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HAKKI AKIL: SENZA TURCHIA, NIENTE STORIA D’EUROPA Né DEL MEDIO ORIENTE

Hakki Akil, ambasciatore della Repubblica di Turchia in Italia

Nato nel Karg-Çorum e diplomatosi nel Liceo di Galatasaray ad Istanbul, Hakki Akil si è laureato in Business Administration presso il Dipartimento di Economia dello Sviluppo dell’Università di Bordeaux, in Francia. Ha poi frequentato l’Ecole Nationale d’Administration di Parigi, per la quale preparò una tesi dal titolo «Iran-Iraq War and the World Oil Supply». Dopo aver svolto vari incarichi nel Ministero degli Affari Esteri turco, nei Dipartimenti per le Relazioni con il Caucaso, per la Pianificazione politica, per l’Energia, l’Ambiente e gli Affari Idrici, e successivamente nelle Ambasciate di Turchia a Damasco e a Parigi e in istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale per il Commercio, Hakki Akil è stato Ambasciatore di Turchia nel Turkmenistan e negli Emirati Arabi Uniti. Nel febbraio del 2011 è stato nominato Ambasciatore di Turchia in Italia. In questa intervista illustra dettagliatamente le aspirazioni del suo Paese a far parte, quanto prima, dell’Unione Europea, gli sforzi compiuti a tal fine, la situazione economica della Turchia, il valido contributo che questa potrebbe dare per il superamento della crisi economica del Continente, i programmi di collaborazione in atto, insomma il cammino svolto dal suo Paese per affiancare passo passo l’Unione Europea sin dalla costituzione di questa, sempre in attesa di essere ammesso a farne parte.
Domanda. Quale ruolo svolge la Turchia nello scenario mondiale e soprattutto nell’ambito euroasiatico?
Risposta. Siamo in un’epoca in cui la società globale attraversa, in tutti i settori, rilevanti trasformazioni e l’interdipendenza reciproca ha raggiunto livelli mai visti prima. Questa trasformazione è valida particolarmente per quanto riguarda le zone più vicine alla Turchia. Il bacino del Mediterraneo, sia del Nord che del Sud, sta attraversando una completa e profonda trasformazione. L’Europa, che si trova ad affrontare la più grave crisi economica del Nord, sta lottando contro una grave crisi strutturale. Nel Sud, invece, i movimenti popolari del Nord Africa e del Medio Oriente stanno portando alla fine uno «status quo» durato 100 anni. Si stanno nuovamente intensificando i rapporti tra le due sponde del bacino del Mediterraneo. Mentre nel processo di cambiamento e di trasformazione i Paesi arabi si sforzano di determinare la propria direzione, l’Europa è alla ricerca della soluzione alla crisi economica che si trova ad affrontare. La Turchia, attore rilevante sia nel Medio Oriente che in Europa, è il Paese direttamente interessato da tale processo; con la consapevolezza che ciò che si sta vivendo è per il bene di tutti, non si sottrae a nessuna responsabilità. Nello stesso tempo la risposta alla crisi economica e politica in Europa si troverà grazie alla forma che prenderà l’integrazione europea nei prossimi 10 anni. D’altra parte il destino del processo di transizione del Medio Oriente e del Nord Africa avrà consistenti implicazioni nelle trasformazioni democratiche, non solo in quella zona ma in tutto il mondo. In un contesto del genere la Turchia, che sta alzando sempre di più i propri standard di democrazia è, nella statistiche internazionali, tra i primi Paesi per la propria economia dinamica e attiva, e per la propria politica multidimensionale. Ha dimostrato la capacità di dare contributi costruttivi e di potenza produttiva, di sicurezza e stabilità, assumendosi una responsabilità in entrambe le trasformazioni in atto.
D. Posta tra Asia ed Europa, troppo orientale agli occhi dell’Occidente e troppo europea per gli asiatici, qual’è la corretta posizione della Turchia?
