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STEFANO SCARONI: DELES, L’ECONOMIA che sta dietro una scatola di cartone

Stefano Scaroni, Amministratore delegato del Gruppo Deles

a cura di ANNA MARIA BRANCA

 

Nata alla fine degli anni 50 a Saronno, in provincia di Varese, per produrre scatole di cartone, fino agli anni 90 la Deles mantenne le caratteristiche di un’azienda locale, che, sotto le guida dei due proprietari dell’epoca, Umberto Zaffaroni e Giuseppe Desio, realizzava manufatti in cartone per i clienti della zona. In quegli anni la Deles conservò le dimensioni di azienda a gestione familiare con un fatturato annuo, dopo una trentina di anni di attività, che si aggirava intorno al miliardo di lire. A partire dal 1991, anno in cui fu rilevata da un congiunto di uno dei due soci, ormai divenuti anziani, la Deles iniziò ad assumere dimensioni e prospettive maggiori, estendendosi territorialmente oltre la provincia di Varese, in tutta la Lombardia, sempre fornendo scatole di cartone. Alla fine degli anni 90 l’azienda cominciò a guardare, al di là della classica scatola di cartone, alle opportunità offerte dal mercato, consistenti nella necessità di proteggere una massa crescente di prodotti non soltanto con il cartone, ma con altri materiali di imballaggio. In sostanza l’azienda concentrò la propria attenzione più sul cliente che sul prodotto, cercando di soddisfarlo con soluzioni di imballaggio più complete e specifiche, adeguate ai nuovi tempi e alle sue esigenze, con un servizio, quindi, a 360 gradi. Nacque così, nel 1997, un’altra azienda, la Deles Imballaggi Speciali, proprio con l’obiettivo di fornire, oltre a scatole di cartone, sistemi per il confezionamento comprensivi di macchine e di materiali. Questa fase durò fino al 2002-2003, quando avvenne un ulteriore grande cambiamento: la Deles acquisì una fisionomia di gruppo, finalizzata ad assicurare al cliente un servizio di confezionamento completo, comprensivo di soluzioni per la protezione dei prodotti, codificazione, etichettatura, avvolgimento esterno e spedizione del prodotto. A tutto questo sono stati collegati poi una serie di altri servizi, cioè lavorazioni manuali e logistica. Quando nel 2003 cominciò questo sviluppo, il Gruppo contava circa 70 addetti e il fatturato si aggirava sui 10 milioni di euro l’anno. Illustra, in questa intervista, le attività, i programmi e le prospettive Stefano Scaroni, amministratore delegato del Gruppo Deles. Domanda. Quando è entrato a far parte della società? Risposta. Nel 2003, e da allora il Gruppo ha quintuplicato il volume d’affari; oggi conta 250 dipendenti e fattura quasi 60 milioni di euro l’anno. Questo perché, rispetto al passato, è cambiato il tipo di attività, siamo passati dalla fornitura di materiali al mercato, a quella di soluzioni, ampliando i rapporti con il cliente, fornendogli tutto ciò che riguarda la gestione e il confezionamento. Adattiamo i nostri servizi alle sue esigenze, perché abbiamo acquisito negli anni una grande esperienza e conoscenza dei sistemi e dei prodotti di protezione. D. Quale posto occupate attualmente in questo settore? R. Siamo ai primi posti nella produzione di manufatti in cartone e nella trasformazione dei prodotti in polietilene; siamo molto conosciuti nel campo della codifica, dell’etichettatura e nella fornitura di materiali. Nella gestione del «fine linea» stiamo proponendo un modello interessante e sicuramente vantaggioso per i nostri clienti. La gestione dell’attività di confezionamento è un altro servizio guardato con interesse dalla clientela, che ci sta dando fiducia. D. Qual è il vostro cliente tipo? R. Non ne abbiamo uno specifico, nel senso che forniamo il mondo dell’auto e dei relativi ricambi, le industrie aeronautiche ed elicotteristiche, il settore alimentare e quello farmaceutico, perfino parzializzando, ossia confezionando le medicine in monodosi. Non c’è un limite e non vi sono difficoltà per il confezionamento; per tutti riusciamo a trovare una soluzione e con tutti abbiamo rapporti dai quali traiamo vantaggi noi ma, soprattutto, li arrechiamo ai nostri interlocutori. Perché proponiamo qualcosa di nuovo, di diverso, di più completo ed integrato. D. Pensate di estendervi, di aumentare le attività, di sviluppare anche altri servizi? R. Per proporci ancora di più nel mercato, per avere una maggiore forza ed efficacia nella nostra proposta, per raggiungere una maggiore specificità e per dotare la nostra struttura di un ulteriore grado di professionalità, abbiamo costituito tre macro divisioni. Una è la Packaging Materials & Solutions, che tratta i materiali di imballaggio e le soluzioni di codifica; una seconda è la Logistics Services, che si occupa di logistica, di servizi e di gestione del «fine linea»; la terza, ultima nata, si occupa di servizi tecnologici per le comunicazioni e per l’assistenza post-vendita. Di fatto le tre divisioni sono unite tra loro da un nucleo operativo costituito da tre manager che gestiscono l’azienda insieme a me, e che sono intercambiabili nel senso che una divisione è al servizio dell’altra, perché di fronte abbiamo sempre lo stesso cliente e perché con un unico passaggio progettiamo, forniamo i materiali e chiudiamo le scatole. D. Il materiale da imballare viene rimesso a voi o i vostri operatori si recano dai clienti? R. Sempre più spesso le lavorazioni vengono eseguite nella sede del cliente, anche perché nei casi di prodotti molto voluminosi è impossibile fare altrimenti e sempre più spesso forniamo gli imballi e realizziamo il confezionamento a ridosso delle linee di produzione. L'approvvigionamento dei materiali di imballo presso le aree di confezionamento è garantito grazie alla gestione di magazzini interni, alimentati dalle nostre strutture produttive e logistiche, secondo logiche di gestione degli spazi e riduzione dei trasporti. D. Avete allora una serie di sedi? R. Certo, siamo presenti in tutta l’Italia; nell’area di Milano abbiamo due sedi vicino Varese e una a Cernusco sul Naviglio, inoltre a Torino, Cesena, Arezzo, Bari, e magazzini a Roma, Firenze e nell’area di Verona. Si tratta sia di stabilimenti produttivi con specializzazione nella realizzazione di prodotti di diverse tipologie, dalle scatole in cartone ondulato, agli imballaggi protettivi in polietilene espanso, alle etichette, sia di sedi operative e logistiche. La copertura del territorio nazionale è abbastanza completa. Attualmente abbiamo la necessità di ampliare l’attività in Piemonte e abbiamo un progetto in corso per la Campania. D. Apportate frequenti aggiornamenti alle vostre lavorazioni? R. La crescita passa attraverso il consolidamento del modello di organizzazione che abbiamo attuato da un paio di anni; la fase è appena iniziata ma alcuni dei nostri 3.500 clienti complessivi pensano ancora che noi vendiamo soltanto scatole. Sia per loro, sia per il nostro personale è ancora difficile comprendere le nuove dinamiche, ovvero che attualmente la produzione di scatole è solo uno degli aspetti del servizio molto più ampio che offriamo. D. Ci sono altre aziende in Italia come la vostra? R. Così, ci siamo solo noi; se riusciamo a far intendere ai nostri interlocutori di che cosa stiamo parlando, non abbiamo rivali, non esiste un’azienda che offre quello che offriamo noi. Questo è il vantaggio derivante da una catena del valore allargata, perché disponiamo di una gamma a 360 gradi di prodotti e servizi e quindi della possibilità di proporre soluzioni complete. D. Lavorate solo in Italia o anche all’estero? R. Il 5 per cento del nostro fatturato viene realizzato all’estero, ed è poco. Puntiamo a raggiungere in altri Paesi il 40-50 per cento del volume di affari. I nostri mercati di riferimento sono la Germania e, in misura minore, la Repubblica Ceca e la Polonia. Nel nostro mondo è difficile trovare un concorrente che pratichi il nostro stesso sistema, quindi per crescere abbiamo la necessità di confrontarci con chi potenzialmente svolge questo lavoro meglio di noi. Ossia con la Germania, dove l’aspetto tecnico viene riconosciuto e viene adeguatamente pagato. D. In Italia come è considerato? R. Da noi il packaging è ritenuto un servizio normale. «Cosa vuoi che sia fare una scatola?», si pensa. Invece occorrono, tra gli altri macchinari, un casemaker che costa qualche milione di euro e di una fase di progettazione con personale specializzato che studia il progetto. In poche parole bisogna che dietro vi sia un’azienda. Questo è un modo di pensare su cui noi stessi dobbiamo compiere un’autocritica, perché forse non siamo stati capaci di far conoscere cosa c’è dietro a una semplice scatola di cartone. D. Come pensate di espandervi all’estero? R. Stiamo esaminando due possibilità: acquisire società già esistenti o partire da zero, con un processo sicuramente più lungo, interessando aziende locali, creando legami con esse, collegandoci a clienti che ci diano fiducia e cominciando a lavorare con loro. Una delle opportunità aperte nella fase di acquisizione di aziende potrebbe essere la formazione di sinergie attraverso partnership cui affidare il nostro modello creando nuove proposte sul mercato. Varie organizzazioni ci stanno offrendo assistenza nel processo di internazionalizzazione, con tutte abbiamo intavolato rapporti ma noi preferiamo muoverci solo quando siamo pronti, non intendiamo rischiare di perdere il mercato che abbiamo in Italia per favorire, e bisogna vedere fino a quale punto, il mercato estero. Anche se «staccare un po’ la spina» dal mercato nazionale non è un dramma, soltanto gradualmente potremo dedicarci al mercato