa qualità del servizio in ogni area del Paese, in attesa che la domanda energetica nazionale si definisca, insieme alle nuove iniziative di politica industriale connesse al Progetto Industria 4.0, a quelle di efficienza energetica.
L’analisi dell’attuale situazione descrive un polo energetico fragile, contrassegnato da modelli di esercizio di tipo tradizionale, da fonti energetiche primarie ancora saldamente rivolte verso quelle fossili, nonostante l’impegno ad aumentare la quota di mercato da rinnovabili, fiore all’occhiello del nostro Paese che ha già raggiunto i livelli fissati per il 2020. Una fotografia a luci ed ombre del sistema italiano. Ne vien fuori, con grande nitore, l’assenza di coordinamento dell’intero sistema italiano, come ha ribadito in un recente intervento il segretario generale della Flaei-Cisl (Federazione Lavoratori delle Aziende Elettriche Italiane) Carlo De Masi, secondo il quale l’espansione delle rinnovabili e la caduta dei consumi del settore industriale dovuta alla pesante crisi economica dimostrano una evidente errata programmazione nella produzione, testimoniata dalle attuali dismissioni delle centrali termiche avviate dalle aziende, oggi rimessa in discussione dalla fermata degli impianti nucleari francesi.
Le infrastrutture per l’energia evidenziano d’altro canto quanto siano necessari imponenti investimenti tecnologici soprattutto per le reti di trasmissione elettrica, monopoli naturali costruiti con le risorse di tutti gli italiani per offrire servizi adeguati ai cittadini e alle imprese ma oggi divenuti in alcuni casi obsoleti, o comunque non in grado di gestire al meglio l’innovazione tecnologica di settore, sempre più orientata al superamento delle grandi centrali termoelettriche, per una generazione diffusa, interdipendente, modellata su accumulo di energia e flussi bidirezionali tra produttore e utilizzatore di energia.
Esistono oggi significative differenze tra aree geografiche del Paese e tra aree urbane e rurali e una qualità del servizio non uniforme, con il permanere di prezzi elevati dell’energia per famiglie e imprese, che risentono del costo delle fonti primarie, degli oneri di sistema delle accise spesso improprie. L’energia elettrica, è bene ricordarlo, costituisce un servizio essenziale e registra lacune nelle scelte avvenute con le privatizzazioni che hanno spostato l’attenzione sugli aspetti finanziari. Il sistema elettrico richiede, a questo punto, una grande attenzione, di pari passo con scelte strategiche capaci di colmare e lacune del passato e di rafforzarne l’incisività nell’ambito dell’intero sistema socio-economico italiano. È necessario nel caso delle reti garantire la continuità della fornitura a tutti i cittadini anche nelle situazioni di emergenza.
Per ciò che riguarda gli investimenti su fibra e cambio contatori (da parte dell’Enel) e quelli sulle reti di altri Paesi (Enel e Terna), non debbono rallentare quelli in Italia relativi alla manutenzione e all’ammodernamento delle stesse. Va evidenziato come una normativa inadeguata per l’assegnazione degli appalti al massimo ribasso alle Imprese che operano sulle Reti determina ulteriori rischi. Allo stesso tempo le iniziative legate al superamento del mercato di maggior tutela pongono serie problematiche per la tutela occupazionale del Settore e per la tutela dei consumatori.
Il parco italiano di generazione è ancora nominalmente superiore rispetto alla domanda di energia elettrica tanto da risultare ridondante: sulla punta massima che si va assestando intorno ai 55.000 MW giornalieri, mentre si dispone di una potenza installata netta che si aggira all’incirca al doppio. Ne consegue che difficilmente vi saranno investimenti nella produzione, per cui bisognerà dedicarsi a riqualificazioni ed ottimizzazioni. In questo contesto è necessario che il piano di dismissioni delle vecchie centrali termoelettriche avvenga applicando criteri orientati alla riduzione delle potenze di esercizio, e all’adeguamento tecnologico dei singoli impianti che richiedano investimenti significativi per aumentare la loro flessibilità adeguandoli alle nuove esigenze della rete.
La riduzione della «over capacity» deve accompagnarsi all’utilizzo di nuovi combustibili a basso impatto ambientale e all’applicazione di nuove tecnologie negli impianti termoelettrici che siano in grado di ridurre la non programmabilità delle rinnovabili. Sono necessari investimenti a maggior rilevanza tecnologica ed economica del settore, che condizioneranno il mercato dell’energia elettrica per i decenni a venire, che non possiamo vanificare, come avvenuto con le rinnovabili, 13 miliardi di euro di indebitamento per 20 anni per finanziare componentistica cinese e fondi di investimento esteri.
Altro tema su cui occorre intervenire è quello della misura, cioè della gestione dei contatori di seconda generazione e di tutte le informazioni ad esse collegate. Una partita di almeno 5 miliardi di euro, per via dei nuovi contatori tra l’Enel e gli altri distributori e, contemporaneamente, l’opportunità di sviluppare la domotica, l’efficienza e il risparmio energetico, aspetti determinanti per il futuro energetico/ambientale italiano. Con l’avvio, inoltre, della fase di «smart metering», il consumatore non è più un soggetto passivo ma può scegliere le offerte più vantaggiose e le quantità necessarie, contribuendo «dal basso» alla concorrenzialità del mercato elettrico.
