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patrizia de luise: imprenditoria femminile, universo produttivo in continua espansione

Patrizia De Luise, leader delle donne imprenditrici della Confesercenti

«Il mondo dell’imprenditoria femminile è un universo produttivo in continua espansione–esordisce Patrizia De Luise, leader delle donne imprenditrici della Confesercenti–. La crisi continua a farsi sentire, ma le donne la combattono ‘a colpi di imprese’. Solo per citare alcuni numeri, dall’Osservatorio dell’Imprenditoria Femminile dell’Unioncamere del 2013, è emerso che in Italia ogni quattro imprese una ha una donna al comando. In alcuni settori, poi, come la Sanità e i Servizi alla persona, quasi un’impresa su 2 è ‘rosa’. Alla fine dello scorso dicembre 1.429.897 aziende a guida femminile, pari al 23,6 per cento del totale del tessuto produttivo nazionale, hanno trovato comunque le risorse e le energie per crescere di 3.415 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente».
Domanda. Qual è il significato di questi numeri e a quale universo imprenditoriale in rosa si riferiscono?
Risposta. Sono dati considerevoli che fotografano la voglia delle donne di partecipare al mondo del lavoro in generale e, nel caso specifico, dimostrano quanto sia importante il contributo delle donne al mondo delle imprese. Fermo restando che non esistono settori imprenditoriali che «parlano» al femminile, le donne imprenditrici operano in tutti i settori economici, anche se con una prevalenza nei settori del commercio, del turismo e, soprattutto, in quello dei servizi, in particolare dei servizi alla persona ed alle imprese. Credo che l’alta incidenza di imprenditorialità femminile in questa direzione non debba considerarsi una vocazione, una peculiarità delle donne e nemmeno una necessità: le donne imprenditrici hanno semplicemente saputo interpretare le tendenze del mercato e le esigenze dei consumatori, scegliendo di avviare nuove imprese in questo specifico settore. L’intraprendenza imprenditoriale femminile è un dato di fatto, anche se non bisogna dimenticare che non ci si improvvisa imprenditrici e, soprattutto, per far nascere un’impresa occorrono risorse finanziarie e competenze specifiche.
D. In questo ritiene che le donne si scontrino con ostacoli più grandi di quelli che normalmente incontrano gli uomini?
R. Non si tratta, inoltre, solo di una barriera in entrata per le donne nel mondo del lavoro, ma anche di maggiori difficoltà a resistere nel mercato: nel 2013 hanno cessato l’attività quasi 17 mila imprese femminili e solo nel settore dei servizi, dal commercio al dettaglio all’alloggio e alla ristorazione. Secondo i dati del nostro Osservatorio Confesercenti, le cessazioni di attività guidate da donne rappresentano il 33,4 per cento del totale di questi comparti. Molte donne, infine, scelgono la strada dell’imprenditoria anche per fronteggiare la crisi occupazionale ma, spesso, si trovano ad operare in condizioni più sfavorevoli, come dimostra la difficoltà di ottenere prestiti e le condizioni peggiori.
D. Quale ruolo svolgono le associazioni nell’assistere una donna che vuole intraprendere?
R. Attraverso il Cnif, ossia il Coordinamento nazionale dell’imprenditoria femminile, e la Federfranchising, Federazione del franchising, organizzazioni entrambe della Confesercenti, affianchiamo le donne che vogliono intraprendere e consolidare la propria attività imprenditoriale attraverso i nostri sportelli di assistenza dislocati in tutto il territorio nazionale, nei quali i nostri professionisti competenti erogano servizi qualificati: dai corsi mirati di formazione in grado di rispondere alle esigenze dell’impresa moderna alla ricerca delle soluzioni più adatte per l’accesso al credito, come dimostrano gli strumenti predisposti e le convenzioni stipulate con primari istituti di credito rivolte a migliorare l’offerta dei servizi bancari alle imprese.
D. Quali sono i requisiti naturali delle donne che, a suo avviso, fanno o possono fare della presenza femminile nelle imprese il nuovo motore verso la ripresa economica?