R. Questo concetto esprime un giudizio errato. Per gli aspetti geografici e storici, siamo sempre stati in stretti rapporti sia con i Paesi dell’Est che con quelli dell’Ovest. Togliendo la Turchia dall’equazione, non si potrebbe scrivere né la storia dell’Europa né quella del Medio Oriente. Nella nostra politica estera sfruttiamo intensamente ciò che abbiamo conseguito nei secoli e grazie alla nostra geografia. Mobilitiamo tutte le nostre risorse per la pace e per il bene comune. Il nostro mondo ha sofferto molto, fino ad oggi, a causa di questa distinzione tra noi e gli altri. Questa concezione non può avere più posto nella politica contemporanea. Vorrei chiarire anche un altro punto. Sono i valori adottati dal Paese stesso a delinearne l’orientamento. Sin dalla sua fondazione, la Turchia ha fatto propri i valori universali di democrazia e di Stato laico. Le società occidentali hanno assunto questi valori molto tempo prima. Oggi stiamo vedendo in molte altre parti del mondo lo sforzo per giungere a questi valori.
D. Quale futuro aspetta la Turchia? È in grado di gestire il delicato ruolo di ponte tra l’Europa e l’Asia?
R. Non trovo idonea l’espressione di «ponte». I pilastri di un ponte si trovano uno in un lato e l’altro nel lato opposto. Il ponte non appartiene a nessuno dei due lati. Invece la Turchia è presente sia in Europa che in Asia. Noi, grazie ai nostri punti di forza, abbiamo notevoli vantaggi dalla creazione di un più intenso dialogo e nel rendere più vicini quelli che sembrano maggiormente lontani tra loro. Dobbiamo concentrarci più sui punti comuni che sulle differenze. Con la propria efficienza tuttora in aumento, e con il rafforzamento della propria economia, la Turchia proseguirà sempre più strenuamente questo metodo come mezzo di avvicinamento nella politica estera.
D. Nel caso in cui riesca ad entrare nell’Unione Europea, questo apporterà dei vantaggi ad entrambe le parti o soltanto ad una di esse?
R. Lo strumento che ha contribuito maggiormente alla pace e alla stabilità dell’Unione Europea è stata l’espansione. In questo modo il progetto dell’Unione non solo ha contribuito a portare la pace nel Continente nell’ultimo mezzo secolo, ma ha fornito in breve tempo rilevanti contributi alla stabilità dei Balcani. Le nostre relazioni con la Comunità prima e con l'Unione poi hanno una storia molto lunga. I rapporti istituzionali che vedono l’integrazione della Tuırchia con l’Unione Europea hanno compiuto quest’anno il 50esimo anniversario. Quindi i nostri rapporti hanno quasi la stessa età dell’Unione. Dall’economia al commercio, dall’istruzione alla sanità, dall’energia alle scienze, dai trasporti alla sicurezza internazionale e alla politica estera l’Unione Europea è uno dei nostri partner principali.
D. Nel periodo che va dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona, i membri UE sono saliti da 6 a 27. Con l’aggiunta della Croazia, prevista nel prossimo luglio, i partner saliranno a 28. Durante questo arco di tempo l’Unione è riuscita, in maniera stabile e continuativa, a rafforzarsi ulteriormente?
R. Il Premio Nobel per la Pace conferito all’Unione è stato un segno del ruolo significativo ed efficace svolto nella costruzione della pace e della stabilità nel Continente. Vedere l’Europa in una posizione avanzata e forte in campo sia regionale che globale non può che renderci felici. Questo perché vediamo anche l’UE nel nostro futuro. Noi vogliamo portare questa relazione ancora più avanti. Il motivo è il nostro interesse per il partenariato. L’UE dovrebbe proseguire non a fianco della Turchia, ma insieme ad essa. Questo è necessario da un punto di vista sia realistico sia di buon senso. Possiamo guardare insieme al futuro, con rispetto per i reciproci interessi e aspettative, e affrontarne le sfide. La Turchia fa parte dell’Europa. Siamo membri di tutte le principali organizzazioni internazionali in Europa. Siamo dentro l’Unione Europea con i nostri imprenditori, lavoratori, accademici, studenti, dottori e rappresentanti della stampa. Abbiamo l’obiettivo di coronare questo status con l’adesione a pieno titolo all’Unione Europea. È una scelta strategica per noi. La nostra adesione aprirà nuove opportunità per entrambe le parti.
D. Cosa ostacola questa aspirazione?
R. La questione del visto di ingresso, argomento di grande importanza per i nostri cittadini, profondamente delusi dall’attuale situazione. Con i nostri interlocutori nell’UE siamo in contatto su questo tema da molto tempo. Abbiamo illustrato chiaramente le nostre aspettative, quello che potevamo accettare o meno. Ci aspettiamo che si raggiungano risultati il prima possibile. Le complicazioni sul visto cui sono soggetti i cittadini turchi non sono compatibili né con l’attuale fase del processo di adesione della Turchia all’UE né con il nostro potenziale economico. La Turchia è membro dell’Unione doganale da 17 anni. Le merci e i capitali possono entrare liberamente nei Paesi europei, ma quando si tratta dei loro proprietari ci troviamo di fronte a condizioni, per il rilascio del visto, che spesso, oltre ad essere quasi insormontabili dal punto di vista formale, diventano umilianti dal punto di vista personale. L’esenzione dal visto costituirà un passo avanti fondamentale nelle relazioni. Aprirà l’orizzonte di entrambe le parti.
D. Ritiene l’opinione pubblica europea matura per tali atti?
R. L’opinione pubblica europea deve comprendere bene l’attuale fase in cui ci troviamo. La nostra adesione porterà profitti a tutte le due parti, mentre eventuali imprevisti porterebbero reciproci svantaggi. Siamo arrivati fino ad oggi senza essere membri dell’Unione Europea. Abbiamo l’obiettivo di essere tra le 10 potenze economiche mondiali entro 10 anni, nel 2023, anno in cui celebreremo il 100esimo anniversario dalla nascita della Repubblica. Se l’Unione Europea non vuole cadere in contraddizione con i propri principi fondamentali, dovrebbe rimuovere le barriere artificiali poste all’adesione della Turchia. Dal momento che la Turchia ha mostrato la propria volontà di integrazione, molto tempo fa, abbiamo difficoltà a capire perché il partenariato «win win» dopo 50 anni è messo ancora in dubbio in alcuni ambienti, e perché il processo duri così a lungo.
D. Qual’è la situazione politica, economica e sociale in Turchia?
R. La Turchia raccoglie soprattutto i risultati positivi della stabilità politica degli ultimi dieci anni. Questa situazione ha un ruolo determinante nei progressi ottenuti. Soprattutto nel campo economico ciò è particolarmente evidente. In realtà la Turchia è uno dei Paesi che è uscito più velocemente dalla crisi economica mondiale, ed anche uno dei Paesi meno colpito dalla recente incertezza economica globale. Registra la crescita economica più rapida d’Europa: la sua economia è infatti cresciuta del 9,2 per cento nel 2010, dell’8,5 nel 2011 e del 2,2 per cento nel 2012.
D. Quali sono gli altri dati?
R. Nel periodo 2002-2012 il tasso di crescita medio è stato del 5,15 per cento. Nel 2011 il deficit di bilancio in rapporto al prodotto interno è stato del 2,6 per cento; superando i 18 Paesi europei, la Turchia ha soddisfatto il criterio di Maastricht che prevede il 3 per cento massimo di deficit. Nello stesso modo, nel 2011 il deficit di bilancio centrale, in rapporto al prodotto interno, è stato dell’1,3 per cento: il migliore tra i 23 Paesi dell’UE. Nel 2010, secondo i dati della Banca Mondiale, la Turchia era il quinto Paese per forza di lavoro in Europa, dopo la Russia, la Germania, la Gran Bretagna e la Francia. Nel 2012 il tasso di disoccupazione è stato del 9,2 per cento. La Turchia si trova dunque in una situazione migliore rispetto a 15 Paesi dell’UE.
