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renato panella: case ater, dalla nuova povertà alla progettazione sociale

Renato Panella

di ROMINA CIUFFA

 

L’ambito cui rapportarsi in questi ultimi anni, per l’edilizia pubblica, è notevolmente mutato sia nei riferimenti che nelle prospettive: senza più il flusso dei finanziamenti garantiti dallo Stato diviene arduo sia poter conservare l’integrità fisica del patrimonio realizzato, sia fronteggiare le esigenze di alloggi non più soltanto delle categorie dei meno abbienti, ma anche di altre categorie di cittadini, come quelle formatesi per il lievitare vertiginoso dei canoni di locazione dell’edilizia privata. Si è così configurata, ormai, una sorta di nuovo proletariato che ha già cominciato a bussare, sempre più insistentemente, alle porte del potere. Perché, nonostante sia cresciuto il numero di proprietari della prima casa, moltissime famiglie vivono al limite della soglia di povertà, spendendo per l’affitto ben oltre il 35 per cento del proprio reddito. Queste situazioni vanno a sommarsi a quelle esasperate dalla presenza di problemi di handicap, di anziani con reddito minimo, di tossicodipendenza, di immigrazione, di giovani coppie, di ragazze madri, di studenti, determinando, in particolare nelle grandi città, l’acuirsi della disparità tra classi sociali. Si riaffaccia così «l’emergenza casa».
La risposta questa volta non potrà limitarsi soltanto a fornire, come qualche volta è accaduto, uno spazio per sopravvivere, più o meno etichettato da forme diverse di sperimentazione, ma dovrà, anche e soprattutto, considerare la persona che in quello spazio andrà a vivere. Una «progettazione sociale» dell’abitare, quindi, che tenga prioritariamente in considerazione le classi più deboli e che, attraverso appropriate ristrutturazioni, migliori definitivamente le condizioni dell’utenza in quei complessi di edilizia pubblica ancora emarginati dal contesto urbano. Ne parla a Specchio Economico Renato Panella, direttore generale dell’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma, che dal settembre 2002 è ente pubblico economico ed ha visto ampliare le proprie competenze e le possibilità di rapportarsi con tutti gli operatori presenti nel settore della casa: la nuova azienda dovrebbe essere in grado di risolvere, con piena soddisfazione dell’utenza, almeno una parte dei problemi esistenti, coniugando i vecchi ai nuovi compiti.

Domanda. Che cos’è l’Ater?
Risposta. L’attuale Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma è nata, con una legge del 2002, dalla trasformazione del vecchio Istituto autonomo delle case popolari della provincia di Roma, a sua volta erede del primo Icp, l’Istituto case popolari, di inizio 900. L’Ater di Roma è di gran lunga la più importante azienda nel Lazio e la seconda in Italia dopo Milano. L’ente ha cambiato varie volte la propria veste giuridica, passando da ente assistenziale e benefico ad ente pubblico non economico, e poi all’azienda di questi ultimi anni. Al di là della veste giuridica, la sua funzione è rimasta sempre la medesima, quella di fornire un’abitazione alle famiglie non abbienti, cioè di svolgere il servizio di edilizia sociale. In base alla definizione europea, l’edilizia sociale è un Sieg o Servizio d’interesse economico generale, e come tale soggetto all’esenzione dalla notifica degli aiuti di Stato. La normativa sull’edilizia sociale è regionale, se si eccettua la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni riservata alla normativa statale dall’art. 117 della Carta costituzionale. Il livello essenziale della prestazione del servizio pubblico di edilizia sociale è l’«alloggio sociale», definito nel decreto interministeriale 22 aprile 2008. Il patrimonio immobiliare, che è lo strumento per l’erogazione del servizio pubblico, è per l’azienda romana costituito da circa 50 mila alloggi.

D. Quali sono le sue funzioni e in quale modo le espleta?
R. L’ente ha sulla carta una doppia natura: di gestore del servizio pubblico da una parte e di imprenditore dall’altra. Può, cioè, investire nel patrimonio non destinato al servizio pubblico - cioè extraresidenziali, aree ecc. - e nel know how del proprio personale specializzato, per finanziare almeno in parte le proprie attività. Ed è proprio questa la strada che la nuova Azienda sta progressivamente battendo, in un percorso però irto di difficoltà quali, prima fra tutte, l’imposizione fiscale, che colpisce pesantemente le sue attività ignorando del tutto le finalità pubbliche del servizio che eroga. E che è del tutto analogo a quello svolto, in base alle stesse leggi, dal Comune di Roma, le cui attività sono invece per lo più detassate. L’Azienda è ente strumentale della Regione Lazio, al cui controllo è soggetta, anche per quanto riguarda il bilancio.

