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mario catania: l’agricoltura italiana deve essere moderna, competitiva e multifunzionale

Mario Catania, già ministro  dell’Agricoltura, oggi deputato esperto di politiche agricole

L’agricoltura è la mia compagna di vita», sottolinea Mario Catania, già ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali del Governo Monti. «Ho scelto l’agricoltura perché il suo richiamo alla realtà - cosa c’è di più reale del produrre dai campi ciò che serve al nostro sostentamento? - mi ha sempre affascinato. Il nostro non è più un Paese prevalentemente agricolo, ma l’agricoltura resta un’attività portante che non solo costituisce il punto di origine della filiera alimentare, ma svolge un ruolo di primo piano nell’organizzazione del territorio e del paesaggio». All’interno del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali dal 1978 ha svolto vari ruoli in molteplici ambiti; l’applicazione e la negoziazione della Pac, ossia la Politica agricola comune, costituiscono da sempre il «filo rosso» del suo operato. Il desiderio di ampliare i propri orizzonti culturali e di mettersi alla prova professionalmente in un contesto internazionale l’ha portato a prestare servizio a Bruxelles nella Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea dal 1997 al 2005; rientrato in Italia, ha continuato all’interno del Ministero fino al 16 novembre 2011 con la nomina ministeriale. Ora, la Commissione parlamentare di inchiesta per i fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo l’ha eletto presidente: «Cercherò di proseguire il mio impegno per la tutela e la promozione del made in Italy, già al centro della mia attività di ministro delle Politiche agricole, in tutti i settori del nostro sistema produttivo, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare la qualità delle produzioni italiane», ha dichiarato il neo presidente, attualmente deputato della XVII legislatura, aderente al Gruppo parlamentare di Scelta Civica.
Domanda. Può fare il punto su quello che il Governo sta facendo nel settore dell’agricoltura, sui programmi e sulle tendenze di questa società dopo le grandi trasformazioni subite dall’agricoltura dal dopoguerra ad oggi?
Risposta. A mio avviso, gli aspetti più salienti dell’attività svolta dal Governo in ambito agricolo riguardano l’attività comunitaria e la preparazione dell’Expo 2015. L’attuale ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha saputo ben gestire il semestre di presidenza europea ed ha lavorato intensamente in vista dell’Expo. Per gli altri aspetti restano alcune questioni da risolvere, come il nodo dell’Imu agricola. Ne vedremo gli sviluppi nei prossimi mesi.
D. Una ripresa dell’agricoltura è determinata certamente da fattori economici; ma non occorre anche, e soprattutto, una nuova predisposizione culturale?
R. È assolutamente così. Anzi, direi più correttamente invertendo gli addendi, che un ripensamento delle attività agricole, basato su un nuovo metodo culturale multidisciplinare, potrebbe essere una buona pista di rilancio economico per il nostro Paese. La centralità del settore primario deve essere strutturata secondo una nuova visione, che riesca ad interpretarne tutte le potenzialità inespresse. Dobbiamo pensare ad un’agricoltura moderna, competitiva ma soprattutto multifunzionale: agricoltura significa oggi un processo economico complesso fatto di tecnologia, scienze alimentari, ecologia, turismo, energie alternative. Credo che la crisi economica scoppiata con la bolla speculativa del 2008 sia stata un chiaro campanello d’allarme che ci invita a fare un passo indietro; il ritorno alla terra e la salvaguardia del suolo rappresentano ormai un’esigenza cogente che non possiamo più permetterci di ignorare. Non penso al ritorno ad un’economia rurale, ma ad un Paese che sappia valorizzare i propri asset più importanti, dove certamente il sistema agricolo potrà giocare un ruolo strategico.
D. Mai come ora i giovani sono interessati a lavorare per l’agricoltura: come pensa di aiutarli ed assisterli?
R. Dobbiamo certamente favorire l’ingresso dei giovani nel mondo dell’agricoltura, verso il quale non mostrano più atteggiamenti di preclusione. Il ricambio generazionale è un fattore ineludibile per ridare slancio alla nostra agricoltura. Tuttavia, trattandosi di un’attività che all’inizio richiede dei capitali considerevoli, è chiaro che i giovani devono essere sostenuti, al fine di trovare la giusta dimensione aziendale, per compiere gli investimenti adeguati, e in particolar modo per avere accesso al credito. Mi pare che l’attuale ministro si sia mosso nella giusta direzione in questi mesi, ma bisogna che i giovani abbiano ulteriori incentivi a livello sia nazionale che comunitario.
D. Non pensa che, per una ripresa del settore agricolo, sarebbe indispensabile anche l’eliminazione di tanti adempimenti burocratici che ostacolano l’attività e la vita stessa degli addetti?