D. E i vostri rapporti commerciali?
R. L’anno scorso le nostre esportazioni sono ammontate a 152 miliardi di dollari, le importazioni a 236 miliardi. Il volume del commercio estero della Turchia in rapporto al prodotto interno si è attestato sul 49,5 per cento nel 2012. Per quanto riguarda gli scambi internazionali, il mio Paese si è decisamente integrato con il resto del mondo. La Turchia è un’importante base tra le regioni di produttori e consumatori di energia. Inoltre l’anno scorso è stata visitata da 36,8 milioni di turisti. 31 delle 225 maggiori società di costruzioni del mondo sono turche. Siamo al secondo posto in questo settore, dopo la Cina. Nello stesso modo sono stati compiuti notevoli passi avanti nel campo dei trasporti: siamo il più grande Paese in Europa con 450 mila camion sulle autostrade e 1.420 società. I progetti per la realizzazione del treno ad alta velocità proseguono rapidamente. Nel 2012 sono state trasportate 130 milioni di persone e 2,4 milioni di tonnellate di merci con circa 1 milione 100 mila voli partiti da 48 aeroporti. Con i suoi 76 porti, ha la 25esima più grande flotta marittima del mondo.
D. Come affronta la Turchia la crisi economica mondiale in corso?
R. I lettori forse ricorderanno che nel 2001 la Turchia ha vissuto una grave crisi economica. Poi sono stati avviati e compiuti con successo consistenti lavori per correggere le inadeguatezze strutturali della nostra economia e sono state portate a termine con altrettanto successo le riforme strutturali. Unite alla stabilità politica degli ultimi 10 anni e al conseguente senso di fiducia da essa conferito al contesto economico, tali riforme hanno fatto sì che il nostro Paese sia stato meno influenzato dalla crisi economica in atto nel mondo. I dati economici sono molto favorevoli. Le riserve valutarie sono consistenti. In un momento in cui molti Paesi cercavano denaro caldo, la Turchia ha sviluppato politiche per bilanciare il denaro che le arrivava, ha pagato regolarmente i debiti e ha estinto quello rimasto dal 2001 con il Fondo Monetario Internazionale.
D. Che pensa della grave crisi attuale?
R. Sui suoi effetti in Europa e su ciò che dovrebbe essere fatto si scrivono e si dicono tante cose; preferisco non entrare in questo argomento. Tuttavia devo sottolineare un aspetto: la Turchia con la propria giovane e qualificata popolazione, con la propria economia dinamica e in crescita, può contribuire positivamente in tutti i sensi a un’Europa al momento in grave crisi. L’adesione della Turchia all’Unione Europea aumenterà la dimensione del mercato interno europeo e rafforzerà la relativa competitività dell’UE nell’economia globale. L’adesione della Turchia, con il suo ampio potenziale economico, fornirà un grande valore  aggiunto. È una chiara indicazione di questo il fatto che nel documento finale della riunione di dicembre scorso del Consiglio degli Affari generali dell’UE, per la prima volta l’economia turca è stata descritta come un valido fattore che può contribuire alla competitività europea.
