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MAFIA E APPALTI. BRUNO ERROI: VIA ALLE OPERE PUBBLICHE MA NELLA LEGALITÀ

Bruno Erroi SASGO opere pubbliche

Inserita tra gli obiettivi prioritari del Governo, la realizzazione di un organico programma di opere pubbliche si basa oggi su alcune leggi dirette a superare un sistema giuridico rigido e anacronistico che l’aveva resa difficile e non aveva impedito infiltrazioni criminali nell’economia, a danno della competitività delle imprese italiane, soprattutto meridionali. Per questo il Governo ha inteso garantire anche la sicurezza e tutelare la legalità potenziando i sistemi di prevenzione e di lotta contro le varie forme di criminalità. Nato a Tuglie in provincia di Lecce, imprenditore, eletto al Senato il 27 aprile 1996, segretario nella XIII legislatura della Commissione lavori pubblici e membro della Commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia, esperto pertanto in entrambi i settori, Bruno Erroi è attualmente direttore del SASGO, Servizio per l’alta sorveglianza sulle grandi opere nell’ambito del Ministero delle infrastrutture. In questa intervista illustra l’attività svolta, i risultati ottenuti, gli obiettivi da raggiungere.

Domanda. Che cosa è stato fatto finora per garantire la legalità nel settore delle opere pubbliche?

Risposta. Nel quadro delle competenze affidate al Cipe, il Ministero delle infrastrutture ha avviato varie iniziative concrete. Innanzitutto ha elaborato uno studio diretto a realizzare i sistemi e le strutture per migliorare il controllo, nell’esecuzione delle grandi opere, delle situazioni a rischio di infiltrazioni di tipo criminale. Per assicurare un’efficace vigilanza sull’esecuzione dei progetti approvati, sorvegliare la realizzazione, impedire condizionamenti della delinquenza organizzata nonché riciclaggi di denaro di provenienza illecita, il 15 aprile 2004 si è stabilito, con un decreto, di costituire il «servizio per l’alta sorveglianza sulle grandi opere», destinato a operare in stretta collaborazione con tutte le forze di polizia e con i competenti uffici pubblici di controllo del territorio. Le iniziative avviate sono dirette allo svolgimento di specifici controlli anche in tema di general contractor, istituto presente da tempo nella legislazione comunitaria e unico strumento per realizzare grandi opere pubbliche nel contesto attuale.

D. Il precedente sistema di controlli non era adeguato?

R. Il controllo formale svolto da agenzie o da autorità indipendenti sui dati comunicati all’Osservatorio dei lavori pubblici e alle autorità stesse non aveva raggiunto i risultati sperati, in considerazione sia del fatto che si tratta di un settore particolare, sia della sopravvenuta impossibilità di formulare incriminazioni o di rilevare illegittimità amministrative. Le esigenze attuali richiedono forme più adeguate di controllo dei sistemi economici, impiego di tecniche e metodi investigativi altamente specializzati nel campo dell’intelligence finanziaria e tecnologica, raccordi informativi tra le istituzioni.

D. Perché l’azione intrapresa dal Governo è stata criticata?

R. Non c’è sviluppo economico sostenibile né prospettiva per le imprese operanti nel settore dei lavori pubblici, ma anche in altri, senza la tutela dei beni pubblici per eccellenza, la giustizia e la sicurezza; come pure senza una ponderata considerazione dei problemi ambientali e rispetto del territorio. Invece, travisando pretestuosamente un programma di riforma in chiave europea, viene criticato chi ritiene pregiudizialmente ingiusto modificare l’attuale legge-quadro sui lavori pubblici; viene accusato di voler ampliare il sistema del subappalto, considerato «uno dei motivi di infiltrazione mafiosa» e di corruzione nel sistema di attribuzione delle commesse; viene definita un iniquo «grimaldello» destinato a violare l’imparzialità e la correttezza delle scelte delle pubbliche amministrazioni, l’introduzione, nel sistema normativo, della figura del general contractor; viene infine giudicata uno svuotamento del potere e della capacità di controllo delle opere pubbliche la proposta di rendere obbligatoria, da parte delle amministrazioni, la comunicazione all’Osservatorio degli appalti di lavori pubblici di importo superiore a 500 mila euro. Ad un’analisi libera da condizionamenti ideologici e da pregiudizi tutte queste contestazioni si rivelano prive di sostanziale fondamento. In sostanza, secondo taluni sarebbe un’operazione delegittimante e pertanto errata modificare la legge Merloni ter che in soli tre anni di vigenza è stata riformata già due volte rispetto all’impianto originario proprio dai precedenti Governi.

