Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • Antonio Paolucci: capolavori d’arte e di tecnologia per tutelare il patrimonio

Antonio Paolucci: capolavori d’arte e di tecnologia per tutelare il patrimonio

Il prof. Antonio Paolucci, dal 2007 direttore dei Musei Vaticani, nella Cappella Sistina.

Storico dell’arte, allievo di Roberto Longhi, specialista di arte italiana del Rinascimento, è autore di cataloghi di musei e di mostre, di saggi e monografie su Piero della Francesca, Luca Signorelli, Antoniazzo Romano, Michelangelo, Filippo Lippi, Bronzino, Cellini e molti altri. Queste sono alcune note biografiche del prof. Antonio Paolucci, chiamato nel dicembre 2007 da Papa Benedetto XVI a dirigere le collezioni pontificie con la nomina di direttore dei Musei Vaticani. Tra i molti incarichi svolti nel passato, il prof. Paolucci ha diretto l’Opificio delle Pietre dure e Laboratori di restauro di Firenze, è stato soprintendente al Patrimonio artistico in molte città e direttore degli Uffizi di Firenze. Accademico dei Lincei, ha insegnato nell’Università di Firenze, nella facoltà di Lettere e Filosofia e nell’Istituto di Storia dell’Arte, e nell’Università di Siena. Fra il 1995 e il 1996 è stato ministro della Cultura. Oltre al Comitato scientifico per le Mostre d’arte delle Scuderie al Quirinale, oggi presiede la Commissione permanente per la tutela dei monumenti storici e artistici della Santa Sede ed è vicepresidente del Consiglio superiore per i Beni culturali e paesaggistici del Ministero dei Beni e delle Attività culturali italiano.
Domanda. Dal 1980 è stato soprintendente a Venezia, Verona e Mantova. A Firenze è stato anche soprintendente speciale per il Polo museale fiorentino e direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Toscana. Cosa ricorda di quelle esperienze e quale bagaglio culturale e manageriale le hanno fornito, utile al suo attuale compito in Vaticano?
Risposta. Ho imparato il mestiere svolgendolo concretamente. Ma non avrei fatto esperienza sul campo se non avessi compiuto solidi studi. Soltanto il cimentarsi con i problemi reali permette di acquisire la professionalità specifica del nostro mestiere. Sono riuscito in tale non facile impresa e ciò ha contribuito a rendere più naturale il mio impegno nei Musei Vaticani.
D. Ha ricoperto incarichi inerenti anche nelle strutture che hanno subito momenti dolorosi. Nel 1993, soprintendente a Firenze, si occupò dei danni provocati alla Galleria degli Uffizi dall’attentato di Via dei Georgofili; nel 1997 è stato commissario straordinario per il restauro della Basilica di San Francesco ad Assisi, dopo il terremoto. Il restauro sana le ferite o queste non si rimarginano mai?
R. Solo il dolore per le vite perdute è insanabile. Chi visita oggi gli Uffizi non si accorge dei danni provocati dall’attentato; lo stesso accade per Assisi, di cui mi sono occupato come commissario governativo nel dopo-sisma. Nella basilica superiore le volte con gli affreschi delle scuole di Giotto e di Cimabue, che subirono il crollo, oggi sono al loro posto, ricostruite e risarcite dall’offesa che la natura ha provocato. Purtroppo gli affreschi che furono ridotti in briciole sono andati perduti. Molti li abbiamo ricomposti, su altri l’effetto ora visibile è quello di una raffica di schegge. Le grandi dimensioni della basilica di Assisi hanno contribuito ad assorbire la ferita.
D. Più onori o più oneri quando fu nella cabina di regia della cultura italiana, come ministro per i Beni culturali nel Governo Dini nel 1995?
R. Se ognuno di noi riuscisse a fare almeno una volta l’esperienza di ministro, si accorgerebbe che nella stanza dei bottoni questi o non ci sono o non funzionano. Personalmente nel mio periodo ministeriale ho fatto quello che avevo sempre fatto prima, cioè il soprintendente, visitando soprintendenze, biblioteche, archivi, parlando con i miei colleghi e stabilendo rapporti. Erano persone con le quali avevo attraversato la carriera, non mi sentivano un loro superiore.
D. Qual è il ruolo dei donors e il loro rapporto con l’Istituzione Vaticana?
R. Il Vaticano è in una situazione speciale rispetto ai donors. Mi riferisco alla potente organizzazione di cattolici americani, i Patrons of the Art in the Vatican Museums, divisi in vari capitoli, Filadelfia, New York, Miami e Chicago, i quali mettono in campo, anno dopo anno, una media di circa 2 milioni di euro per i restauri e per le operazioni di valorizzazione dei Musei Vaticani. Una cifra molto rilevante. In merito, invece, alla situazione italiana, con la recente liberatoria fiscale istituita dal ministro Dario Franceschini, l’Art Bonus, mi auguro che questo fenomeno, che all’estero e soprattutto in America esiste da sempre, diventi abituale anche qui e che i donors possano ottenere i vantaggi fiscali promessi. Più in generale però, occorrerebbe sconfiggere quel senso di diffidenza degli italiani nei confronti di tutto quello che viene dall’autorità ministeriale.
