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CARLA FENDI: SPOLETO, TORNA A SPLENDERE IL FESTIVAL DEI DUE MONDI

Lorenzo Ornaghi Carla Fendi Giorgio Ferrara Festival Due Mondi Spoleto

A Spoleto il Festival dei Due Mondi «sarà davvero molto importante perché credo che stia non solo recuperando le proprie radici tipiche, ma anche guardando al futuro; la cultura può essere lo strumento per uscire dalla crisi economica». Questo ha detto il ministro dei Beni e delle Attività culturali, Lorenzo Ornaghi, presentando lo scorso mese la 55esima edizione della manifestazione. Il Festival si svolge sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio e del ministero degli Esteri; main partner la Fondazione Carla Fendi, significativa la presenza impegnata, oltre che nella manifestazione, anche attraverso una sostanziosa collaborazione con il Comune di Spoleto, a finanziare la consistente opera di adeguamento dell’antico Teatro Caio Melisso che ospita molti eventi del ricco calendario. In programma quest’anno opere, concerti, danza, teatro, concorsi, convegni, rassegne di cinema e di arte, premi, tavole rotonde, mostre.
L’origine del teatro, che tra quelli a palchetti è uno dei più antichi d’Italia, risale alla metà del 1600; ha avuto varie trasformazioni e dopo un lungo abbandono è stato riattato nel 1958 per ospitare gli spettacoli del Festival dei Due Mondi. Chiamato anticamente Nobile Teatro, nel 1880 fu dedicato allo scrittore, commediografo e grammatico spoletino Caio Melisso, amico di Mecenate e bibliotecario di fiducia dell’imperatore Cesare Augusto.
Per anni Carla Fendi ha sostenuto il Festival dei Due Mondi grazie alla stretta amicizia con lo scomparso fondatore e animatore maestro Giancarlo Menotti; e poi ha ripreso questo impegno con la nuova edizione del Festival sotto la direzione artistica di Giorgio Ferrara che «consolida la ripresa del Festival che si è attuata in questi ultimi anni e il suo ritorno, dopo un periodo difficile, al centro dell’attenzione nazionale e internazionale; una finestra aperta sul panorama delle più significative esperienze artistiche nei vari settori, nel Paese e nel mondo. Dobbiamo essere grati al suo presidente e direttore artistico Giorgio Ferrara», come ha detto Fabrizio Bracco, assessore alla Cultura della Regione Umbria che ha allestito uno spazio per incontri tra aziende e presentazioni di prodotti umbri.
Domanda. Come ha conosciuto il Festival dei Due Mondi?
Risposta. Ho cominciato a frequentarlo, insieme a mia sorella Anna, all’inizio degli anni Ottanta. E debbo dire che fummo subito affascinati dal fondatore e presidente, Giancarlo Menotti. Confesso che rimasi letteralmente rapita dal suo timbro di voce. Aveva un modo di parlare pacato, suadente, che coinvolgeva; l’avrei assecondato in ogni sua iniziativa, peraltro sempre eccellente. Aveva un carisma eccezionale, ne rimasi contagiata, e ritengo che il risultato di quell’incontro appaia evidente da una fotografia che mi scattarono mentre conversavo con lui. Successivamente ho cercato sempre di fare qualcosa per il festival di Spoleto. Ero colpita ovviamente anche dalla manifestazione, non solo dalla molteplicità ed eccellenza delle iniziative ma anche dal successo da esse riportato. Non avevo mai visto tanti stranieri accorrere dall’estero ad un festival italiano, neanche a quello, famoso in campo internazionale, del cinema di Venezia, al quale ci si recava soprattutto per lavoro e affari.
D. Ricorda bene quel pubblico? Può descriverlo?
R. Era un pubblico a dir poco incredibile, spiccavano moltissimi americani che venivano appositamente per quel «bagno di cultura» dopo il quale approfittavano per trascorrere le vacanze in Italia, a vantaggio della nostra economia. Il dollaro all’epoca era molto più apprezzato nel mondo e soprattutto da noi. Nel complesso si trattava di un fenomeno quasi inverosimile, sicuramente irripetibile senza l’attrazione esercitata personalmente da Giancarlo Menotti. A Spoleto si respirava un’atmosfera quasi irreale, il festival costituiva una delle poche parentesi che io e mia sorella ci consentivamo. Perché nel nostro atelier si lavorava, quando era necessario, anche 24 ore al giorno. Ma al maestro Menotti e a Spoleto non abbiamo mai rinunciato.
