Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • GIAMPAOLO LETTA: I MIEI PRIMI 10 ANNI DI CINEMA TRA QUALITÀ, IMPEGNO E RISULTATI

GIAMPAOLO LETTA: I MIEI PRIMI 10 ANNI DI CINEMA TRA QUALITÀ, IMPEGNO E RISULTATI

Giampaolo Letta, amministratore delegato della Medusa spa

a cura di FABRIZIO SVALDUZ

 

Solo 46 anni, segno zodiacale Ariete, una passione sportiva per il canottaggio e la corsa, entrambi praticati a buoni livelli, un esordio in terra americana nelle pubbliche relazioni della Ferrari, poi stesso incarico, nella seconda metà degli anni 90, in Medusa; oggi, infine, manager di vaglia che governa buona parte delle sorti del cinema, non solo italiano, nei vari «rivoli» tra produzione, distribuzione ed esercizio. Si presenta così Giampaolo Letta, vicepresidente e amministratore delegato di Medusa spa, la più blasonata major italiana facente capo al Gruppo Mediaset, nonché vicepresidente vicario di Anica, associazione nazionale dell’industria del cinema e dell’audiovisivo, e vicepresidente con delega a industria creativa, cultura e turismo in Unindustria Lazio, l’associazione territoriale di imprenditori aderente a Confindustria.

Pacato nei toni, Letta ha da pochissimo tagliato il traguardo dei dieci anni trascorsi nella carica di amministratore delegato Medusa. Nella storia dell’italica cinematografia tale marchio venne acquisito dal Gruppo Fininvest nel 1986. Accantonato poi temporaneamente in favore di Pentafilm, joint venture con la famiglia Cecchi Gori, è tornato nel 1995 a pieno regime sotto la presidenza di Carlo Bernasconi, indimenticato manager prematuramente scomparso che Letta considera il proprio maestro. Dalla seconda metà degli anni 90 in poi, l’apporto al cinema italiano di Medusa ha seguito un’ascendente parabola qualitativa, sostanziale e vincente: l’azienda ha chiuso il 2012 con una quota di mercato intorno al 19 per cento dei ricavi totali del comparto. Negli ultimi 10 anni, sotto la guida di Giampaolo Letta, ha sempre conquistato il primo o il secondo posto nei risultati operativi di mercato distributivo. Tra i film più significativi prodotti e distribuiti figurano: «Il Signore degli Anelli», «Benvenuti al Nord» e «Benvenuti al Sud», «Pinocchio» con Roberto Benigni, «Baarìa» di Giuseppe Tornatore, «Immaturi», «Venuto al mondo» di Sergio Castellitto, «To Rome with love» di Woody Allen; inoltre i grandi successi di Aldo, Giovanni e Giacomo, cinematograficamente nati con la Medusa nel 1998, quelli di Leonardo Pieraccioni, dei registi Paolo Sorrentino, Bernardo Bertolucci, Dario Argento, Gabriele Muccino. In questa intervista Letta traccia, in esclusiva, un bilancio dei suoi primi due lustri cinematografici. «Negli anni 2000 l’azienda ha potuto dispiegare in pieno tutto il proprio potenziale–afferma Letta–, raccogliendo i risultati di anni di lavoro cominciato nel 1995-1996, e avviando la nuova fase con la presenza nella distribuzione, nell’esercizio mediante il circuito di sale e multiplex Cinema 5 e nella produzione. La diversità dei nostri artisti e delle opere da noi prodotte, chiarisce la linea editoriale della Medusa, quella di offrire sempre una larga varietà di generi per tutti i tipi di pubblico».

Domanda. Quali sono le maggiori difficoltà del suo lavoro?

Risposta. Questo è un mestiere difficilissimo perché richiede caratteristiche peculiari, sia dal punto di vista editoriale, perché occorre prevedere in anticipo i gusti del pubblico, sia da quello economico-finanziario, perché comporta ingenti investimenti i cui profitti si registrano solo nel tempo. Dall’ideazione di un film alla sua uscita nelle sale trascorrono mediamente tra un anno e un anno e mezzo. Il ciclo dello «sfruttamento» si svolge prima nella sala cinematografica, poi nell’home video e quindi nella televisione, sia quella a pagamento che quella generalista. Una prima parte, pertanto, si realizza nell’arco di 4 o 5 anni, ma in realtà il ciclo non si esaurisce, perché la vita media di un film è molto lunga: tra i tempi della programmazione cinematografica e quelli della programmazione televisiva e dei nuovi media si crea una forbice di tempo che può estendersi anche fino a 40 anni.