D. Quali i rapporti con la Regione?
R. Sono segnati da frequenti e proficui contatti. Nella scorsa legislatura si sono estesi anche a un riordino della legislazione regionale, al momento carente e incoerente con le sue stesse finalità dichiarate: nelle case dell’Ater di Roma, destinate ai «non abbienti» sono legittimamente presenti almeno 2 mila abbienti. La legislazione attuale è, infatti, sostanzialmente inadeguata da una parte alla crescente complessità del quadro istituzionale e normativo generale e, dall’altra, alle esigenze concrete di un’utenza, anche appartenente all’ex ceto medio, impoverita dalla crisi, che preme per il riconoscimento di un diritto a Roma ancora negato. I tempi di attesa per chi fa istanza di una casa sociale rasentano il decennio, e l’offerta è molto al di sotto della domanda.

D. In quale rapporto l’azienda è con il Comune di Roma e con altre istituzioni?
R. Le finalità dell’azienda possono essere raggiunte solo con consistenti sinergie con le altre istituzioni cittadine, in particolare con il Comune nelle sue varie articolazioni: Dipartimento delle Politiche abitative, Polizia municipale, Servizi sociali ecc. In tempi recenti sono state attivate proficue collaborazioni anche con la Guardia di Finanza per il controllo dei redditi degli assegnatari, e con la Procura della Repubblica di Roma per le occupazioni abusive ed anche per le dichiarazioni false. Per normativa e per statuto l’azienda ha un ampio margine di manovra, in particolare, per attuare i propri fini con interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, agevolata, convenzionata e autofinanziata, sia per la costruzione sia per il recupero delle abitazioni e degli immobili di pertinenza. Può inoltre acquistare terreni necessari agli interventi edilizi. All’interno, l’azienda, dotata di un consiglio di amministrazione di nomina regionale, è articolata come una pubblica amministrazione, seppure in via di evoluzione da organismo burocratico e gerarchizzato a struttura agile ed efficiente, fortemente orientata al servizio all’utenza. Il direttore generale, responsabile dell’attività dell’Ente, è il crocevia di tutti i rapporti: tra politica e organizzazione, tra i dirigenti, con i dirigenti, tra vertici e corpo aziendale, tra azienda e istituzioni esterne e tra Azienda e cittadinanza.

D. Occupazioni abusive, morosità, debiti: quali sono le difficoltà del sistema casa, e in particolare dell’Ater?
R. La principale difficoltà nel Lazio è, come si è detto, la normativa regionale sull’edilizia sociale, che ha profili incongrui, con conseguenti effetti di concreta iniquità a livelli anche macroscopici. È ad esempio consentita, senza limiti di reddito, la permanenza di famiglie abbienti nelle case sociali, sia pure a canone concordato. A Roma, i problemi causati dalla normativa sono amplificati dalla peculiarissima condizione della città, che ha contemporaneamente i valori di mercato, cioè i canoni e i prezzi di vendita più alti in Italia e probabilmente in Europa, e i valori di edilizia sociale, cioè il canone medio e soprattutto i prezzi di vendita, tra i più bassi del Paese. Il gap crea notevolissime disfunzioni, da una parte perché il salto dall’assistenza al mercato libero è troppo drastico e dunque scoraggia un passaggio che, in altre aree, è meno traumatico ed è anzi vissuto come una crescita sociale; dall’altra perché incentiva, anche da parte di chi non necessita di assistenza abitativa, comportamenti illeciti allo scopo di ottenere e conservare la casa sociale. La speculazione su un alloggio di edilizia sociale a Roma può raggiungere livelli ragguardevoli considerato che l’assegnatario - che può essere anche un ex occupante sanato e avere qualunque reddito, anche alto o altissimo - può acquistare a prezzi che corrispondono, nelle zone più prestigiose della città, anche a un decimo del prezzo di mercato, e può rivendere dopo pochi anni a valori di mercato.