R. Secondo una recente ricerca della Federfranchising, le donne con alta vocazione imprenditoriale hanno dimostrato di possedere, tra le altre, alcune peculiari attitudini legate al modo di fare impresa «in rosa»: propensione a mettersi in gioco, capacità di automotivazione, di organizzazione, di sacrificio e capacità relazionali, in particolare nella comunicazione e nella ricerca del consenso. È emerso, inoltre, che mentre in Italia la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, sia in termini occupazionali sia per presenza nel mercato di figure manageriali e imprenditoriali di spicco, è ancora molto in ritardo rispetto al resto d’Europa, nel settore del franchising rappresenta, invece, una forza in crescita. Le donne si avvicinano sempre più al franchising: nel 2013 la presenza femminile si è attestata al 23 per cento tra i franchisor e al 38 per cento tra i franchisee. E, complessivamente, nel settore le attività guidate da donne hanno ormai superato 1.017.041, il 27 per cento del totale. Proprio per queste specifiche capacità femminili, la sinergia tra l’imprenditoria femminile e il mondo dell’affiliazione può rappresentare un motore di sviluppo: tra le motivazioni che spingono le donne a cogliere le opportunità offerte da questo mondo figura quella che, più di ogni altra formula d’impresa, il franchising rappresenta un sistema che contiene in sé gli ingredienti adatti per reagire, soprattutto in questo particolare difficile momento economico: capacità innovative, logistica centralizzata, economie di scala e politiche di marketing mirate. Il neo imprenditore si avvale già, in questo modo, di un know-how da cui partire senza dispersione di energie e tempo alla ricerca, in proprio, di soluzioni in grado di garantire la competizione sul mercato. Per questo il Cnif e la Federfranchising offrono assistenza alle donne per la risoluzione dei problemi legati alle imprenditorialità e mirano a promuovere e diffondere, in modo capillare, la cultura del franchising, inteso come nuova frontiera della distribuzione commerciale e preziosa occasione di sviluppo per le imprese.
D. I numeri dimostrano un discreto trend di crescita delle donne imprenditrici. Ma quanto si è ancora lontani dall’auspicata parità?
R. La consistente minore partecipazione delle donne al mondo del lavoro e, di conseguenza, la maggiore difficoltà a raggiungere posizioni di vertice aziendale non rappresentano soltanto una questione femminile, ma una perdita di opportunità per l’economia e la società tutta. Bisogna cambiare il punto di vista da cui osserviamo la realtà per operare un vero cambiamento, una svolta decisa e decisiva: il problema del mancato impiego del ricco potenziale delle donne nel lavoro deve essere considerato, a mio avviso, non solo come una questione di pari opportunità ma, soprattutto, come un nodo da sciogliere per far ripartire l’economia reale. Insomma, non si tratta solo di un’azione ragionevole da svolgere, ma rappresenta una strategia economica vantaggiosa e di successo per ridare slancio alla competitività e produttività del Paese. Si tratta, perciò, di una barriera culturale da abbattere: la parità tra uomo e donna nella società in generale deve ancora compiersi, così come nel mondo del lavoro è ancora un obiettivo. Molte neo mamme sono costrette, oggi, ad interrompere la carriera per prendersi cura dei figli, mentre garantire innanzitutto un’indipendenza economica attraverso la partecipazione al mondo del lavoro rappresenta il principio di una rivoluzione silenziosa ma efficace per ridurre le vulnerabilità delle donne, colmare il gap di genere e rendere più competitivo il nostro tessuto economico.
D. Lei è una donna al vertice di un’azienda. Quali consigli darebbe a una giovane imprenditrice?
R. Il consiglio che sento di rivolgere a tutti i giovani è di seguire le proprie aspirazioni e di assecondare le proprie predisposizioni con coraggio e creatività, affinando le conoscenze e le capacità attraverso mirati corsi professionali e di formazione, così da cogliere nel modo migliore le opportunità del mondo dell’imprenditoria e rimuovere gli ostacoli che riducono lo spirito di iniziativa e limitano i sogni: solo così potranno realizzare progetti ed edificare il proprio futuro in maniera costruttiva.
D. Lavoro, famiglia, figli, magari genitori anziani. Come andare verso un welfare davvero al femminile?
R. Lo ripeto: siamo molto indietro rispetto al resto d’Europa come numero di donne occupate, siano esse imprenditrici o dipendenti. E i motivi vanno ricercati nelle insufficienti strategie di politica economica per lo sviluppo delle imprese in generale, e nella mancanza di una seria politica di welfare: questo, inevitabilmente, si scarica sulle famiglie e sulle donne in particolare. Carenze di asili nido, sistema scolastico obsoleto, inadeguatezza dei servizi di cura per anziani e malati, ma anche tempi di vita e di lavoro delle città non proprio a misura d’uomo. L’assenza di adeguate politiche per la famiglia non può più pesare sulle spalle di mogli, figlie e nuore: servono misure concrete per conciliare la vita familiare e lavorativa delle donne. Il 15 maggio scorso si è celebrata la Giornata internazionale della famiglia: tale ricorrenza riflette l’importanza che la comunità internazionale attribuisce alla famiglia e al suo benessere, richiamando l’attenzione sui problemi ad essa relativi con un’attenzione al tema della conciliazione tra lavoro ed esigenze genitoriali, terreno su cui nel futuro si giocherà sempre più la competitività delle aziende e dei Paesi che attiveranno programmi e politiche «family friendly». Nel disegno di legge delega sul lavoro presentato dal Governo sono contenute misure di sostegno alla maternità ed alla conciliazione che vanno nella giusta direzione: tra queste, l’incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e l’impiego di premi di produttività, per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia e l’assistenza alle persone non autosufficienti; l’integrazione dell’offerta di servizi per la prima infanzia forniti dalle aziende nel sistema pubblico e privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione del loro uso ottimale da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi.
