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Michele Mario Elia: ecco come il Trans Adriatic Pipeline aiuterà l’ambiente e creerà opportunità

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I «criticoni» non mancano mai: ed è per questo che abbiamo chiesto direttamente a lui in che modo il TAP può aiutare l’Italia e l’Europa, a che punto stanno i lavori, qual è l’impatto sull’ambiente e perché è tanto temuto

Repetita iuvant: il Trans Adriatic Pipeline (TAP) è il gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa. Collegando il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) alla zona di confine tra Grecia e Turchia, attraverserà la Grecia settentrionale, l’Albania e l’Adriatico per approdare sulla costa meridionale italiana e collegarsi alla rete nazionale. I lavori di costruzione del gasdotto sono iniziati nel 2016. Una volta realizzato, costituirà il collegamento più diretto ed economicamente vantaggioso alle nuove risorse di gas dell’area del Mar Caspio, aprendo il Corridoio meridionale del gas, una catena del valore del gas lunga 4 mila chilometri, che si snoderà dal Mar Caspio all’Europa. Il punto di approdo del gasdotto in Italia sarà San Foca, Marina di Melendugno, in provincia di Lecce. In prossimità del litorale italiano la condotta sottomarina, dopo aver attraversato l’Adriatico, passerà sotto la costa attraverso un microtunnel di approdo dedicato, lungo 1,5 chilometri, che verrà scavato da terra, a circa 700 metri dalla spiaggia nell’interno e uscirà in mare a circa 800 metri, ad una profondità di 25 metri.
È Michele Mario Elia, country manager per l’Italia di TAP, a descrivere a Specchio Economico lo stato dei lavori e in che modo l’ambiente ne è tutelato.
Domanda. Il gasdotto TAP porterà in Italia il gas proveniente dall’Azerbaijan; la parte italiana dell’infrastruttura sarà realizzata in Salento ma - tra burocrazia e qualche timore da parte della popolazione - ci sta volendo più tempo del previsto. Quali sono le cause? Quali le soluzioni? Possiamo essere ottimisti per il futuro considerato l’impegno del Governo?
Risposta. Sono sempre ottimista, ma questa situazione più che essere complicata è complessa. Il progetto è nato diversi anni fa, abbiamo tutte le autorizzazioni ministeriali, l’opera è definita strategica non solo per l’Italia, ma anche a livello europeo. Quello di nostra competenza è il tratto terminale di un gasdotto lungo 3.500 chilometri, che vede impegnate tre società di costruzione: una per l’Azerbaigian fino al confine con la Turchia; l’altra per la Turchia; l’ultima la Tap, che fa Grecia, Albania, Adriatico e Italia.
D. Cosa c’è di complicato allora?
R. La complicazione in Italia è data dalle 64 prescrizioni di carattere ambientale che sono presenti sin dal decreto di autorizzazione, che noi rispetteremo. Stiamo lavorando per dimostrare che ottemperiamo ed ottempereremo completamente a ciascuna di esse. Si tratta di 33 prescrizioni ante operam, altre in corso d’opera, infine vi sono quelle che seguono alla realizzazione con le attività di monitoraggio dell’intera rete. Oggi siamo alla vigilia della fase di realizzazione con la costruzione del pozzo di spinta dove verrà posata la fresa che scaverà un tunnel lungo un chilometro e mezzo che passerà 15 metri sotto la spiaggia. In questo tunnel sarà infilato il tubo proveniente dall’Albania, che poi proseguirà verso l’entroterra per 8 chilometri.
D. Quanto tempo ci vorrà per completare l’opera?
R. Il progetto prevede l’ultimazione dei lavori a fine 2019 in modo tale che il gas possa arrivare in Italia già nei primi mesi del 2020.
D. E garantite, dunque, il minimo impatto ambientale?
R. Come detto, il decreto che autorizza la costruzione del gasdotto prevede, prima dell’inizio dei lavori, le verifiche di ottemperanza che sono tutte di salvaguardia ambientale: si occupano della flora, dell’aria, del mare, della gestione dei rifiuti solidi, delle falde acquifere, della gestione ottimale degli alberi, della vegetazione su quel tratto di linea. Ciò che ha impatto ambientale è governato da queste verifiche, che tengono conto del rispetto ambientale e faunistico e grazie alle quali tutte le ferite fatte nel territorio verranno rimarginate: il tunnel non lo vedrà nessuno, poseremo un tubo lungo la terraferma per 8 chilometri e, successivamente, tutto verrà ripristinato come se nulla fosse accaduto, persino gli alberi spostati verranno rimessi nell’esatta posizione in cui si trovavano.
