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BARBARA FALCOMER: LE PENNE MONTBLANC? UN RITORNO AL FUTURO

Sinonimo di tradizione e di innovazione, di qualità e di eleganza senza tempo, Montblanc, azienda famosa per la stilografica con serbatoio di inchiostro incorporato e contraddistinta da una stella simboleggiante la cima del Monte Bianco, nel 2006 ha festeggiato 100 anni di storia. Strumento da scrittura a mano in un’epoca di scrittura pressoché automatica oltreché tecnologica, è oggi al centro di un’altrettanto pregiata produzione di orologi, pelletteria e gioielleria. Con sede principale ad Amburgo, dove fu fondata nel 1906 dall’imprenditore Alfred Nehemias, dall’ingegnere August Eberstein e dall’agente di commercio Claus Johannes Voß, l’azienda ha oggi una notorietà e una diffusione in tutto il mondo. Nonostante l’invasione delle nuove tecnologie, si propone come marca «senza tempo» e sempre più solida nei nuovi mercati in cui ha fatto ingresso negli ultimi 15 anni. Quest’anno festeggia il lancio dell’orologio Star Nicolas Rieussec Monopusher Chronograph, il primo con movimento Montblanc. Illustra la storia, i risultati, i programmi e le prospettive dell’azienda Barbara Falcomer, nominata amministratore delegato di Montblanc Italia nell’aprile del 2005, dopo essere stata per quattro anni responsabile del marketing. In questi anni Barbara Falcomer si è impegnata a fondo per consolidare il rilancio della marca e modernizzare la filiale italiana, in un’ottica di eccellenza propria di una multinazionale del fascino e del lusso.

Domanda. La sua notevole esperienza e conoscenza del settore l’hanno aiutata ad ottenere un incarico così prestigioso?
Risposta. Certamente l’esperienza pregressa nel mondo della distribuzione selettiva è stata propedeutica al passaggio nel mondo del lusso; nel 2001 sono arrivata, come direttore del marketing, nella Montblanc Italia, in un momento cruciale in cui l’azienda aveva cominciato da poco un cammino di rilancio della marca, unito all’ingresso in nuovi segmenti di mercato estremamente promettenti - orologeria e pelletteria - ma anche molto competitivi. La sfida era molto entusiasmante. Nei primi anni nella Montblanc ho avuto la possibilità di occuparmi di progetti di ampio respiro, non solo nel marketing, il che mi ha fatto guadagnare la stima dell’amministratore delegato dell’epoca e del vertice di Amburgo, per cui nel momento della successione mi hanno proposto il ruolo di amministratore delegato, un compito bello e impegnativo che svolgo da tre anni e che mi regala anche molte soddisfazioni.

D. Lei ha operato per conferire una dimensione internazionale all’azienda?
R. In parte è così. Quando entrai nella Montblanc, coerentemente con gli obiettivi di quegli anni, l’azienda non aveva ancora una struttura funzionale e organizzativa da «vera» multinazionale, per cui nelle mie aree di intervento e con le deleghe che mi sono state conferite ho avuto la possibilità di intervenire in modo significativo nell’organizzazione, ad esempio assumendo manager provenienti da aziende di spicco sia del mondo del lusso che dei beni di largo consumo; manager che portassero competenze, esperienze e nuovi modi di affrontare il compito che avevamo davanti a noi, appunto il rilancio della marca verso l’alto e la diversificazione merceologica.

