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stefano glinianski: risparmi e razionalizzazione nelle autorità indipendenti

Stefano Glinianski, Segretario generale della Commissione sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali

Per 10 anni Segretario e Direttore generale di Enti locali, di cui 5 Segretario generale e Direttore generale del Comune di Sanremo, oltre che dirigente dell’organismo di controllo del Casinò e, a 34 anni, delegato ai rapporti con la Rai per il Festival della Canzone Italiana, Stefano Glinianski ricorda una battuta di alcuni dirigenti: «Nel momento in cui lei supererà la prova di Sanremo, potrà anche andare a gestire la città di New York». «Pensavo fosse un’espressione eccessiva–ricorda oggi–, invece furono davvero 5 anni durissimi di riorganizzazione, con gran parte della dirigenza non molto favorevole ai cambiamenti; ma la mia più grande gratificazione fu quella di aver partecipato alla revisione di un’amministrazione molto complessa, dopodiché superai il concorso per l’ammissione alla Corte dei conti». Entrò quindi nella Magistratura contabile e, dopo due anni, fu chiamato da Roberto Alesse, presidente dell’Autorità sugli scioperi nei servizi pubblici, a ricoprire un ruolo di garanzia in quanto magistrato contabile, ma anche perché dotato di conoscenza, esperienza e predisposizione alla direzione e al controllo dell’attività gestionale. Così ebbe inizio l’attività di Stefano Glinianski presso un’Autorità amministrativa indipendente, alla cui riorganizzazione totale ha pure partecipato. Sempre nell’ambito delle Autorità amministrative indipendenti, attualmente è impegnato nella soluzione di un altro attualissimo e significativo problema posto dal Legislatore nel quadro delle azioni dirette ad una razionalizzazione di tali organismi funzionale al risparmio dei costi di gestione, anche attraverso interventi sui trattamenti economici accessori del personale dipendente da tali strutture.
Domanda. Può illustrare i contenuti della sua attività?
Risposta. Il decreto legge 90 del 24 giugno scorso, convertito nella legge 114 dell’11 agosto 2014, prevede una razionalizzazione delle Autorità amministrative indipendenti. Tra gli aspetti più rilevanti della riforma si prevede una revisione della gestione delle procedure concorsuali, nel senso che queste, ove dirette alla ricerca di funzionari, dirigenti o dipendenti di tali Autorità amministrative, siano condivise e svolte o, meglio, gestite unitariamente tra tutte le Autorità.
D. Questo in che maniera?
R. L’articolo 22, comma 5, della richiamata legge, dispone che, laddove le Autorità amministrative indipendenti intendano reclutare del personale, devono farlo attraverso una gestione unitaria delle procedure, previa stipula tra loro di apposite convenzioni che assicurino, oltre alla trasparenza e all’imparzialità delle procedure, la specificità delle professionalità di ciascun organismo. È immediatamente percepibile la difficoltà operativa per conseguire quanto richiesto dal legislatore. Una procedura condivisa è, infatti, attuabile più facilmente per professionalità fungibili, come un istruttore amministrativo, ma appare in tutta la sua evidenza la complessità di una gestione unitaria della procedura, quando è diretta al reclutamento di una specifica professionalità, dotata ad esempio di competenze in materia di conflitto sindacale o di mercati finanziari o di trasporti.
D. È questa l’eccezione sollevata?
R. Non solo. Oltre che di difficile attuazione, quanto richiesto dal legislatore, ove attuato, rischia di tradursi in un mero adempimento burocratico privo di qualsivoglia utilità. Faccio un esempio concreto. Se la selezione non è diretta al reclutamento di professionalità fungibili e, dunque, per competenza trasversali a tutte le Autorità interessate, ma è prodromica alla ricerca di personale coinvolto nell’attività istituzionale della singola Autorità, il requisito minimo di una gestione condivisa, da cristallizzare in una convenzione quadro, imporrà quanto meno all’amministrazione procedente di comunicare alle altre Autorità la volontà di voler avviare un concorso, affinché esse manifestino, in un tempo ragionevole, un eventuale interesse alla partecipazione alla procedura che ho difficoltà a comprendere quale possa essere, nel momento in cui la selezione è diretta alla ricerca di una specifica professionalità. In ogni caso, solo dopo avere esaurito questo percorso procedimentale, l’Autorità procedente potrà legittimamente avviare la selezione. Non mi sembra che, aggravando in questo modo i procedimenti, si perseguano trasparenza e imparzialità. Eppure non è facile trovare soluzioni alternative se si vuole rispettare il dettato normativo. Ecco l’incongruenza.