R. La burocrazia purtroppo è ancora uno dei maggiori impedimenti allo sviluppo e alla ripresa del nostro Paese, ostacolando e rallentando l’attività di impresa, e scoraggiando possibili investitori esteri. Il settore primario è rimasto finora ai margini degli interventi di semplificazione: gli imprenditori agricoli lamentano una media di cento giorni l’anno persi dietro lungaggini burocratiche che sottraggono tempo prezioso alle priorità di un’azienda. Molto si stanno facendo, ma resta ancora un ampio margine di manovra per migliorare le condizioni di lavoro dei nostri agricoltori.
D. L’esperienza dell’attuale Titolo V della Costituzione, e in particolare l’accentuazione della competenza regionale in materia, ha evidenziato gravi limiti da parte delle Regioni stesse nell’attuazione delle politiche di settore e nella gestione degli ingenti fondi comunitari destinati al comparto?
R. Finora è stato esattamente così. Ma finalmente, prima della pausa natalizia, la Commissione Affari costituzionali della Camera, impegnata nell’esame del disegno di legge di riforma della Costituzione, sembra aver sciolto il nodo delle potestà legislative dello Stato nell’ambito della riforma del Titolo V. Aspettiamo ora il disco verde dell’Aula sull’impianto generale della riforma che restituirà allo Stato competenza esclusiva sulla legislazione in ambito di tutela della sicurezza alimentare, materia sulla quale si sono evidenziate gravi lacune da parte delle Regioni. Se il testo passerà, come auspicabile, così formulato, si assicurerebbe un indirizzo unitario in un settore che necessita di una forte presenza dello Stato, ponendo fine ad una serie di complicazioni dovute al meccanismo degli ordinamenti regionali che, in alcuni casi, hanno ostacolato la snellezza dei procedimenti attuativi delle norme che regolano un tema tanto fondamentale.
D. Il disegno di legge contro il consumo del suolo e la cementificazione del territorio sembra un primo passo avanti nella valorizzazione delle aree agricole: a quando una legge nel merito?
R. Il Comitato ristretto delle Commissioni Ambiente e Agricoltura della Camera dei Deputati, di cui sono membro, sta lavorando a ritmo piuttosto sostenuto affinché nel più breve tempo possibile venga elaborato un testo base largamente condiviso da maggioranza e opposizione. Una volta predisposto, il testo sarà soggetto agli emendamenti, dopodiché approderà in Aula per il voto della prima lettura. Ci auguriamo che l’iter venga completato entro l’anno per l’entrata in vigore della legge nel 2016.
D. Si sta battendo per l’etichettatura d’origine dei prodotti italiani; una battaglia soprattutto etica, oltre che economica e culturale. A che punto è la normativa che lei ha presentato a Bruxelles?
R. Negli anni scorsi, anche in seguito al mio lavoro, sono stati raggiunti consistenti risultati in sede comunitaria, a partire dalla normativa sull’origine degli oli d’oliva. Bisogna continuare in questa direzione senza cali di tensione.
D. Come procedono le trattative per la riforma della Pac, la politica agricola comune? Lei sta lavorando affinché agli agricoltori e allevatori italiani sia riconosciuto quanto spetta loro in ambito europeo: in che modo?
R. Il processo di riforma della Pac, avviato dal Parlamento nel 2010, ha raggiunto la sua fase finale nel giugno 2013, quando Parlamento, Consiglio e Commissione hanno raggiunto un accordo politico sulle questioni principali. La riforma è volta a rendere il settore agricolo europeo più dinamico, competitivo ed efficace nel conseguire l’obiettivo della strategia «Europa 2020» con il fine di stimolare una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva. Per quanto riguarda il nostro Paese, finalmente lo scorso ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto delle disposizioni attuative, completando così il quadro normativo necessario per l’avvio della nuova programmazione dei fondi comunitari destinati al settore primario.
D. Ha espresso forti critiche per la politica agricola condotta negli ultimi trenta anni. Secondo lei occorre una politica agricola nazionale?
R. Occorre una politica agricola nazionale perché molti problemi, come quello della cementificazione delle superfici agricole, non possono essere delegati all’Unione europea. Poi ci sono ambiti, come l’organizzazione delle filiere, dove la politica può tracciare la strada, ma poi tocca agli operatori aggregare l’offerta e qui lamentiamo un’arretratezza storica e culturale difficile da colmare.
D. Ritiene necessario apportare un intervento di riforma interna all’apparato Agricoltura, o comunque degli interventi correttivi su specifiche aree?
R. A mio avviso gli interventi realizzati dal Governo Monti avevano determinato un assetto corretto per il sistema agricolo nazionale, fermo restando che rimane aperto il problema di migliorare l’efficienza delle Regioni, limitandone l’autonomia ed evitando il regionalismo autoreferenziale registratasi nell’ultimo quindicennio.   

Tags: Febbraio 2015

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