D. Ha influito il fatto che lei sia italiana, nel senso che per l’affermazione sul mercato di prodotti come i vostri valgono molto l’esperienza e la cultura italiana?
R. Credo non sia stato il criterio per la scelta. Il nostro Gruppo ha sempre preferito avere dirigenti del Paese in cui opera, non è una di quelle multinazionali che impongono il top management della direzione; invece privilegia l’esperienza e la conoscenza del mercato, della clientela e delle sue esigenze, due requisiti sempre ricercati in quest’azienda. Non ha giocato quindi il fatto che fossi italiana, quanto forse quello che fossi donna. Perché la mia nomina è stata un’inaspettata novità, essendo la prima donna amministratore delegato nel nostro Gruppo; considerando che l’azienda si sta sempre più rivolgendo a un target femminile, il fatto che io - in quanto donna - potessi avere una naturale maggiore sensibilità verso i desideri, i gusti, i valori delle donne, ha forse avvalorato la mia candidatura. Oggi c’è anche un’altra donna, a Singapore, a guidare la filiale Montblanc locale, quindi non sono più l’unica donna in un Gruppo in cui il top management è tradizionalmente maschile.

D. Come è diffuso il Gruppo Montblanc nel mondo?
R. È presente con filiali in più di 70 Paesi, ha oltre 300 boutique nelle più belle vie dello shopping delle più importanti città del mondo, ha partner eccellenti in gioiellerie e negozi specializzati in articoli da scrittura. Fa parte del Gruppo Richemont, secondo nel mondo nel campo del lusso dopo Louis Vuitton Moët Hennessy; ha in Europa il proprio mercato storico: dopo gli Stati Uniti, l’Italia è il suo secondo mercato, estremamente significativo, un mercato esigente, educato allo stile e alla bellezza, pertanto molto adatto per valutare il successo delle politiche che il Gruppo ha intrapreso negli ultimi anni.

D. Stati Uniti al primo e Italia al secondo posto; e il mercato tedesco?
R. Al settimo posto; prima della Germania troviamo la Spagna, Hong Kong, la Francia e anche la Cina, che ha avuto uno sviluppo notevolissimo negli ultimi tempi; in questo Paese la crescita è cominciata tre anni fa, quando abbiamo assunto direttamente la distribuzione prima affidata a un partner locale; vi sono già oltre 60 boutiques di proprietà e ritengo che, grazie all’incredibile spinta economica e commerciale in atto, nel giro dei prossimi due anni il mercato cinese supererà sia quello statunitense sia quello italiano. Noi ce la metteremo tutta per tenergli testa. Anche la Russia, dove siamo presenti soprattutto con boutiques, è per noi un mercato molto interessante soprattutto per la parte più recente della nostra produzione, orologi e gioielli, e in generale per i prodotti di alta gamma: è un mercato che li apprezza moltissimo, e nel quale Montblanc ha molto successo. Partiti da Mosca e da San Pietroburgo, stiamo compiendo consistenti investimenti anche in altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica.

D. Storicamente il prodotto principale è la penna; quali sono gli altri che hanno successo?
R. Gli strumenti da scrittura costituiscono ancora la nostra attività principale sia in campo mondiale sia in Italia, mercato storico per le penne e le stilografiche Montblanc. In campo mondiale questi prodotti costituiscono circa il 50 per cento dell’intero fatturato. Il restante 50 per cento è frutto della diversificazione merceologica che abbiamo attuato negli ultimi anni e che continua a crescere. Abbiamo molto successo sia nella pelletteria, ossia negli accessori in pelle storicamente pensati per uomo ma che oggi includono anche articoli per la donna, borse e accessori di piccola pelletteria. In questo settore siamo presenti ormai da oltre 20 anni e l’Italia ha una posizione di leadership, il che prova che in un Paese come questo, dalla profonda e diffusa cultura pellettiera, Montblanc vince la gara della qualità e dello stile; abbiamo prodotti dal design classico contemporaneo ricercati, e naturalmente di grande qualità, grazie ai quali registriamo risultati eccezionali in campo mondiale; i due comparti, penne e pelletteria, costituiscono insieme circa due terzi del nostro giro di affari. Il resto proviene dalle categorie merceologiche di recente introduzione.