D. Come state curando gli alberi e la natura, dunque?
R. Gli alberi sradicati si trovano al momento in un vivaio, protetti da una tenda che fa respirare l’ambiente come in una grande serra, ma che non consente il passaggio del batterio che causa la xylella. Negli ultimi 4 anni sono stati spostati, movimentati e tagliati 100 mila ulivi in Puglia, e fin dai nostri primi giorni nella regione la dialettica intorno al progetto TAP è stata molto vivace, ma utile a chiarire e ribadire a tutte le istituzioni interessate non solo i vantaggi e le opportunità legati a TAP, ma anche e soprattutto ad evidenziare il bassissimo impatto ambientale delle nostre opere nel Salento, come tra l’altro dimostrato dai gasdotti esistenti in altre località turistiche dell’Adriatico che hanno ogni anno il riconoscimento di «Bandiera blu». Sottraendo quest’opera strategica alla dialettica politica, contrasti e incomprensioni svaniranno, ne sono certo. Sull’Adriatico ci sono diverse spiagge «Bandiera blu» con gasdotto, e nessuno si accorge di niente; gli impianti fognari hanno tubi che scaricano a mare, acqua depurata, certo, ma di certo più di impatto del nostro gasdotto, che non ha nessuna soluzione di continuità, non emette nulla, viaggia a 15 metri sotto la spiaggia, non ha dispersione; per arrivare all’attuale decreto sono state esaminate tutte le varie opzioni, l’autorizzazione unica ha visto la luce solo dopo molte consultazioni territoriali con gli enti e gli organi interessati, tutti hanno partecipato ai processi; l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri è stata preceduta da tavoli istituzionali dove sono state esaminate le questioni. Abbiamo fatto 18 progetti diversi partendo da Brindisi fino ad Otranto, tutta la zona è stata vagliata ed esaminata, fino a capire che il minor impatto ambientale lo ha avuto la zona di San Foca.
D. Quello che è successo in Italia si è verificato anche in Grecia o in Albania?
R. Meno, c’è solo un punto di attrito in Grecia sull’attraversamento di un’area agricola. Oltre Adriatico i lavori sono in una fase di avanzamento quantificabile tra il 30 e il 40 per cento. La Grecia è interessata per 550 chilometri, l’Albania per oltre 220.
D. Quanti chilometri competono all’Italia?
R. 105 chilometri, che sono l’attraversamento dell’Adriatico e che dividiamo con l’Albania, ed 8 chilometri sulla terraferma; al cosiddetto «terminale di ricezione», il PRT, ossia Pipeline Receiving Terminal, arriverà il gas proveniente dall’Azerbaijan a 3.500 chilometri di distanza. Il punto di consegna alla rete Snam sarà subito a valle dell’impianto di ricezione di TAP. Il PRT è un posto di misurazione economica di vendita del gas, e di tassazione perché darà modo di tener conto di quanto gas arriva.
D. Noi avevamo veramente bisogno di questo gasdotto?
R. Il fabbisogno di gas in Italia è di 65 miliardi di metri cubi, circa 30 ne arrivano dalla Russia, 20 dall’Algeria, e la parte rimanente viene dal Nord dove i pozzi sono in esaurimento, o dalla Libia. Nei prossimi anni sono in scadenza contratti per 35 miliardi di metri cubi, siamo dipendenti soprattutto dalla Russia e dall’Algeria: avere una diversificazione della fonte significa maggiore sicurezza di fornitura energetica, maggiore competizione con conseguente riduzione dei costi, in più la possibilità di inviare il gas all’Europa. Con questa fonte nuova e diversificata si gioca bene sia sul mercato, sia sulla sicurezza dell’approvvigionamento. Noi portiamo 10 miliardi di metri cubi, raddoppiabili e senza modifiche infrastrutturali.
D. Ciò significa che il gas costerà di meno?
R. Dipende dall’Autorità dell’energia che stabilisce certe cose, ma se effettivamente si comincia a pagarlo meno alla fonte, lo si pagherà meno anche alla distribuzione.
D. Quali informazioni sono state fornite ai cittadini e ai territori per superare la loro diffidenza? Quali opportunità potranno ricavare a gasdotto ultimato?
