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Ermete De Longis: chirurgia estetica sì, ma alla volgarità deve essere dato un limite

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Non è più il tempo che passa a segnare i volti, sono i chirurghi estetici i nuovi padreterni del cucito. Sono loro l’elisir di lunga vita delle donne che, ad ogni età, anche da giovani, si ritoccano, si sistemano, cambiano i propri connotati.

Una bocca diversa, lo zigomo alto, il naso come desiderato, e giù per tutto il corpo. Non solo appannaggio femminile né unicamente omosessuale: il chirurgo estetico oggi c’è per tutti, in una società che incita al cambiamento fisico e alla bellezza esteriore. Da difetti disfunzionali, congeniti o derivati da traumi, infatti, la chirurgia si è dedicata sempre più a modificare le sembianze a fini estetici.
Ne parliamo con uno dei più noti chirurghi, Ermete de Longis, specialista in Chirurgia plastica ed estetica, presidente della Società di Chirurgia estetica italiana dal 1997 al 2010, relatore ufficiale in numerosi congressi nazionali ed internazionali, esperto nel campo della chirurgia estetica del seno ed ideatore ed autore di una tecnica personale tuttora all’avanguardia, la mastoplastica riduttiva e mastopessi con cicatrice verticale e cicatrice ad L. Spiega come la chirurgia da plastica si sia evoluta in estetica, e come i tempi che cambiano non si possono «operare».
Domanda. Come è iniziata la sua carriera, come è arrivato ai nostri giorni?
Risposta. La mia attività non è nata come chirurgia estetica: questa, infatti, è stata un’evoluzione della chirurgia plastica, che è stata la mia prima specialità nel 1964. Era allora un’attività nuovissima di cui pochi conoscevano l’argomento, e ne venni a conoscenza casualmente, come casualmente me ne innamorai. Noi plastici all’inizio venivamo volgarmente chiamati dagli altri chirurghi i «pellari», nell’arco del tempo siamo poi divenuti dei chirurghi di estrema qualità e raffinatezza rispetto ai chirurghi generali, che a quel punto noi chiamavamo «chirurghi da massa».
D. Com’è nata la chirurgia estetica?
R. È stata un’esplorazione della chirurgia plastica. Alcuni interventi di chirurgia plastica furono raffinati e perfezionati a scopi esclusivamente estetici, la chirurgia plastica infatti corregge i difetti congeniti del corpo di un individuo. La chirurgia plastica correttiva è nata nell’ambito della chirurgia di guerra, quando c’era la necessità di avere un chirurgo che ricostruisse i danni provocati. Si è poi visto che il chirurgo plastico poteva intervenire anche su soggetti non malformati o traumatizzati, per correggere anche ciò che non fosse una vera e propria patologia, per un miglioramento estetico. Lo sviluppo maggiore lo si è avuto negli anni 70, e più avanti molti chirurghi plastici si sono dedicati esclusivamente all’estetica.
D. Chi è stato il grande maestro della chirurgia estetica?
R. A livello mondiale viene considerato Ivo Pitanguy, ma dobbiamo dire delle verità: Pitanguy è stato il grande comunicatore, quello che ha capito per primo che questa chirurgia doveva essere pubblicizzata in ambito giornalistico e di informazione. Un altro suo merito è stato quello di aver creato una scuola specifica di chirurgia estetica in Brasile, a Rio de Janeiro, di cui io sono stato ospite moltissime volte, dove ha accolto gli stranieri e qualsiasi giovane, cosa che invece non avveniva nel nostro Paese. Mi permetto di dire che Pitanguy è stato grande in queste due cose nonché un grande chirurgo, ma non un chirurgo eccelso come si potrebbe credere. In un congresso dissi, in sua presenza, che ogni chirurgo estetico avrebbe dovuto versare alla fondazione Pitanguy un piccolo obolo per riconoscergli il merito di aver lanciato la chirurgia estetica nel mondo. Ma da parte sua ci sono state anche delle scorrettezze: per esempio, una cosa che lui rimproverò alla società italiana di chirurgia plastica, e quindi a me, fu che lo facemmo andar via dall’Italia con il foglio di via accompagnato dai Carabinieri all’aeroporto.
D. Perché?
R. Perché veniva a operare in Italia, così come in Svizzera o in Francia, in maniera abusiva, non legale, dunque come protezione per i nostri chirurghi.
