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ROSSELLA PALIOTTO: NAPOLI E CAMPANIA, DAI GIOVANI SI ATTENDE IL RILANCIO

Rossella Paliotto

Laureata con lode in Economia aziendale e specializzata in Finanza e Controllo di gestione nell’università Federico II di Napoli, moglie di un imprenditore operante nel settore delle alte tecnologie e dei microchips intelligenti, Rossella Paliotto è il prototipo della donna moderna che vuole conquistare il proprio ruolo con la capacità operativa e l’impegno nel lavoro, anziché ottenerlo grazie a quote rosse o rosa. Contraria alle aggregazioni al femminile, è convinta che una donna, come un uomo, quando vale riesca a farsi strada. Dal 2002 è amministratore delegato del gruppo industriale AET, un’impresa assolutamente maschile per il tipo di attività che svolge; lo è diventata dopo aver fatto, racconta quasi con allegria, «una lunga gavetta, mentre studiavo all’università: dall’elaborazione delle buste paga dei dipendenti alle pratiche dell’amministrazione, ai rapporti con la burocrazia, affrontando anche tutte le competenze del settore commerciale e dei vari ambiti aziendali, fino ad arrivare all’onore di rappresentare la società e di esercitare leadership e valori al femminile che hanno l’obbligo di misurarsi con valori al maschile».

Secondo un facile luogo comune, sembrerebbe di origini lombarde anche per le capacità di analisi e di sintesi, di soluzione dei problemi e di organizzazione autonoma del proprio lavoro; ma anche napoletana per il carattere estroverso. È in effetti nata a Salerno, «la città originaria della mia famiglia di parte materna; ma mio nonno è stato anche provveditore agli studi di Milano. Era una grande famiglia perché mia nonna ha avuto undici figli, mettendone al mondo uno in ogni regione in cui mio nonno veniva trasferito, spostando ogni volta tutta la ciurma e aumentandola di numero». I trasferimenti si conclusero con il ritorno a Salerno quando il girovago e prolifico nonno fu nominato preside del Liceo classico Torquato Tasso. «Così ci siamo radicati in Campania, sia come residenza sia come attività dell’azienda. I miei nonni materni sono calabresi puri, e questa è una causa del carattere testardo e tenace che viene fuori in maniera decisa soprattutto nel ramo femminile della famiglia. È una trasmissione genetica di cui io sono molto fiera».

L’AET nasce nel 1964 e si sviluppa nel settore metalmeccanico con la produzione di tralicci per la distribuzione dell’energia elettrica. Nel corso degli anni subisce numerose trasformazioni espandendosi nel mercato, e oggi è presente nell’intero territorio nazionale in vari settori, dal ferroviario al manifatturiero, dai servizi all’edilizia, dal turismo al tempo libero e alla gestione dei parcheggi. Attualmente le due capogruppo - alle quali fanno capo direttamente o indirettamente una ventina di società impegnate anche nell’alta tecnologia, nella ricerca, nell’innovazione, nella tutela dell’ambiente, nei beni culturali e nell’alta formazione -, sono la AET srl e la AET Immobiliare spa, di cui è presidente il fratello di Rossella, l’architetto Umberto Paliotto.
Principale attività dell’AET sono le tecnologie ferroviarie in cui opera in partnership con l’Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari, ed è attualmente impegnata in una serie di tratte ferroviarie in costruzione per la Metro Campania Nord-Est, nel potenziamento e nell’ammodernamento della ferrovia Circumvesuviana, nella ricostruzione della Ferrovia Alifana che si sviluppa da Napoli a Piedimonte d’Alife per una lunghezza di oltre 70 chilometri; è già ultimata la tratta che da Piscinola arriva a Giugliano e si sta completando quella per Aversa-Centro, che dovrà congiungersi con l’aeroporto di Capodichino.

Nel campo dei trasporti urbani su ferro l’AET sta eseguendo l’armamento della linea 6 della ferrovia metropolitana di Napoli e della linea tranviaria che da Piazza Nazionale prosegue verso Via Stadera. Nel campo manifatturiero produce cassette di sezionamento e di derivazione per linee elettriche e telefoniche, quadri elettrici di bassa e media tensione, armadi stradali, manufatti stampati in materiali termoplastici o termoindurenti per la distribuzione di energia elettrica, per le telecomunicazioni e per l’elettronica, sezionatori elettrici per media tensione, interruttori-sezionatori con relativi quadri di comando e distribuzione. In attuazione della politica del Gruppo, la società opera in regime di qualità secondo le norme ISO 9001.
L’AET Immobiliare spa opera invece nel settore dell’edilizia, in quello turistico e alberghiero e, con altre piccole società, nella costruzione di prefabbricati e nei parcheggi a raso. Negli ultimi due anni la capogruppo AET ha fatturato circa 40 milioni di euro. Per una scelta molto precisa le società satelliti hanno ognuna il proprio fatturato e una definizione giuridica indipendente, e non è stato mai elaborato un bilancio consolidato di gruppo. Tra le capogruppo e le partecipate impiegano un centinaio di dipendenti, tutti diplomati e laureati, prevalentemente ingegneri, in gran parte giovani e di alto livello, soprattutto per la progettazione e la gestione delle commesse.

«I dipendenti non sono molti perché in le nostre lavorazioni sono in gran parte estremamente automatiche e meccanizzate–spiega Rossella Paliotto–. Per esempio, quando parliamo di prodotti elettromeccanici, per lo stampaggio in vetroresina le grandi presse lavorano 24 ore su 24, ma ognuna ha bisogno di una sola persona per turno. Non sono lavorazioni complesse e intensive, non richiedono molti addetti. Nell’attività elettromeccanica le società minori si avvalgono di manodopera diretta e di un indotto di circa 50 persone».
L’attività di Rossella Paliotto non si esaurisce nella carica al vertice della capogruppo. È consigliere di amministrazione dell’AET Immobiliare, del consorzio Ascosa 4 e di altre società. Presidente dei Giovani Imprenditori della Confindustria di Napoli dal 2003 al 2005, successivamente è stata vicepresidente dell’associazione senior.

È stata responsabile del comitato «Competence for international business» del gruppo giovani della Confindustria nazionale. Ha fondato l’associazione «Napoli punto e a capo», molto in vista e conosciuta nella zona, che fa parte di Cittadinanza Attiva; un’iniziativa molto dinamica localmente, che le ha permesso di occuparsi dei problemi della collettività e di ritagliarsi una notevole visibilità e di continuare in qualche modo a fare politica. «Lavoriamo molto anche in Puglia, a Lecce abbiamo la sede dell’azienda di prodotti elettromeccanici e svolgiamo anche un’attività di edilizia di livello medio-alto, rivolta al mercato privato, non al settore pubblico. Abbiamo in attività diversi cantieri», aggiunge.

Domanda. Oltre a risiedervi, lei opera anche nel Mezzogiorno. Come valuta la situazione economica di questa parte del Paese che non riesce a svilupparsi, a crescere, a raggiungere il livello delle altre aree del Centro-Nord?
Risposta. È una domanda da cento punti, alla quale sono state dedicate intere biblioteche. Parto da una considerazione molto elementare. Purtroppo oggi siamo in presenza di due Italie, definite dagli indicatori di sviluppo economico. A sud di Roma gli indicatori sono negativi, a nord sono positivi, ed hanno una ben diversa rilevanza. Questa è la premessa di carattere generale. Posso essere più precisa per la mia regione, la Campania, come pure posso fare un raffronto con la Puglia, perché vi operiamo con uno stabilimento e abbiamo la sede legale a Lecce. Abbiamo deciso questa localizzazione perché il rapporto con le Amministrazioni locali pugliesi è disteso, proficuo, diretto e veloce. Pertanto posso dare questa prima risposta alla domanda: la burocrazia delle Pubbliche Amministrazioni determina spesso l’efficienza o l’inefficienza delle imprese che operano nei loro territori. Da questo punto di vista la Puglia può definirsi una regione poco meridionale.

D. È dovuto a questa condizione l’insediamento a Lecce?
R. È nato dalla scelta, fatta tanti anni fa, di una casa al mare, a Castromarina, e all’amicizia con un commercialista di Lecce che convinse mia madre ad acquistare una fabbrica di bidoni di lamiera per l’olio. Da questo l’amore per il Salento, una terra bellissima, e per la sua gente. Poi è venuta l’idea di insediarci nella regione e dall’olio siamo passati all’elettromeccanica, a una vecchia ma bellissima cava di tufo della società Verdalia che abbiamo recuperato e destinato all’ospitalità e al tempo libero, ai cantieri per l’edilizia e ad altre attività. Quest’anno, per esempio, in Puglia investiremo nel settore fotovoltaico. Lo spirito di iniziativa e la volontà di avviare nuove imprese non ci mancano e i rapporti con una burocrazia efficiente ci aiutano. Nelle regioni meridionali l’inefficienza è diffusa perché ai dipendenti della Pubblica Amministrazione non si chiede mai di dare conto del loro operato, come si fa in un’azienda privata. Non esiste una meritocrazia che spinge i migliori ad andare avanti, pertanto la Pubblica Amministrazione ritiene di essere esente dal dovere dell’operatività.

D. La Pubblica Amministrazione è tuttora il principale datore di lavoro nel Sud?
R. Purtroppo sì, ma oltreché nel settore pubblico, questo avviene anche nel mondo delle imprese. Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, in Campania il 70 per cento delle imprese presenti vivono con commesse della Pubblica Amministrazione. Questo rende evidente quanto siano strette le connessioni con la politica, e quanto da queste connessioni dipenda la vita o la morte di una serie di soggetti economici. Questa mancanza di autonomia e di vocazione al mercato crea, nella maggior parte delle aziende, una dipendenza che alla fine diventa asfissiante e non produttiva di crescita.

D. Vede, nelle nuove generazioni, un cambiamento di mentalità in queste aree, o i giovani continuano a cercare il posto in qualche ufficio pubblico che assicuri comunque uno stipendio, anziché un lavoro nel settore privato che richiede più impegno e capacità?
R. Le nuove generazioni oggi non sono ancora scese in campo. Se dovessi parlare solo dei giovani imprenditori della Confindustria, il quadro sarebbe chiarissimo, ma essi costituiscono un campione ridotto rispetto al totale. I giovani cervelli del Meridione sono la ricchezza del Paese, perché dal Sud sono sempre venute le migliori intelligenze che hanno operato nel Nord. Non hanno però ancora assunto la consapevolezza di quanto sia devastante porre la loro intelligenza e la loro formazione al servizio di territori che non sono i propri. Per le regioni meridionali questo significa perdere il futuro, per cui è assolutamente necessaria un’inversione di tendenza. Gli imprenditori devono creare sviluppo, i politici devono essere al servizio della comunità, e devono formarsi le condizioni per trattenere i giovani nel Meridione affinché possano dare i migliori risultati nella loro terra.

D. Che cosa occorre fare perché tutto questo accada?
R. Occorre un ricambio generazionale complessivo e totale a tutti i livelli, dalle associazioni di categoria ai sindacati, ai politici. Chi desidera svolgere un ruolo di guida deve dare una spinta al rilancio di questi temi anche se sono scomodi perché, quando si assume una posizione, si provocano contrasti e si guadagnano inimicizie. Se il presidente di un’associazione, di un sindacato, di un’organizzazione, se la sente di diventare controparte dei politici - di sinistra, di destra o di centro che siano - in maniera propositiva, per stimolarli a fare meglio, ben venga, ma è difficile trovare chi si candida a questo ruolo. Nell’ambito di «Napoli Punto e a Capo» noi abbiamo avviato molte iniziative con il motto delle tre «P», ossia «Partiamo dalla Proposta, proseguiamo con la Partecipazione, se non abbiamo risposte passiamo alla Protesta».

D. Che cosa avete fatto in particolare?
R. In questi anni abbiamo sottoposto moltissimi progetti alla istituzioni, convinti che l’ascolto da parte loro non costituisca una concessione ma un dovere. Ma non rispondono, perché non vogliono sedersi intorno a un tavolo, discutere, confrontare le proposte, decidere. Abbiamo registrato un’assoluta mancanza di risposta. I risultati di questo si vedono. Con l’ Associazione abbiamo impegnato battaglie con le Regioni meridionali e con lo stesso Governo su quattro argomenti: fiscalità, aree urbane, innovazione, infrastrutture. Manca il tavolo principale sulla cultura della legalità e la sicurezza, che costituisce la precondizione essenziale allo sviluppo. Abbiamo spinto in tutte le sedi affinché i «governatori» meridionali proponessero al Governo la creazione di questo tavolo di precondizioni. Silenzio. Un altro caso nella Regione Campania è rappresentato dalle consulenze d’oro.

D. Di che cosa si tratta?
R. Lo scorso settembre, con gli appartenenti a «Napoli Punto e a Capo» abbiamo accerchiato la sede della Regione Campania perché la Giunta aveva deciso di affidare tutta la gestione del Piano di sviluppo economico regionale 2007-2013 a consulenti esterni, da scegliere con compensi di vari milioni di euro nel pieno di agosto, con il pretesto dell’urgenza; alla fine di gennaio 2008 la gara non era stata ancora assegnata. Oltre a questo, affidare all’esterno la gestione tecnica del Piano significa non solo non utilizzare il personale della Regione che conta ben 7.500 tra collaboratori, quadri, dirigenti e impiegati, ma anche delegare ad altri la responsabilità politica dell’attuazione del Piano.

D. Con quali fondi è finanziato?
R. I Piani regionali si avvalgono dei fondi dell’Agenda europea, assegnati dall’Unione Europea in base a parametri di sviluppo significativi, misurabili e traducibili in risultati economici positivi. Le risorse finanziarie europee devono essere spese in pochi ma grandi progetti concreti, non possono essere dispersi a pioggia come si è fatto finora, solo per ottenere consenso politico. Con l’Agenda 2007-2013 arriverà nel Meridione una valanga di euro, ben 15 miliardi, per cui è necessario e urgente definire gli strumenti per controllare la spesa al fine di non ripetere quanto è avvenuto con l’Agenda 2000-2006.

D. Che cosa è avvenuto?
R. La dispersione dei fondi, con il risultato che tutti i parametri economici delle regioni meridionali, e della Campania in particolare, sono rimasti negativi, non hanno registrato alcun vantaggio, bensì minore occupazione, minor reddito, minore tutto, malgrado l’assegnazione e la spesa di circa 9 miliardi di euro. Non abbiamo infrastrutture, abbiamo una mala-burocrazia, un cattivo governo, non c’è sviluppo, non si vede come proiettare il Meridione nel futuro, in quali direzioni possa crescere e svilupparsi. È cresciuta soltanto, e di molto, l’immondizia nelle strade. Quando si dice che il Meridione deve diventare il centro dei traffici tra l’Europa e il Mediterraneo, l’area di passaggio per i mercati asiatici, si dimentica che vanno create infrastrutture e connessioni fra aziende operanti nella logistica, va formato personale qualificato per le relazioni con l’estero, vanno compiuti tanti interventi, dalla formazione allo sviluppo imprenditoriale, alla messa in rete. Sono scelte politiche precise. Ma non possono essere i singoli imprenditori a farlo.

D. Ma il Sud non è sempre vissuto anche di turismo?
R. Sarebbe tuttora molto utile, ma è un altro grande settore abbandonato. Stiamo seduti sul petrolio, ma teniamo i pozzi chiusi con un tappo. Le persone sono poco consapevoli del danno che hanno ricevuto da leader incapaci. È un problema nazionale, ma è più grave nelle regioni meridionali. La mia speranza è che si risveglino e vogliano essere protagonisti del futuro.

 

Il mondo industriale, artistico e culturale del Gruppo Paliotto

Inaugurato lo scorso gennaio in via Martucci 48 a Napoli alla presenza del ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione Luigi Nicolais, il Plart è il primo e unico centro d’eccellenza in Italia nel quale si fondono plastica, arte, ricerca e tecnologia. Dotata di una superficie di mille metri quadrati, la società, che tramite l’AET fa capo al Gruppo Paliotto, è nata da un’idea di Maria Pia Incutti, madre di Rossella Paliotto, imprenditrice, collezionista d’arte e amministratore del centro stesso, che ha unito cultura d’impresa, passione per l’arte e per il collezionismo di oggetti e opere d’arte in plastica.
Dedicato alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica per il recupero, il restauro e la conservazione delle opere d’arte e di design in materiale sintetico, il Plart è insieme laboratorio di ricerca e restauro, sede di eventi, centro per la formazione, esposizione permanente di plastiche storiche provenienti dalla collezione della stessa Maria Pia Incutti. Collabora con Università e centri di ricerca ed è un punto di aggregazione per mostre d’arte, convegni, laboratori creativi. Responsabile delle attività scientifiche è Maurizio Avella, ricercatore dell’Istituto di Chimica dei polimeri del Cnr.
Progettista della struttura espositiva è l’architetto Cecilia Cecchini, professore dell’università Sapienza di Roma. Uno spazio è dedicato, a rotazione, agli oggetti più significativi della collezione. Costruita in 30 anni grazie al paziente lavoro di ricerca di Maria Pia Incutti con l’assistenza dell’architetto Nunzio Vitale, la collezione racconta la storia della plastica e l’evoluzione degli usi da fine Ottocento agli anni Settanta, l’eterogeneità e la versatilità di questi materiali, dalla bakelite alla celluloide, alla resina, al poliuretano.
Si tratta di una raccolta di oltre 1.500 pezzi costituita da oggetti di design anonimo - penne, bambole, scatole, lampade - e da opere di designer e artisti come Piero Gilardi, Gaetano Pesce, Franco Mello, Guido Drocco, Tony Cragg ecc. Dalla collezione è nata l’esigenza di musei, collezionisti, operatori del mondo artistico, di approfondire la ricerca sui metodi di recupero e restauro di manufatti di pregio che il tempo deteriora. Alla collezione fu dedicata nel 1990 la mostra «In Plastica» nel Museo Pignatelli Cortes di Napoli; nel 1991 fu esposta al Grand Palais di Parigi e alla mostra di design di S.Etienne; nel 2002 a quella della Fondazione Armando Alvares Penteado a San Paolo del Brasile.

 

Tags: giovani Napoli Febbraio 2008

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