D. Di che cosa si tratta?
R. Nel 1997 siamo entrati nel mondo dell’orologeria; dieci anni sono un periodo molto breve in un mercato dominato dalla storia e dalla tradizione centenaria, eppure possiamo dire con orgoglio di avere raggiunto ormai un livello qualitativo di prodotto estremamente interessante. Il mercato dell’orologeria di alta gamma è estremamente esigente, il produttore deve avere una storia, deve essere riconosciuto dalle altre marche del settore; la nostra soddisfazione deriva dall’aver dimostrato che, una volta intrapresa una strada, operiamo bene, siamo coerenti e assicuriamo continuità. La cultura del Gruppo ha favorito i risultati raggiunti grazie alla crescente competenza e ai cospicui investimenti compiuti in questo campo. Un anno e mezzo fa abbiamo acquisito l’Istituto Minerva di Ricerca in Alta Orologeria, situato a Villeret in Svizzera, manifattura nella quale viene creata la nostra straordinaria - non a detta mia ma di giornalisti e operatori del settore - Collezione Montblanc Villeret: al massimo 300 orologi l’anno, con movimenti e elementi tutti prodotti rigorosamente in casa. A Le Locle, pure in Svizzera, produciamo gli altri nostri modelli per una clientela più ampia.

D. Come sono considerati nel mondo i vostri orologi?
R. Nell’ultimo Salone dell’Alta Orologeria di Ginevra, lo scorso aprile, abbiamo presentato un movimento sviluppato in casa nostra, il Montblanc XXX. L’azienda si sta impegnando in questo campo con continuità, costanza e tenacia, ed è apprezzata dal mercato. Ricordo che, quando sono arrivata nel 2001, eravamo oggetto delle ironie di giornalisti del settore: «Per farlo funzionare, si deve mettere l’inchiostro dentro questo orologio?», domandavano. Oggi, a distanza di 8 anni, smentiscono di aver pronunciato quelle frasi. Abbiamo tenuto duro e ora a livello mondiale la nostra orologeria incide per il 15 per cento.

D. Fate anche gioielli?
R. Sì, siamo un’azienda in grande evoluzione. Un altro mondo nuovo per noi è quello della gioielleria, sia maschile - gemelli, portachiavi ed altro -, sia femminile. È un mercato potenziale che vale più di 200 miliardi di euro e di cui soltanto una minima parte ha un marchio, per cui c’è ancora molto da sviluppare. Registra la presenza di grandi gioiellieri, per cui dobbiamo confrontarci con aziende di rilevante spessore e prestigio, realizzando prodotti di bellissima esecuzione; ma noi operiamo sempre in una prospettiva di lungo termine.

D. Nell’ambito del mercato italiano in quali aree geografiche e in quali ambiti sociali sono più diffusi i vostri prodotti?
R. All’inizio della nostra trasformazione il consumatore tipo era quello tradizionale, ben individuato, professionista tra i 40-50 anni, affermato, consumatore prevalentemente di strumenti da scrittura, con qualche piccolo inserimento di pelletteria, di profilo molto classico. Oggi, sia per l’espansione merceologica sia per la presentazione della marca, questa è sempre meno considerata di nicchia. Il consumatore ricerca in essa il fascino che noi possiamo dargli perché abbiamo una lunga storia, ricca di valori che non abbiamo mai abbandonato, e insieme trasmettiamo contemporaneità e modernità, un ritorno rinforzato dal legame con il passato, con le radici. Negli ultimi 5 anni le donne, prima clienti Montblanc per il regalo al marito o al figlio in occasione della laurea, si sono messe ad acquistare prodotti ideati per loro, per un target alto e medio-alto, variegato, a prezzi accessibili per oggetti di marca, di qualità, costituenti status symbol o style simbol, e con una spesa contenuta, che può partire da 150-200 euro.