D. Ha accennato al tema spinoso dell’accesso al credito bancario, più oneroso per le donne che, numeri alla mano, risultano più prudenti e solventi rispetto agli uomini.
R. Le attività «in rosa» sono una delle componenti più dinamiche dell’economia, ma servono sostegni economici. In un momento di crisi, in cui l’accesso al credito risulta più difficile in generale e più oneroso per le donne imprenditrici, segnalo il fondamentale ruolo svolto dal Fondo di Garanzia del Dipartimento per le Pari opportunità per le piccole e medie imprese della Presidenza del Consiglio dei ministri per favorire il credito. Il Fondo ha il compito di concedere agevolazioni in forma di garanzia diretta, cogaranzia e controgaranzia, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all’attività di impresa; ha una dotazione complessiva di 20 milioni di euro di cui 10 milioni messi a disposizione dal Dipartimento Pari opportunità e 10 milioni dal Fondo centrale di garanzia. La Sezione speciale, operativa dal  gennaio 2014, fornisce alle imprese «rosa» condizioni vantaggiose per la concessione della garanzia: possibilità di prenotare direttamente la garanzia; priorità di istruttoria e di delibera; esenzione dal versamento della commissione una tantum al Fondo; copertura della garanzia fino all’80 per cento sulla maggior parte delle operazioni. Una dote potenziale su cui le donne che vogliono fare impresa possono contare nel momento in cui richiedono un sostegno finanziario. Infine è stato firmato il protocollo d’intesa per la crescita dell’imprenditorialità e dell’autoimpiego femminili tra Dipartimento per le Pari Opportunità, Ministero dello Sviluppo Economico, Abi, Confindustria, Confapi, Rete Imprese Italia (Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti) e Alleanza delle Cooperative: si tratta di un piano di interventi a sostegno dell’accesso al credito di 1.400.000 piccole imprese  a prevalente partecipazione femminile e di lavoratrici autonome. Saranno attivati plafond bancari per nuovi investimenti e  nuove attività che potranno beneficiare della garanzia dello Stato. L’accordo riconosce il ruolo della donna nel lavoro e nella famiglia e prevede la possibilità di sospendere il rimborso dei finanziamenti, fino a 12 mesi, per maternità o gravi malattie.
D. Tra i Paesi industrializzati l’Italia impiega al minimo il potenziale femminile. Come colmare il divario?
R. Le donne, soprattutto nell’educazione e nella formazione, hanno non solo raggiunto il mondo maschile, ma riescono spesso ad ottenere risultati migliori negli studi e nei risultati lavorativi. Per questo chiederemo al Governo, in vista del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, di porre al centro dell’agenda gli strumenti necessari per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, incentivando le politiche di conciliazione con il potenziamento dei servizi per il welfare, incoraggiando l’avvio di attività d’impresa nei settori collegati, sostenendo l’accesso al credito di queste imprese attraverso una valutazione delle politiche economiche di genere. E di favorire lo sviluppo di idee e progetti innovativi, promuovendo la creatività e la valorizzazione del capitale «rosa».
D. Le piccole e medie imprese furono protagoniste del miracolo economico. Possono tornare ad esserlo?
R. Anche nei primi mesi del 2014 l’emorragia di imprese non si è fermata; le attività del commercio e del turismo sono schiacciate dalla crisi della domanda interna. La ripresa è ancora lontana soprattutto per  i consumi nonostante timidi segnali di ripresa; la disoccupazione, soprattutto giovanile, è destinata a crescere. Siamo scesi in piazza, lo scorso 14 febbraio, mobilitando oltre 60 mila imprenditori giunti da tutta Italia: un segnale alla politica e alle istituzioni per affermare la centralità economica e sociale delle nostre imprese, messe a dura prova da una pressione fiscale a livelli insostenibili, da un costo del lavoro troppo alto, da difficoltà di accesso al credito e da ritardi infrastrutturali che minano la competitività dei  territori. Queste sono le priorità da affrontare per restituire al Paese una prospettiva di crescita reale.   

Tags: Luglio Agosto 2014

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