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Fondazione Bietti: è stata una bella favola. Ora quali le prospettive?

Prof. Mario Stirpe

Il prof. Mario Stirpe: incerte le prospettive delle ricerche sull’oftalmologia
Dalla svolta del Gruppo di Miami la sorprendente storia di un «miracolo» anche italiano

«Il primo congresso della Fondazione G.B. Bietti si svolse in Italia molti anni fa e importò in Europa una tecnologia che ancora era poco adottata; in sostanza io avevo fatto parte del Gruppo di Miami diretto da Robert Machemer che aveva creato una nuova chirurgia della retina, con l’introduzione di un metodo che aveva permesso di aggredire malattie fino a quel momento assolutamente incurabili come traumi, retinopatia diabetica, complicanze del distacco della retina, patologie della regione maculare d’interesse chirurgico».
Al tono entusiasta e nostalgico usato dal prof. Mario Stirpe per fare il punto sulla professione, sulla materia e sui malati cui ha restituito o migliorato la vista, si contrappone nella sua voce una nota di rammarico, di rimpianto, nel descrivere le prospettive odierne che penalizzano fortemente la ricerca scientifica nel Paese.
Lasciamo che sia lo stesso scienziato prof. Mario Stirpe, uno dei primi giovani italiani a frequentare università ed ospedali nei Paesi sanitariamente più avanzati, e rivelatosi all’epoca quasi un «mago dell’occhio», a raccontare l’inizio della bella favola.
«Le nostre indagini sulla chirurgia dell’occhio cominciarono nei primi anni ‘70 e si prolungarono fino alla fine degli anni ‘80, quindi questo studio è durato quasi 20 anni. La chirurgia era nata inizialmente per combattere quelle complicazioni del distacco di retina che rendevano l’occhio non ulteriormente operabile. Poi è stata estesa con successo alla cura chirurgica di altre patologie. Nel 1978 cominciammo a preparare il primo Congresso in Roma che doveva riunire tutti i chirurghi che operavano in campo internazionale. Gli studi su questo nuovo metodo furono presentati nel 1980 ed ottennero un’eco enorme in tutta Europa. Molti Istituti, anche europei, in quel momento adottarono questa chirurgia rendendosi conto che la tecnologia era vincente per alcune malattie. Quel Congresso allora fu organizzato per la prima volta con filmati; non erano come i video attuali: si metteva la macchina da presa sul microscopio e si filmava l’operazione chirurgica; si poteva così giudicare la tecnica ed i risultati finali.
Il successo di quel Congresso fu coronato dalla pubblicazione di un libro e, internazionalmente, fu stimolato dalla ripetizione ogni 4 anni, anche perché, spiega il prof. Stirpe, le novità che si registrano ogni anno devono essere giudicate dopo un certo lasso di tempo. Quindi il Congresso fu programmato ogni 4 anni, con la pubblicazione di un libro sugli argomenti dell’oftalmologia in quel momento controversi. Poiché quanti erano scelti per la partecipazione al Congresso erano i più attivi negli studi sull’argomento ne fu chiesto l’impegno a produrre un libro. Grazie agli sforzi della Fondazione Bietti, il libro ha continuato ad essere prodotto dall’Ophthalmology Communications Society di New York.
Quando il Congresso nacque, si stabilì che tradizionalmente venisse ripetuto ogni 4 anni. Inizialmente fu concentrato solo sulla chirurgia della retina, anche perché in quel momento era la materia maggiormente in evoluzione nell’oftalmologia».
Domanda. Quando la tecnica fu messa a punto e diventò di uso comune, di che vi occupaste?
Risposta. L’oftalmologia pur essendo una branca specialistica si é frazionata in diversi settori. Questo si é reso necessario soprattutto nel campo della ricerca. Dopo le innovazioni introdotte nel campo della retina chirurgica l’attenzione è stata attratta dalla chirurgia della cataratta. La produzione di una strumentazione sofisticata e la ricerca sui materiali per la costituzione di particolari lenticoli hanno progressivamente reso possibile una riabilitazione ideale per il soggetto sottoposto ad intervento. Siamo negli anni ‘90 e l’allungamento della vita si associa alla diffusione di una patologia precedentemente assai più rara: la degenerazione maculare legata all’età. Questa si manifesta in due forme: una prettamente degenerativa ed a più lento sviluppo, l’altra più aggressiva caratterizzata da una neoformazione di vasi nella profondità dell’area centrale della retina; quella cioè deputata alla visione dei dettagli e quindi alla lettura. La frustrazione dell’oculista di fronte a questa forma si è trasformata in entusiasmo quando si é dimostrato che alcuni farmaci potevano migliorarne l’evoluzione in alcuni casi con risultati sorprendenti, Potrei dire che dalla fine degli anni ‘90 è alla cura delle maculopatie che è dedicata la maggiore attenzione dei nostri meeting.