D. Questa procedura è già in vigore?
R. La legge impone da subito il rispetto di questa procedura pena la nullità dei concorsi. Proprio in considerazione delle difficoltà applicative, è stato avviato un confronto tecnico fra tutti i segretari generali delle Autorità per trovare soluzioni rispettose del dato normativo, ma anche coerenti con la realtà. La norma, nel modo in cui è stata formulata, è come se mirasse all’attuazione di un comparto unico dei dipendenti delle Autorità indipendenti, un uniforme e comune sistema di gestione anche economica del personale. Perpetuandosi, invece, la peculiarità organizzativa e finanziaria di ciascuna Autorità e imponendo ad esse l’adozione di procedure concorsuali in comune, difficilmente si riuscirà a trovare una sintesi a tale palese contraddizione.
D. Il legislatore non ha pensato agli effetti di una legge simile?
R. È facile supporre che abbia prevalso una, anche condivisibile, volontà di razionalizzazione dei costi e delle procedure; una disposizione così specifica avrebbe dovuto rappresentare la parte conclusiva di un processo di uniformazione in un comparto unico del personale delle Amministrazioni indipendenti. Viceversa, in questo modo si ha la sensazione che il legislatore abbia tentato di risolvere immediatamente un problema senza preoccuparsi delle conseguenze pratiche che può determinare. Su questa difficoltà i tecnici cercano di trovare una sintesi.
D. I tecnici chi sarebbero?
R. La legge si rivolge a tutte le Autorità amministrative indipendenti: Agcom, Autorità di regolazione dei trasporti, Antitrust, Consob, Autorità per gli Scioperi, Garante per la protezione dei dati personali, Covip, Autorità per l’Energia, Autorità anticorruzione. Solo a citarle si palesa la loro eterogeneità. I dirigenti apicali di dette Autorità, assistiti dai competenti uffici, hanno avviato una riflessione congiunta per addivenire, al più presto, a soluzioni condivise. Le difficoltà si sono subito manifestate. Qualora si avvia la ricerca di una professionalità specifica, gestire una procedura concorsuale in modo unitario rischia di confliggere con la diversità delle funzioni cui ciascuna Autorità è preposta. L’onere procedurale richiesto quale conseguenza di apposite convenzioni tra gli organismi può avere un senso solo ed esclusivamente per figure professionali di tipo fungibile, come un operaio o un istruttore amministrativo. Ove si tenderà alla ricerca di una professionalità specifica, la procedura unitaria rischia di trasformarsi in un mero adempimento burocratico o addirittura in un aumento dei costi di gestione, in distonia con la finalità della norma che mira anche ad una riduzione dei costi di gestione delle Autorità ove richiede la riduzione dei trattamenti economici accessori del personale dipendente, delle spese per incarichi di consulenza, studio e ricerca o per organi collegiali non previsti per legge, oltreché una gestione dei servizi strumentali unitaria mediante stipula di convenzioni o uffici comuni ad almeno due organismi.
D. Può fare un esempio concreto?
R. La norma impone, dal primo luglio 2014, una riduzione non inferiore al 20 per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti, non differenziando tra Autorità. Ne consegue che l’assenza di un comparto unico e l’eterogeneità del contesto organizzativo determina forti, e non sempre condivisibili sperequazioni. Si pensi al personale dell’Autorità per gli scioperi nei servizi pubblici che conta solo 30 unità e nessun dirigente, tranne il Segretario generale, per cui il trattamento è quasi tutto qualificato accessorio. In questo contesto l’effetto della legge è una riduzione di circa l’8 per cento del trattamento economico complessivo dei dipendenti. L’esempio dà l’idea della profonda diversità dell’incidenza di una norma adottata come se fosse preesistente un comparto. Si richiede la gestione unitaria dei servizi strumentali, funzionale a un risparmio complessivo entro il 2015 pari al 10 per cento della spesa complessiva sostenuta per i medesimi servizi nel 2013; ciò presupporrebbe, in molti casi, una convivenza del personale dipendente in un’unica sede.