D. In un mondo tecnologico la penna Montblanc è più un simbolo che uno strumento da scrittura o lavoro?
R. È esattamente qualcosa che suscita un’emozione, che ricorda un’esperienza. Non spinge all’acquisto di una penna Montblanc la sua funzionalità, ma tutto quello che ruota intorno ad essa, anche se ovviamente deve scrivere bene. Per questo non consideriamo il mondo della tecnologia una minaccia; ci siamo ritagliati un posto nel mercato non legato alla funzionalità e, nonostante la tecnologia ed anzi forse proprio grazie alla tecnologia, possiamo distinguerci, apprezzare altri valori, un mondo diverso fatto di tempo per scrivere una lettera a mano. Quindi una persona di un certo livello e con un certo ruolo non può non avere una penna di alta marca.

D. Avete molte iniziative nel campo culturale?
R. Certamente, abbiamo un robusto legame con la cultura, nato dal desiderio di restituire al mondo il successo che abbiamo avuto negli anni. Questo legame si concretizza in una serie di iniziative in campo nazionale e internazionale, come la Fondazione Culturale Montblanc che ha lo scopo di valorizzare i giovani talenti; o il Premio Montblanc de la Culture Arts Patronage, che la stessa assegna annualmente ai mecenati moderni, persone che fanno molto per l’arte e per la cultura ma spesso non sono neanche note; noi cerchiamo di individuarle e sostenerle. La Fondazione collabora, inoltre, con l’Unicef per l’alfabetizzazione dei bambini delle aree più depresse e disagiate del mondo. Si resta sempre nell’ambito delle origini dei nostri strumenti da scrittura.

D. Avete dei concorrenti?
R. Non proprio, siamo in un certo modo unici perché siamo presenti in vari mercati, in ciascuno dei quali ci confrontiamo con gli operatori principali. Abbiamo una quota di mercato di oltre l’80 per cento negli strumenti da scrittura di fascia alta. Nell’orologeria siamo sempre piccolini, ma cominciamo ad essere autorevoli.
D. Risentite della stagnazione?
R. Operare nel settore del lusso dovrebbe proteggere dalle crisi economiche perché, se i consumi diminuiscono, non si riducono certo quelli dei nostri prodotti. Il mondo del lusso è meno elastico e sensibile ai momenti di recessione, nei quali c’è un calo di domanda. Nelle difficoltà che stiamo attraversando è indiscusso che il mondo del lusso soffra meno. Non è però un motivo valido per non temere la concorrenza, per cui bisogna essere molto bravi, cercare di essere innovativi, migliorare di continuo, operare nei mercati in crescita.

D. Avete anche un settore dedicato alla ricerca?
R. Sta ad Amburgo e a Parigi ed è una leva necessaria, perché non basta individuare i segmenti che crescono, bisogna conoscere meglio i clienti; il consumatore è mutevole, muta i comportamenti di acquisto, cambiano i suoi valori, Occorre quindi seguirlo e comprendere le sue evoluzioni, animare il mercato, lanciare nuovi prodotti, investire in ricerca e in marketing per sostenere la marca e farla apprezzare.

D. La politica del prezzo è importante per i vostri prodotti?
R. Sì. I nostri prodotti hanno un valore intrinseco, di design, di ricerca e di qualità. Inoltre stiamo riducendo la distribuzione, investiamo molto per attrarre consumatori nei punti vendita con attività di marketing mirate, spesso sviluppate ad hoc con i nostri partner. Investiamo molto in comunicazione. Tutto questo ha un valore tradotto in un prezzo. Ritengo che i nostri clienti, sia quelli storici e affezionati che quelli più recenti, riconoscano la nostra qualità e il nostro valore e trovino coerenti le nostre politiche di prezzo. Molto stiamo facendo per attrarre il target più giovane, per il quale abbiamo pensato per esempio, la penna Star Walker dal design molto moderno, tanti prodotti di pelletteria - borse a tracolla, zainetti - e articoli di gioielleria, moderni e accattivanti. In un mercato sempre più mondiale e competitivo non si può non innovare.

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