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AMMIRAGLIO RAIMONDO POLLASTRINI: GUARDIA COSTIERA, CORPO MILITARE PER USI CIVILI

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Caviale? No, uova di lompo, un pesce atlantico, bruttino e assai meno pregiato dello storione. Nei giorni immediatamente precedenti il Natale, in vista di pranzi e cenoni, sugli scaffali di alcuni supermarket di Ostia, Casalpalocco e Viterbo sono comparsi anche beluga di contrabbando e pesce ghiaccio cinese o indiano, spacciato per alici e triglie marinate del Mediterraneo. Truffe scoperte e sventate grazie alle raffiche di controlli disposte dalle Capitanerie di Porto, «uno dei corpi militari più antichi dello Stato Unitario, istituito nel 1865 con regio decreto a firma di Vittorio Emanuele II nelle storiche sale di Palazzo Pitti, all’epoca sede del neonato Regno d’Italia», racconta l’ammiraglio Raimondo Pollastrini, dal luglio scorso al Comando Generale del Corpo.
«Ma le nostre origini risalgono ancora più in là nel tempo–prosegue–, alle Repubbliche marinare, quando il porto era amministrato dal magistrato del mare, l’antenato dell’attuale capitano del porto, che faceva esattamente quello che fa oggi il comandante, spediva le navi, controllava il carico, verificava i fondali del porto, sorvegliava la manutenzione delle banchine e gli ormeggi, controllava gli equipaggi». 62 anni, una laurea in Lettere e una in Giurisprudenza, milanese di nascita, toscano di famiglia, ligure di adozione, Pollastrini non nasconde l’orgoglio militare e la passione dello storico per queste lontane radici che testimoniano un percorso di antica civiltà di comportamenti, di attenzione delle istituzioni per gli uomini, per i luoghi, per le cose.

«Una tradizione appassionante ma del tutto misconosciuta che intendiamo riportare alla luce. Stiamo raccogliendo i tanti cimeli rinvenuti nel museo che stiamo realizzando al Forte Michelangelo di Civitavecchia, che fa parte del nostro demanio, perché vogliamo far riscoprire ai giovani la nostra storia. Ci sono i documenti dell’inchiesta sul disastro dell’Andrea Doria, che si credevano perduti, e le carte nautiche originali delle colonie in cui c’erano le capitanerie, in Somalia, in Abissinia. Le relazioni dei commissari governativi che accompagnavano sulle navi i nostri emigranti offrono uno spaccato della società e della nostra storia assolutamente sconosciuto. Il fenomeno della grande emigrazione ha segnato la storia del nostro Paese ed è avvenuto tutto attraverso le navi, sulle quali viaggiava un ufficiale del Porto, incaricato di verificare le condizioni della nave, il trattamento alimentare, le cuccette. L’emigrazione fai da te non esisteva, c’era una sorta di accompagnamento da parte dello Stato per tutelare gli italiani che affrontavano il viaggio».
L’attenzione al passato tradisce le origini culturali dell’ammiraglio, insegnante di lettere nelle scuole medie, folgorato dall’esperienza nel Corpo come ufficiale di complemento durante la leva obbligatoria. «Ne rimasi affascinato e decisi di partecipare a un concorso pubblico vincendolo. È iniziata così la mia nuova carriera, ma ho continuato a insegnare molto in servizio, a Livorno nell’Accademia Navale e nell’Istituto di Guerra Marittima, e ora nell’Università, dove sono docente a contratto di Diritto della navigazione». Una scelta che l’ha portato a ricoprire ruoli via via più impegnativi nelle diverse destinazioni di servizio, dall’esordio a Trieste, a Savona, Viareggio, Livorno fino all’incarico di Comandante del porto di Genova e Direttore marittimo della Liguria, «la mia seconda regione di adozione». A luglio la nomina a Comandante Generale.