D. Anche negli ultimi anni?
R. Quando Giancarlo ci ha lasciato, con nostro grande dolore, Spoleto non ha avuto più l’astro splendente che attraeva personaggi famosi sin dall’altra parte del mondo. Ma anche la situazione generale politica, economica e sociale nel mondo è cambiata. Siamo in un altro secolo, completamente diverso. Tuttavia negli ultimi tempi ci siamo accorte che Spoleto si stava aprendo a una nuova vita. Era trascorso appena un anno dalla nomina di Giorgio Ferrara a presidente e direttore artistico della Fondazione Festival dei Due Mondi, che ho intravisto un’altra era, e ho di nuovo creduto all’iniziativa. Ma ho voluto farlo con la Fondazione Carla Fendi appena nata, per dare anche un contributo a una città che mi ha affascinato in una maniera incredibile; è difficile trovare un altro posto simile. Gli spoletini sono incredibili.
D. Quali sono gli scopi della fondazione Carla Fendi?
R. Nata nel 2007, ha lo scopo primario di contribuire a preservare beni e valori culturali del passato e a garantirne la continuità principalmente nell’arte, nella letteratura, nel cinema, nella moda, nell’ambiente e in campo sociale. Promuove eventi per salvaguardare eccellenze artistiche del passato e incoraggiare personalità emergenti attraverso pubblicazioni, sponsorizzazioni, borse di studio, donazioni, contributi, assistenza alle attività di enti che promuovono gli stessi valori culturali, ambientali e sociali. Quanto al festival di Spoleto, la Fondazione Carla Fendi ha sponsorizzato le edizioni del 2008 con un convegno sull’importanza del restauro in occasione del recupero del film di Carmine Gallone «Avanti a lui tremava tutta Roma»; del 2009 con l’evento «Omaggio a Jerome Robbins» e lo scoprimento di una statua a lui dedicata della scultrice Robin Heidi Kennedy; del 2010 con la sponsorizzazione dell’opera «Gogo No Eiko» di Heinz Werner Henze; del 2011, come main sponsor della serata inaugurale dedicata all’opera «Amelia al ballo» di Giancarlo Menotti e dell’intero cartellone del teatro Caio Melisso.
D. Il teatro di cui ha assunto l’onere del restauro.
R. In occasione del festival del 2010 la Fondazione Carla Fendi ha confermato l’impegno, preso con il comune di Spoleto, di sponsorizzare il restauro di quel gioiello architettonico; e a riconoscimento di questo prezioso contributo il comune di Spoleto ha arricchito il nome del teatro, che ora è teatro Caio Melisso spazio Carla Fendi. E già per l’edizione del 2011 sono stati eseguiti interventi estetici nel foyer curati dall’architetto Cesare Rovatti. La ristrutturazione poi che seguirà consiste nel miglioramento degli impianti e nel restauro di decorazioni, sipario e quinte storiche, questi ultimi pronti per questa edizione del festival. La fondazione copre tutti i costi.
D. Ritiene possibile ricreare quell’atmosfera caratteristica della gestione menottiana?
R. Creata dal genio di Giancarlo Menotti, quell’atmosfera magica fu favorita dalla situazione italiana degli anni 50, quando la guerra era ancora recente, la povertà era diffusa, tutti pensavano a lavorare sodo per migliorare. In quell’Italia improvvisamente scoppiò Spoleto. Il maestro riuscì a richiamare americani, miliardari, aristocratici, esponenti della cultura, nomi altisonanti per i quali divenne normale partecipare al festival. Oltre a possedere un’altissima sensibilità artistica e una grande cultura, Giancarlo Menotti era anche un organizzatore e un trascinatore. Aveva un carattere forte, ma anche un sorriso e un modo di fare e di esprimersi incredibili. Personaggi autorevoli e colti non rimanevano delusi nell’incontrarlo, anzi li affascinava di più. È stato quindi molto impegnativo per Ferrara riportare Spoleto in auge come allora, ma egli sta riuscendo a dare una nuova e interessante veste al Festival perché è una personalità di talento.
D. Il festival di Spoleto influiva anche sull’economia locale?
R. Spoleto è una bellissima cittadina antica, ha un borgo suggestivo ma di colpo il Festival ne trasformò anche l’apparato commerciale; sorsero negozi, boutique, gallerie d’arte, locali notturni; sarebbero occorsi anni per arrivare a quel punto. Giancarlo non alzava mai la voce, decideva tutto in maniera semplice, naturale, come se Spoleto fosse stata sempre così. Prima di sceglierla, aveva visitato altre città che pure gli piacevano. Mi sono sempre chiesta perché abbia scelto la cittadina umbra, e mi hanno riferito che l’aveva preferita perché vi sono più teatri che in qualsiasi altra cittadina.
