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ISTITUTO SVIZZERO, LA PICCOLA SVIZZERA CHE PULSA NEL CENTRO DI ROMA

Nato nel 1853 a Lugano, terzo di dieci figli, dopo aver girato per il mondo e lavorato in varie città europee, alla fine dell’Ottocento l’imprenditore ticinese Emilio Maraini notò che in Italia mancava una produzione indigena di zucchero e che il paese dipendeva dall’importazione. Acquistò quindi un’azienda a Rieti dove rimase per alcuni anni, avviando a trent’anni circa la produzione di zucchero da barbabietola e risultando di fatto l’iniziatore dell’industria saccarifera italiana. Una famiglia illustre quella dei Maraini: oltre ad essere il finanziatore di Giuseppe Garibaldi, suo cugino Clemente Maraini figurava tra i soci fondatori della Banca Svizzera Italiana e, ingegnere specializzato nella costruzione di gallerie ferroviarie, partecipò anche alla costruzione del tunnel del Gottardo; aveva un figlio, Clemente jr., che insieme ad Emilio entrò a far parte del Parlamento. Più noti ai giorni nostri i Maraini discendenti da Antonio, come il figlio Fosco e la figlia di Fosco, Dacia. Tornando al secolo scorso, Emilio dovendo soggiornare spesso a Roma decise di trasferirvisi e, per sé e per sua moglie Carolina Sommaruga, acquistò una parcella trascurata della villa Ludovisi che, dopo l’Unità d’Italia, era stata lottizzata per il grande bisogno di terreni edificabili; tra il 1903 e il 1905 vi fece costruire una bellissima villa dal fratello architetto Otto che poco distante in via Veneto progettò anche l’hotel Excelsior. Forse l’imprenditore di Lugano, diventato molto ricco, si era voluto inserire nel mondo aristocratico romano erigendo un edificio somigliante alla Galleria Borghese, dotato di una torre che, dopo la cupola di San Pietro, è il punto più alto di Roma, con una vista a 360 gradi su tutta la città. Emilio, cavaliere dell’ordine al merito del Lavoro, morì nel 1916, durante la prima guerra mondiale; sua moglie la contessa Carolina visse invece fino al 1959 ma nel 1946 offrì la propria villa alla Confederazione elvetica per crearvi l’Istituto Svizzero di Roma. Dopo una breve riflessione sui costi per la manutenzione di una struttura così splendida, il consiglio federale accettò il dono; era un’impresa nuova, all’epoca la Svizzera non possedeva nessuna sede del genere all’estero. Nel 1947 fu costituita una fondazione di diritto privato e dal 1948 Villa Maraini ne divenne la sede ufficiale che ospitò giovani borsisti secondo le intenzione della proprietaria di farne un luogo di scambio tra l’Italia e la Svizzera e di dare la possibilità a giovani svizzeri, ricercatori e artisti, di soggiornare a Roma per formarsi nella cultura classica.
Ogni anno l’Istituto Svizzero ne ospita dodici, sei artisti e sei ricercatori, operanti in tutti gli ambiti; è essenziale che abbiano meno di 40 anni e che i loro progetti, che spesso costituiscono le tesi di dottorato oppure l’abilitazione, cioè il secondo titolo dopo il dottorato, siano legati sia a Roma sia all’Italia e al bacino mediterraneo. All’inizio gli spazi della villa erano destinati soprattutto ai giovani; nel 2004 però l’Istituto è stato rilanciato e gli è stata conferita una nuova impostazione perché in quel momento era diffusa la sensazione che l’Istituto non fosse abbastanza presente nella realtà romana. Illustra l’attuale attività dell’Istituto Svizzero il suo direttore Christoph Riedweg. Inviato dall’università di Zurigo dove insegna Letteratura greca, a Roma con un mandato di 4 anni prossimo alla scadenza, Riedweg si è sentito chiedere di prolungare fino al gennaio 2012 la permanenza nella capitale italiana ed ha accettato.

Domanda. In che consiste il rilancio?
Risposta. Si sentiva il bisogno di inserire l’Istituto nella mappa degli avvenimenti di questa città, dove esiste una concentrazione di istituti di cultura che non ha paragoni; nessuna città del mondo ha una presenza così alta di essi. I tedeschi ve ne hanno 5; i francesi 2, Villa Medici ed École française; gli americani hanno una grande struttura sul Gianicolo; la Finlandia ha Villa Lante ecc. L’intenzione del Consiglio della Fondazione era quella di porre l’Istituto Svizzero definitivamente nella mappa di Roma; per questo si è varata una nuova impostazione che ha dato frutti. Per esempio, nell’anno appena trascorso abbiamo organizzato 64 eventi di alto livello tra Roma, Milano e Venezia, con un’affluenza complessiva tra le 16 mila e le 17 mila persone giunte nelle tre sedi; a Roma circa 8 mila.

D. In che cosa è consistita la nuova impostazione?
R. La Pro Helvetia, fondazione svizzera per la cultura, nel 1997 fissò a Milano il centro delle proprie attività in Italia; forse i suoi membri non conoscevano l’Istituto Svizzero, che all’epoca era poco noto. Comunque nel 2004 la Pro Helvetia è diventata partner dell’Istituto Svizzero, quindi anche per essa il centro è ora Roma, mentre la sede di Milano è diventata una nostra succursale. Abbiamo anche un’altra sede a Venezia, dove in passato la Confederazione aveva un Consolato al quale poi è stata attribuita un’importanza minore; ora esso è un Consolato onorario, avendo sempre sede nel Palazzo Trevisan, un edificio prestigioso ma più piccolo, che è nello stesso tempo una sede culturale nella quale organizziamo numerosi eventi.

D. Che cosa vi caratterizza?
B. La convivenza tra l’arte e la scienza. Infatti non abbiamo solo la Pro Helvetia; nella nuova impostazione è entrato anche il Segretariato di Stato per l’Educazione e la Ricerca, che equivale al Ministero per l’Università e l’Istruzione superiore, due poli molto significativi. Dal 2005 abbiamo una programmazione regolare nell’ambito delle arti e delle scienze, sempre nell’intenzione di mettere a confronto le realtà svizzere e quelle italiane in un luogo di incontro e di scambio stimolante tra le due culture e realtà.

D. Quali conclusioni ha tratto dal confronto tra la Svizzera e l’Italia?
R. Vi sono tanti aspetti simili, per esempio il fatto che i due popoli devono mettere sempre al centro il gusto per la qualità, il desiderio di produrla e la necessità di avere sempre ottimi interlocutori per quello che fanno. Quanto alle differenze, è difficile indicarle perché ogni Paese presenta vantaggi e svantaggi. È diffuso il cliché di una Svizzera rigida e nella quale tutto funziona meglio; a volte è vero, soprattutto nell’ambito della Pubblica Amministrazione che in Italia può essere lenta, ma anche qui tante cose funzionano bene; mi colpisce, per esempio, la qualità degli artigiani italiani dotati di altissima competenza. Non posso dire, allora, che esista una grande differenza di fondo. Evidentemente qui c’è il carattere mediterraneo - sogno di ogni svizzero -, e questo distingue anche Roma.

D. Quali considera i punti neri di questa città?
R. Il problema maggiore è il traffico; scarseggiano i mezzi di trasporto pubblico, che in Svizzera sono sufficienti e di altissimo livello, per cui si usano meno le auto. A Roma occorrerebbe una decisa volontà politica di cambiare, anche nel settore ambientale. Considerati i problemi che sta incontrando il mondo della finanza, un programma di investimenti in mezzi pubblici creerebbe posti di lavoro e la città compirebbe un consistente salto. Una politica lungimirante avvierebbe progetti diretti a migliorare l’ambiente e la qualità della vita; se alle persone si mettono a disposizione i mezzi necessari, e questo a costi contenuti, esse si educano automaticamente. Ma è essenziale la volontà politica di cambiare. Roma lo meriterebbe perché è troppo bella, non c’è forse altra città dalla quale l’occhio riceva tanto.

D. La presenza contemporanea di ricercatori e artisti è dovuta al nuovo corso intrapreso?
R. C’è stata sempre la convivenza tra questi due settori, e ha ben funzionato durante gli anni. Preparando la festa dei 60 anni nel luglio 2008, ho esaminato l’elenco dei borsisti del passato e devo dire che è impressionante: più di metà sono diventati professori, non solo in Università svizzere ma anche in Germania, Italia e altrove. Lo stesso per gli artisti; vi figurano scrittori di altissima fama come Paul Nizon, che ora vive a Parigi, o artisti di spicco in altri campi, che vi sono stati per un anno, e molti di essi sostengono che Roma sia stato il luogo della loro nascita artistica. Nei rapporti annuali la convivenza di ricercatori e artisti viene spesso evidenziata come un’esperienza particolarmente arricchente e stimolante. Lo scopo dell’Istituto è di unire Italia e Svizzera in uno scambio di cultura. Ospitiamo mostre, convegni e altre attività, siamo aperti a vari tipi di attività, organizziamo presentazioni di libri, lezioni magistrali e altre iniziative. Ora abbiamo un nuovo responsabile artistico siciliano, Salvatore Lacagnina, che allestirà mostre di arti visive ma anche concerti di musica contemporanea, classica e jazz.

D. Come unite arte e scienza?
R. In vari modi. Una volta le abbiamo poste a confronto per la giornata «Il processo creativo: arte & scienza a confronto»; hanno partecipato un ornitologo, un biochimico e un Premio Nobel per la Medicina, ma anche artisti di spicco tra cui Mario Botta. Per le scienze Roma invita innanzitutto gli studi umanistici che di natura sono vicinissimi all’arte. È la sede privilegiata di storia dell’arte, archeologia, filologia classica, filosofia, musicologia, e in questi camp vi sono ottimi interlocutori tra i colleghi italiani, con i quali collaboriamo regolarmente.

D. Quali progetti per il futuro?
R. Nel 2009 realizzeremo una serie di mostre a Milano, Venezia, Roma - la Sala Elvetica romana si presta particolarmente allo svolgimento di tali attività -, ma anche letture, concerti, convegni nell’ambito della storia dell’arte, e altri progetti, come «Darwin e le emozioni» oppure «E-health nella psichiatria e psicoterapia».

D. Chi sono i finanziatori e sostenitori?
R. Il Segretariato di Stato per la Ricerca e l’Educazione, carica ricoperta ora da Mauro Dell’Ambrogio; la Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, e in parte l’Ufficio Federale della cultura; sponsor privato è la Banca della Svizzera Italiana del Gruppo Generali. Tutti versano un contributo annuale; un quinto partner è l’Ufficio Federale della Logistica e delle Costruzioni che cura la manutenzione dell’edificio. A Milano abbiamo altri partners; abbiamo stretto una convenzione con il Canton Ticino, con il Comune di Lugano e con l’Università della Svizzera italiana, che contribuiscono alle spese ma possono anche usare la sede per le loro manifestazioni.

D. Da quando è direttore?
R. Sono arrivato a Roma nel 2005, e c’era tanto da fare per avere una struttura valida: mancava per esempio un sito Internet, mezzo indispensabile per la comunicazione. L’impegno è stato tale che ho potuto dedicarmi solo durante le vacanze alle mie ricerche sul mondo intellettuale nell’Impero romano e in particolare sull’imperatore Giuliano, molto attuale oggi perché protagonista di un antico «clash of civilizations», nel quale i cristiani erano considerati un po’ come i musulmani oggi e lo scontro di culture era molto acceso. Un altro progetto sostenuto dal Fondo Nazionale Svizzero che sto realizzando con due colleghi in Germania è una nuova storia della filosofia dei tempi imperiali e della tarda antichità, comprendente la filosofia pagana, ebraica, ellenistica e cristiana. Un libro di 1.400 pagine con 30 collaboratori di varie nazionalità.

Tags: cultura Giosetta Ciuffa Svizzera via Veneto Gennaio 2009

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