D. Razzismo e xenofobia inquinano i rapporti?
R. La Turchia prova una particolare preoccupazione per l’aumento di discorsi e azioni razziste e xenofobe nel contesto della crisi europea. Il peggioramento delle condizioni economiche e sociali ha rafforzato la posizione di queste tendenze estremiste fino a farle arrivare alle attuali allarmanti dimensioni. L’uso di discorsi contenenti retorica anti-musulmana da parte sia di gruppi estremisti che degli stessi partiti in alcuni Paesi, è particolarmente preoccupante. È una nuova manifestazione di razzismo ed è diventata una minaccia globale per la pace e la stabilità. Non dovrebbe essere consentito usare l’islamofobia in attività negative volte alla divisione della società su base religiosa e culturale, e a creare un nuovo clima di odio. Riteniamo che da una parte debbano essere preservati tutti i diritti e le libertà, in particolare la libertà di espressione; dall’altra sia opportuno creare i necessari strumenti giuridici internazionali per la lotta all’islamofobia.
D. Qual è lo stato dei rapporti bilaterali tra l’Italia e la Turchia?
R. Sono felice di affermare che le relazioni tra la Turchia e l’Italia, due potenze regionali nel bacino del Mediterraneo, sono a un buon livello. La dimensione storica dei nostri rapporti è molto profonda e risale al 14esimo secolo. Oggi cerchiamo di sviluppare ulteriormente queste relazioni in modo multidimensionale. Promuoviamo le nostre relazioni sia con contatti politici ad alto livello in campo politico, sia tramite incontri bilaterali. Usiamo i meccanismi dei vertici intergovernativi, dei Forum turco-italiani e dei Media Forum tra Turchia e Italia. Inoltre abbiamo un eccellente ed efficiente collaborazione nel comune campo della politica estera. In effetti, finora i due Paesi hanno potuto assumere una posizione comune su molti temi prioritari dell’agenda internazionale, dall’Afghanistan alla Siria, dal processo di riforma delle Nazioni Unite agli sviluppi nel bacino del Mediterraneo.
D. E la cooperazione in campo economico e commerciale?
R. È estremamente vivace. L’Italia è uno dei cinque Paesi con cui la Turchia ha il più alto volume di scambi commerciali. Nel 2012 le importazioni dell’Italia dalla Turchia hanno raggiunto i 5,2 miliardi di euro, mentre le esportazioni verso la Turchia raggiungono i 10,5 miliardi. Vi è anche un consistente rapporto di investimenti tra Turchia e Italia. Dall’anno scorso 930 aziende italiane operano in Turchia. Inoltre, ogni anno accogliamo nel nostro Paese 700 mila turisti italiani. Il turismo continua ad essere uno dei principali elementi che avvicinano i due popoli. I turisti italiani che hanno un interesse crescente per la Turchia preferiscono le vacanze in luoghi di mare, di cultura, di religione o di puro shopping; preferiscono principalmente le località di Istanbul, Bodrum, Marmaris, Cesme, Efeso, Cappadocia, Pamukkale e Antalya. Grazie anche all’influenza delle relazioni politiche ed economiche che proseguono ad alto livello, si osserva un crescente reciproco interesse per le culture dei due Paesi. Dato questo interesse, negli ultimi anni le nostre attività culturali in Italia si sono intensificate.
D. Può fare qualche esempio delle recenti iniziative intraprese?
R. La mostra fotografica «L’Ultima Carovana», svoltasi a Roma durante il febbraio-marzo del 2012, nell’ambito della Biennale della Seta organizzata dal Comune di Roma; la sfilata di moda, evento gastronomico e mostra fotografica, svoltisi nell’ambito del progetto «Da Corum a Roma»; la sfilata di moda degli stilisti italiani Gianni Molaro e Raffaella Curiel, tenutasi nella sede della nostra Ambasciata: sono solo alcuni dei recenti acclamati eventi. Inoltre a Roma è stato realizzato il Festival del Cinema turco che, sia nella prima edizione del 21-25 settembre 2011 sia nella seconda del 18-21 ottobre 2012, ha ottenuto un grande successo ed è stato apprezzato dall’ambiente cinematografico e dallo stesso pubblico italiano. Abbiamo in programma di realizzarne la terza edizione pure a Roma il 25-29 settembre 2013. Vorremmo che tale Festival diventasse una tradizione annuale e potesse in futuro coinvolgere cineamatori anche in altre città italiane. Organizziamo inoltre numerose mostre di pittura, scultura e fotografia al fine di far conoscere il più alto numero possibile di artisti turchi agli appassionati italiani di arte. Infine siamo nella fase finale dell’istituzione a Roma del Centro culturale turco Yunus Emre, progettato per portare a un livello superiore le relazioni culturali tra i due Paesi e per far conoscere meglio la lingua e la cultura turca in Italia. La collaborazione archeologica costituisce un’altra faccia considerevole delle relazioni culturali tra la Turchia e l’Italia: moltissimi archeologi italiani partecipano ogni anno alle attività di scavo archeologico in varie località del nostro Paese.