D. Dopo Pitanguy cosa c’è stato?
R. Il successivo passo nell’ambito della chirurgia estetica è stato la cura del particolare: nella trasformazione da chirurgia plastica in estetica, gli interventi eseguiti inizialmente in campo puramente estetico, anche se non erano perfetti, potevano dare soddisfazione sia al chirurgo che alla paziente. La donna ha richiesto sempre più un miglioramento e un perfezionamento, così la chirurgia estetica ha dovuto prestare attenzione al particolare con molta accuratezza, molta professionalità e molto rispetto del corpo femminile.
D. Cosa vogliono le donne?
R. Quello che vogliono le donne è andato di pari passo con il tempo, con una grande evoluzione: mentre prima era il chirurgo a comandare sul cambiamento che una donna poteva richiedere o subire in meglio, nel tempo è stata la donna a richiedere al chirurgo cose specifiche e questi, spesso, soprattutto negli anni passati, non era in grado di soddisfare le esigenze delle pazienti. Tale contrasto tra il chirurgo e la paziente ha portato ad un miglioramento della chirurgia sotto vari aspetti, ma nel contempo anche a risultati non piacevoli.
D. Di chi è la responsabilità dei risultati non esteticamente belli?
R. Li attribuisco a due fattori principali: a una questione di cultura e di visione generale del concetto del bello. C’è stata un’evoluzione più in negativo che in positivo; negli anni 60-70-80 la bellezza della donna era nella riduzione delle forme e non nell’eccessiva presenza di esse fino all’esasperazione; oggi la chirurgia estetica è sottoposta a molte critiche, si parla più di danni da chirurgia estetica, cioè di risultati non perfetti, che di risultati perfetti. Se ne parla di più perché il risultato perfetto viene a confondersi con la naturalezza e con la bellezza del soggetto, mentre il brutto risultato è quello che si nota di più. Tutto questo è dovuto alle richieste eccessive delle pazienti, richieste di miglioramenti o di cambiamenti non consoni, e al chirurgo che non sa resistere alle richieste.
D. Quindi anche al guadagno?
R. Esatto. Quando si sottopone il risultato professionale ad uno scopo specifico, quello del guadagno, il chirurgo accetta qualsiasi richiesta, pur sapendo che il risultato non sarà bello da vedere.
D. E non pensa che il risultato può incidere sulla sua reputazione?
R. Il chirurgo può essere soddisfatto del risultato immediato non guardando al futuro. Oggi il concetto di bellezza non è univoco per tutti, c’è un soggetto esteriore ed uno interiore, ma se una donna non si piace e non si accetta cerca qualcosa che va al di là della vera bellezza, che è un connubio tra ciò che sente dentro e ciò che vede fuori di sé. Da questo punto di vista la chirurgia estetica è molto criticata, oggi predomina l’eccessivo apparire, e questo ha portato a conseguenze negative. Il chirurgo deve accettare di perdere una paziente, deve saper dire no, un no che si paga economicamente ma si guadagna in professionalità.
D. Cosa è cambiato dagli anni 60?
R. Il concetto di bellezza si è confuso con quelli di sessualità e di sensualità. D’altra parte anche nella storia il concetto della bella donna è cambiato notevolmente, nell’arco dei secoli. Dobbiamo inoltre distinguere la moda vera, che ha sempre avuto della donna un’immagine stilizzata, dalla moda più volgare e commerciale. La donna ha cercato di imporsi con il fisico verso la società e verso gli uomini, ma questo lo sta pagando, specialmente a una certa età: è meglio vedere una bella donna che porta bene i suoi anni e le sue rughe, che una donna con un viso gonfio come quello di un bambino ma innaturale. Ci vogliono armonia ed equilibrio.
D. Cosa consiglia a una donna per mantenere questo equilibrio, senza abusare del chirurgo estetico, dal momento che la vita si è prolungata?
R. Consiglio la medicina estetica, cioè quell’insieme di trattamenti utili a migliorare il viso e il corpo riducendo gli interventi traumatici a vantaggio di piccoli trattamenti che lasciano meno esiti negativi anche se un minore risultato nel tempo, ma che aiutano a star bene e a combattere gradualmente il passare degli anni. Ma la medicina estetica non potrà mai sostituire la chirurgia, bisogna trovare sempre il punto di equilibrio e sapere bene quando è necessario intervenire con un intervento chirurgico o con trattamenti di medicina. Il lifting facciale, ad esempio, prima interessava concettualmente la totalità del viso, dalla fronte al collo, ora è preferibile eseguire dei «minilifting ambulatoriali» meno traumatici anche in età più giovanile così da donare più freschezza al viso, e dopo qualche anno ripeterlo. Si tenga presente che il cosiddetto «lifting frontale» di gran moda negli anni 70-80 che aveva lo scopo di ridurre le rughe frontali e sollevare il sopracciglio è stato quasi completamente sostituito da un trattamento di medicina estetica ossia dall’uso del «botulino». Questa è stata una grande innovazione nell’ambito della medicina estetica, piccole e semplici «punturine» hanno sostituito un intervento complesso e costoso. Anch’esso, però, deve essere ben fatto, e da chi conosce bene l’anatomia.