D. Altre difficoltà?
R. Pur volendo superare l’ostacolo di una presupposta sede in comune e della eterogeneità gestionale che impedisce uffici in comune, operando da subito su operazioni di più facile attuazione comune quali acquisti ed appalti, nel nostro ordinamento è presente un’altra disposizione che impone anche alle Autorità amministrative indipendenti di rivolgersi alla centrale di committenza nazionale, Consip, per l’acquisizione di beni e servizi la quale fissa, per ciascuno di essi, i relativi costi. In questi casi l’aggregazione della domanda non determina un risparmio di spesa. Se si comprano 100 penne come singola Autorità o 200 in comune con un’altra, le penne avranno sempre quel costo, quindi l’acquisizione in comune del bene o del servizio non porta con certezza ad un risparmio di spesa; occorrerà pertanto, nel caso, individuare tutto ciò che è extra Consip per cercare di conseguire quei risparmi nella misura richiesta dalla norma.
D. Qual è la conclusione?
R. Volendo fare una riflessione più ampia, è vero che occorre conseguire un risparmio di spesa e una razionalizzazione di taluni procedimenti anche in seno alle Autorità amministrative indipendenti, ma è altresì vero che ciò necessita di un’operazione preliminare che è quella di una razionalizzazione dell’intero sistema delle Autorità.
D. Come si può dimostrare più ampiamente quello che ha detto?
R. Non è una novità che quando da parte degli addetti ai lavori si discute di Autorità amministrative indipendenti, si avverte l’esigenza di criteri uniformi per la nomina dei loro componenti rispetto a procedimenti attualmente variabili a seconda del tipo di Autorità; così come, sovente, si è riflettuto sull’opportunità di una disciplina relativa al rapporto di lavoro del personale dipendente, anche con un certo grado di scetticismo verso l’istituzione di un comparto sul modello delle pubbliche amministrazioni.
D. Quali obiezioni vengono sollevate?
R. Si è spesso sostenuto che individuare un comparto unico per tutte le Autorità amministrative indipendenti avrebbe determinato una forte rigidità del sistema penalizzando la specificità che ciascuna Autorità deve mantenere per meglio assolvere al proprio compito. Su questo si può essere d’accordo fino a un certo punto ma, leggendo l’articolo 22, si ha la sensazione che il legislatore stia andando proprio in questa direzione.
D. Quindi l’inizio non sembra felice?
R. L’esigenza di un unico comparto si legge tra le righe della norma, ma dalla sua assenza discende che le disposizioni di dettaglio sono di difficile applicazione. Sarebbe stato, forse, più opportuno legiferare diversamente, ma questo è un problema più ampio. Sempre più ci si muove sull’onda della contingenza, dell’esigenza di far apparire come immediato un riformismo sicuramente necessario senza, tuttavia, riflettere sul fatto che disposizioni pur di difficile attuazione, nel momento in cui sono legge, vincolano l’operatore. E a maggior ragione se funzionali a risparmi di spesa.
D. Cosa comporta la mancata applicazione della norma?
R. Se l’operatore, dinanzi a una disposizione che impone, in tempi tra l’altro ristretti, determinati adempimenti, non provvede, rischia di essere personalmente responsabile. Le Amministrazioni pubbliche, pur di rispettare i tempi imposti, adottano atti talvolta solo formalmente rispettosi di una disposizione, ma sostanzialmente che non conseguono il risultato a cui tende il legislatore. Forse sarebbe stato più opportuno prima di individuare discipline specifiche, prendere posizione su aspetti prodromici ad una riforma complessiva del sistema, tra cui anche l’istituzione di un comparto unico. Ho la sensazione che il legislatore non abbia voluto affrontare ciò.
D. Per quale motivo il legislatore ha scelto questa strada?
R. È, oggi, avvertita una forte esigenza di razionalizzazione dell’intero sistema pubblico amministrativo. Bisogna, tuttavia, osservare che la fretta può essere, talvolta, cattiva consigliera, soprattutto quando le riforme determinano effetti economici nei confronti di chi opera nella Pubblica Amministrazione. Mi riferisco non solo alle Autorità amministrative indipendenti. Se c’è l’esigenza, in talune ipotesi legittima, di razionalizzare e di tagliare i costi della Pubblica Amministrazione, bisogna farlo riflettendo sugli effetti che la legislazione produce sul sistema. Viceversa, il legislatore non raggiunge o raggiunge solo parzialmente l’obiettivo. Non è un discorso di conservazione né di retroguardia. È la constatazione che la Pubblica Amministrazione dispone di tante valide professionalità che, valorizzate e messe in condizione di operare con strumenti giuridici semplici e coerenti, possono rendere, in termini di efficienza, molto di più.