D. Lo scorso marzo lei ha ricevuto la laurea honoris causa in Storia dell’Arte dall’Università di Tor Vergata. Tra le motivazioni, «l’aspetto manageriale della sua attività, il suo costante impegno nella salvaguardia e tutela dell’immenso patrimonio storico ed artistico di pertinenza della Santa Sede ma di estrema rilevanza per l’Italia». Si sente più storico dell’arte o più manager ?
R. Sono e voglio essere uno storico dell’arte. Quello della managerialità è un po’ un mito. Un direttore di museo che abbia un po’ di buon senso, che stia attento a come spendere i soldi, che svolga un’amministrazione oculata, attenta, parsimoniosa e allo stesso tempo intelligente: vogliamo chiamarlo manager? Il museo non è un’azienda. Il compito del museo è rendere donne e uomini più colti, civili, consapevoli della loro storia. Non interessa la redditività economica ma quella spirituale, intellettuale e civile. I musei dell’età moderna sono nati per trasformare le plebi in cittadini, operazione grandiosa ed importantissima. I musei e la scuola fanno questo. E non è poco.
D. I Musei Vaticani sono oggi il polo museale più visitato in Italia e tra i più frequentati nel mondo. Seguono il Louvre di Parigi, il Metropolitan Museum di New York e il British Museum di Londra. Tra le peculiarità invidiate ai Musei Vaticani dagli altri forse anche i suoi 509 anni di storia?
R. Direi di sì. Consideriamo che le Gallerie Vaticane sono musei generalisti. C’è l’archeologia, l’arte classica, il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere, la grande arte del Rinascimento, Michelangelo, Raffaello, Giotto, Caravaggio, ma anche i dipartimenti dell’arte egizia, di quella moderna e contemporanea. Pochi sanno che il dipartimento etnografico dei Musei Vaticani è uno dei più importanti del mondo. Tutto questo indica la politica della Chiesa di Roma nei secoli, un’attenzione speciale all’umana arte da Michelangelo all’aborigeno australiano. Credo che la gente, entrandovi, capisca questa universalità, anche se i tempi del turismo sono stretti. In poche ore il visitatore dovrebbe vedere e capire tutto, ma è estremamente difficile. Sicuramente capisce e gli resterà impresso che i Musei Vaticani sono lo specchio della storia del mondo.
D. Federico Zeri nel 1994, dopo la «pulizia» durata quattro anni del Giudizio universale della Cappella Sistina, con una provocazione intellettuale disse che «la riscoperta dell’originario ‘azzurro lapislazzulo’ restituiva all’opera il suo simbolismo cromatico», sostenendo la necessità di difendersi «dalle orde di turisti spinti dalle agenzie di viaggio più che da autentico interesse», auspicando un aumento del prezzo del biglietto d’ingresso «che avrebbe scoraggiato–diceva–i meno interessati». A 20 anni di distanza come ci si difende dai danni provocati nella Sistina dall’affluenza di 5 milioni e mezzo di visitatori annuali?
R. Aumentare il prezzo non sarebbe etico. Ma il problema dell’affluenza esiste e faceva bene Zeri a sottolinearlo. Bisogna fronteggiare quello che io chiamo il rischio antropico, provocato dalla massa di persone. In estate la Sistina ospita 20-25 mila persone al giorno, pari all’intera popolazione di Viterbo o Latina. Costoro portano dall’esterno polveri, umidità corporea e anidride carbonica con la respirazione. Un mix che, depositandosi sugli affreschi, può produrre effetti pericolosi. Forse, riusciremo a risolvere il problema. Il 30 e 31 ottobre prossimo con il convegno «La Cappella Sistina venti anni dopo. Nuovo respiro e nuova luce» presenterò alla stampa, ai maggiori specialisti di Michelangelo e ai direttori dei grandi musei, il nuovo sistema di condizionamento per ricambio di aria, abbattimento delle polveri e controllo di temperatura e umidità, messi a punto dalla Carrier, azienda leader del settore, che vi lavora da tre anni. Nell’occasione inaugureremo il nuovo sistema illuminotecnico composto da 7 mila led realizzato dalla Osram. Oltre ad un capolavoro d’arte, la Sistina diventerà un capolavoro di tecnologia.
D. Riuscirete ad ospitare più persone?
R. Non è questo il mio obiettivo, anzi direi che i Musei Vaticani invocano una crescita zero. Siamo arrivati lo scorso anno a 5 milioni e mezzo di visitatori, quest’anno potremo sfiorare i 6 milioni, ma non andrei oltre. Questo contenimento credo che valga per tutti i luoghi più visitati nel mondo.