D. Quanto incide la morosità degli utenti dell’Ater?
R. La gestione del recupero dei crediti in questo contesto è fortemente condizionata dalla composizione dell’utenza dell’Ater, costituita solo per il 64 per cento circa, nel febbraio 2013, di utenti regolari. L’11 per cento circa è composto da occupanti abusivi e il restante 25 per cento circa riguarda posizioni che richiedono verifiche e lavorazioni amministrative e contabili per essere codificate nella prima o nella seconda categoria. Nel Lazio si sono susseguite - ed è un’ulteriore problema - varie leggi regionali di sanatoria delle occupazioni, ultime la 33/1987, la 18/2000 e la 27/2006; queste hanno avuto il duplice effetto di incentivarne la pratica e di rendere estremamente complessa la gestione amministrativa dell’utenza. Sono state anche previste, dalle medesime leggi, procedure farraginose che, d’accordo con il Comune, stiamo tentando di semplificare, e i cui tempi di lavorazione sarebbero biblici, senza alcuni drastici interventi ora al vaglio dei Vertici.

D. La morosità degli utenti regolari?
R. È attestata intorno al 25 per cento dell’importo emesso, che nel nostro contesto può considerarsi accettabile e vicina a limiti fisiologici. È invece di circa l’80 per cento per gli irregolari o in regolarizzazione. Sui circa 439 milioni di euro che costituiscono il saldo contabile a febbraio 2013, meno di un terzo è costituito dalla morosità di utenti regolari. Il dato sul saldo contabile è però certamente sovrastimato, in quanto mai depurato dai crediti incagliati o inesigibili, e soggetto a forti riduzioni al momento della contabilizzazione puntuale per le regolarizzazioni. Contribuisce alla sostanziale non corrispondenza tra il debito iscritto e la concreta possibilità di suo recupero, il non aver mai affrontato l’ente la questione della morosità sociale, come invece generalmente avviene negli altri enti gestori. Dal 2009 la questione della morosità è stata affrontata con metodo «scientifico» allo scopo di ricondurne ad azione ordinaria il perseguimento per la prima volta nella storia dell’ente. La prima attività, nel 2009, è stata lo studio del fenomeno e la messa a punto di strumenti di misurazione e monitoraggio, prima molto carenti nell’azienda, e di programmi informatici per agevolare le lavorazioni.

D. Come intendete affrontare tali problemi e cosa avete già fatto?
R. Nel 2010 è stata pianificata un’azione massiccia per raggiungere tutti gli utenti regolari, basata su nuovi criteri di comunicazione con l’utenza, allo scopo di ottenere il massimo dei riscontri con la sola attività stragiudiziale. Le diffide al pagamento sono state differenziate per linguaggio e contenuto, secondo la tipologia di utenza preliminarmente individuata cui erano destinate. L’esito è stato positivo. Più della metà dell’utenza raggiunta dalle diffide del nostro piano di recupero nel 2011 ha dato seguito ad esse, consentendo il recupero del credito in via stragiudiziale. La percentuale è stata circa la stessa di precedenti campagne di recupero, connesse però a sconti e facilitazioni in questo caso assenti. È ora all’esame la proposta di istituire una struttura ad hoc per l’avvio del recupero dei crediti come attività aziendale ordinaria, e il perseguimento in generale delle irregolarità dell’utenza. La struttura riunirà tutte le attività necessarie in un unico contesto lavorativo, comprendendovi le attività legali e i referenti per le indispensabili sinergie con altre istituzioni cittadine: Comune di Roma, Prefettura, Questura, Procura della Repubblica, Polizia locale ecc. Gli attuali occupanti abusivi sono circa 5 mila. L’incremento nell’ultimo anno è stato di circa 140 unità. Alle notizie di occupazioni gli uffici si attivano in tempo reale per il rilascio degli alloggi.