D. Quali progetti economici saranno sviluppati in collaborazione tra i due Paesi, o sono già in fase di attuazione?
R. L’Italia è tra i nostri partner principali nei settori strategici come quello bancario, energetico, dei trasporti. L’Italia nel settore bancario detiene il 50 per cento dell’Unicredit Koç Financial Services. Inoltre le principali banche italiane, come il Monte dei Paschi di Siena e l’Intesa San Paolo, hanno anche istituito uffici di rappresentanza nel nostro Paese. Numerose imprese di costruzioni italiane hanno un interesse significativo verso i grandi progetti infrastrutturali in Turchia. L’appalto aperto con il modello build-operate-transfer per la costruzione del tratto Odoyeri-Paaköt del progetto autostradale Nord Marmara, che comprende anche la costruzione del terzo ponte dello Stretto di Istanbul, è stato aggiudicato al Gruppo Joint Venture Industria Edile e Commerciale-Astaldi. Per la realizzazione del terzo ponte è previsto un investimento di 2,5 miliardi di dollari e si calcola che i lavori termineranno in tre anni. Un’altra area in cui Italia e Turchia si trovano in stretta cooperazione è il settore energetico. Il progetto Interconnector Turchia-Grecia-Italia, l’oleodotto Samsun-Ceyhan, la costruzione di impianti di stoccaggio a Ceyhan sono i progetti in corso che servono agli interessi comuni dei due Paesi.
D. E nel settore della difesa?
R. Una delle principali aree di cooperazione economica è l’industria della difesa. Il progetto più consistente realizzato in questo senso è l’Atak, un elicottero d’attacco prodotto congiuntamente dalle imprese AgustaWestland e Aselsan sotto l’appaltatore principale Tusa, Turco Aviation Company. Il primo elicottero prodotto in Turchia facente parte di un progetto di fabbricazione di 50 entrerà nella disponibilità delle Forze Armate turche del 2013 e si prevede che nel 2018 avvenga la consegna dell’ultimo esemplare. Sono presenti poi una collaborazione nel progetto Nave Nazionale prodotto dal nostro Paese e un’altra nel progetto satellitare Gokturks-1 e nell’Euro-Fighter, i cui lavori sono svolti insieme alla società italiana Telespazio, oltre che in progetti per la costruzione di velivoli da combattimento JSF, da addestramento M-346 e da trasporto tattico C-27J.
D. La Turchia acquisterebbe azioni di società o società nel nostro Paese?
R. È possibile, ed esempi di queste operazioni sono stati già osservati in passato. Infatti l’acquisto, da parte del Gruppo Kale nel 2011, della compagnia Fincuohi, impegnata nella produzione di piastrelle in ceramica a Sassuolo e comprendente le marche Edilcuohi, Edilgres e Campani, costituisce un esempio in questa direzione. Nello stesso modo nel 2012 il Gruppo Ziylan, noto per il marchio FLO nel settore, ha acquistato il famoso marchio di calzature italiano Lumberjack.  

Tags: Giugno 2013 Turchia ambasciate in Italia

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