D. Perché ritenete infondate queste critiche?

R. Perché tale posizione non è plausibile per più motivi: la logica giuridica scaturente da una matrice di tipo giusnaturalistico e premoderno; la complessiva negatività dei risultati raggiunti con l’applicazione della legge stessa; l’attuale evoluzione normativa europea. Nell’Unione europea gli appalti pubblici impegnano circa il 15 per cento del prodotto interno complessivo, per un ammontare di risorse finanziarie di oltre 1.500 miliardi di euro all’anno; se questo è il contesto generale in riferimento al quale le legislazioni nazionali devono progressivamente armonizzarsi, l’attuazione di questi obiettivi deve essere collegata a un’effettiva opera di coordinamento delle procedure di aggiudicazione, indispensabile per assicurare una effettiva concorrenzialità delle gare e garantire la migliore destinazione delle risorse finanziarie attraverso la scelta dell’offerta qualitativamente migliore.

D. Quale obiettivo intende conseguire questo Governo?

R. In coerenza con gli impegni assunti con gli italiani e con quelli derivanti dalla sua collocazione internazionale, questo Governo intende assicurare al Paese solide condizioni di competitività rispetto agli altri Paesi europei e al resto del mondo rimuovendo inutili vincoli, specie nei settori di interesse strategico come le infrastrutture e gli insediamenti produttivi, ove si decide gran parte del futuro delle nostre generazioni. L’obiettivo è offrire al sistema Italia una dotazione giuridica e amministrativa in grado di mettere il Paese sullo stesso piano degli altri Stati membri nella realizzazione di infrastrutture e insediamenti per renderlo competitivo, prevedendo adeguate forme di controllo non meramente formali soprattutto a presidio della legittima provenienza dei capitali, del loro corretto impiego, della regolarità delle procedure e della sicurezza dei lavoratori.

D. È possibile controllare anche il fenomeno del subappalto?

R. Per quanto attiene tale istituto, si ritiene di dover ribadire ancora una volta l’esigenza imprescindibile di collegare gli obiettivi di politica economica con quelli della tutela della legalità e, in particolare, della lotta a ogni forma di criminalità. Ciò è possibile attraverso la realizzazione di misure, strutture e modelli di autocontrollo del sistema, destinati ad abbattere il rischio di condizionamenti di tipo criminale nell’esecuzione delle opere, al di là del mero dato formale e rifuggendo da prospettive di matrice casualistica, in virtù delle quali sarebbe sufficiente prevedere normativamente un importo sopra o sotto il quale il subappalto debba considerarsi ammissibile o meno per scongiurare di per sé ogni potenzialità di infiltrazione mafiosa.

D. Qual è la politica dell’Unione europea in questi settori?

R. L’Unione europea punta a garantire la coesione fra le regioni e la massima integrazione delle politiche economiche, sociali, dell’occupazione e dell’ambiente, al fine di creare un consenso politico e civile in grado di mobilitare tutti gli utenti e tra questi, ovviamente, le stazioni appaltanti e le imprese, in una configurazione comune degli interventi. Nella legislazione comunitaria in materia di appalti è in corso un’importante evoluzione scaturente dall’esigenza indilazionabile di semplificare il quadro giuridico, codificare armonicamente le tre direttive classiche sui lavori, sui servizi e sulle forniture, concretizzare riforme economiche, rendere finalmente operativo il mercato interno. In questa prospettiva l’obiettivo dichiarato dalla Commissione europea è triplice: aggiornamento, semplificazione e flessibilità. Aggiornamento, per tener conto delle nuove tecnologie e delle evoluzioni del sistema economico-finanziario; semplificazione, per alleggerire normative talvolta troppo dettagliate e complesse; flessibilità, per mitigare l’eccessiva rigidità di procedure spesso non corrispondenti alle esigenze della committenza pubblica.