D. Con quali criteri svolge la sua attività? Quali sono le differenze con i produttori di ieri, ad esempio Carlo Ponti e Dino De Laurentiis?

R. Quei nomi appartengono a un’epoca in cui si faceva il cinema in una maniera diversa, perché il mercato era diverso e sulla sala cinematografica gravitava un bacino di spettatori molto più vasto di oggi. Il cambiamento è avvenuto con l’avvento della televisione, in particolare quella commerciale, perché è cambiato il modello di attività e le aziende del settore hanno dovuto adeguarsi. Nel panorama imprenditoriale odierno, ad esempio, esistono due società cinematografiche che fanno capo a due grandi gruppi televisivi, la Medusa a Mediaset e Raicinema alla Rai, entrambe guidate da manager. Poi vi sono una serie di società private, anche queste gestite con criteri molto meno «one man company» di allora. Un lato positivo del vecchio modello era l’artigianalità, che nel cinema è sempre stata basilare essendo i film dei prototipi, uno diverso dall’altro. Anche i sistemi produttivi sono notevolmente cambiati: gli stessi grandi gruppi che coprono la maggior parte del mercato lavorano insieme a un gruppo di giovani produttori indipendenti, presenti nel mercato da 10-15 anni, che costituiscono un valido strumento per individuare meglio le richieste e i gusti degli spettatori. Peraltro, è un modello più vicino ai sistemi seguiti dalle major in America con i singoli produttori.

D. Quali i risultati del 2012?

R. I risultati della Medusa sono stati di assoluta qualità: primo posto al box office con un incasso complessivo di circa 120 milioni di euro, 19 per cento di quota distributiva, prima posizione nella top ten Cinetel, ossia l’Auditel del cinema, dei film più visti con «Benvenuti al Nord» di Luca Miniero; il premio «Biglietto d’oro» per gli ingressi venduti con il suddetto film e con «Immaturi-Il viaggio» di Paolo Genovese; infine l’ottima presenza nel box office europeo Top 50 del film «Benvenuti al Nord», che risulta in vetta ai film italiani e 17esimo tra quelli più visti in Europa, con un incasso totale di circa 30 milioni di euro.

D. Come commenta questi dati che premiano la sua gestione operativa?

R. Al di là delle classifiche, emerge un dato che vede ancora una volta la Medusa protagonista. Negli ultimi 10 anni siamo stati regolarmente o primi o secondi. E l’aspetto più significativo consiste nel fatto che una fetta maggioritaria di questi risultati è stata ottenuta grazie al cinema italiano, sia commerciale che d’autore.

D. Nelle Giornate Professionali del Cinema di Sorrento dello scorso novembre lei ha confermato che i prossimi listini Medusa saranno più snelli e meno internazionali. Una dieta mediterranea per il cinema?

R. Una scelta obbligata di fronte alla grave crisi economica che il Paese sta attraversando. La Medusa si è «tarata» per i prossimi anni su listini più snelli, più leggeri, passando da 18-19 film a 10-12 a stagione, privilegiando il cinema italiano, quindi rallentando o sospendendo, almeno per il momento, le acquisizioni estere, cercando di fare meno film ma con un peso specifico più rilevante.

D. Perché il terzo film americano di Gabriele Muccino, «Quello che so sull’amore», quando è stato presentato in America è stato osteggiato dalla critica locale mentre, uscito successivamente in Italia, ha avuto un’accoglienza positiva?

R. Non è un film tipicamente americano, come i classici blockbuster amati da quel pubblico, ma una commedia con un gusto europeo. Che la critica americana l’abbia accolto con diffidenza non mi ha sorpreso. A mio giudizio è un film molto buono e Muccino, autore pieno di idee e creatività, ha la piena fiducia della Medusa.

D. Che cosa pensa del film da voi scelto per Natale, «I due soliti idioti», nuovo record di incassi dopo quello registrato nella scorsa stagione con 11 milioni di euro al box office?

R. La «Famiglia De Ceglie», ossia i bravi Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, sono stati una delle sorprese dell’anno passato, non solo per il risultato economico ma anche perché hanno introdotto una satira sociale sotto forma di una comicità graffiante, irridente, ironica e surreale. Al di là della brutalità del linguaggio, inquadrano però, magari estremizzandoli, vari tipi di persone e personaggi che si incontrano nella vita di tutti i giorni. È una coppia comica che avrà ancora futuro nel cinema.

