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paolo d’alessio: così aiutiamo lo sport a crescere e i giovani a praticarlo

Paolo D’Alessio, commissario  straordinario dell’Istituto  per il Credito Sportivo

Unica banca italiana rimasta pubblica, l’Istituto per il Credito Sportivo è, da oltre 50 anni, al servizio dello sport con la concessione di finanziamenti per la costruzione, l’ampliamento e la ristrutturazione di impianti sportivi. Ha contribuito a realizzare più di 400 stadi, 1.600 piscine, 8 mila campi di calcio, migliaia di campi di basket, pallavolo, rugby e centinaia di polisportive. In gestione amministrativa straordinaria dal 2 gennaio 2012, ne sono commissari straordinari, Paolo D’Alessio e Marcello Clarich. D’Alessio recentemente è stato nominato anche vicepresidente della Fondazione Giulio Onesti-Accademia Olimpica Nazionale Italiana.
Domanda. Cosa significa, nel credito odierno, essere banca pubblica?
Risposta. L’Istituto è stato costituito nel 1957, in vista delle Olimpiadi di Roma del 1960, per contribuire allo sviluppo del patrimonio impiantistico e, da allora, ha finanziato il 75 per cento degli impianti in Italia, grandi e piccoli e per tutte le discipline, quindi rappresenta, da oltre mezzo secolo, un attore unico ed insostituibile del «sistema sport». Negli anni 90 vi fu la cosiddetta grande «evoluzione della specie» che consentì a tutte le banche di trasformarsi in società per azioni. Siamo rimasti banca pubblica, diciamo anche, per il tipo di attività svolta: quella di finanziare lo sport per stimolare tutti i suoi grandi valori etici, che comprendono anche il benessere psicofisico della popolazione e il risparmio sanitario che ne consegue.
D. Cosa offrite alla vostra clientela?
R. L’ICS è una banca monoprodotto perché eroga unicamente mutui. Si tratta, più esattamente, di un credito speciale indirizzato all’impiantistica sportiva, tipicamente agevolato da un fondo contributi di interessi a se stante, di proprietà dello Stato, che viene graduato in relazione al valore pubblicistico della singola opera che viene finanziata.
D. Chi sono i vostri clienti?
R. Negli anni 90 i nostri finanziamenti erano appannaggio degli enti pubblici in ragione di 90 contro 10 ai soggetti privati. Poi, a causa del sempre più stringente patto di stabilità degli enti locali, i prenditori pubblici sono diminuiti gradualmente; mentre sono aumentati i soggetti privatistici in considerazione dell'affermazione del modello di impianto sportivo sostenibile, cioè che produce un adeguato ritorno dell'investimento. Più esattamente, i dati di stock, cioè di stato patrimoniale, indicano il 52 per cento degli impieghi nei confronti di enti pubblici e il 46 per cento privati. In dati di flusso erogato invece, alla fine del 2012, l’85 per cento era destinato alla clientela privata e solo il 15 per cento a quella pubblica, che ogni anno decresce. Tra i nostri clienti citerei anche le parrocchie, che per noi rappresentano interventi di notevole valore pubblico ma di «taglio basso» quanto alla rilevanza economica, un settore che comunque vogliamo sviluppare, non escludendo convenzioni con la Commissione Episcopale Italiana o con le singole diocesi.
D. In relazione al credito erogato, non sembrate monopolisti nello sport?
R. Operiamo, sicuramente, in un settore non facile e che le altre banche guardano con un po’ di diffidenza. Noi abbiamo un’esperienza unica nel settore e, in particolare per le operazioni più importanti, offriamo attraverso l’apposito servizio advisory la nostra consulenza sul progetto in fieri, e, qualora questo risulti debole, può essere corretto e migliorato con il nostro apporto. Quando ci viene consegnato, il progetto già possiede in genere tutte le caratteristiche per ottenere il finanziamento.
