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Lo spot: Luca Muratori, la «vittima», parla di bullismo

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Lo spot sociale «Anime Nere» è disponibile su YouTube nel canale di «Bulli Stop». Luca Muratori (a sinistra) veste i panni della vittima, Valerio Paradisi (a destra) è uno degli affiliati del «bullo»

Ho intervistato uno dei giovani protagonisti dello spot «Anime Nere», finanziato dal «Bulli Stop» per sensibilizzare la società sul tema del bullismo: Luca Muratori, che frequenta il terzo anno del liceo scientifico internazionale Gian Galeazzo Visconti in Via Nazario Sauro. È lui che fa la parte della vittima nello spot sociale ideato e girato da Giancarlo Scarchilli con la supervisione della prof.ssa Giovanna Pini; gli altri protagonisti sono suoi compagni di scuola.
D. Dove avete girato questo spot?
R. A Roma, esattamente nei giardini del Pincio a Villa Borghese. La parte della vittima è quella che mi riesce meglio. Con me un mio compagno di classe, Valerio Paradisi, fa la parte di uno degli affiliati del bullo: al tempo dello spot, ossia lo scorso anno scolastico, frequentavamo il secondo liceo scientifico internazionale. Gli altri due protagonisti sono compagni di scuola più grandi: Gregorio Palazzi, il bullo, e il secondo affiliato, Simone Tolino, che nel video mi imbavaglia con il nastro adesivo. Per girarlo abbiamo impiegato circa un paio di giorni ma la preparazione per arrivare a girare lo spot è durata circa tre mesi, fra organizzazione, doppiaggio, scelte delle location, sceneggiatura, montaggio etc, etc. Tutto questo grande lavoro per uno spot che dura 30-50 secondi realizzato con professionisti del cinema.
D. Cosa hai provato, cosa hai imparato da questa esperienza?
R. Nello spot ero legato e imbavagliato, e non era una bella sensazione sapere che queste cose accadono nella realtà quotidiana; è stato nello stesso momento tanto emozionante quanto triste.
D. Lo stesso vale per gli altri ragazzi dello spot, i «bulli»?
R. In quel momento ero tutto legato, vedevo che loro recitavano la propria parte, e sono certo che non provavano gioia nell’immedesimarsi in quel ruolo.
D. Prima di entrare a contatto con «Bulli Stop» conoscevi la problematica del bullismo?
R. Ne avevo sentito parlare in tv, ma direttamente non più di tanto perché credo che questa piaga sociale si possa trovare in fasce di età più alte, verso i 15-16 anni. Non manca anche prima dei dieci anni, ma di certo è meno frequente. Ora, insieme ai miei compagni di scuola, siamo coinvolti nel progetto «Bulli Stop» e cerchiamo di rendere il nostro ambiente più vivibile, più attento.
D. Come sei entrato a far parte di questa iniziativa?
R. All’interno del Visconti è presente la scuola di teatro d’animazione pedagogico di Giovanna Pini: è stata lei ad introdurci nella lotta contro il bullismo. Ogni anno realizziamo e portiamo in scena uno spettacolo al Teatro Olimpico, sia la sera che la mattina per i ragazzi delle scuole di Roma, con cui intendiamo evidenziare il problema su palchi più ampi che non quelli scolastici dove il fenomeno nasce e, a volte, anche muore, per la scarsa visibilità o l’omertà che lo contraddistingue.
D. Ti è mai capitato di assistere di persona a scene di bullismo?
R. Sì, e non sono piacevoli da vedere.
D. Come hai reagito?
R. Non sono rimasto fermo lì a guardare la sofferenza di una persona debole, sono andato ad aiutarla. Ma so che, in realtà, ad essere debole è proprio il bullo.
D. Da dove pensi parta il bullismo?
R. Non tanto dal ragazzo, ma dalla famiglia, dai genitori: il bullismo è una mancanza di qualcosa, può ad esempio essere imputato a maltrattamenti da parte dei genitori, all’assenza di amici, alla scarsa considerazione che riceve. Il bullo può provenire da situazioni difficili, può essere orfano, i genitori possono fare violenza, maltrattamenti, o drogarsi. Per questo, ha necessità di «emergere» e lo fa con comportamenti deviati.
D. Come può un genitore affrontare il figlio «bullo»?
R. È difficile: il bullo non racconta mai la propria fragilità interna, e per il genitore può essere difficile capire se il figlio sia un bullo o no.
D. Se i genitori, in linea generale, sono impossibilitati ad intervenire, chi può farlo?
R. I bulli non vogliono cambiare perché sono contenti del proprio comportamento, ne vanno fieri, e non riflettono sul male che arrecano: non ci pensano proprio a farsi aiutare.
D. E la vittima può farsi aiutare?
R. Potrebbe sentirsi, nella maggior parte dei casi, in imbarazzo a raccontare le angherie subite, e chiudersi in se stessa. Ma l’insegnante potrebbe percepire questo malumore e fare molto. In classe è capitato di prendere in giro un amico in maniera bonaria, magari provocando una reazione ben più grave che noi non possiamo prevedere. Molte volte quando questo compagno è assente in classe i professori ci domandano il perché di certe prese in giro. L’insegnante è fondamentale, dato che i ragazzi vivono più fuori casa che in casa, ed può essere certo una fonte di miglioramento per noi.
D. Cosa ti ha apportato la conoscenza di Giovanna Pini?
R. Nonostante io non sia né un bullo né una vittima, mi ha dato grandi insegnamenti in questi anni. Mi ha aiutato nella recitazione, ma soprattuto dal punto di vista caratteriale perché prima ero molto timido, ora sono diverso e più consapevole. Sarebbero necessarie, nelle scuole, figure come la sua, ma purtroppo è raro. Noi del Visconti siamo molto fortunati, forse un caso unico.         

Tags: Maggio 2017 bullismo cyberbullismo

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