D. Questa patologia, che prima era soprattutto d’interesse chirurgico, oggi come è considerata?
R. Si era pensato inizialmente ad una terapia chirurgica molto impegnativa ed assai poco risolutiva. La scoperta di farmaci capaci di provocare la chiusura dei vasi di neoformazione ed il riassorbimento dell’edema, causa della caduta della visione centrale, ha spostato gli interessi verso la farmacologia. Il farmaco viene introdotto nella cavità interna dell’occhio mediante l’uso di aghi sottilissimi. Le iniezioni intraoculari vengono oggi applicate con successo anche in altre patologie come l’edema maculare diabetico o le complicazioni edematose delle occlusioni venose retiniche.

D. Su che cosa punta ora la ricerca?
R. La ricerca è attiva in ogni settore dell’oftalmologia perché i risultati ottenuti possono essere migliorati. Un settore sul quale l’approccio appare arduo è quello che riguarda le malattie eredodegenerative. Vengono esplorate le possibilità di modificazione del gene ma la problematica è molto complessa.

D. Nel vostro congresso figura anche un fuori programma dedicato alle assicurazioni.
R. Il problema assicurativo è diventato importante in tutti i settori della medicina. Mi meravigliavo in passato quando negli Stati Uniti come corollario di molti congressi venivano introdotti argomenti che sembravano slegati dal congresso stesso. Erano soprattutto di medicina legale. Il problema assicurativo ha due facce: la prima riguarda più direttamente il medico, la seconda essenzialmente l’ammalato. Il problema riguardante il medico è legato soprattutto alla proliferazione di citazioni giudiziarie, la maggior parte delle quali assolutamente ingiustificate ma dalle quali il medico si deve comunque difendere. Nel nostro campo il problema è certamente minore di quello di altri settori della medicina. L’introduzione di ausili diagnostici molto sofisticati ha cambiato i criteri di preparazione sanitaria in passato basati soprattutto sull’anamnesi e la semeiotica. Indubbiamente il nuovo sistema ha condotto ad una dilatazione della spesa medica. Ogni esame ha un costo, ed è possibile che molti siano stati usati per un criterio di autodifesa. Del tutto recentemente sono stati introdotti criteri restrittivi verso l’uso ritenuto in alcuni casi eccessivo degli strumenti in uso per la diagnostica. Ma chi può giudicare quando un esame è realmente necessario? Troppo spesso il non aver praticato un esame ha condotto a conseguenze letali. E poi non è pensabile che si possa tornare ad una preparazione basata solo su una solida conoscenza clinica perché l’impostazione ormai da tempo seguita è stata diversa. La seconda faccia riguarda l’ammalato in rapporto alle presenti difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. Molti spesso, anche se indigenti, si rivolgono a strutture private. Su questo stato di cose una assicurazione, anche integrativa, per chi ha maggiori possibilità economiche potrebbe riequilibrare una organizzazione divenuta sempre più carente.

D. Ma quando operate voi siete assicurati?
R. È questo il punto, non c’è assicurazione di Stato. Questo meeting satellite sarà una occasione per uno scambio di idee anche con i Paesi che viceversa fondano sulle assicurazioni il loro sistema sanitario. Purtroppo non ci sono vie di mezzo. Negli Stati Uniti, per esempio, una buona medicina può averla solo chi ha un buon reddito. Le categorie veramente povere devono essere protette dallo Stato. Chi ha un reddito maggiore dovrebbe potersi permettere una assicurazione eventualmente in parte detraibile dal reddito. Le cose, dai tempi di mio padre, sono cambiate ed anche se erano più efficienti è difficile tornare indietro. Pensate solo alla Regione Lazio: una volta esistevano gli Ospedali Riuniti di Roma condotti da una unica amministrazione, quella del Santo Spirito. Pensate, oggi con il frazionamento degli Ospedali e la moltiplicazione delle amministrazioni di quanto è aumentata la spesa. Esisteva poi un Ente assicurativo parastatale, l’Inam, del quale solo a posteriori si é compresa l’efficienza.

D. Ho notato che al meeting delle assicurazioni partecipa esclusivamente la Consap; perché?
R. Perché la Consap é una assicurazione di Stato e quindi dovrebbe offrire una maggiore disponibilità per lo studio di un programma improntato sui criteri di giustizia. Le sembra giusto che una assicurazione che ha riscosso premi elevati da un iscritto lo privi della tutela se una malattia lo colpisce ripetutamente e sospende la tutela trascorsi i 70 anni, quando cioè il soggetto è più bisognoso di assistenza. In un sistema diverso il cittadino dovrebbe essere tutelato da regole imposte dallo Stato.

D. Cosa vorrebbe dire prima di parlarne al Congresso?
R. Il fine del Congresso è vagliare le esperienze internazionali sulle terapie che si stanno dimostrando efficaci, cercando di capire dall’esperienza di tutti fino a che punto potranno essere tali, e dove vale la pena di spendersi maggiormente per avere risultati e farmaci. I trials clinici internazionali sono organizzati a questo fine. Il Congresso pone attenzione alle condizioni più critiche esistenti e a quelle ancora non completamente consolidate nell’uso terapeutico. Quindi attenzione critica verso quanto di nuovo viene esposto. Questo è importantissimo in un Congresso perché si aprono possibilità e prospettive di nuove terapie che possono essere proposte e sostenute. Il sostegno della ricerca oggi in qualche Paese è dato dallo Stato, ma da noi non è più così, questo proviene soprattutto dalle industrie che sostengono la ricerca. È chiaro che le finalità industriali siano anche economiche.

D. Quanto la tecnologia aiuta la ricerca?
R. Nel nostro campo l’aiuto é stato considerevole. L’IRCCS Fondazione G.B. Bietti è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico; la ricerca che si svolge è di tipo translazionale, vale a dire non deve essere mai concepita fine a se stessa ma finalizzata alla cura dell’ammalato. Nel corso del Congresso si discuterà molto dell’impatto sociale delle nuove tecnologie nella diagnosi e cura delle patologie oculari. L’uso clinico di nuovi biomarcatori basati sulla tecnologia ad ottica adattiva per la diagnosi ultra-precoce delle patologie retiniche rappresenterà nei prossimi anni uno dei mezzi più efficaci per prevenire la perdita della vista causata dalle patologie più frequentemente causa di disabilità visiva, tra le quali la retinopatia diabetica. L’uso delle nuove terapie basate sulle cellule staminali e sulla terapia genica stà dimostrando i primi successi terapeutici per il trattamento di gravi patologie oculari, come il deficit di cellule staminali limbari e le distrofie retiniche

D. Quali i rapporti con altre patologie di ordine generale?
R. L’organo della vista è costituito da un sistema complesso. Il sistema diottrico oculare consente la messa a fuoco delle immagini su una rete sensoriale. Queste attraverso il nervo ottico vengono connesse con la centrale di elaborazione che ha sede nella corteccia cerebrale occipitale. Da qui si può comprendere quanto a volte sia complessa una diagnosi e conseguentemente la cura di malattie che interessano le strutture che si estendono posteriormente all’occhio. Per queste l’interesse clinico è a cavallo tra l’oftalmologia e la neurologia; questa patologia si riunisce in una materia denominata neuroftalmologia e anche questa materia avrà un ampio spazio nel Congresso di ottobre. Molte patologie di ordine generale, prima fra tutte il diabete ma anche forme ematologiche o arteriosclerotiche interessano direttamente l’occhio, l’esame del quale offre spesso un contributo prezioso per la diagnosi. La terapia volta alle complicazioni oculari è spesso impegnativa. Il contributo fornito dalla farmacologia per una terapia parachirurgica di queste complicazioni riveste un’importante capitolo ancora oggetto di studi.
La Fondazione G.B. Bietti per lo studio e la ricerca in oftalmologia Onlus, presieduta dal prof. Mario Stirpe, è un ente costituito nel 1984 senza fini di lucro e legalmente riconosciuto dalla Presidenza della Repubblica. La Fondazione G.B Bietti, con decreto ministeriale del 15 febbraio 2005 (Gazzetta Ufficiale n° 50 del 2 marzo 2005), è stata riconosciuta Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per l’oftalmologia ed è sostenuta per l’attività di ricerca e formazione dalla Fondazione Roma presieduta da Emmanuele Emanuele. Il primo Congresso Internazionale della Fondazione Bietti si tenne nel 1980, preceduto da circa 2 anni di preparazione. Il suo scopo era diffondere in campo internazionale una nuova tecnica chirurgica elaborata nel corso di numerose esperienze. Nacque già dal primo Congresso il primo libro a diffusione internazionale che riempiva una lacuna sentita dalla comunità oftalmologica. Da quel momento la Fondazione Bietti ha assunto l’impegno di ripetere ogni 4 anni un Congresso internazionale su argomenti controversi dell’oftalmologia.    

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