D. Quali sono le differenze culturali e commerciali tra il festival di Venezia e quello di Roma ?

R. È difficile fare un paragone. Venezia ha una grande tradizione e un peso specifico che le deriva dalla propria storia; Roma si è imposta come un festival di rilievo, che aveva bisogno di trovare una propria fisionomia. L’edizione diretta da Marco Müller, lo scorso novembre, ha incontrato due difficoltà: il poco tempo a disposizione per preparare il programma e la mancanza obiettiva di produzioni. Molti film non erano ancora disponibili o erano già usciti sugli schermi. E poi gli americani si stanno orientando sempre più a presentare i film al festival di Toronto. Per tale ragione anche l’ultima edizione di Venezia ha visto latitare le major americane.

D. Considerato dagli addetti ai lavori una corsia preferenziale per gli Oscar, nel 2012 anche Medusa ha scelto il festival di Toronto dove ha presentato l’applauditissimo «Venuto al mondo» di Castellitto. Perché questa scelta?

R. La rassegna di Toronto è strategica perché è diventata un valido mercato internazionale, collocandosi all’inizio della stagione cinematografica, nella prima metà di settembre e costituendo negli ultimi 4 anni un appuntamento ormai imperdibile per gli operatori di tutto il mondo.

D. La tax credit introdotta tre anni fa, che consente di fare ricorso al credito di imposta facilitando così le imprese nell’investire nel cinema, sembra aver dato ossigeno al settore. E per il futuro?

R. Gli effetti che ha avuto sono notevolissimi. Questo incentivo, rivolto soprattutto agli investitori esterni al settore, ha fatto affluire nel comparto risorse private fresche che prima non esistevano. Auspichiamo che tale normativa venga rinnovata.

D. Il recente XVII congresso Agiscuola ha cercato un punto di incontro tra scuola e spettacoli artistici. Avrebbe qualche proposta per il mondo dell’istruzione?

R. Agiscuola è un motore di iniziative e progetti per avvicinare ragazzi e docenti all’audiovisivo e in particolare al cinema. Si potrebbe fare di più. Abbiamo chiesto, rimanendo inascoltati, di inserire il cinema come materia, anche collaterale, di insegnamento nelle scuole. Una grande novità perché i giovani, studiando alcuni film che hanno fatto la storia del cinema italiano, potrebbero capire e discutere meglio il passato di questo Paese.

D. Il 4 dicembre 1999 Medusa aprì a Bologna la prima multisala investendo 30 miliardi di lire. Oggi ha una consistente partecipazione nel circuito «The Space Cinema». Che cosa accadrà quando, entro due anni, si completerà la digitalizzazione delle quasi 5 mila sale italiane?

R. Il processo che ci ha portato a creare un grande gruppo come The Space Cinema era ineludibile. Medusa aveva costruito un circuito di 10 cinema con 100 schermi, dimensione intermedia che, però, richiedeva maggiore sviluppo. Insieme alla 21 Investimenti del Gruppo Benetton è stato costituito The Space Cinema che, attraverso ulteriori acquisizioni, ha dato vita alla maggiore catena di multisale in Italia con una quota di mercato del 21 per cento; un progetto industriale cui Mediaset partecipa con il 49 per cento. Sono convinto che il rinnovamento tecnologico e la digitalizzazione siano una robusta spinta per lo sviluppo del mercato, per l’abbattimento dei costi e per una maggiore flessibilità nella programmazione delle sale.

D. Medusa ha posto i propri film in prima visione sui treni Italo di NTV. Le proteste di alcune organizzazioni di esercenti vi ha costretti però a fermare l’iniziativa. Come si è arrivati a ciò?

R. La loro è una polemica sterile, basata su argomenti risibili: non c’è concorrenza tra la visione in treno e quella in una sala cinematografica e, soprattutto, non c’è stata nessuna intenzione da parte nostra di scalfire la sacralità della sala. La carrozza cinema non rappresenta una visione alternativa: è considerata dal viaggiatore un’offerta complementare al viaggio mentre, per noi, è stata un’iniziativa sperimentale con NTV, la quale ha puntato sul cinema per aumentare la clientela. E poiché non vogliamo perdere questo loro interesse per il cinema, collaboreremo ancora. Per ora abbiamo sospeso le «contemporanee» che hanno suscitato indignazione e un’inaudita minaccia di ritorsioni. 

Tags: Febbraio 2013 cinema Roma Venezia spettacolo Svalduz

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa