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CESARE PATRONE: CORPO FORESTALE, NUOVI COMPITI PER LE NUOVE ESIGENZE DELLA SOCIETÀ

L’ing. Cesare Patrone, Capo del Corpo Forestale dello Sato: «Il reato ambientale impegna soprattutto il Corpo Forestale dello Stato, che è in possesso di una particolare capacità di conoscerlo, interpretarlo, combatterlo; e che è diventato un organo a diretto contatto con la Magistratura»

Intervista al Capo del Corpo Forestale dello Stato 

Con la riforma del 2004, il Corpo Forestale dello Stato si era via via adeguato alle nuove norme dello Stato e alle nuove esigenze della società. Ma la trasformazione fino ad allora avvenuta nella popolazione italiana non si era fermata, era ovviamente continuata, e con un ritmo molto più rapido dei decenni precedenti, quando l'Italia era ancora un Paese prevalentemente agricolo nel quale i tempi delle innovazioni e degli adattamenti erano molto più lenti. Con il passaggio della materia alle Regioni, con il progresso della scienza e della tecnica, con il dilagare delle nuove tecnologie, con l'apertura delle frontiere e dei mercati e con la globalizzazione, l'originario ruolo della «Forestale» era in gran parte venuto meno, ma non certo la necessità per il Paese di un Corpo competente, specializzato e attivo come quello. La Forestale si è trovata così a dover assumere nuovi compiti, nuove funzioni. Quali sono oggi le sue attività, quali i risultati ottenuti, quali le nuove esigenze e richieste della società?
Laureato in Ingegneria civile alla Sapienza di Roma, dopo 24 anni di servizio nel Corpo nel quale, primo in graduatoria, era entrato con un concorso, Cesare Patrone è dal 28 aprile 2004 Capo del glorioso Corpo creato da Carlo Felice di Savoia quasi due secoli fa, nel 1822, «per la custodia e la vigilanza dei boschi». In questa intervista l'ing. Patrone fa il punto sulla situazione odierna della Forestale, su risultati dell'attività, problemi, esigenze di eventuali interventi legislativi e strutturali.
Domanda. Può delineare un bilancio di quanto è avvenuto nell'ultimo decennio?
Risposta. Il Corpo Forestale dello Stato ha ottemperato alla legge di riforma del 2004, ponendo però l'accento su alcune questioni più che su altre. Abbiamo infatti constatato che il grande cambiamento avvenuto nella società italiana ha portato ad un massiccio abbandono delle zone rurali, forse anche per la difficoltà delle loro popolazioni di imporsi nella nuova realtà.
D. Dinanzi a ciò come si è comportata la Forestale?
R. Il Corpo ha preso atto di questo e ha concentrato la propria attenzione sul reato ambientale, fenomeno di grande rilevanza sociale. Costituiscono un eloquente esempio le discariche dei rifiuti, gli incendi ed altri comportamenti di grande effetto emotivo, come il maltrattamento degli animali. Quando abbiamo visto che questo tipo di reati era frequente soprattutto in alcuni settori, abbiamo instaurato un rapporto molto più stretto con la Magistratura, grazie anche alla legge sull'etichettatura dei prodotti in base alla quale il Corpo Forestale è entrato a far parte delle Sezioni di Polizia giudiziaria presso le Procure. Oggi il reato ambientale impegna soprattutto il Corpo Forestale dello Stato che è in possesso di una capacità particolare di conoscerlo, interpretarlo, combatterlo. Questa peculiarità è stata evidenziata già nel luglio del 2006 in un decreto sulle specializzazioni, che metteva in risalto, insieme alle caratteristiche delle altre forze di Polizia, la valenza specifica del Corpo Forestale dello Stato.
D. Quali vantaggi sono derivati da questa nuova specializzazione?
R. Operando in collegamento con le Sezioni di Polizia giudiziaria e con la Magistratura, non abbiamo fatto a meno di notare che il reato ambientale è legato alla malavita organizzata, e da questo è scaturito un accordo con la Direzione nazionale antimafia presso la quale abbiamo istituito apposite Sezioni. Abbiamo immediatamente preso atto dell'evoluzione sociale verificatasi, in quanto oggi la malavita organizzata realizza altrettanti affari con i rifiuti che con la droga, e con minor rischio. Quindi, in collegamento con la Procura nazionale antimafia, il Corpo Forestale dello Stato ha posto una particolare attenzione al fenomeno mafioso e, da una connotazione prevalentemente rurale, è diventato una moderna forza di Polizia che reprime il reato ambientale soprattutto di rilievo economico e sociale.
D. E per quanto riguarda il trattamento degli animali?
R. La nostra competenza in materia di lotta al loro maltrattamento deriva dall'accresciuta emotività registratasi negli ultimi decenni. Oggi agli animali la società tende a riconoscere diritti propri ed anche le leggi e le pene si aggiornano. Un'apposita legge individua nel Corpo Forestale dello Stato l'organismo preposto alla tutela degli animali non tanto in quanto proprietà di qualcuno, ma per il benessere degli stessi. Anche l'animale abbandonato costituisce un valore di tipo biologico ed etico e così è considerato dalla nuova coscienza sociale. Da una visione patrimonialistica dell'ambiente, quindi, siamo passati ad una sociale, tanto che nell'articolo 42 la Costituzione attribuisce anche una funzione sociale alla proprietà. Un altro settore di competenza riguarda l'importazione illegale di animali, ma anche di parti di essi come zanne di elefante, oggetti di avorio, pelli ed altro, per contribuire ad evitare l'estinzione di specie animali
D. Come assecondate questo grande mutamento del diritto e della morale comune?
R. Il Corpo Forestale dello Stato si inserisce con grande acume in questi processi di trasformazione che in molti casi sono sempre più veloci. Siamo assolutamente in linea con i processi di alleggerimento delle funzioni dello Stato, che oggi poi sono collegati alla revisione della spesa. E ci riteniamo all'avanguardia nel compiere accorpamenti e nel creare strutture operative sempre più efficienti che si avvalgono molto delle tecnologie. Quando indaghiamo sugli autori degli incendi, teniamo conto dell'enorme danno che provocano bruciando 10 o 100 ettari di bosco. Un danno che non colpisce solo il proprietario, che in molti casi è lo Stato stesso, ma riduce la produzione di ossigeno, produce fumo e carbonio, distrugge le bio-diversità e il paesaggio.
D. È scomparso quindi quello che si chiamava il mondo rurale?
R. Con l'entrata in vigore, nel primo dopoguerra, della legge Fanfani sulla ricostruzione e sul rimboschimento, il Corpo Forestale costituì la struttura dello Stato che aiutava le popolazioni marginali operanti nella ruralità ad impostare tipi di produzione diretti allo sviluppo economico rurale. Tanto che la nostra Direzione generale era definita «dell'Economia montana e delle Foreste». Ma adesso non è più questa, anche perché la competenza sulle foreste è passata alle Regioni che la delegano agli enti locali. Al Corpo Forestale dello Stato è rimasta la funzione di controllo. Riserviamo particolare attenzione ad alcuni fenomeni sociali; a proposito degli incendi, per esempio, abbiamo individuato non tanto nell'agricoltore quanto nel pastore, la figura dedita all'esercizio di pratiche che oggi non hanno più ragione d'essere, perché il territorio è abbandonato. Quando, 40 anni fa, si accendeva il fuoco per pulire un castagneto, il proprietario possedeva maggiore competenza e pratica, quindi prestava molta attenzione, soprattutto nei periodi di siccità; oggi avviene che si accende un fuoco ma poi ci si dimentica di controllarlo. È comunque una pratica non più accettabile.
D. Quali problemi sono sorti nel vostro settore negli ultimi anni?
