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FLAVIO RADICE: CBT, CON LO SGUARDO AL FUTURO PER AFFRONTARE LA CRISI

Flavio Radice, direttore generale
di CBT Cosmic Blue Team spa
 Nata nel 1980
come produttore
di microelaboratori,
Cosmic Blue Team è ora
tra i primi 10 operatori
nazionali nel settore delle
tecnologie informatiche
e della comunicazione;
nel 2011 ha fatturato 
oltre 57 milioni di euro,
in aumento del 5 per cento
sul 2012, rispetto a un calo 
del 4 per cento del settore
Intervista al direttore generale di CBT Cosmic Blue Team

Il giorno 9 luglio scorso è stato definito il «lunedì nero». L’allarme veniva lanciato da un autorevole giornale, il Washington Post, che prevedeva l’apocalisse della rete: un rischio di paralisi per oltre 300 mila computer nel mondo, a causa di un virus denominato «Dns Changer», infettati da hacker per rubare dati di carte di credito e di conti correnti bancari dirottandoli verso siti illegali. Poi non è accaduto nulla. «Ma un episodio di questo tipo potrebbe verificarsi–dice Flavio Radice, dal settembre scorso direttore generale del Gruppo CBT–. Non ho seguito la vicenda, ma tecnicamente è possibile. Vi sono tantissimi rischi a cui le aziende sono esposte. Molti arrivano dall’esterno, come questa possibilità, altri dall’interno: qualsiasi dipendente, segretaria o direttore di settore, potrebbe copiare su una pennetta la scheda anagrafica dei clienti e i progetti di sviluppo». Flavio Radice si è laureato in Scienza dell’Informazione all’Università Statale di Milano; in precedenza era direttore di Organizzazione e Sistemi Informativi presso il Gruppo ILLVA Saronno - Industria Lombarda Liquori Vini e Affini - di Saronno, multinazionale italiana di 23 aziende con attività diversificate, oltre mille dipendenti e una consistente presenza nel mercato internazionale dai vini ai liquori, ai prodotti per gelati alle lenti ottiche polarizzate. Dice di possedere l’innovazione nel Dna, documentata dalle varie esperienze vissute «un po’ da una parte e un po’ dall’altra della scrivania, realizzando cambiamenti di lavoro a intervalli quasi decennali, dopo aver consolidato conoscenza ed esperienza specifica». Prima è stato amministratore delegato di una piccola software house locale di una quindicina di persone che gravitava nel mondo IBM per i software applicativi gestionali; prima ancora era stato consulente del Gruppo di produzioni cinematografiche e televisive Cecchi Gori. Oggi guida la CBT, Cosmic Blue Team, con un fatturato nel 2011 di oltre 57 milioni di euro, in aumento del 5 per cento sull’anno precedente rispetto a un calo del 4 per cento del settore, grazie soprattutto alla crescita dei servizi gestiti ed al consolidamento dell’offerta EasyWare ed EasyCloud. Domanda. Come è avvenuto il suo passaggio dall’ILLVA alla CBT? Risposta. Ho conosciuto la CBT nella mia attività professionale nel 2004, come fornitore del Gruppo ILLVA Saronno, affidando all’esterno la gestione di oltre 600 postazioni di lavoro distribuite in tutte le sedi italiane, apprezzandone le capacità, ma soprattutto la visione strategica e innovativa, quindi molto vicina al mio modo di fare innovazione. CBT è una realtà complessa ed articolata; grazie alla lungimiranza e capacità dell’ingegnere Paolo Angelucci, unico proprietario, oggi annovera oltre 270 persone tra staff, tecnici e sistemisti, impegnati nel supportare quotidianamente oltre mille aziende. Nei primi tre mesi del mio mandato, l’attenzione è stata diretta a comprendere le dinamiche organizzative e ad assestare una struttura manageriale con cui condividere motivazioni, progetti, sfide. Parallelamente mi sono concentrato sui servizi interni per portare un metodo di industrializzazione, improntando l’offerta all’efficienza, fattore ormai imprescindibile per rimanere nel mercato. D. Con quali interventi e risultati? R. All’interno del Gruppo CBT abbiamo tre linee: le tecnologie, banalmente tradotto in «hardware», offerta storica dell’azienda a volte anche molto complessa, che impegna i nostri sistemisti in continui aggiornamenti e nel conseguire certificazioni dei principali brand; la strategia per il futuro però passa attraverso la rivalutazione dei «servizi», ovvero la capacità di soluzione di problemi tecnologici, ma anche di sicurezza, di «mobilizzazione del dato attraverso le tecnologie per il mondo mobile»; infine, il terzo ambito, anch’esso ritenuto strategico, riguarda la componente applicativa, nella quale CBT ha investito negli anni fino ad avere una propria offerta di soluzioni in ambito di ECM, ovvero di content management. Sto cercando anche di rivedere il marketing e la comunicazione all’interno del Gruppo CBT perché è necessario comunicare le capacità al mercato, anche in termini molto concreti e non più autoreferenziati, ma portando a conoscenza i clienti dei casi di successo. D. Cosa ha rappresentato per lei il passaggio dall’ILLVA operante nel settore food & beverage, a un Gruppo che si occupa di futuro, di tecnologie sempre più innovative e complesse? R. Esistono affinità tra le due aziende. Intanto CBT ha un consistente numero di dipendenti; nella precedente esperienza lavorativa, io mi occupavo dell’ambito organizzativo di oltre mille persone, con un’eterogeneità rappresentata dai diversi settori merceologici, ed ero considerato innovatore perché anche nella mia responsabilità dei sistemi informativi non ho mai vissuto l’IT come fine a se stesso, ma come fattore abilitante per l’azienda: ottimizzazione dei processi produttivi e logistici, supporto alle vendite, riduzione dei costi in ambito amministrativo: sfruttando le potenzialità degli applicativi, ma anche rivedendo gli stessi processi. D. Nella CBT qual’è attualmente la sua attività prevalente? R. Dal punto di vista commerciale questa società ha un’articolazione complessa perché opera in aree geografiche con diverse tematiche e peculiarità: l’area Centro-Italia, quindi Lazio e Roma, tipicamente indirizzata verso i «large account» e la Pubblica Amministrazione, il Nord-Est dal tessuto imprenditoriale che non arriva forse alle dimensioni della media azienda, e infine Nord-Ovest con il mercato classico delle piccole e medie imprese. In ogni territorio deve essere rimodulata l’offerta in termini sia di servizi sia di comunicazione. Tutte queste realtà hanno comunque fattori di criticità comuni a cui possiamo dare supporto: sicurezza, efficienza, contenimento dei costi. A tutti i clienti offriamo servizi di outsourcing tecnologico: il mercato oggi sta chiedendo un costo certo per un servizio, le aziende stanno passando anche molto velocemente dalla logica dei Capex a quella degli Opex: non sono più interessati al possesso ma alla funzione d’uso, a partire dunque dal personal computer per passare ai sistemi di stampa, ma anche dei server. Il Gruppo CBT ha un’offerta completa per coprire queste esigenze, alcuni servizi hanno già una storia decennale, come ad esempio EasyWare, l’outsourcing tecnologico, con oltre 17 mila postazioni di lavoro (personal computer) amministrate: un insieme di clienti molto diversi tra loro, che hanno affidato a noi la gestione di tutta la filiera di servizio come «install, move, add, change»; strategicamente hanno liberato il personale interno che può essere meglio impiegato in altre attività, ma soprattutto hanno avviato un processo di standardizzazione del punto di lavoro, sia esso fisso, ma soprattutto itinerante, e impiegato da manager e commerciali; i modelli di analisi ci permettono oggi di far riflettere i clienti sui costi nascosti, quelli dunque che si sommano al semplice costo d’acquisto del bene la cui somma viene comunemente detta Tco (total cost of ownership), e facilmente riusciamo a condividere risparmi per le aziende nell’ordine del 35 per cento. Mi ero già interessato di questi problemi nell’ILLVA Saronno, affidando l’outsourcing tecnologico a un fornitore unico, il Gruppo CBT; questo mi aveva permesso di creare uno standard per tutte le sedi distribuite