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Roberto Selci: Gruppo Biesse, superare la crisi lavorando il legno con le nostre macchine

Roberto Selci,  presidente del Gruppo Biesse

«Biesse» è il settore di affari del gruppo omonimo, specializzato nella produzione di macchine per la lavorazione del legno. Dal 1969 progetta, produce e commercializza una gamma completa di tecnologie e soluzioni destinate al settore della lavorazione del legno, rivolgendosi sia al comparto dell’artigianato che alla grande industria del mobile, del serramento e dei componenti in legno per l’edilizia. Da qualche anno è presente nel settore delle macchine per la lavorazione della plastica con soluzioni studiate ad hoc per un mercato in crescita. Promuove, cura e sviluppa rapporti diretti e costruttivi con il cliente per conoscerne le esigenze, migliorare i prodotti e i servizi post-vendita attraverso due aree dedicate: Biesse Service e Biesse Parts. Si avvale di una rete globale e di una squadra altamente specializzata offrendo ovunque nel mondo servizi di assistenza e ricambi per macchina e componentistica on-site e on-line 24/7. Fa il punto Roberto Selci, presidente del Gruppo Biesse, figlio del fondatore Giancarlo.
Domanda. Il Gruppo Biesse ha alle proprie spalle una storia di quasi 50 anni di successi nella produzione di macchine per la lavorazione del legno: quali sono i punti di forza del vostro modello imprenditoriale italiano?
Risposta. Penso che sia il dna della mia famiglia, una famiglia molto competitiva, soprattutto mio padre Giancarlo che è il fondatore: partito negli anni Settanta, quasi per caso, con una piccola attività nel settore della meccanica per conto terzi con il fratello, verso gli anni Ottanta si è poi dedicato al 100 per cento all’azienda Biesse per la produzione di macchine per il legno. L’azienda è per il 51 per cento della famiglia e il restante 49 è sul mercato, siamo quotati in Borsa sul segmento Star.
D. Da dove viene l’acronimo Biesse?
R. La B da Berardi, la S da Selci. Nel corso degli anni l’azienda è rimasta tutta in mano a mio padre che ha spostato la sua attività giornaliera dalla lavorazione di meccanica per terzi all’impresa per macchine per il legno.
D. Quando è entrato in azienda?
R. Nel 1988 sono entrato nella parte commerciale, e in quegli anni c’è stata la fase di sviluppo maggiore dell’azienda con il completamento della gamma dei prodotti nel settore legno e la nascita della Intermac che produce macchine analoghe a quelle per il legno, ma per lavorare il vetro.
D. Lavorate anche il vetro?
R. Tutto quello che si trova in una casa in fatto di arredamento, dal legno, al vetro e alla pietra, può essere fatto dalle nostre macchine. Per la lavorazione del vetro abbiamo inventato una macchina ed è presente un centro di lavoro che reca risultati incredibili e di grande valenza, superiore agli altri proprio perché di questo centro siamo stati gli inventori.
D. Ha fatto tutto suo padre?
R. Quando si parla di macchine e di progettazione c’è sempre mio padre; della parte distributiva e delle filiali invece mi occupo io. Questi sono stati gli anni in cui c’è stato maggior sviluppo, sono nate nuove aziende per completare la gamma dei prodotti, di conseguenza sono nate le filiali. È la distribuzione ad aver salvato il gruppo in un momento in cui l’Italia ha avuto un calo drastico sul punto della domanda: esportiamo in tutto il mondo per circa il 60-65 per cento con la nostra rete distributiva e siamo molto vicini ai clienti, avendo il vantaggio di servirli nel migliore dei modi anche sviluppando il prodotto e fornendo il service ed i ricambi, con un’attenzione differente rispetto a una rete distributiva fatta di distributori il cui obiettivo è guadagnare. Il nostro obiettivo è, invece, quello di essere vicini al cliente, e ciò ha portato nel conto economico 2014-2015 un’esportazione dell’88 per cento di cui il 68 per cento è fatto attraverso le filiali.
D. Quante filiali avete?
R. Siamo in tutti i Paesi industrializzati, come Nord America, Australia, Cina, India: in questi due ultimi Paesi abbiamo due siti produttivi; altre filiali sono Medio Oriente, dove abbiamo anche acquisito il nostro rivenditore in Turchia, mercato oggi strategico soprattutto per la connessione e la vicinanza con l’Iran; e fino ad arrivare in Europa, Paesi come Spagna, Francia, Germania, Russia, mentre nel Nord Italia gestiamo noi stessi la nostra rete distributiva.