D. Come sono distribuiti geograficamente i vostri uffici e servizi?
R. Abbiamo tre sedi, a Roma, a Milano e a Palermo. E poi disponiamo di una rete di 16 referenti commerciali di zona, tutti dipendenti interni della banca, che presiedono e sono responsabili di aree geografiche, appoggiandosi alle sedi regionali del Coni.
D. Quali requisiti e garanzie deve dare un progetto per ottenere il finanziamento?
R. Si parte, sempre, da un piano finanziario sostenibile che consenta il pagamento del debito, e che verifichiamo con i nostri parametri di riferimento. L’altro requisito fondamentale è la garanzia. Paradossalmente però, non prediligiamo l’ipoteca anche se la prendiamo, in quanto l'impianto sportivo, pur avendo alti costi di costruzione, ha tipicamente un basso valore commerciale in fase di recupero. Ovviamente solidissima come garanzia la «delegazione di pagamento» per gli enti pubblici. Molto spesso le operazioni sono accompagnate da un set di garanzie tra le quali: fideiussioni, cessioni di credito, cessioni di contributi, cessioni di contratti e pegni anche di marchi.
D. Per il campo sportivo della Comunità di San Patrignano avete concesso un mutuo agevolatissimo al 2,9 per cento fisso. Come decidete il livello di interesse?
R. I tassi sono costruiti in base a logiche di costo della provvista, e la nostra griglia si differenzia per un ente pubblico o per un privato. Gli enti pubblici non incorporano la componente del rischio, quindi beneficiano di tassi particolarmente bassi. I privati vengono classificati secondo il rating, cioè il rischio che presentano. La Banca dello Sport determina così il tasso da applicare e l'altra componente della Banca dello Sport, quella pubblica, lo mitiga con il contributo in conto interessi graduato, come già detto, in relazione alla valenza pubblicistica dell'operazione. Il mutuo a San Patrignano è da noi considerato di alto valore pubblico poiché produce un grande valore aggiunto, rappresentato dall’iter riabilitativo dei tossicodipendenti ospitati in Comunità.
D. Quali discipline sportive finanziate?
R. Oggi si assiste a notevole interesse per i centri di allenamento delle squadre di calcio, sia di serie A che di serie B, che riflette la grande attenzione rivolta alla preparazione atletica delle squadre e anche ai «vivai» di atleti. Studi approfonditi riferiscono che il «sistema sport» rappresenta il 3 per cento del prodotto interno tra entrate dirette e indirette e che, particolarmente tra le discipline, il calcio presenta una certa impermeabilità alla crisi; gli indicatori, cioè, denotano che alcuni settori tengono o addirittura crescono. Dopo il calcio, il secondo nostro asset è rappresentato dal golf, sport che muove notevoli capitali. E poi c’è il nuoto, perché le piscine molto spesso sono richieste da enti pubblici. Vengono quindi i centri polivalenti che praticano calcio, calcetto e calciotto; le palestre, i centri fitness ed anche qualche bocciofila. Invece, tra le discipline che hanno di recente ridotto il numero di praticanti figurano il tennis e l’equitazione. Non me lo spiego, se non con una certa ciclicità connessa ad ogni sport.
D. Quanti impianti sportivi ha l’Italia?
R. Mentre per la Francia è 400, la media italiana degli impianti sportivi per 100 mila abitanti è invece di 264 impianti. Tale valore va distinto: 354 nel Nord, 271 nel Centro e 149 nel Sud e nelle Isole. Per ridurre il gap impiantistico nel nostro Meridione si dovrebbe aumentare il contributo in conto interessi a favore di tutti gli impianti sportivi realizzati nel Mezzogiorno e nelle Isole.
D. Lo scorso aprile avete firmato un’intesa con l’Associazione Comuni d’Italia; a che punto è il progetto?
R. La convenzione è volta a favorire l’impiantistica di base in tutto il territorio nazionale; ad essa abbiamo affiancato un’iniziativa commerciale, la «Banca fuori dal Comune», ad un tasso di interesse particolarmente basso per offrire agli oltre 8 mila comuni d’Italia la possibilità di sviluppare lo sport. Stiamo creando le premesse, la realizzazione partirà in estate.
D. Può elencare i progetti in atto?
R. Lo Stadio del Friuli di Udine da 25 mila posti che stiamo finanziando con 20 milioni di euro su 25, rimborsabili in 18 anni; il Palazzetto dello Sport di Cantù; 4 centri di allenamento di calcio, tra cui quello della Juventus, tre campi da golf di cui duein Sicilia e uno nel Lazio; una piscina comunale a Terni e due in Campania, un centro fitness a Milano sui Navigli.
D. Qual è lo stato degli stadi di calcio?
R. La nostra arretratezza in merito è notevolissima. L’età media di queste strutture è di 60 anni. Quello che sicuramente farebbe sorgere una generazione di nuovi impianti è la legge sugli stadi ferma in Parlamento. Per essere però efficace, dovrebbe prevedere tempi certi e contenuti dell’iter amministrativo, più le cosiddette compensazioni edilizie, cioè la possibilità di avere, per chi costruisce, componenti aggiuntive quali cubature residenziali all’esterno e spazi commerciali all’interno. Sostanzialmente, però, occorrerebbe un cambio di mentalità, una sorta di evoluzione culturale del tifoso per assimilare il concetto di «stadio amico», di struttura in cui poter andare 7 giorni su 7, perché ospita il cinema multisala, il centro commerciale, il museo della squadra di calcio, e nella quale le famiglie si recano perché vi trovano tutti i comfort. Quindi gli stadi devono essere sempre più tecnologici, polifunzionali, sicuri, realizzati a misura del territorio per il quale sono destinati.
D. In che misura avete contribuito al finanziamento dello Juventus Stadium?
R. Questo vero gioiello è costato 120 milioni di euro, finanziati per metà dall’ICS con un mutuo agevolato a 12 anni. Con tale bellissima iniziativa la Juventus nel solo primo anno ha triplicato i ricavi dimostrando, come anche alcune squadre tedesche di massima divisione, che la dimensione economica dei club fa aumentare la possibilità di vittoria delle stesse società di calcio. Cioè, esiste una stretta connessione tra la virtuosità agonistica e la perfetta gestione delle infrastrutture. Questa è la combinazione che risulta ormai vincente.
D. Di recente è cambiata tutta la governance dello sport italiano. Che ne pensa?
R. Ritengo che vi siano precisi segnali di rinnovamento, a partire dal Coni gestito dal nuovo presidente Giovanni Malagò, dal nuovo vertice della Coni Servizi con Franco Chimenti presidente e Michele Uva direttore generale; e per finire con la campionessa Josefa Idem, nuovo ministro dello Sport e delle Pari Opportunità, la quale ha dichiarato che sogna di introdurre la parola sport nella Costituzione. Un miglior trend non potrebbe esserci.
D. Quale rapporto intercorre tra l’Istituto e le zone colpite da calamità naturali?
R. L’Istituto ha un Fondo per finalità sociali e culturali alimentato da una quota di utili annuali. Dallo scorso anno abbiamo rivolto grande attenzione all’area dell’Emilia colpita dal terremoto, erogando un contributo diretto e realizzando raccolte fondi anche con le «partite del cuore». Con i fondi ricavati, circa 120 mila euro, ristruttureremo 3 palestre scolastiche rimaste inagibili a causa del sisma, a Carpi e a Castelfranco Emilia. In ambito culturale abbiamo concesso un piccolo contributo alla realizzazione del film «La mossa del pinguino», prima regia dell’attore Claudio Amendola, incentrato sul curling e ambientato nel contesto delle Olimpiadi di Torino del 2006, che sarà presentato in occasione dei prossimi Giochi olimpici invernali di Sochi 2014.
D. Quali agevolazione avete in cantiere per l’impiantistica sportiva?
R. Stiamo istituendo un Fondo nazionale di garanzia con funzioni di moltiplicatore, per sostenere i progetti meritevoli ma carenti di garanzie. Renderà più agevole il ricorso al credito.    

Tags: Giugno 2013 finanziamenti credito udine sport rugby Coni

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