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francesco monastero: GIUSTIZIA, UnitI si RISPARMIA MA CON RISORSE ADEGUATE. L’ESEMPIO DI VELLETRI

Francesco Monastero, Presidente del Tribunale di Velletri

di VICTOR CIUFFA

 

Vincitore del concorso ed entrato in Magistratura nel febbraio 1975, Francesco Monastero fu nominato pretore a Monza dove rimase fino al settembre del 1979; quando divenne giudice del tribunale di Roma, dove svolse le proprie funzioni fino al marzo del 1999, prima come giudice istruttore poi come giudice per le indagini preliminari, quindi, per un breve periodo tra il 1998 e il 1999, come presidente di un collegio penale. Collocato fuori ruolo nel marzo del 1999, prese servizio alla Corte Costituzionale come assistente del giudice costituzionale Guido Neppi Modona, e vi prestò le proprie funzioni fino al luglio del 2005. Il 6 luglio di quell’anno fu nominato consigliere presso la Corte di Cassazione, dove è rimasto fino al dicembre del 2009; un mese prima, infatti,è stato nominato presidente del tribunale di Velletri, dove presta tuttora le proprie sue funzioni.
Domanda. Il tribunale di Velletri opera già in una zona di frontiera: può affrontare ulteriori compiti?
Risposta. Per quanto riguarda la cosiddetta geografia giudiziaria, già con la riforma del 2000 il tribunale è diventato il secondo del Lazio dopo Roma, superando di gran lunga, quanto a bacino d’utenza e ad esigenze complessive, il tribunale di Latina. Oggi il suo organico prevede ben 34 magistrati, neppure paragonabili a quelli dei tribunali di Civitavecchia e Cassino, e addirittura a quelli di capoluoghi di provincia come Rieti, Viterbo e Frosinone, assolutamente inferiori a Velletri. Non solo, ma c’è un aspetto particolare: tenendo conto dei flussi di lavoro per singolo magistrato, il ministero della Giustizia ha proposto, unico tribunale in Italia, un aumento dell’organico di ben 7 unità di magistrati. Quindi, secondo le direttive ministeriali, il nostro organico dovrebbe essere di 39 magistrati, numero che io considero appena sufficiente alle esigenze. In tutte le sezioni civili e penali, nella sezione del Lavoro, in quella Fallimentare, nelle Esecuzioni immobiliari, registriamo ruoli e carichi di lavoro notevolmente superiori rispetto alla media nazionale.
D. Può quantificare questa notevole superiorità?
R. Un giudice penale monocratico, ad esempio, ha un ruolo di 700 processi, quando nel tribunale di Roma i ruoli ordinari non superano i 200-300 processi per magistrato. Per far fronte a questo eccezionale carico di lavoro, quando, nominato presidente del tribunale, sono arrivato a Velletri, ho deciso di assumere anche la presidenza del primo collegio penale, iniziativa rara in quanto questo compito si aggiunge alla mia attività di presidente della prima sezione civile e a tutte le altre attività giurisdizionali e amministrative connesse con il ruolo di presidente.
D. Come si caratterizza il territorio?
R. Con gli accorpamenti compiuti alla fine degli anni 90, il tribunale è diventato competente anche per il territorio adiacente che, partendo da Frascati e attraversando tutti i Castelli Romani, giunge fin oltre Nettuno, comprendendo anche un’ampia parte del litorale laziale e, all’interno, il polo industriale di Pomezia, di altissimo sviluppo economico, aspetto che determina moltissimi ricorsi alla giustizia in materia di lavoro, di fallimenti ed altro. Ampliatosi anche a causa della sopravvenuta crisi economica, il contenzioso fallimentare in particolare è diventato molto elevato e di difficile gestione, accompagnandosi all’aumento dei ricorsi in materia di lavoro. Nella zona sud dell’area di competenza, con i centri di Pomezia, Ardea ed Anzio, si registrano per di più, e purtroppo, infiltrazioni camorristiche di un certo spessore che lentamente, ma progressivamente, stanno raggiungendo il litorale.
D. Quali conseguenze comportano, per l’amministrazione della Giustizia, questi fenomeni?
R. Dobbiamo celebrare anche processi per reati previsti dall’articolo 416 bis, cioè per associazione di tipo mafioso, per cui il numero e la varietà dei processi civili e penali sono tali da mettere in seria difficoltà i giudici, sia pure particolarmente seri e preparati di questo tribunale. E questo è il motivo per cui il Ministero ha ritenuto necessario potenziare l’organico ed è auspicabile che il provvedimento diventi operativo nel più breve tempo possibile.
D. Quali problemi comporta questa operazione?
R. Il provvedimento con il quale, oltre a sopprimere alcuni tribunali, si dovrebbero accorpare alcune sezioni distaccate, dovrebbe essere attuato il 14 settembre prossimo. Nell’ambito del tribunale di Velletri, esso riguarda le sezioni distaccate di Frascati, Albano Laziale ed Anzio e gli uffici dei giudici di pace di queste tre località e di Genzano e Segni. Ma le sezioni distaccate di questo tribunale non sono come tante altre esistenti in Italia, nelle quali ogni tanto si reca un Got, ossia un giudice onorario di tribunale, per tenere udienze di poco momento o in numero limitato.
D. Qual’è pertanto la differenza?
R. Le tre sezioni distaccate di Frascati, Albano Laziale e Anzio costituiscono tre mini tribunali. Ogni giudice di esse ha ruoli civili e penali di notevole spessore. Ad esempio ad Albano il giudice civile ha un ruolo di 2.200 cause e il giudice penale un ruolo monocratico di oltre mille processi. Sono numeri che a livello nazionale fanno impressione. In una situazione del genere il problema fondamentale è quello del personale perché, pur avendo noi un numero di magistrati «congruo» rispetto alle esigenze, abbiamo invece un numero complessivo di dipendenti e quindi di personale amministrativo pari al 50 per cento delle necessità, una scopertura dell’organico superiore al 35 per cento, senza pensare che l’organico è già di per sé del tutto insufficiente rispetto alle esigenze.
D. Quale soluzione ipotizzare?
R. Ci troviamo a fronteggiare una situazione di frontiera; il secondo tribunale del Lazio dopo quello di Roma, anziché da dipendenti, è composto da persone eccezionali, che lavorano e svolgono udienze con noi anche fino alle 21 di sera, nonostante alcune improvvide affermazioni di alcuni politici. Basta venire a quell’ora per vedere quanto e come il personale dipendente lavora, senza riconoscimento di lavoro straordinario che viene, comunque corrisposto dopo due o tre anni, con una naturale conseguente demotivazione, per non parlare dei miei giudici che rispondono all’eccezionalità della situazione lavorativa con una altrettanto eccezionale professionalità e disponibilità. Un quadro che nell’immediato crea enormi problemi anche perché ci sono segnali dai quali ritenere che non si può pensare che la situazione generale possa migliorare nel breve periodo, mentre il personale continua regolarmente ad andare in pensione. Da almeno 15 anni non vengono espletati nuovi concorsi.
D. Ha fatto presenti tutti questi problemi ai responsabili?
R. Mi sono rivolto al ministero, a tutti gli organi competenti, al Consiglio Superiore della Magistratura; ma il problema è di ordine generale, non riguarda solo la giustizia ma anche la sanità ed altro. Questo purtroppo paralizza qualunque tentativo di migliorare e di aumentare la produttività. Ciononostante nel 2012 il tribunale di Velletri è stato considerato dal ministero il primo d’Italia nella riduzione delle pendenze per una percentuale del 20-25 per cento. Il secondo e il terzo le hanno ridotte tra il 10 e il 13 per cento. Quindi abbiamo ottenuto risultati incredibili rispetto ai mezzi a disposizione, ma è una situazione che non può andare avanti a lungo. Lavorare tutti i giorni fino al pomeriggio inoltrato è uno sforzo che può essere richiesto per un tempo limitato in relazione a un progetto determinato.
D. Che cosa proporrebbe per le sezioni distaccate?
R. Ben venga qualunque provvedimento che tende ad accorpare uffici che in via autonoma, pur essendo gioielli, hanno grandi difficoltà operative per la carenza del personale. Se la produttività di una sezione distaccata, ad esempio quella di Albano Laziale, è soddisfacente, essa deriva dagli sforzi degli 8 o 9 dipendenti amministrativi che le sono rimasti. Se nel territorio avessimo una situazione migliore e diversamente calibrata sotto il profilo del personale, teoricamente non vi sarebbero problemi, si otterrebbero effetti positivi. Purtroppo così non è. Inoltre sorgerebbero altri problemi seri.
D. Può illustrarne qualcuno?
R. Già oggi nell’attuale sede non abbiamo locali, aule, stanze sufficienti alle necessità. Abbiamo avviato contatti con l’amministrazione comunale di Velletri e con il ministero della Giustizia per verificare la possibilità di costruire un nuovo edificio; se il progetto andasse in porto, non si realizzerebbe l’anno prossimo, ma nella migliore delle ipotesi negli anni 2016-2017. Sono in corso altri contatti per cercare di ricavare da spazi esistenti nuovi uffici in grado di ospitare, dal 14 settembre prossimo, le udienze delle sezioni distaccate. Ma è molto difficile.
D. Come «crescerebbe» il Palazzo di Giustizia?
R. Oltre alle 3 sezioni distaccate e ai 5 uffici del giudice di pace, dovremo accorpare altri uffici attualmente situati all’esterno, in immobili presi in affitto. Siamo in una situazione molto delicata, non voglio dire drammatica, ma che va verificata attentamente. I contatti con il ministero sono sostanzialmente quotidiani, i dirigenti sono sensibili alle esigenze non solo nostre ma di molti presidenti di tribunale che si trovano in analoghe situazioni. Ma la situazione è complessa dovendo fare i conti con una legge finanziaria che, anziché aumentare le risorse a favore della giustizia, le ha drasticamente ridotte. Un progetto come quello cosiddetto della nuova geografia giudiziaria teoricamente dovrebbe consentire risparmi, ma in pratica si può rivelare un boomerang: si può affermare con certezza che si rischia di assorbire tre uffici che autonomamente funzionavano e funzionano bene, creando difficoltà logistiche e operative e disfunzioni, perlomeno nel primo periodo molto serie, non solo per coloro che devono rendere giustizia ma anche per i cittadini e per gli utenti della giustizia.