nel territorio, recuperando risorse umane, e quindi risorse economiche, da investire in parte nell’ambito applicativo, e personalmente di dedicarmi a temi più interessanti e qualificanti come appunto la revisione dei processi e l’organizzazione, stando sempre più vicino all’attività: parafrasando direi che grazie a CBT sono arrivato in CBT. D. Dati servizi e le attrezzature che offrite, qual è il vostro cliente tipo? R. Il nostro target è rappresentato da aziende di qualunque settore merceologico, con un fatturato intorno ai 40-50 milioni di euro fino alle multinazionali, alla PAL e PAC. Le dimensioni dell’offerta e della clientela sono molto variabili, il tema è direttamente proporzionale alla capacità di visione innovativa e di interlocuzione delle aziende; siamo profondamente innovativi e le aziende innovative ritrovano in noi un partner che soddisfa le aspettative. D. Quali sono il rapporto e la strategia con i quali vi rivolgete ai fornitori? R. I nostri fornitori sono rappresentati dai principali vendors internazionali: dal mio ingresso in CBT sono stati identificati 10 brand strategici con cui abbiamo avviato un rapporto molto stretto di partnership che spazia dalla condivisione della loro offerta a un piano di formazione per tecnici e sistemisti che ci permettono di avere una specifica qualificazione; ma anche in termini commerciali abbiamo instaurato una sinergia molto intensa che porta noi e il brand ad organizzare eventi per i clienti, e insieme a visitarli per comprenderne le esigenze, ma anche per «evangelizzare» rispetto a soluzioni innovative e che portano grande risparmi e sempre maggiore sicurezza dei dati alle aziende stesse: parliamo ora di approccio strategico ai brand. D. Come si è modificato il Gruppo CBT e quali sono i suoi programmi? R. CBT è nata storicamente come IBM business partner, ma nel tempo ha saputo dialogare con altri vendors, sia per ampliare la proposta di soluzioni sia per diversificare l’offerta hardware, in funzione del favore dei clienti verso uno specifico marchio. Circa dieci anni or sono, grazie alla lungimiranza dell’imprenditore, nacque il CBT Network, una libera aggregazione di piccole e medie realtà impegnate nell’ambito ICT che vedono in CBT un operatore valido con cui fare rete e sinergie. Il CBT Network è un fattore importante e credo fortemente nella rivalutazione del ruolo dei partner, i quali potranno vederci sempre più come un’azienda strutturata e come un qualificato acceleratore ed agevolatore di attività. Le applicazioni dei singoli partner potranno rientrare in una sorta di «shared software marketplace» a favore di tutta la comunità, ma non solo, i partner potranno proporre e usare le infrastrutture di CBT quali il cloud e i servizi sistemistici a valore, per i propri clienti, anche in rivendita. D. Quali gli obiettivi da raggiungere, i metodi di lavoro, le innovazioni? R. Con la Proprietà abbiamo prima esaminato a fondo la situazione e le prospettive già in fase di «ingaggio iniziale»: un momento di forte introspezione ma anche una dichiarazione di intenti e una condivisione di obiettivi a supporto della mia decisione di entrare in questo rilevante Gruppo italiano, ma anche di assumere una posizione difficile e sfidante. Primo obiettivo oltre alla revisione organizzativa, che per altro per definizione è costantemente in sviluppo; un secondo importante compito è quello di industrializzare i servizi e l’offerta, poi un’attenzione particolare al contenimento dei costi, che non significa necessariamente tagli ma principalmente efficienza; subito a seguire la progettazione di un nuovo marketing che passa da reattivo a proattivo, declinando sia il tema della domanda (tipicamente generazione di lead), ma anche dell’offerta, portando all’interno della nostra organizzazione commerciale prima la tecnica poi altre proposizioni di interesse per il mercato. D. Come valuta il momento attuale e le prospettive dell’economia? R. È un momento molto difficile, un passaggio che