D. Che cosa potrebbe ipotizzarsi?
R. Per le Autorità amministrative indipendenti si potrebbe ipotizzare una loro omogeneizzazione, facendo confluire le migliori professionalità in un unico comparto. Se ciò fosse stato già realizzato, in un momento di difficoltà economica, come l’attuale in cui è necessario contenere il trattamento economico dei dipendenti, i tagli sarebbero stati più perequativi e senza effetti diversi. È una questione anche di giustizia sostanziale tra chi opera all’interno di queste complesse amministrazioni, di cui poco si conosce.
D. Quindi come e chi sta procedendo?
R. Unitamente agli altri segretari generali delle Autorità amministrative indipendenti, è stato istituito un tavolo tecnico per la redazione di una convenzione tipo, da sottoporre ai vari collegi delle Autorità, per disciplinare le procedure concorsuali. Si discute su cosa deve intendersi per trattamento accessorio, del quale il legislatore chiede una riduzione non inferiore al 20 per cento. Se per trattamento economico accessorio deve intendersi solo la parte stipendiale caratterizzata da variabilità e aleatorietà escludendo quanto, ancorché, definito formalmente accessorio, rappresenta un emolumento fisso e continuativo. In sostanza, si cerca di armonizzare, in diversi contesti, quello che il legislatore fotografa con un’unica espressione. Con riferimento specifico all’Autorità per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, è stato avviato un confronto con la Covip per gestire in comune servizi strumentali che consentano di risparmiare il 10 per cento richiesto dalla norma. Si lavora congiuntamente per individuare servizi la cui gestione in comune porti al risparmio di spesa richiesto dal legislatore, fermo restando il ricorso alla Consip che prescinde da un’aggregazione della domanda.
D. Chi è contrario a questo progetto?
R. Nessuno, perché quando il legislatore chiede, chi opera al servizio di una pubblica amministrazione ha il dovere di rispettare il dettato normativo. Questo non impedisce di manifestare perplessità. Si chiede di riordinare sistemi organizzativi fisiologicamente eterogenei; è una difficoltà oggettiva trovare una sintesi tra situazioni totalmente diverse tra loro; è una constatazione avvertita da tutti i soggetti chiamati a sbrogliare questa matassa legislativa.
D. Cosa fare alla fine, per sbrogliarla?
R. Se il legislatore, come credo che sia, è realmente sensibile a questi problemi, una riflessione nell’immediato futuro andrà fatta. L’operatore del diritto può solo evidenziare le complessità gestionali. Il tempo per rilevare queste difficoltà non c’è. La legge ha imposto scadenze molto ravvicinate. Con decorrenza dal luglio 2014 si è dovuto operare il taglio del trattamento economico accessorio. Entro il 2014 si deve provvedere alla gestione, comune ad almeno due organismi, di tre servizi strumentali. Le procedure concorsuali, in assenza di convenzioni tra le Autorità, sono nulle. Tutto ciò consente una riflessione finale.
D. Quale?
R. In questo momento la burocrazia è da tutti definita in modo dispregiativo, perché la si ritiene colpevole di rallentare i procedimenti, adottare formulazioni bizantine, mantenere il potere di interpretare e di decidere, arroccarsi sulle proprie posizioni perché nulla cambi. Può essere in parte vero. Come è vero, anche, che la burocrazia è lo specchio della legislazione. Se una legge è scritta male, il burocrate non sarà che il riflesso concreto di essa; ma se si semplificano leggi e procedure amministrative, se si legifera in modo più strutturato e coerente, forse si potrà consentire, a chi ha sempre operato nell’interesse pubblico, di svolgere in modo corretto il proprio mandato, e a chi ha approfittato della schizofrenia legislativa per sviare dalla propria originaria missione, di non avere più alibi.  

Tags: Dicembre 2014

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