R. Sono molti, a cominciare dalle conseguenze di alcune forme di decentramento e di federalismo che hanno prodotto un aumento dell'inefficienza. Nella tutela delle bellezze naturali, ad esempio, l'intervento dell'ente locale risulta completamente avulso dalla protezione del paesaggio e del territorio, per cui si è verificato un diffuso degrado ambientale. A nostro parere, serie riflessioni andrebbero fatte sia sull'ordinamento amministrativo sia sul paesaggio fisico, perché se è vero che con la creazione di una serie di enti locali l'Italia politica si è trasformata, perché sono nate le Regioni e sono aumentate le Provincie, l'Italia fisica cioè naturale è rimasta sempre la stessa. È mai possibile che nessuno pensi alle sistemazioni idraulico-forestali la cui mancanza contribuisce al dissesto idrogeologico del territorio e alle conseguenti tragedie legate a frane ed alluvioni? È mai possibile che l'Italia debba avere 20 leggi regionali forestali diverse, come se non esistesse un unicum, come se le foreste o gli animali rispettassero i confini regionali?
D. Cosa bisogna fare al riguardo?
R. Avere la capacità di comprendere e di distinguere il confine amministrativo da quello fisico. L'economicità e l'efficienza di un sistema di protezione della natura e di salvaguardia del territorio si basano su leggi-quadro di grande importanza per il territorio italiano, particolarmente fragile sul piano ambientale ed ecologico, e su un'unica struttura competente in queste materie. L'articolo 9 della Costituzione tutela il paesaggio; e il valore dell'ambiente, dice chiaramente la Corte Costituzionale, è un bene dello Stato. Oggi si segue il principio di sussidiarietà secondo il quale deve intervenire l'entità minore, più vicina al cittadino, quando quella maggiore non ha un interesse diretto; però è anche vero che l'entità maggiore, cioè lo Stato, deve intervenire dove quella minore è carente.
D. Come calcolare il valore dell'ambiente?
R. Fino a qualche anno fa si compivano due tipi di analisi, una finanziaria e un'altra economica. La prima sotto il punto di vista del privato, la seconda sotto quello dello Stato. Per la prima, il valore di un bosco era dato dal prezzo del taglio e dal sottobosco, qualora il proprietario privato ne facesse uso. Dal punto di vista dello Stato il valore corrisponde alla somma di elementi difficilmente quantificabili, ma che sono reali e consistono nella produzione di ossigeno e di acqua, di falda freatica, biodiversità, possibilità di turismo, valore balsamico, fattori che una letteratura anglosassone sta tentando di quantificare. Un valore incommensurabile, per mantenere il quale ogni anno spendiamo ingenti somme per spegnere gli incendi con l'intervento di elicotteri, forestali, vigili del fuoco, protezione civile.
D. Come far pagare i danni causati all'ambiente?
R. È prevista una procedura per il danno ambientale nella quale lo Stato può costituirsi parte civile per ottenerne il risarcimento. Anche i Comuni potrebbero agire per gli abusi edilizi. Occorrono adeguate tecnologie. Il Corpo Forestale dello Stato dovrebbe essere più strutturato, siamo pochi e disponiamo di scarse risorse finanziarie. Le tecnologie sicuramente ci hanno aiutato e facciamo ricorso anche al dna per individuare e denunciare all'Autorità giudiziaria i piromani. Le tecnologie ci aiutano, ma dietro di esse deve esservi sempre l'uomo, anche se si tratta di considerazioni sterili dati gli attuali programmi di risparmio da parte delle Istituzioni.
D. Come vengono sostituiti i vostri elementi che vanno in pensione?
R. Attraverso i concorsi autorizzati dal Dipartimento della Funzione pubblica. Non è un meccanismo automatico, occorre sempre attendere un po' di tempo. Oltre all'abbandono dei terreni, dobbiamo combattere contro la concorrenza straniera di alcuni prodotti agricoli a volte sofisticati. A noi spetta il compito di difendere il made in Italy dalle frodi.
D. Perché accade questo?
R. Perché è cambiato il modello di vita. Compito della Forestale è anche quello della comunicazione, ma per fare in modo che le persone stiano in campagna non possiamo ricorrere alla retorica dell'aria buona e dell'acqua fresca. Bisogna creare occasioni di lavoro e di sviluppo economico e sociale ecocompatibile. Ma, se neppure i parchi riescono in questo, la campagna diventa uno svago e un hobby solo per ricchi.

Tags: Ottobre 2012 ambiente Mipaaf - Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali tutela ambientale Carabinieri polizia Savoia

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