R. Cerchiamo di dialogare con il territorio in tutte le maniere, il nostro obiettivo è vincere, superare questa avversione preconcetta al gasdotto nella zona di Melendugno. Sanno benissimo che non creeremo nessun problema di carattere ambientale né inquinamento, sanno che abbiamo tutte le autorizzazioni, e abbiamo provato in tutte le maniere di spiegarlo ma ancora non si riesce ad avere un dialogo. Stiamo cercando di dire che non distruggiamo la spiaggia, tutt’altro: possiamo aiutare a migliorare l’intera fascia costiera ad esempio con un progetto che stiamo già realizzando insieme ad un consorzio di università italiane sulla spiaggia di Melendugno per 30 chilometri di costa dove noi ripuliamo il mare con interventi di cura per la spiaggia. Pensiamo anche di intervenire sulle aree archeologiche, ma anche costruendo parcheggi, piste ciclabili, tutto quello che lungo la marina può far crescere e migliorare, in modo tale che diventi un’opportunità. Abbiamo anche aperto un punto d’ascolto e informazione a Melendugno, stiamo facendo un bando di gara di 400 mila euro per 10 progetti destinati alle organizzazioni no profit di quell’area, abbiamo fatto anche corsi per ristoratori e aperto delle aule per corsi di inglese e di informatica, ci stiamo muovendo moltissimo. Cerchiamo di coinvolgere tutti ma c’è chi dice che noi, facendo questo, ci stiamo comprando il territorio, e questa è un’accusa davvero inaccettabile. Non è così: con questo impianto rimarremo sul territorio per 50 anni, e ci sentiamo parte di esso. Se stiamo qui, è un’opportunità per tutti, c’è chi dice che distruggiamo, invece vogliamo costruire e creare opportunità.
D. Quanti operatori lavoreranno sul posto?
R. Nella fase di costruzione tra i 300 e i 400 addetti; in fase operativa nel terminale di ricezione sarà presente una centrale che gestirà tutto il funzionamento del gasdotto, dal confine greco-turco fino appunto a Melendugno.
D. Perché è così difficile incrementare infrastrutture a rete indispensabile per modernizzare l’Italia?
R. I progetti sono fatti di una parte tecnica dove noi italiani siamo bravissimi, e da una parte amministrativa che rende tutto più macchinoso date le complessità delle procedure, unite alle decisioni di chi deve prendersi le responsabilità di tutte queste approvazioni.
D. Influiscono alcune difficoltà del contesto internazionale sulla completa realizzazione dell’infrastruttura del gasdotto?
R. Direi di no.
D. Perché l’Europa e l’Italia hanno bisogno di TAP?
R. TAP è la parte terminale di un più grande progetto strategico per l’Europa: l’apertura del Corridoio meridionale del gas che collegherà il nostro continente immediatamente all’Azerbaijan e ai suoi giacimenti del Mar Caspio, ma più in generale a un’area assai vasta - dal Caspio, appunto all’Iran al Medio Oriente, al Mediterraneo orientale - che detiene immense riserve di gas naturale. Questo garantirà la diversificazione e quindi la sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico, riducendo la dipendenza attuale da una troppo ristretta rosa di produttori. L’Italia, che sarà la porta d’ingresso di questo gas nel mercato europeo, ne guadagnerà in termini geopolitici ma anche in termini economici: più produttori significa più concorrenza, con effetti che potremo vedere in bolletta e anche in termini di diritti di transito da pagare al gestore di rete italiano.
D. La priorità per TAP è la sicurezza: come si muove su questo versante?
R. Non esistono problemi di sicurezza in un gasdotto. La statistica degli incidenti sui gasdotti di queste caratteristiche tecniche è pari allo zero.
D. Quale ruolo gioco il TAP nello scenario dell’efficienza energetica del sistema socio-produttivo italiano, tenendo presente le necessità di salvaguardia ambientale commisurate allo sviluppo dei territori e delle imprese?
R. Si guarda l’infrastruttura che si sta costruendo e stiamo perdendo di vista l’obiettivo. L’infrastruttura va giudicata guardando a cosa serve e in questo caso essa dà il gas, che può risolvere il problema di decarbonizzazione e ridurre l’inquinamento. È lì che bisogna guardare, all’infrastruttura, che sia costruita nel miglior modo possibile e potrà portare un combustibile fossile che non genera il livello di inquinamento del carbone o del petrolio. Se la si guarda solo come infrastruttura, si sta facendo la guerra su un oggetto sbagliato non tenendo conto del vantaggio che apporterà.
D. Da dove viene il materiale con cui verrà costruito il gasdotto?
R. Dalla Germania; quello sottomarino dalla Grecia.
D. Non poteva farli l’Ilva i tubi?
R. L’Ilva, nel momento in cui ha partecipato alla gara, non era nelle condizioni tecnico-finanziarie adeguate.    
    

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