Consumatori, imprese e sindacati stanno chiedendo da mesi, ai vari livelli istituzionali, il recupero di una cultura del servizio nel Paese, da parte di tutte le aziende (non solo elettriche), che ristabilisca un rapporto corretto e capillare con il territorio, anche attraverso la creazione di apposite «task force», pluriservizi con un unico coordinamento, in grado di affrontare ogni tipo di emergenza. La costituzione di un gruppo di lavoro per l’energia, con la partecipazione dei ministeri competenti, enti locali e parti sociali, potrebbe avviare un’attività permanente di programmazione, propedeutica alla definizione di una Strategia energetica nazionale, da parte del Governo, e per il monitoraggio necessario del settore, nonché la necessità di investimenti sulle reti, sia in termini di rifacimento e adeguamento sia di copertura del tasso di sostituzione per obsolescenza.
È indispensabile, pertanto, la definizione, da parte dell’ Esecutivo, di un piano graduale di dismissioni delle infrastrutture produttive, dopo aver identificato le centrali (a riserva calda e fredda) funzionali alla stabilizzazione del sistema elettrico, valutando le esigenze del territorio per la riconversione degli impianti e dei siti dismessi, per l’ottimizzazione del sistema elettrico italiano.
Gli investimenti nelle nuove tecnologie e nella ricerca applicata di sistema - ha più volte richiamato Carlo De Masi - costituiscono i «drivers» di maggior interesse ai fini dell’espansione del Made in Italy. La questione elettrica si estende alle norme contenute nel disegno di legge Concorrenza, in esame al Senato. L’abolizione del servizio di maggior tutela per l’offerta di energia elettrica che oggi garantisce, a detta del ministro Carlo Calenda, 20 milioni di consumatori domestici e a 4 milioni di PMI la fornitura di energia a prezzi inferiori a quello del mercato libero, preoccupa a tal punto il Governo, su specifica sollecitazione delle parti sociali, che sarà presentato un emendamento per il rinvio a luglio 2019 dell’entrata in vigore di queste norme. È lo specchio del rilievo che il settore elettroenergetico assume per la vita economica e sociale italiana. Il monitoraggio del mercato «retail» evidenzia come sia stato costante l’incremento degli operatori attivi in funzione dell’adesione di tutte le tipologie di clientela verso la liberalizzazione. I gruppi societari in questo settore sono passati da1 219 del 2012 ai 335 del 2015, nonostante che per vari fattori - non solo quello relativo al prezzo - gli utenti non abbiano trovato interesse a lasciare il mercato tutelato.
L’Authority per l’energia, nel frattempo, si è impegnata su una proposta per i clienti domestici che salvaguardasse le loro opportunità rispetto alle pressanti richieste delle compagnie elettriche. Ciò ha dato vita al prodotto «Tutela simile», pensato per favorire il passaggio dei consumatori al mercato libero tutelando, nel contempo, le fasce più fragili. È una tipologia di contratto di fornitura di elettricità per la durata di 12 mesi non rinnovabili, che si può stipulare solo via web, per avere la migliore offerta economica a parità di servizi. Strumento assai utile per garantire, da un lato, i consumatori e favorire, dall’altro, una più ampia liberalizzazione del mercato, in linea con le decisioni della UE adottate nel 2009.
Resta, sino ad ora, immutata l’ipotesi di effettuare possibili aste tra gli operatori per aggiudicarsi, alla fine del percorso, i clienti che non avessero deciso di adottare le offerte del libero mercato, quando si esaurirà quello di maggior tutela. Questo criterio suscita forti perplessità tra i consumatori. La Nomisma lo ritiene limitativo delle libertà e scarsamente efficacie, rispetto alle esperienze maturate, sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. Non c’è dubbio che il principio di superare la libertà di scelta del cittadino consumatore obbligandolo, di fatto, a passare da un operatore all’altro, appaia in netto contrasto con i principi della liberalizzazione, nonché con quelli di un’educazione al consumo consapevole, il principio ultimo che dovrebbe guidare ogni scelta di mercato. Il rischio evidente è quello di dar vita ad un proliferare di operatori privati, interessati solo agli aspetti finanziari con aumento dei prezzi, diffusione di truffe a danno delle fasce deboli della popolazione e un serrato dumping sociale, senza più la presenza dell’Acquirente Unico come organismo di garanzia. La richiesta è quella di mettere a punto interventi legislativi calibrati al fine di non ingenerare un aggravio di spesa per milioni di cittadini, nonché il pericolo di negativi riflessi sull’occupazione.