presenta anche delle opportunità, ma chi non è ben strutturato e non ha una capacità finanziaria incontra difficoltà e non riesce ad entrare in determinate nicchie di mercato. È un periodo nel quale si verifica una notevole selezione. Prima o poi il temporale finirà, ma si tratta di vedere quando. Sono abbastanza flebili i segnali di uscita da questa crisi. Si pone molta prudenza negli investimenti, ma la situazione economica e tecnologica è anche abbastanza interessante. Personalmente ritengo superato il culmine, per cui c’è la possibilità, per tutti, di ripartire. D. In che consistono le opportunità? R. Ad esempio il cloud computing, ossia possibilità di custodire i dati informatici aziendali al di fuori dell’azienda, in una cosiddetta «nuvola» costituita dall’insieme delle reti e dei relativi server; questo sta cambiando drasticamente le modalità dell’offerta e della domanda della rete. Le congiunture economiche contingenti spingono le aziende a risparmiare, a ragionare su costi certi e soprattutto in ottica «pay-per-use» ricorrendo a questi nuovi servizi, a ridurre gli investimenti, ad usufruire di sistemi tecnologici diversi ed abilitanti. CBT dispone di due datacenter, uno a Roma e uno, recente, a Milano, dai quali abbiamo già attivato alcuni clienti; siamo in grado di ospitare sistemi e servizi dei clienti. Se prima un’azienda doveva acquistare tecnologie da installare nella propria server room, investendo denaro e dovendo pianificare gli aspetti finanziari, adesso può usufruire del nostro data center richiedendo l’attivazione di infrastrutture, piattaforme e tecnologie legate alla sicurezza, pagando solo un canone, ma soprattutto con la possibilità di aumentare velocemente al crescere delle esigenze, senza dover sovradimensionare i sistemi acquistandoli. D. È una piccola novità o una grande rivoluzione? R. Cambia tutto il sistema di programmazione degli investimenti e dei profitti. I nuovi metodi di previsioni e di calcolo sono un beneficio per l’andamento economico delle aziende, consentendo una riduzione dei costi, essendo per di più i canoni commisurati all’uso del servizio. L’azienda consegue un migliore impiego del personale e le aziende fornitrici del servizio, come la nostra, percepiscono utili, con maggiore sicurezza per tutti. D. L’affidamento di dati ad altre società non è rischioso per la riservatezza? R. Sono molti i temi che abbiamo affrontato nella redazione dei contratti per questo servizio, dalla sicurezza fisica dei dati ai tempi di intervento. Uno slogan più di ogni altro rappresenta uno dei paradigmi del cloud computing, ovvero «la cessione della complessità». Il manager cede una parte della complessità aziendale che deve affrontare, liberandosi di tutti problemi tecnologici per dedicarsi ad aspetti più attinenti all’attività, alla produzione e all’organizzazione dell’azienda. È il manager tradizionale, di vecchio stile, abituato ad occuparsi prevalentemente degli aspetti tecnologici che fatica ad entrare in questa logica, a guardare come «perdita di potere» il fatto di non gestire direttamente le infrastrutture, mentre è esattamente il contrario: chi si libera delle tecnologie acquista più potere interno perché ha più tempo da dedicare a temi business-oriented. D. Le nuove tecnologie hanno distratto l’attenzione di imprenditori e politici dai problemi economici? R. Le aspettative del futuro sono nella tecnologia, nel progresso, nella velocità. Tra breve un terzo circa dei device, gli apparecchi che sono sulla scrivania, saranno mobili e in grado di fornire tutte le informazioni aziendali. È avvenuto così per i telefonini, sono innovazioni che comportano la revisione di comportamenti e abitudini. Sarà consentito usare in azienda il proprio tablet, connettersi con i sistemi aziendali, stare sempre in contatto con essa. Stavolta l’innovazione tecnologica è venuta dal consumatore ed è entrata con forza negli uffici.

Tags: Settembre 2012

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