Domanda. Quali sono attualmente i vostri compiti?
Risposta. Le Capitanerie di Porto-Guardia Costiera costituiscono un Corpo della Marina Militare le cui funzioni sono collegate in prevalenza con l’uso del mare per fini civili. Abbiamo dipendenza funzionale da vari Ministeri che si avvalgono della nostra opera, primo fra tutti il Ministero dei Trasporti che nel 1994 ha ereditato, dal Ministero della Marina mercantile, la maggior parte delle funzioni collegate all’uso del mare per attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto. Le nostre principali linee di attività riguardano innanzitutto la ricerca e il soccorso in mare, SAR, attiva nelle 24 ore, e la sicurezza della navigazione, con controlli su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto, e sul naviglio mercantile estero che fa scalo nei porti nazionali. Inoltre ci occupiamo di protezione dell’ambiente marino, alle dipendenze funzionali del Ministero dell’Ambiente, e di controllo sull’intera filiera della pesca marittima, secondo le normative nazionale e comunitaria, per il Ministero delle Politiche agricole e forestali.

D. Quali altri compiti svolgete?
R. Il Comando Generale è l’autorità responsabile del Centro Nazionale di controllo Pesca. Alle Capitanerie è affidata anche l’amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, compreso il rilascio delle patenti, e di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati. Particolarmente impegnativi sono anche i compiti di polizia tecnico-amministrativa, che comprendono la disciplina della navigazione e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi, la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi. Mare e navigazione sono anche il denominatore comune di funzioni svolte per altri Ministeri, dall’arruolamento del personale militare per conto della Difesa all’archeologia subacquea per i Beni Culturali, all’anti-immigrazione per gli Interni e ancora per il Ministero di Giustizia e per il Dipartimento della Protezione Civile.

D. Tante funzioni diverse e tanti Ministeri di riferimento non rischiano di creare confusione?
R. Fino a qualche anno fa gran parte di queste competenze, oggi disperse tra vari Ministeri in seguito alla riforma Bassanini, erano concentrate nell’unico Ministero della Marina Mercantile che si occupava di ambiente, pesca e trasporti. Ma a livello periferico questa concentrazione è rimasta e credo questo rappresenti una ricchezza per il cittadino. Il pescatore, il diportista, il marittimo, chi vuole notizie sull’ambiente marino, tutti si rivolgono alla Capitaneria. Per l’ampiezza e varietà di compiti siamo rimasti l’organo di riferimento per tutte le attività marittime, un vero e proprio Sportello Unico nei rapporti con l’utenza del mare. Il retaggio dell’amministrazione marittima storica è rimasto e oggi siamo forse l’unica amministrazione dello Stato con una presenza periferica così diffusa sul territorio.

D. Come le forze di Polizia?
R. Ma la nostra è una presenza a carattere amministrativo, siamo lo sportello del mare, non la polizia del mare. Si parla tanto di semplificazione, di riduzione degli uffici, di attenzione alle esigenze dell’utente e la legge ha istituito nei Comuni lo sportello del cittadino. Noi, a livello periferico, siamo già un unico ufficio che svolge numerose attività, lo «Sportello del mare» è già una realtà, senza duplicazioni inutili. I due Ministeri di riferimento sono Difesa e Trasporti, ma i fondi sono prevalentemente del Ministero dei Trasporti, con capitoli di bilancio nostri e piena autonomia finanziaria. Poi abbiamo due reparti dedicati, che dipendono direttamente da Ambiente e Pesca, ma le risorse in questo caso sono stanziate dai Ministeri annualmente, per progetti e programmi mirati.

D. Come siete organizzati?
R. Innanzitutto siamo una struttura altamente specialistica sotto il profilo sia amministrativo sia tecnico-operativo, per l’espletamento di funzioni che si svolgono negli spazi marittimi di interesse nazionale. Ai 155 mila chilometri quadrati di acque marittime, interne e territoriali, che sono a tutti gli effetti parte del territorio dello Stato, se ne aggiungono altri 350 mila di acque sulle quali l’Italia ha diritti esclusivi di sfruttamento delle risorse dei fondali, o doveri di soccorso in mare e protezione dell’ambiente marino. L’estensione di queste aree è quasi doppia rispetto all’intero territorio nazionale che è di 301 mila chilometri quadrati, e l’organico impegnato è di poco più di 11 mila persone tra ufficiali, sottufficiali e truppa. Io definisco il Corpo un’azienda di medie dimensioni ma atipica, perché il nostro personale non è concentrato in un’unica sede, è dislocato nei circa 300 uffici aperti al pubblico lungo i nostri 8 mila chilometri di coste.

D. Dove reclutate il personale?
R. Proviene prevalentemente dal Sud, in particolare dalla Puglia e dalla Sicilia. Questo comporta non poche difficoltà di impiego perché, avendo uffici in tutte le regioni, abbiamo il problema di distribuirlo anche in sedi lontane. Ma sono problemi che riusciamo a superare e la struttura funziona in modo più che soddisfacente grazie all’impegno di questi 11 mila uomini e donne dislocati in gran parte sul territorio. Solo 500 persone sono in servizio nel Comando Generale, un numero esiguo se si considera che in esso ha sede anche la Centrale Operativa, attiva a livello nazionale e internazionale 24 ore su 24.

D. Come si trova alla guida di questi 11 mila uomini?
R. A metà degli anni 90 ho avuto la chance di un’esperienza presso il Comando Generale come assistente dell’allora Comandante Generale ammiraglio Renato Ferraro, un uomo intelligente, capace, illuminato, che per tutti noi è stato una delle figure più notevoli del Corpo. E dopo questa parentesi a Roma ho avuto anche un passaggio significativo come capo del personale. Un ruolo di grande responsabilità perché siamo autonomi rispetto alle Forze Armate per le strategie e la politica del personale. Forse per la mia provenienza dall’insegnamento attribuisco particolare importanza alla formazione, e con me ci crede tutto il Corpo. Negli ultimi anni abbiamo investito somme alte per specializzare nel settore di rispettiva competenza ufficiali e sottufficiali, per sviluppare la loro professionalità. Forte della mia precedente esperienza come capo del personale intendo proseguire su questa linea incrementandola, perché il personale è una risorsa essenziale per un’istituzione, che dobbiamo saper valorizzare e ascoltare. Abbiamo buone risorse che intendiamo addestrare sempre meglio, soprattutto i tanti giovani che hanno scelto questa strada, che sono più del 50 per cento.

D. La ricerca e il soccorso in mare sono l’attività che caratterizza maggiormente la Guardia Costiera?
R. Lo spirito del mare è darsi aiuto a prescindere da razza, colore, religione, al di là di ogni divisione ideologica e politica. Viviamo una fase di grandi flussi migratori che ci pongono quotidianamente di fronte all’esigenza di salvare delle vite. Sono barche di 5-6 metri sovraccariche a tal punto che basta un minimo spostamento per provocare una tragedia. Noi collaboriamo anche al contrasto dell’immigrazione clandestina ma il salvataggio in mare è altro, e noi siamo fieri di svolgere questa attività. La solidarietà per chi sceglie il nostro mestiere è naturale, per noi è normalità, anche se ci ha fatto molto piacere, nel luglio scorso, ricevere il riconoscimento dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. In mare ci si aiuta e in tutti noi c’è la passione. Il mare è una piazza su cui ci affacciamo tutti, ci si trova e ci si scambia opinioni. All’International Maritime Organisation, a Londra partecipano 136 Paesi che hanno l’obiettivo di migliorare il trasporto marittimo e la sicurezza in mare.

D. Ha un ruolo specifico l’Italia?
R. Nel Mediterraneo siamo diventati un riferimento essenziale per i Paesi del Nordafrica come per quelli della ex Jugoslavia che si affacciano sull’Adriatico. In due occasioni, nel 1997 e nel 1998, sono stato in Albania con una delegazione italiana inviata per elaborare il Codice della Navigazione e formare il corpo di Guardia Costiera albanese. Li abbiamo aiutati in un periodo difficile con la nostra esperienza e professionalità. L’Italia è spesso bistrattata, alla rincorsa di direttive e regolamenti europei, non è mai considerata sufficientemente adeguata. Invece siamo al primo posto per le attività di supporto alla sicurezza della navigazione. Da 9 anni siamo il primo Paese in Europa per visite e controlli effettuati e per deficienze riscontrate e navi fermate. Perché è chiaro che non sono rilevanti solo i numeri ma anche l’efficacia dell’azione. Nelle agenzie europee e internazionali del settore marittimo, per la sicurezza della navigazione e l’anti-immigrazione sono distaccati nostri ufficiali. Appena assunto il comando generale ho incontrato i direttori delle agenzie Emsa, Imo, Frontex, e tutti hanno espresso una considerazione straordinaria per l’Italia grazie al nostro personale che si distingue per passione, competenza, professionalità.

D. Quali le priorità del suo mandato?
R. Consolidare la presenza italiana in Europa sviluppando i rapporti con organizzazioni omologhe. Questo ci dovrebbe portare ad avere nostri ufficiali distaccati presso i consolati marittimi, che hanno all’estero la stessa funzione delle Capitanerie di porto. Il console ha necessità di un esperto marittimo. È un obiettivo che ci siamo posti e che speriamo di realizzare in breve. Il secondo obiettivo è avere una legge di riordino, per fare chiarezza su norme e leggi stratificatesi nel tempo, dare un riassetto complessivo, apportare modifiche necessarie a rendere il Corpo sempre più efficiente. Un provvedimento urgente sarebbe la separazione della figura del comandante del porto da quella del direttore marittimo, che oggi è insieme responsabile della regione e del porto.

D. Per quali scopi?
R. Gli permetterebbe di dedicarsi ad attività di coordinamento, impulso, controllo per rispondere e corrispondere meglio alle esigenze degli enti locali. La legge Bassanini ha trasferito alle Regioni nuove competenze, ad esempio in materia di demanio marittimo, e anche se siamo e rimaniamo Corpo dello Stato, gli enti locali che hanno competenza marittima possono trovare in noi degli esperti. Se direttore marittimo e capitano del porto sono la stessa persona, c’è un aggravio di compiti e forse anche conflitti di interessi. Un altro impegno riguarda il rinnovamento della componente aerea del Corpo, essenziale per una moderna Guardia Costiera. Ad agosto saranno vent’anni da quando questa attività è completamente gestita da noi. Oggi abbiamo circa 300 persone, tra piloti, ufficiali tecnici, operatori di volo, nelle tre basi di Catania, Sarzana e Pescara. Ora si tratta di rinnovare la flotta e arriveranno i nuovi ATR42. I mezzi navali sono stati adeguati alle accresciute esigenze di servizio e hanno un’età media di circa 10 anni. Un tempo avevamo solo mezzi navali minori, ora anche di altura.

D. Perché il ruolo della Guardia Costiera è poco conosciuto?
R. Per far emergere le nostre molteplici attività il mio predecessore ha disposto la pubblicazione, lo scorso anno, del Libro delle Capitanerie di Porto e ogni anno compiamo un sondaggio sui rapporti del cittadino con i nostri uffici. Rapporti testimoniati dal numero di contatti con il nostro sito internet, 657mila nel 2006, quasi un milione nel 2007. Le mail sono cresciute del 13 per cento nel 2007, abbiamo incrementato lo sforzo comunicativo, come dimostrano i notiziari radio e tv e i programmi dedicati al mare. Quello che ancora manca è un’adeguata cultura del mare. Sono ancora troppi coloro che vanno in mare senza una conoscenza sufficiente. Le richieste di soccorso sono moltissime. Chiediamo l’aiuto dei media perché del mare non si parli solo nel mese di agosto. Per ora siamo ancora un popolo che va al mare, non in mare.

Tags: forze armate Marina Militare Capitanerie di Porto - Guardia Costiera Febbraio 2008

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