D. Anche il botulino è molto criticato.
R. Sono critiche errate. Sono dovute ad una cattiva esecuzione del trattamento. Il botulino non riempie la ruga, ma paralizza alcuni muscoli che sono responsabili delle rughe facciali, ed ha, oltretutto,un grandissimo vantaggio: l’eventuale risultato negativo nell’arco di 3-4 mesi scompare e si ritorna alla condizione pre trattamento. Non bisogna però attribuire al botulino la soluzione di tutto, non va né demonizzato né semplificato. I cosiddetti «botox party» fanno parte della semplificazione e volgarità attuale, ed è chiaro che in quelle circostanze gli esiti possono essere negativi. Ogni trattamento medico è un trattamento serio, pericoloso, può avere risultati positivi o negativi, va fatto in apposite strutture da medici qualificati e non nei salotti. Il facile guadagno ha portato molti non qualificati ad eseguire impropriamente tali trattamenti.
D. Cosa pensa di tutte queste donne con labbra «gonfiate» a dismisura?
R. Le faccio una confessione che nessun chirurgo ha avuto la correttezza e il coraggio di fare: c’è stata una ingiusta demonizzazione globale del silicone liquido. È un falso totale: il silicone liquido è uno dei cosiddetti «fillers definitivi» che può essere il più valido in mano al chirurgo che sa usarlo. Il silicone da il suo giusto risultato nell’arco di 6-12 mesi o più, si eseguono piccole infiltrazioni ripetute nel tempo, secondo il progressivo rigonfiamento ottenuto, la sua azione positiva è lenta e graduale. Se si vuol dare con esso un risultato immediato di rigonfiamento labiale questo sarà sempre negativo poiché nel tempo il rigonfiamento ottenuto sarà maggiore del programmato e certamente inestetico. Se si vogliono due labbra gonfie nell’immediatezza occorre usare altri prodotti, riassorbibili o non, tenendo presente che vi è sempre comunque un rischio infettivo e reattivo. Questi, a partire dall’acido ialuronico, hanno molte altre indicazioni con risultati positivi. L’uso del silicone liquido è limitato ad trattamento di poche cose, bisogna conoscere bene il processo fibrotico reattivo dell’organismo e deve essere usato da «buone mani». Si pensi alle protesi mammarie in silicone demonizzate ripetutamente nel corso dei 50 anni, si è cercato di sostituirle con protesi alternative, miseramente fallite, e si ritorna sempre al silicone.
D. Quali sono oggi le novità della chirurgia estetica?
R. L’attività chirurgica come la chirurgia generale, l’ortopedia, l’oculistica ed altre hanno avuto in questi ultimi anni delle evoluzioni eccezionali con l’avvento dell’endoscopia e dei laser, ciò non è avvenuto nella chirurgia estetica se non in minima parte.
D. Come mai?
R. La chirurgia endoscopica in chirurgia plastica ha dato risultati modesti come anche l’uso del laser, dopo gli entusiasmi iniziali. Dei miglioramenti nell’ambito dell’estetica facciale si sono avuti più con la radiofrequenza e con l’uso dei cosiddetti «fili di trazione», interventi poco traumatici ed ambulatoriali, preferiti dal paziente. Tali trattamenti estetici possono prolungare nel tempo un intervento ma non possono sostituirlo completamente. In effetti la chirurgia estetica facciale ha avuto tanti piccoli miglioramenti, ma non grandi innovazioni, quando vi è un rilassamento cutaneo-muscolare evidente l’intervento chirurgico è necessario, bisogna ridurre l’eccesso di cute e mettere in tensione i muscoli facciali. L’esito cicatriziale, se ben eseguito l’intervento, è quasi invisibile. Ad esempio in chirurgia palpebrale sono sempre validi i classici interventi di blefaroplastica superiore ed inferiore per ridurre l’eccesso di cute o di rigonfiamento delle borse inferiori o zigomatiche. Detti interventi sono stati perfezionati ma abbinati ad un giusto sollevamento delle sopracciglia, queste costituiscono come delle cornici degli occhi, tanto è vero che oggi si parla di «chirurgia dello sguardo» più che di semplice blefaroplastica. In questa chirurgia si è reso necessario anche il lift del muscolo orbicolare inferiore responsabile con il suo rilassamento delle inestetiche borse sottopalpebrali o zigomatiche, queste spesso si rendevano più evidenti dopo una correzione delle borse adipose che mascheravano il rilassamento del muscolo palpebrale stesso.
D. E nella chirurgia mammaria?
R. Qui c’è stata un’evoluzione notevole. Mentre negli anni 60-70 l’intervento più in auge era la riduzione del seno, nell’arco del tempo c’è stata un’evoluzione verso l’aumento di volume con l’impianto di protesi, com’è ben noto.
D. A cosa è dovuto questo cambiamento?
R. Credo alla moda americana, un po’ volgare, che ha alterato il concetto di bel seno aumentandone sempre più il volume. Per esempio basti pensare all’icona di Baywatch Pamela Anderson, idealizzata e punto di riferimento di moltissime donne. L’ostentazione del seno come attrazione sessuale. Ma spesso si è andati ancor oltre queste misure entrando nel fenomeno da baraccone da circo. Non v’è dubbio che un seno prosperoso, sodo ed alto sia sensuale ed attraente per il maschio, tuttavia non bisogna andare oltre certi limiti anche perché poi nel tempo non risulta più adeguato al proprio fisico. Molto spesso si richiede una riduzione dello stesso in età più matura, i motivi sono vari: la motivazione sessuale viene a ridursi e l’esigenza di un abbigliamento più adeguato e più fine prevalgono. Diciamo che si sta ritornando indietro, così oggi l’aumento eccessivo del seno ha una domanda minore, ed è sempre un giusto equilibrio che noi dobbiamo trovare.
D. Lei è stato un vero e proprio innovatore in tale settore, soprattutto con la sua «cicatrice ad L».
R. Il problema che più mi aveva colpito fin dai primi anni di attività è che, nella riduzione di un seno ipertrofico o nella correzione una ptosi, «seno rilassato e flaccido», lasciavamo un esito negativo sulla paziente: un’ampia cicatrice a T, composta da una cicatrice verticale ed una orizzontale, quest’ultima poteva andare dalla regione sternale fino alla regione ascellare. Mi posi l’obiettivo di ridurre questo inestetismo che interessava la parte mediale del torace e che non permetteva più a una donna di indossare un décolleté, se vi fosse stata una reazione cicatriziale negativa del soggetto operato. Così «sfidai», in senso bonario, in un incontro in Brasile il prof. Ivo Pitanguy, stimolandolo a perfezionare la sua tecnica, molto bella e valida, di chirurgia riduttiva mammaria allo scopo di ridurre, se non eliminare del tutto, la cicatrice in sede di décolleté. Lo scopo era quello di prefiggersi un risultato finale nella mastoplastica riduttiva che non penalizzasse troppo la paziente per tutta la sua vita. Credo che il rispetto e la salvaguardia del corpo femminile debba sempre orientare il nostro comportamento chirurgico. Nel tempo ho dimostrato, in numerosi congressi internazionali, di aver personalmente raggiunto il mio obiettivo, e non ho più danneggiato una donna con una cicatrice a T: la cicatrice finale in una mastoplastica riduttiva di qualsivoglia volume deve essere o solo una verticale, o una verticale che gira verso l’esterno nella piega sottomammaria, coperta dal seno stesso, una cicatrice ad L. Allo stesso tempo ho ideato un mezzo naturale di bloccaggio del seno al muscolo pettorale cosi da garantire una tenuta dello stesso negli anni, riducendo e ritardando la ptosi successiva che il passare degli anni può comportare.
D. Cosa critica nei chirurghi estetici?
R. I risultati negativi che noi frequentemente vediamo in donne prevalentemente di una certa età, signore che non hanno accettato con equilibrio il passare del tempo, sono dovuti al ricorso in modo ossessivo alla chirurgia o medicina estetica, richiedendo l’impossibile o come diciamo noi sempre il «di più». Non che esse non debbano rivolgersi al chirurgo estetico per migliorare se stesse, ma chiedono il ritorno ad un’età che nessuno potrà darle, il ritratto di Dorian Grey è sempre in vendita. Critico i chirurghi che non resistono a queste richieste pressanti in quanto se al momento può esservi un vantaggio economico nel tempo è un pessima pubblicità alla propria e comune professione.
D. Cosa pensa degli uomini?
R. È normale e giusto che si sottopongano a interventi estetici quando ve ne sia il bisogno. Ma spesso sono le donne a spingerli a migliorarsi. Sono le donne sempre al centro del mondo.
D. Le parole chiave per un chirurgo di successo?
R. Equilibrio e armonia.         

Tags: Settembre 2017

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