Siamo al crocevia di scelte strategiche che indirizzeranno per qualche decennio il sistema energetico nazionale: quanto sia delicata l’attuale fase risulta evidente. L’importanza di una efficiente gestione del sistema si evidenzia, peraltro, nelle resistenze che, in questi primi mesi dell’anno, hanno chiamato in causa l’installazione dei nuovi contatori intelligenti. Le scelte operate dall’Enel e da altre società hanno dato vita a una dialettica, in alcuni casi effervescente, tra diversi gruppi economici. Una rivalità sotterranea, neanche troppo taciuta, tra Enel e Tim, ad esempio, forse suscitata dalle scelte per cablare le reti intelligenti che contrappone il progetto «open fiber» a quello dell’operatore telefonico. Il risultato è non solo quello di aver evidenziato una rivalità strategica tra l’Authority dell’energia e quella delle telecomunicazioni, ma di produrre un rallentamento, di fatto, nell’installazione dei contatori 2.0. Un progetto del valore di oltre 3 miliardi di euro, tra l’altro già finanziato nella bolletta elettrica e totalmente validato dalle scelte delle istituzioni competenti.
Assistiamo come cittadini consumatori preoccupati e perplessi ad una sorta di «rimpallo» di responsabilità, che chiama in causa alcune Istituzioni pubbliche, con il risultato di un rallentamento delle attività già in piena fase operativa. Il nostro Paese è sempre prigioniero dell’indecisione e ciò spesso vanifica iniziative molto importanti e penalizza lavoratori e cittadini. I contatori elettronici di seconda generazione, per quanto ne sappiamo, rispettano pienamente i requisiti stabiliti. Bisogna evitare altri oscuri interessi tesi a frenare i rilevanti investimenti. È indispensabile per il Paese superare ogni intralcio, e in una fase sociale così controversa e preoccupante gli interventi di innovazione tecnologica e modernizzazione dei sistemi a rete intelligente offrono opportunità irrinunciabili. L’energia costituisce un valore strategico di enorme rilievo, basti pensare agli effetti del G7 ad essa dedicato tenutosi a Roma, dove i temi della sicurezza energetica, dell’Ucraina, del progettato gasdotto Eastmed tra Italia, Grecia, Cipro e Israele, oltre al gasdotto Tap, hanno tenuto banco, di pari passo con i vincoli posti dagli Stati Uniti che hanno frenato, in modo ruvido, il documento comune. È toccato al nuovo segretario di Stato per l’energia statunitense Rick Perry esprimere le perplessità dell’amministrazione americana sulle strategie energetiche commisurate ad una significativa riduzione delle emissioni di CO2 che comportano la marginalizzazione del carbone come fonte energetica. L’attuale fase di transizione ed integrazione tra le fonti produttive, nonostante i freni di alcune industrie del settore, non appare in grado di condizionare i mercati energetici mondiali, come ha spiegato il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, soprattutto per la vulnerabilità del sistema condizionato da un misto di natura geopolitica e degli effetti domino che è in grado di produrre sui sistemi energetici.
Un capitolo specifico degli incontri di Roma ha riguardato l’Africa dove risiede il 13 per cento della popolazione mondiale ma, ha sottolineato Calenda, si registra solo il 4 per cento della domanda energetica. Un ritardo inaccettabile che costituisce un fattore della povertà strutturale del continente nero, elemento indispensabile da superare in una visione di lungo periodo sino al 2050. Il vertice di Roma sull’Energia, propedeutico al G7 di Taormina, ha raggiunto comunque, alcune convergenze soprattutto per il ruolo futuro attribuito al gas, all’importanza del Gnl, all’interconnessione delle diverse fonti energetiche, alla «cybersecurity» del settore.
Il freno posto dall’amministrazione Trump ad una riconversione energetica decisa da COP21 di Parigi, per ridurre l’inquinamento al 60 per cento, appare un elemento di disturbo di breve periodo, non in grado di invertire una tendenza globale stabilmente concentrata sulla dismissione nei prossimi decenni delle centrali a carbone, nonostante che queste assicurino a tutt’oggi il 40 per cento dell’elettricità in Germania, sostengano lo sforzo industriale della Cina e dell’India contribuiscano indirettamente alla produzione del 50 per cento dell’alluminio e del 70 per cento dell’acciaio del pianeta. La scelta sulle energie rinnovabili di converso sarà in grado di avere significative ricadute sull’occupazione a livello mondiale, la rivoluzione verde solo nell’Oriente asiatico è destinata a produrre 8 milioni di posti di lavoro, 3.5 milioni dei quali in Cina. Tutto ciò dimostra la difficoltà di operare scelte condivise per il pianeta energia, tuttavia questo fattore socio-industriale è strettamente correlato alle politiche ambientali e industriali più innovative e ambientalmente compatibili.
Sono in gioco interessi di miliardi di euro di dollari, scelte in grado di indirizzare le politiche delle grandi potenze industriali. Si confrontano così gli interessi di miliardi di cittadini da un lato, con quelli degli Stati e del predominio dei mercati dall’altro. Una energia sostenibile per tutti è l’unico elemento che deve guidare le nostre scelte sia in Italia, sia a livello internazionale. Solo tornando alle esigenze dell’uomo si può pensare ad modelli equi e innovativi di produzione dell’energia, commisurata agli sviluppi, come alle esigenze, di una società solidale.    

Tags: Maggio 2017