D. E non anche per il carattere peculiare degli umbri?
R. Anche per questo. Gli abitanti gli aprirono subito le porte, l’abbracciarono, ed è stata la fortuna di Spoleto, una località eccezionale. Anche ora con Giorgio Ferrara si respira quell’atmosfera; chi lavora per Spoleto viene ammirato, amato, e avverte questo sentimento ma è difficile riprodurre le suggestioni e le emozioni di un tempo. Perché non si deve mai ricercare quello che è già stato, in quanto assolutamente inimitabile. Però anche quello che ha fatto Giorgio Ferrara nei programmi e nelle scelte di lavoro è riuscito. Pensiamo ad artisti come Adriana Asti, attrice eccezionale, a Bob Wilson, personaggio di fama mondiale il quale, pur essendo impegnatissimo, torna per la terza volta a Spoleto, evidentemente affascinato da Ferrara e da tutta la situazione. Questo è l’aspetto principale del festival, le feste lasciamole da parte.
D. Quali doti occorrono per caricarsi di un’impresa così notevole?
R. Fiducia e tenacia, e io ne ho molta. Ho trovato che lavorare a Spoleto è straordinario. Quando ho deciso di sponsorizzare la ristrutturazione del Caio Melisso ero un po’ preoccupata perché per simili iniziative si incontrano sempre difficoltà e si hanno delusioni; invece da Spoleto, partendo dal sindaco, da quanti lavorano intorno, dal Comune, ho ricevuto un’accoglienza straordinaria, un entusiasmo e una collaborazione come accade a casa propria, in famiglia, nella nostra azienda. Lavorare in privato è più facile, nelle imprese pubbliche si ha sempre timore; a Spoleto no, nonostante le difficoltà burocratiche tutto procede rapidamente. La Coobec, cooperativa di giovani che ha vinto la gara per il restauro, è formata da artigiani bravi e di cultura, che hanno aperto una sede in periferia. Pensavo di avvalermene solo per l’esecuzione di piccoli interventi nel foyer. Ma ho notato la loro passione nel restauro, e sono stata felice quando hanno vinto la gara per intervenire sui sipari storici, che stanno ultimando sotto l’attenta consulenza del prof. Carlo Savi, scenografo di grande esperienza. Gli spoletini si fanno indubbiamente amare. Sindaco e assessori hanno un incredibile attaccamento al luogo e sono tutti molto operosi.
D. La sua iniziativa per Spoleto si compie in un momento difficile, in cui molti interventi vengono meno, figuriamoci quelli per la cultura. Le pubbliche amministrazioni non hanno risorse e i privati non sono prodighi. Ha avuto qualche perplessità?
R. Ritengo positivo che vi siano ancora mecenati, anche in piccole iniziative. Non c’è un Paese nel mondo piccolo ma ricco di arte e musica come l’Italia. A Roma per esempio, le risorse pubbliche per l’Auditorium sono state ripetutamente tagliate eppure si è riusciti a realizzare un’opera di altissimo livello architettonico e culturale grazie anche ai privati e alla direzione illustre del prof. Bruno Cagli e del talento artistico del maestro Antonio Pappano. E quando si compiono queste azioni si alimentano la produzione, l’occupazione, i consumi. A Spoleto durante il festival non c’è un albergo vuoto. Anche la Regione Umbria avverte la necessità di aiutare ancora di più, in questo momento, la cultura.
D. Con il maestro Menotti arrivavano non solo americani che, concluso il festival, popolavano i grandi alberghi di Via Veneto a Roma alimentando la Dolce Vita, ma anche molti artisti, come Thomas Milian. Avverrà lo stesso?
R. Certamente, gestendo bene l’iniziativa. Chi ha assunto la responsabilità di sostenere il festival si è accollato un impegno non solo finanziario, ma anche morale. Nelle ultime edizioni è stato compiuto un buon lavoro in tale direzione. La Fondazione Carla Fendi, ad esempio, ha fatto affluire a Spoleto tanti altri mecenati che contribuiscono, a loro volta, a richiamarne altri; si è creata una specie di cassa di risonanza. E se è vero che Giancarlo Menotti era insostituibile in questo, è anche vero che Giorgio Ferrara è riuscito in breve a riprendere in mano la situazione con tanti consensi più che meritati; scopre sempre giovani talenti. È impegnatissimo, si dedica intensamente al proprio lavoro, è entusiasta di quello che fa; e avendo avuto l’occasione di vivere per molto tempo a Parigi, ricrea un po’ dell’atmosfera parigina.
D. In tempi difficili è possibile diffondere l’amore per arte e cultura?
R. I tempi sono difficili, è vero, ma anche per questo bisogna far capire soprattutto ai giovani, in famiglia e nella scuola, quanto sia prezioso il patrimonio artistico del nostro Paese, e quindi da sostenere. Negli ultimi tempi si è diffusa una sfiducia strisciante verso l’Europa e verso l’euro; poiché non sembra possibile tornare indietro, dobbiamo capire che l’Europa può ricompattarsi soltanto su iniziative di carattere culturale di elevato livello. La 55esima edizione del Festival dei Due Mondi costituisce un’ottima occasione per cominciare

Tags: cultura musica Umbria Dolce Vita teatro spettacolo Luglio - Agosto 2012 Fendi

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