D. Indebolendo la giustizia, con la crisi economica in atto non c’è rischio che cresca la criminalità?
R. Si assiste in effetti ad una crescente domanda di giustizia in materia civile, di lavoro, penale e fallimentare, ovviamente determinata da situazioni connesse alla crisi economica; per altro la dichiarazione d’incostituzionalità della mediazione obbligatoria non ha consentito la prevista drastica riduzione delle pendenze almeno in materia civile. Dinanzi a tante difficoltà operative le risorse finanziarie stanziate per attuare una riforma così epocale come quella della geografia giudiziaria sono pressoché irrisorie.
D. Quale posizione ha assunto in proposito il Consiglio Superiore della Magistratura?
R. Quella di chi è assolutamente d’accordo con la nuova normativa, perché è impossibile non esserlo in astratto su una riforma teoricamente perfetta. Non c’è dubbio che l’accorpamento comporti una razionalizzazione delle risorse e quindi un miglioramento della produttività. Ma in pratica è una riforma che ha bisogno di essere verificata sul campo, e di verificarne i profili logistici e operativi, tribunale per tribunale, perché ve ne sono alcuni dotati di una sola sezione distaccata con 200-300 cause complessive, ed altri, come Velletri, con tre sezioni distaccate e complessivamente circa 7 mila cause.
D. Non si potrebbe adottare una dilazione in alcuni anni?
R. Ritengo che la dilazione nel tempo o la proroga siano utili, il problema però è che contestualmente ad essa bisognerebbe operare nel settore logistico, delle risorse strumentali e in particolare del personale amministrativo, per fare in modo che tra 2 o 3 anni, quando la riforma divenisse operativa, non ci si ritrovasse nella stessa situazione di oggi. Se si lavora da subito sotto il profilo logistico e svolgendo i necessari concorsi per il personale, la proroga ha un senso. Se si proroga tout court solo per accogliere spinte corporative, non ha alcun senso.
D. I ricorsi al Tar contro l’accorpamento sono fondati, o sono rivolti solo ad ottenere una sospensiva in attesa della pronuncia di luglio della Corte Costituzionale?
R. Penso che una certa utilità si possa rinvenire solo con riferimento al merito di tali iniziative sperando che le stesse si definiscano in tempi brevi: così come si spera che intervenga in tempi brevi la decisione della Corte Costituzionale sul punto specifico. La legge è frutto di una scelta politica, e astrattamente credo che non vi possa essere una voce dissonante rispetto alla finalità del progetto. Accorpare e razionalizzare le risorse non sono parole vuote, ma logiche e razionali. Ci si può chiedere perché riforme così profonde non siano accompagnate dai necessari strumenti finanziari e logistici che consentano ad esse di decollare. Se si cerca di fare una riforma a costo zero, verosimilmente è destinata a decollare solo con grande difficoltà e notevoli disfunzioni.
D. Quali fenomeni e aspetti di carattere sociale interessano la giustizia nell’area del circondario?
R. Il circondario comprende una popolazione di 640 mila abitanti, quindi è un bacino d’utenza molto ampio. Se il ministero della Giustizia di propria iniziativa ha ritenuto di ampliare l’organico di 7 unità, significa che i flussi di lavoro sono altissimi, comparati con gli altri tribunali nel territorio nazionale. Un bacino d’utenza, per di più, non comprendente zone franche, ma tutto il litorale a confine con zone di interesse camorristico e comunque della criminalità organizzata, nonché tutto il polo industriale di Pomezia. Anche sotto il profilo qualitativo, le cause trattate dal tribunale di Velletri presentano rilevanti risvolti sociali, sotto vari profili, incidono sul territorio in modo significativo, si occupano con particolare efficacia delle deviazioni della pubblica amministrazione, fronteggiano con la nuova procedura del concordato preventivo numerosi problemi di società in stato fallimentare. In conclusione, ad avviso del sottoscritto, che ritiene che l’ottimismo - anche se non della ragione - sia sempre una parola magica, basterebbero pochi ma incisivi e mirati interventi per rivitalizzare un tribunale in passato ingiustamente sottovalutato e che cerca oggi, pur tra mille difficoltà, di rispondere in modo adeguato alla crisi di credibilità che in via generale riguarda tutte le istituzioni.  

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