D. Come mai avete scelto come siti produttivi l’India e la Cina? Per il costo del lavoro?
R. Più che per il costo del lavoro, per lo sbocco sul mercato. Molto probabilmente in India siamo partiti prima per delle opportunità che abbiamo avuto, per la facilità della lingua e, come per la maggior parte degli imprenditori, nella speranza che il mercato interno sfociasse in un mercato di un miliardo e duecento milioni; purtroppo l’India come mercato interno è sempre nella «wishing list» ed ha problemi connessi al sistema delle caste. Diciamo che in India siamo arrivati in anticipo, e in Cina tardi.
D. È cresciuto il costo del lavoro in Cina?
R. In parte è cresciuto, ma non è quello il problema. Il problema per noi in Cina è la rete distributiva e le aziende locali: siamo arrivati in ritardo non perché non volessimo entrare in quel mercato, ma per una questione di opportunità che non sono arrivate al momento giusto: avevamo infatti iniziato verso gli anni 2000, momento in cui nel contempo cominciavamo la costituzione di una società che non è andata a buon fine, che poi abbiamo ricomprato nel 2011-2012.
D. Non solo produzione, ma anche progettazione e commercializzazione di una gamma completa di soluzioni destinate al settore della lavorazione del legno: quali sono le principali tecnologie e i processi produttivi distintivi del Gruppo?
R. Progettiamo al 95 per cento tutto internamente, sia meccanica che software, come anche tutte le linee; siamo nel settore macchine e quindi nei processi produttivi dei mobilieri e serramentisti, per i quali facciamo anche macchine specifiche per porte e serramenti in legno massiccio, che è diverso da mobile, vetro e marmo. Negli ultimi due anni stiamo puntando molto nel settore della plastica e dei metalli non ferrosi come alluminio e carbonio, con macchine molto simili a quelle per il legno che presentano differenze minime, per cui si tratta solo di trovare i canali giusti e i clienti. Questo è molto importante perché ci toglie quell’alone e macchia che nella Borsa ci definisce come ciclici in quanto troppo legati al cosiddetto «housing»; differenziando l’offerta ci avviciniamo invece ad un settore anticiclico.
D. Chi compra queste macchine?
R. Le compagnie aeree come la Boeing e chi produce aerei, giacché la carcassa interna dell’aereo è fatta tutta di alluminio e chi produce aerei è solitamente «anticiclico». Noi progettiamo ferro e software producendo da noi l’intelligenza artificiale delle nostre macchine. Abbiamo anche un altro «gioiello di famiglia», ossia un’azienda che produce componenti strategici per le nostre macchine oltre a venderli ai nostri concorrenti.
D. Oltre alla «Division Wood» che si occupa della produzione di macchinari per lo sviluppo della lavorazione del legno, quali altre «unit business» ci sono all’interno del Gruppo?
R. Oltre a quelle già accennate per legno, pietra e vetro, sotto quest’ultima abbiamo anche una divisione Utensili.
D. Abbinato al processo della formazione del personale c’è quello della Ricerca & Sviluppo: in che modo e quanto investe il Gruppo in questi due fondamentali settori?
R. Quasi tutto; dico solo che da metà 2014 a oggi nel Gruppo sono stati inseriti circa 60 ingegneri, di cui la maggior parte pesaresi o dell’interno, più tutti i vari periti. Il nostro mestiere è sviluppare e produrre macchine e software, quindi la nostra Ricerca & Sviluppo consta di tutto il capitale umano e l’esperienza dei «product manager», i quali devono dare le indicazioni giuste su cosa sviluppare.
D. Qual è l’andamento del Gruppo in termini di mercato domestico ed estero?
R. 88 per cento estero, 12 per cento domestico. Prima della crisi tale valore era assestato su una media di circa il 22 per cento, mentre dal 2009 in poi l’Italia è stato uno dei Paesi che ha più sofferto, una volta venuta fuori la triste realtà che tutti i nostri clienti hanno investito nel mercato domestico, e tra essi si è salvato soprattutto chi a volumi alti ha esportato molto all’estero.
D. La vocazione internazionale del Gruppo Biesse sarà confermata al centro delle strategie di sviluppo anche per i prossimi anni? Oggi il Gruppo a quante persone offre lavoro in tutto il mondo?