D. Che cosa ha fatto in particolare la Commissione europea?

R. Ha ottenuto di proporre alcune modifiche sostanziali all’attuale sistema, dirette in specie ad introdurre, ad esempio, una nuova ipotesi di procedura negoziata che, in caso di appalti particolarmente complessi, con alto contenuto tecnologico o con specifici problemi economico-finanziari, consenta un «dialogo competitivo» tra le amministrazioni aggiudicatrici e i candidati, sia pure nell’ovvio rispetto della lealtà della concorrenza e della par condicio. Ciò in considerazione del caso, non infrequente, in cui gli acquirenti pubblici possano non conoscere la migliore soluzione tecnica per soddisfare le loro esigenze. Allo stato attuale è innegabile che le procedure di diritto comune lascino un margine molto ridotto per la discussione su questo punto. Così, ad esempio, avviene nel caso in cui un’amministrazione aggiudicatrice non sia in grado di valutare in anticipo se la soluzione economicamente più vantaggiosa implichi un finanziamento integralmente a carico del committente pubblico, o una ripartizione del carico, o una soluzione integralmente gestita dal settore privato.

D. Quali sono le prospettive?

R. La Commissione europea intende attuare un effettivo rafforzamento del quadro legislativo sui criteri di aggiudicazione, imponendo l’obbligo di indicare, già nel bando di gara o nel capitolato degli oneri, la ponderazione relativa di ciascun criterio, unitamente all’obbligo per ogni amministrazione aggiudicatrice di escludere l’offerente anche nel caso in cui nei suoi confronti sia stata pronunciata una sentenza definitiva per reati di criminalità organizzata, di frode o di corruzione, a danno degli interessi finanziari della comunità.

D. Che cosa sta facendo il Governo italiano?

R. Anche esso si muove in questa prospettiva di evoluzione, che ormai è stata fatta propria anche dal Parlamento europeo il quale si appresta a varare, nei prossimi due o tre mesi, la nuova direttiva unica in materia di appalti pubblici cui ho accennato. In concorrenza con le legislazioni vigenti in Europa la nuova legislazione italiana in tema di infrastrutture per il rilancio delle attività produttive pone gli obiettivi, cioè decide una programmazione condizionando le decisioni amministrative, senza la presunzione di determinare a priori il «ripristino della legalità»; nell’ambito della separazione dei poteri, infatti, questo compito è per legge attribuito ad altri organi dello Stato. Essa costituisce però la condizione per un’evoluzione del sistema infrastrutturale italiano verso il riequilibrio sociale ed economico tra le diverse aree del territorio nazionale nell’ambito delle pianificazioni nazionali e regionali, in una logica di massima condivisione degli interventi da parte di autorità centrali, di Governi e di autonomie regionali e territoriali, e con la previsione di una contenuta scansione temporale delle attività di programmazione, progettazione, esecuzione e collaudo delle opere.

D. Quali norme regoleranno le stazioni appaltanti?

R. Il fulcro del loro intervento consisterà nell’ottenere il miglior rapporto tra la qualità e il prezzo, sempre nel rispetto formale e sostanziale di alcune regole fondamentali quali la selezione di candidati alla pubblica commessa secondo esigenze obiettive e la conseguente aggiudicazione dell’appalto in base al prezzo o all’offerta economicamente più vantaggiosa, fondata su parametri predeterminati, chiari e oggettivi.

Tags: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lavori pubblici infrastrutture contrasto alla mafia appalti polizia anno 2005

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