D. I vari problemi, a partire dall’occupazione abusiva, sono affrontati anche con rimedi di tipo penalistico - nel caso di interventi della forza pubblica -, in via civilistica? Può citare le varie alternative, conseguenze, difficoltà?
R. L’azienda gode di strumenti processuali privilegiati che le consentono di costituirsi in via amministrativa un titolo esecutivo per il rilascio. Ma per rientrare nella disponibilità degli alloggi e poterli riassegnare occorre eseguire gli sgomberi. La liberazione degli alloggi occupati è il principale strumento, oltre alle restituzioni spontanee incrementate, dal 2009 al 2012, del 23 per cento, per consentire al Comune di Roma di assegnare gli alloggi agli aventi diritto in graduatoria. Nel 2009 è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per condividere gli oneri e gli adempimenti delle procedure di sgombero. Il protocollo è stato però recentemente risolto dal competente Dipartimento comunale. L’Ater ha allora immediatamente chiesto al prefetto l’istituzione di un tavolo inter-istituzionale. Le occupazioni abusive vengono denunciate ai sensi degli articoli 633 e 639bis del codice penale; l’occupazione abusiva di un edificio a destinazione pubblica è perseguibile d’ufficio. Lo scorso gennaio, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza e in seguito al monitoraggio in forma massiccia, l’Azienda ha avviato altri accertamenti di rilievo penale sulla veridicità delle dichiarazioni anagrafiche rese dagli utenti in occasione dei periodici censimenti. La difformità delle dichiarazioni rese all’Ater rispetto a quelle fiscali ha comportato alcune segnalazioni di reato alla Procura della Repubblica, sulla base di preventivi accordi con la stessa definiti. Sempre in seguito ad intese, le dichiarazioni incongruenti sono state oggetto di altrettante segnalazioni alla Guardia di Finanza la quale, dopo conseguenti verifiche, procede ove ritiene necessario.

D. Che vi aspettate dalla nuova Giunta comunale e quali le vostre richieste?
R. Le sinergie con il Comune di Roma sono essenziali per il funzionamento del servizio pubblico di edilizia sociale, che lo stesso Comune svolge per gli alloggi di sua proprietà. Dalla Polizia cittadina ai Servizi Sociali, al Dipartimento delle politiche abitative, è praticamente inattuabile qualunque seria politica di risposta all’utenza e di perseguimento degli abusi senza strette e organiche connessioni tra le nostre azioni e quelle dell’Amministrazione comunale. La nuova amministrazione capitolina dovrebbe rispondere a questa imprescindibile esigenza se si vuole assicurare alla città e ai cittadini un servizio sociale di cruciale importanza in questo momento storico, per arginare gli effetti della nuova povertà e proteggere i cittadini dalle ripercussioni del disagio sull’ordine pubblico. Attualmente la Direzione generale ha stabilito un’ottima collaborazione con l’assessore Fabio Refrigeri, privilegiando le politiche volte al ripristino della legalità per favorire le aspettative degli aventi diritto vanificate dalle occupazioni abusive, e con riguardo ad ogni iniziativa finalizzata al miglioramento delle strutture che si occupano della soluzione dei problemi relativi all’edilizia residenziale pubblica.

D. Come si svolge la manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni dell’Ater?
R. La manutenzione, sempre purtroppo insufficiente rispetto alle esigenze di un patrimonio immenso, avviene mediante l’indizione di gare d’appalto per lavori o servizi. Distinguiamo quindi tra servizi di pronto intervento mirati a tamponare, nell’immediato, potenziali pericolosità o disagi derivanti da situazioni non previste né prevedibili, come rottura di tubazioni, spicconatura di intonaci ecc., manutenzione ordinaria che si realizza tramite lavori finalizzati al ripristino della funzionalità dell’organismo edilizio come rifacimento di terrazzi, tetti ecc., e infine manutenzione straordinaria con interventi mirati al recupero integrale dell’organismo edilizio e delle sue pertinenze.

D. Si parla di una sede unica. È un progetto realizzabile?
R. Le nostre numerose sedi, alcune   site in luoghi prestigiosi, costituiscono un patrimonio immobilizzato che, liquidato e sostituito con una sede unica, potrebbe rimettere in moto attività ora rallentate per carenza di fondi, o autofinanziare interventi e investimenti. Andiamo sempre più incontro a modalità di lavoro che prescindono dalla collocazione fisica di uffici e di lavoratori e privilegiano attività diverse dal controllo «fisico» sui lavoratori e sul lavoro. Sarà sempre più indifferente il «dove» si lavora e sempre più determinante il «come». I nostri utenti potranno sempre più raggiungerci con strumenti virtuali: stiamo per varare un nuovo sito web assai più «user-friendly» di quello attuale e che presto consentirà di svolgere direttamente on line alcuni scambi, ad esempio la presentazione di nuove istanze.   

Tags: Giugno 2013 Lazio Roma casa Regione Lazio polizia edilizia

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