estero. D. Per quale motivo nell’internazionalizzazione di questi servizi avete curato Paesi molto avanzati in questo settore, anziché quelli in cui non avreste concorrenti? R. Perché Paesi privi di concorrenti non esistono, anche se è difficile trovare un’azienda come la nostra. Noi riteniamo che il nostro modello non abbia concorrenti nemmeno in Germania. Il mercato tedesco è interessante perché per i volumi, per la tipologia di prodotto, per gli interlocutori e per le aziende stesse, è pronto a recepire il valore aggiunto che possiamo offrire. È un mercato in cui esistono ancora un volume da sviluppare e aziende che recepiscono questo tipo di proposte. Un altro aspetto rilevante consiste nel fatto che il nostro potenziale concorrente offre soluzioni di altissimo livello, ma non integrate come le nostre, quindi andiamo ad attaccarli con sistemi che per loro sono assolutamente spiazzanti. D. Quali sono invece i vostri obiettivi per l’Italia? E quanto è costato per voi lo scorso difficile anno, e come l’avete affrontato? R. Le scatole servono sempre, ma la produzione industriale è diminuita e i nostri più ragguardevoli clienti hanno ridotto i loro volumi di materiali; i quantitativi si sono ridotti mediamente del 20 per cento. Abbiamo compensato questa perdita aumentando il numero dei clienti e quindi andando a sottrarli ai nostri concorrenti. L’ampliamento delle attività, inoltre, in qualche modo ci ha permesso di offrire nuovi servizi ai clienti consolidati, e questo ci ha fatto aumentare il volume di affari anche nello scorso esercizio. D. In sostanza, voi non avete subito un calo del fatturato perché avete lavorato di più? R. Il calo c’è stato, e questo significa che, se si fosse trattato di un periodo normale, avremmo aumentato il nostro volume di affari del 30 per cento. Invece siamo arrivati al 15 per cento, che non è poco. Però è immane lo sforzo che occorre fare in Italia per ottenere quello che prima si raggiungeva in maniera quasi naturale, senza contare che occorre comunque considerare i problemi di carattere finanziario. D. Come si svolge il vostro lavoro per la ricerca del nuovo cliente? R. Svolgiamo una prima attività di marketing e di ricerca del potenziale cliente, che viene compiuta da un ufficio apposito. Si attua un’attività di telemarketing e di ricerca per individuare un tipo di clientela. Poi c’è la fase commerciale, che è svolta da una trentina di funzionari di vendita presenti nel mercato, che visitano il cliente e gli propongono soluzioni. Una volta selezionati, i potenziali clienti sono sottoposti a un’analisi finanziaria, quindi vengono segnalati a una compagnia di assicurazione per un giudizio sulla loro affidabilità. Se l’esito è negativo e la Deles li serve lo stesso, essa stessa se ne assume l’intero rischio. D. Quali sono attualmente i suoi obiettivi per questa azienda? R. Ci siamo dati l’obiettivo di raggiungere, da qui al 2017, un fatturato dei 100 milioni di euro e riteniamo di raggiungerlo sia completando il processo di internazionalizzazione sia attraverso qualche acquisizione strategica. Parlo al plurale perché della compagine sociale dell’azienda oggi fanno parte due soci principali: Matteo Zaffaroni, discendente del vecchio proprietario, e Luigi Bondioli, azionisti di maggioranza. Il primo proviene dal settore del packaging, l’altro da quello della logistica. Ci riteniamo maturi per compiere significativi passi avanti, perché l’azienda è pronta ad avviare iniziative di un certo tipo. Per le acquisizioni oggi esaminiamo le opportunità con una capacità diversa rispetto a 5 o 6 anni fa. D. Quindi pensate anche di compiere assunzioni? R. Sì. In Toscana, per esempio, ci siamo insediati nel novembre del 2011, dove abbiamo aperto dei magazzini per la gestione di attività logistiche e alla fine del 2012 abbiamo attivato unità produttive; ora stiamo assumendo personale e siamo in una fase di sviluppo e di crescita. D. Quanto hanno inciso sulla vostra azienda le decisioni adottate dal Governo Monti? R. Devo dire che non ci hanno toccato, l’azienda è finanziariamente sana e gli istituti bancari con noi lavorano quanto è necessario, non sono i proprietari della nostra azienda, siamo noi i proprietari del nostro destino. Il mio desiderio è dare vita ad un grande Gruppo Deles, consolidando il nostro know how, facendolo diventare maturo. Oggi siamo sul mercato, ma le aziende devono comprendere completamente la nostra funzione. Dovranno conoscere i vantaggi che offriamo. E per questo cerchiamo di scegliere i canali di comunicazione più ricettivi e funzionali per tale tipo di crescita, più consoni al nostro scopo, con interlocutori mirati e ad ampio spettro, adeguati ai servizi diversificati che offriamo. 

Tags: Gennaio 2013

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