D. Iniziato nel novembre 2008 e concluso alla fine dello scorso febbraio in anticipo sul programma, il restauro del Colonnato del Bernini in Piazza San Pietro è costato 14 milioni di euro. Tra le novità l’adozione di impianti anti-volatili. Come vanno i lavori?
R. Chi viene a Roma vuol vedere il Colosseo ed entrare in Piazza San Pietro. Sono i due simboli di Roma, dei Cesari e della città del Papa. I lavori sul Colonnato oltre alla pulitura hanno riguardato un’accurata opera di consolidamento, soprattutto delle statue della corona apicale, dissestate e con un serio inizio di sgretolamento.
D. Radar topologico a immagini, Sentinella delle opere d’arte, Bio-restauro, sono alcune novità dell’accordo di collaborazione tra i Musei Vaticani e l’Enea per lo sviluppo di nuove tecnologie. Di che si tratta?
R. I Musei Vaticani hanno laboratori di restauro e un centro di ricerca scientifica diretto dal prof. Ulderico Santamaria, che rappresentano uno dei punti di eccellenza al mondo per la scienza della conservazione del patrimonio. Tale struttura collabora con i maggiori musei del mondo, e ospita convegni sul restauro. Recentemente abbiamo organizzato un congresso sul bio-restauro, l’uso delle sostanze batteriche applicate sulle superfici da trattare e programmate in modo da «mangiare» tutto quello che, organico o non, va rimosso. Per questo mese è in programma un convegno internazionale sull’uso del laser, strumento impiegato non da molti anni in tale ambito.
D. Prende piede l’audioguida per i bambini. Dopo Londra, Parigi e Berlino, da fine giugno l’Amministrazione comunale di Roma ha avviato tale sistema nei Musei Capitolini. Come lo giudica?
R. Tutto quello che è educazione e didattica è positivo. La gente deve capire che il museo e le opere d’arte che vi sono conservate sono sue, appartengono alla sua storia. Noi svolgiamo una grande attività nei settori del disagio e dell’handicap. Abbiamo specialisti che ne hanno studiato i vari profili: ipovedenti, non udenti, disturbati psichici. Sanno come parlare a questi utenti. C’è anche una sezione pedagogica.
D. Quali sono il bilancio della partecipazione della Santa Sede alla 55esima Esposizione Internazionale d’Arte e le previsioni per la partecipazione alla 56esima edizione del 2015?
R. La nostra Biennale dello scorso anno è stato un successo. In virtù di questo, all’edizione del 2015 parteciperemo con accresciuto entusiasmo. Il merito di questa grande decisione del 2013 è del cardinale Gianfranco Ravasi, che l’ha voluta e che ha avuto tutto il mio appoggio più entusiastico. La Chiesa, attraverso i propri musei, deve essere presente a questi eventi che coinvolgono il mondo intero. Sottolineo con piacere che io e il presidente della Biennale Paolo Baratta siamo stati «compagni di banco» nel Consiglio dei ministri del Governo Dini, e siamo rimasti amici.
D. Come Papa Francesco ha rivoluzionato la comunicazione della Santa Sede e quanto ha aumentato le presenze dei turisti nei Musei Vaticani?
R. I numeri dicono che Papa Francesco ha contribuito a un aumento almeno del 10-12 per cento dei visitatori. I fedeli ora vengono a Roma molto più numerosi di prima. Mi aspetto di ricevere nei Musei, quanto prima, la visita di Papa Francesco, finora travolto dal lavoro. Sarà un grandissimo evento.
D. Quali differenze ha notato tra i Segretari di Stato vaticani che ha conosciuto durante il suo incarico, Tarcisio Bertone e Pietro Parolin, nel rapporto con la complessa macchina dei Musei Vaticani?
R. Entrambi sono ben consapevoli dell’importanza dei Musei, non solo per l’aspetto economico e il reddito che producono, ma per l’immagine e il simbolo che rappresentano nel mondo. Entrambi i cardinali hanno avuto una costante attenzione al funzionamento della macchina museale e, quando ho chiesto loro qualcosa, non mi è mai stato rifiutata. Con tale presupposto posso certamente lavorare meglio.
D. Nel prossimo dicembre il Ministero dei Beni culturali compirà 40 anni. Ha suggerimenti da dare al Governo e ai manager della cultura pubblica in Italia?
R. Ho già suggerito al ministro Dario Franceschini di non fare riforme, perché se ne sono fatte tante in questi 40 anni, una sempre peggiorativa dell’altra. L’unica grande, vera la fece Giuseppe Bottai nel 1939, il quale però poté contare su consulenti come Sante Romano, Roberto Longhi, Cesare Brandi, Giulio Carlo Argan. Nel panorama attuale non vedo potenziali consulenti di analoga caratura. Meglio non far nulla.

Tags: Settembre 2014

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa