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GIUSEPPE SMERIGLIO: ROMA-FIUMICINO, COSÌ NASCE IL NUOVO INTERPORTO

Su Wikipedia, alla parola «interporto» si legge la definizione: «Il tentativo di raggruppare in un’unica entità alcune realtà nel mondo del trasporto delle merci: il trasporto internazionale via camion, il trasporto ferroviario, le autorità doganali e la distribuzione nazionale delle merci». Prosegue la «Bibbia di internet»: «A questo scopo, normalmente nella periferie delle grandi città, sono sorti dei quartieri adibiti all’interscambio delle merci, provvisti di terminal ferroviari sia per le merci normali che per i trasporti intermodali; di magazzini per le merci sia refrigerate che normali destinate a una semplice consegna nelle città prossime; di uffici e magazzini doganali».

Se si sta atterrando nell’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma e, poco prima che le ruote tocchino la pista, si volge lo sguardo verso sinistra, si vede un enorme cantiere dal quale emerge, ogni giorno più alto e più nitido, lo scheletro di un capannone di 63 mila metri quadrati, non lontano dal luogo in cui si trova la nuova Fiera di Roma. Quel capannone, che sarà ultimato entro fine anno per essere operativo nel gennaio 2008, è la prima concretizzazione dell’Interporto di Roma Fiumicino. Ovvero di un’idea imprenditoriale concepita nel 1999 da un gruppo di 70 aziende in gran parte aderenti ad Alas-Confetra, associazione laziale della Confederazione nazionale delle aziende di trasporto merci, e ad Assdor-Anasped, Federazione nazionale degli spedizionieri doganali.

Le due organizzazioni costituirono il Consorzio Interporto Roma-Fiumicino spa: una società, si legge nei documenti ufficiali, avente per oggetto «tutte le operazioni immobiliari e finanziarie» necessarie alla «progettazione e costruzione di un insieme di opere e di infrastrutture che consentano, secondo il criterio dell’integrazione fra i vari modi di trasporto, la ricezione delle merci e facilitino le operazioni di custodia, smistamento e coinvolgimento delle merci stesse».

Si era nel pieno di un dibattito politico-culturale sul ruolo e sull’importanza della logistica per un’economia avanzata, e sulle straordinarie opportunità che questa avrebbe potuto riservare all’Italia, protesa sul Mediterraneo e ideale punto di unione fra i traffici degli emergenti Paesi dell’Est e della vecchia Europa. Da quel dibattito prese vita l’idea di dar vita a un interporto di Roma, necessario a una logistica efficiente comparabile a quelle di altri Paesi europei e di alcune aree d’Italia come il quadrilatero Padova-Verona-Parma-Bologna, Nola e Marcianise, Catania.

L’idea si è trasformata nel 2002 in progetto esecutivo, poi in un suggestivo plastico; tutto questo processo ha determinato una forte accelerazione in termini di esecutività operativa culminata nel settembre del 2005 nella costituita Interporto Romano s.p.a., emanazione del Consorzio Interporto Roma-Fiumicino, al quale soggetto imprenditoriale è stato conferito il ramo d’azienda addetto alla realizzazione della piattaforma logistica dell’interporto. Il superamento di non pochi ostacoli burocratici tra cui la natura archeologica dell’area, ha dato il via libera all’apertura di numerosi cantieri per la costruzione dei primi capannoni industriali.

Caratteristiche, finalità e benefici attesi del costruendo interporto di Roma-Fiumicino vengono illustrati in questa intervista dal neo presidente di Interporto Romano Giuseppe Smeriglio, uno dei protagonisti, da vent’anni, del dibattito sulla logistica italiana cui egli ha partecipato con posizioni di grande responsabilità operativa unite all’impegno in ambito associativo e istituzionale: amministratore delegato di TNT Global Express, presidente di Federcorrieri, vicepresidente e poi presidente Confetra, direttore generale di Trenitalia Logistica.

Anche nella carica di presidente dell’Interporto Romano conferitagli nello scorso febbraio Smeriglio si batte per la creazione di un sistema di trasporti finalmente competitivo: «All’inizio degli anni 2000 sostenevamo che per fare dell’Italia il molo delle merci in transito da e per l’Europa occorrevano un’organizzazione del trasporto su gomma efficiente, un riequilibrio del traffico a beneficio della ferrovia e una serie di infrastrutture. Il tutto inquadrato in una visione di sistema che definisse compiti e prospettive delle varie modalità di trasporto e il ruolo dei vari operatori–afferma–. Nella mia vita lavorativa mi sono misurato con ciascuno di questi aspetti; non ho trovato quella visione complessiva la cui mancanza ha tatto perdere molte occasioni al Paese. Ma mi sono reso conto dell’esistenza di esperienze imprenditoriali capaci di superare la frammentazione e di soddisfare il bisogno di una logistica moderna».

Quello che oggi soprattutto manca, continua Smeriglio, sono le infrastrutture: «Il settore pubblico da solo ha risorse finanziarie sufficienti per realizzare le opere di maggior rilievo, come ad esempio l’alta velocità, che costituiscono la spina dorsale dei trasporti nel Paese. Per le opere minori, ma ugualmente importanti, il compito non può non spettare a quei privati che hanno la forza e la volontà di investire nella loro costruzione nonostante tutte le difficoltà che ciò comporta in Italia. Una di queste iniziative, la più importante avviata in Italia da operatori privati nella logistica, è costituita proprio dal nuovo Interporto di Roma-Fiumicino».

Domanda. Che cosa intende diventare in futuro questa nuova infrastruttura?

Risposta. Il punto di smistamento finale delle merci per il territorio della capitale e del Lazio tenendo presenti le opportunità di connessione che potranno crearsi con altre strutture tanto regionali quanto nazionali e internazionali. Mi riferisco in primo luogo al porto di Civitavecchia, che si sta rapidamente sviluppando e per il quale l’Interporto di Roma-Fiumicino potrà costituire un terminale essenziale.

D. Quali sono le caratteristiche principali dell’interporto?

R. La struttura occuperà una superficie complessiva di 160 ettari suddivisa in sei zone così distinte: una piattaforma logistica; un polo ferroviario; un centro servizi; un’area per lo svolgimento di attività artigianali; un’area verde; un’area di rispetto archeologico dedicata ai rinvenimenti effettuati nel corso dei lavori di costruzione.

D. La piattaforma logistica sarà il «cuore» della struttura?

R. Con i suoi 715 mila metri quadrati, pari a quasi la metà della superficie totale, la piattaforma logistica sarà l’area adibita al trasporto, alla movimentazione e alla gestione delle merci in arrivo, in giacenza e in partenza. In essa troveranno sede i magazzini, per un totale di 320 mila metri quadrati di cui 20 mila saranno gli uffici di loro pertinenza; i parcheggi pubblici su 65 mila metri quadrati e quelli privati su 9 mila; i piazzali di manovra e le strade interne per una superficie complessiva di 270 mila metri quadrati; i servizi, su 10 mila.

D. Come saranno articolate le altre cinque zone?

R. Vorrei sottolinearne la destinazione di tre. La prima è l’area artigianale, elemento distintivo dell’Interporto di Roma-Fiumicino rispetto a progetti simili già realizzati: si tratta di 22 mila metri quadrati destinati alle attività artigianali locali, che più hanno avvertito la crisi degli ultimi anni. Gli operatori di questo settore avranno a disposizione tutti i servizi idonei ad assicurare lo sviluppo della loro attività. La seconda zona è l’area verde, risultato della grande attenzione riservata dal consorzio al rispetto dell’ambiente: vi saranno realizzati numerosi giardini, aiuole e viali alberati. La terza è l’area archeologica: l’interporto sorge sul margine orientale dell’antico stagno di Maccarese che ha profondamente segnato nell’antichità questo territorio; oltre a gettare luce sull’evoluzione geologica del delta del Tevere e della linea di costa tirrenica nel corso dei millenni, le ricerche in corso permetteranno di ricostruire e di far conoscere, dalle fasi più antiche ad oggi, la storia del popolamento di questo territorio.

D. A che punto è la realizzazione dell’interporto?

R. Entro il 2010 sarà terminata la costruzione dei 10 capannoni previsti nella piattaforma logistica. Il primo di essi, che è anche il più grande, di 63 mila metri quadrati, sarà consegnato agli utilizzatori - due primari operatori logistici nazionali -, a partire dalle prossime settimane e comunque entro il 31 dicembre, in modo che essi possano provvedere agli adattamenti e allestimenti degli spazi e avviarvi, quindi, il trasloco delle proprie attività. Fin dal prossimo gennaio si comincerà a vedere il movimento di merci, mentre proseguirà la costruzione degli altri capannoni, il secondo e il terzo, che saranno consegnati entro il 2008, e delle altre aree.

D. Sono stati necessari 5 anni per dare il via alla costruzione del primo capannone, quando tempo occorrerà per terminare tutti i lavori? Le previsioni saranno rispettate?

R. Di solito in Italia, e in questo l’Interporto di Fiumicino non ha costituito un’eccezione, tutta la parte preparatoria è lunga e complessa. Nel nostro caso si è aggiunta la complicazione costituita dalla natura storico-archeologica della zona su cui la struttura insiste e la cui tutela è affidata agli organi del ministero dei Beni culturali. Comunque tutte le autorizzazioni comunali e regionali sono state concesse e con i Beni culturali si è instaurato un rapporto di piena collaborazione. Quindi l’opera, nella propria capacità di creare sviluppo economico e occupazione, non solo salvaguarderà le risorse ambientali e culturali del territorio, ma le valorizzerà ulteriormente. L’area servizi, quella artigianale e tutte le altre saranno completate entro il 2012.

D. Quanti saranno, una volta completati tutti i lavori, i posti di lavoro creati per svolgere il complesso delle attività previste nell’interporto? E quale tipo di professionalità esso richiederà?

R. Si calcola in almeno 5 mila il numero delle persone che saranno impiegate nella struttura. Le professionalità richieste saranno per lo più specifiche, dalla gestione interna dei magazzini a tutte le fasi relative alla delivery delle merci. Queste specializzazioni sono oggi molto più diffuse rispetto a dieci anni fa: nell’ultimo periodo si sono moltiplicati i corsi di formazione, anche se ritengo che non siano ancora del tutto ben comprese le potenzialità della logistica in termini di occupazione e di sviluppo degli altri settori economici.

D. Tale consapevolezza è presente, almeno, nelle istituzioni locali?

R. Sì. Dei Beni culturali ho già detto. Il Comune di Fiumicino, nel cui territorio rientra l’Interporto, ha individuato in quest’opera un fattore centrale della crescita economica, urbanistica e demografica che deriverà dall’insieme delle iniziative già in cantiere o di prossimo avvio: mi riferisco ai programmi di sviluppo dell’aeroporto e del nuovo porto, alla nuova Fiera di Roma e così via. Di fronte al doveroso rispetto da parte nostra della normativa di riferimento e delle procedure previste, non ha mancato di concedere tutte le licenze e le autorizzazioni necessarie.

D. Quale ruolo ha la Regione Lazio in questo campo?

R. La Regione, che è l’altro nostro principale interlocutore istituzionale, ci sta fornendo un grande aiuto per la realizzazione delle altre infrastrutture necessarie al pieno funzionamento dell’interporto. La prima è costituita dal polo ferroviario, situato nella zona più vicina alla linea Roma-Pisa, nel tratto fra Maccarese e Ponte Galeria, e composto da una rete di 6 binari di 750 metri circa collegati tramite 10 scambi. Dei 250 mila metri quadrati disponibili, 165 mila saranno utilizzati per ospitare i binari ferroviari, i piazzali di smistamento delle merci e la viabilità interna di accesso ai 4 mila metri quadrati di magazzini.

D. Ci saranno anche nuovi collegamenti viari?

R. Naturalmente: non ha senso creare un grande interporto che non sia servito da adeguate vie di comunicazione. È prevista la realizzazione di un’uscita lungo l’autostrada Roma-Civitavecchia, per evitare problemi alla circolazione pur in presenza di un significativo aumento del traffico dei mezzi pesanti. Inoltre anche dalla Roma-Fiumicino è prevista un’uscita diretta per l’interporto e contemporaneamente saranno ampliate tutte le strade che costeggiano l’interporto stesso. Entro il 2008, quando saranno consegnati i primi tre capannoni, anche la nuova viabilità sarà pronta.

D. Sono disponibili tutte le risorse finanziarie necessarie per realizzare le opere descritte?

R. Difficoltà iniziali non sono mancate ma oggi sono superate. Dal punto di vista finanziario, il meccanismo individuato dal consorzio prevede la progressiva costruzione delle strutture contestualmente con la loro offerta sotto forma di affitto e di vendita degli spazi agli operatori interessati. Non solo la formula ha funzionato per la realizzazione del primo capannone, ma la richiesta del mercato è talmente elevata che, ad oggi, dei circa 320 mila metri quadrati previsti più della metà sono stati già venduti «sulla carta». Le vendite quindi procedono più velocemente delle costruzioni. Ciò dimostra quanto sia sentito il bisogno di una grande struttura logistica al servizio di un territorio in cui opera un’imprenditoria vivace ed attenta. In tale contesto i lavori di costruzione sono finanziati da un pool di primari istituti di credito, sotto il coordinamento di Banca Intesa, che hanno constatato la vantaggiosità economica dell’operazione e compiono, insieme al consorzio, un controllo costante del suo andamento.

D. Che tipo di imprese si insedieranno nell’interporto?

R. Grandi operatori logistici che vi installeranno la propria base di attività per il centro Italia; o settori come la grande distribuzione, che faranno di Fiumicino il punto di delivery da ultimo miglio, ossia il magazzino regionale in cui arriveranno e dal quale partiranno tutte le merci destinate al territorio romano e laziale. Ma al momento attuale non è possibile indicare con precisione né la varietà delle attività che sorgeranno nell’interporto né i volumi di traffico che si genereranno.

D. Per quale motivo?

R. Uno dei compiti principali del consorzio, d’intesa con le istituzioni locali, consiste nel vagliare il tipo di operatori che chiedono di accedere, e nel privilegiare coloro che garantiscono la migliore prospettiva di sviluppo del territorio. Non siamo né vogliamo essere semplici costruttori prima e venditori o locatori di spazi e infrastrutture poi; tanto che, una volta terminata questa fase, il consorzio continuerà a gestire il comprensorio in qualità di «capo del condominio». Questo perché siamo consapevoli che l’interporto si inserisce in un contesto più ampio, comprendente servizi commerciali, molte migliaia di metri quadrati di verde, centri sportivi e così via. Vogliamo far vivere la logistica come un settore positivo per il Paese, non solo per la sua economia ma anche per l’ambiente e per i suoi abitanti.

 

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