R. Siamo circa 3.200 persone, di cui 1.800 in Italia, 1.400 tra Cina, India e nelle altre filiali a livello globale.
D. Sono tutti cinesi e indiani?
R. Ci sono anche italiani, ma sono una piccolissima parte.
D. In che modo la crisi economica ha influito sul Gruppo?
R. Il 2009 per noi è stato un anno drammatico ma nel 2015 abbiamo raggiunto il massimo del successo.
D. Per quale motivo?
R. Nel 2009 noi siamo scesi del 40 per cento e siamo passati da 460 milioni a 280 milioni di euro, ma circa il 40 per cento è stato perso anche dai nostri concorrenti.
D. Per quali motivi questo settore nel 2009 è andato così male e invece nel 2015 così bene?
R. Nel 2009 c’è stata la morte annunciata con lo scandalo dei «subprime», ma noi siamo andati bene nel 2006-2007-2008, anche se nel 2008 la crisi ha iniziato a farsi sentire. In quel momento si è verificato il crollo di tutto il settore immobiliare, ma sapevamo che il mercato era «dopato», ossia le banche davano i soldi a chiunque senza garanzie, e i nodi sono poi venuti al pettine. Invece i Paesi anglosassoni hanno la flessibilità del lavoro, la scelta tra licenziamento o salvataggio dell’azienda con la possibilità, poi, di ripartire; l’Europa ha, diversamente, una flessibilità pari allo zero, e lavora con la cassa integrazione, che è la cosa più mostruosa. Per questi motivi in Europa la ripresa è avvenuta dopo. Abbiamo tenuto forte e sofferto molto anche perdendo soldi però non disfacendoci degli uomini migliori soprattutto nelle reti commerciali, e al momento giusto siamo ripartiti investendo subito nelle risorse umane per la vendita e il post-vendita: i numeri oggi ci stanno dando ragione. La locomotiva è partita dall’America, dove l’anno scorso abbiamo avuto 98 milioni di dollari di fatturato, successo prodotto attraverso l’anticipazione dei tempi di ripresa nelle reti distributive con il 90 per cento all’estero e il 10 in Italia.
D. In che modo il Gruppo Biesse promuove, cura e sviluppa rapporti diretti e costruttivi con il cliente per conoscerne le esigenze, migliorare i prodotti e i servizi post-vendita?
R. Su questo stiamo lavorando molto e, nell’ambito tecnico-commerciale, facciamo uso della figura dei «product manager», i quali continuamente dialogano con i clienti e vanno nelle aziende, garantendo così un contatto diretto.
D. Oltre alla prima sede produttiva aperta nel 2008 a Bangalore, in India, quali sono stati e quali saranno i nuovi tasselli firmati Biesse?
R. Penso che un Gruppo come il nostro debba produrre anche negli Stati Uniti, e contro i concorrenti americani dobbiamo analizzare attentamente le supply chain, che ci consentono di produrre dove abbiamo mercati di sbocco: non possiamo più permetterci di mettere un container su un camion che arrivi al porto con 40 giorni di nave.
D. L’ufficio studi dell’associazione Acimall, che riunisce il mondo dei costruttori di macchine, impianti e attrezzature per la lavorazione del legno, ha indicato come il 2015 si sia concluso con segnali decisamente positivi. Cosa prevede lei per il futuro del settore?
R. Se non avviene una catastrofe come il 2009 - e oggi nessuno può dirlo - penso che ogni azienda possa segnarsi il proprio futuro, sono necessarie scelte imprenditoriali oculate, questo vuol dire essere imprenditore: rischiare in modo ponderato. Siamo noi, con il nostro management, a determinare il destino di un’azienda.
D. Siete i leader nel settore?
R. Noi siamo i secondi, leader è la tedesca Homag.
D. Siete stati presenti lo scorso febbraio alla fiera internazionale IndiaWood 2016: quale sarà la vostra prossima tappa?
R. Siamo stati presenti nelle fiere di tutto il mondo, solo nel settore del legno in 54, quindi nelle «open house», abbiamo organizzato eventi ed ogni settimana per noi rappresenta una tappa. Lo scorso ottobre abbiamo tenuto il nostro Biesse Inside, tre giorni in cui portiamo a Pesaro da tutto il mondo 2.500 persone; qualche settimana fa a Pesaro abbiamo tenuto l’Intermac Inside con circa 400 aziende.
D. Dove vuole arrivare?
R. Al bilione, ma sicuramente dobbiamo vedere il piano industriale con le varie opportunità.    

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