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massimo roscigno: filippini e italiani, lunga intesa culturale ed economica

Massimo Roscigno, ambasciatore d’Italia nelle Filippine

I rapporti tra l’Italia e le Filippine sono caratterizzati da tradizionale amicizia e cordialità, favorite da una certa affinità culturale legata alla dominazione spagnola delle Filippine: la presenza in Italia della più ampia comunità filippina in Europa rafforza la prossimità tra i due Paesi. I rapporti culturali sono regolamentati dall’accordo di cooperazione culturale stipulato il 17 giugno 1988.
La parte filippina è ricettiva ed interessata alla nostra cultura nei suoi vari aspetti come la musica, l’opera, il cinema, il teatro, la danza, l’arte, il restauro, il design, la cucina. Esistono nelle Filippine un comitato della Società Dante Alighieri, fondato nel 2005, e un’associazione italo-filippina che opera nelle Filippine da quasi 50 anni. La lingua italiana è insegnata in due università: la University of the Philippines e l’Ateneo De Manila University; l’italiano viene inoltre insegnato in diverse sedi della scuola Montessori e in scuole private.
L’ambasciatore italiano a Manila Massimo Roscigno, già viceconsole a New York, dal 1988 al 1992 ha operato a Manila, poi Roma, Beirut, Los Angeles e dal 2003 a Roma nella Direzione generale per i Paesi dell’Asia, Oceania, Pacifico e Antartide; poi è stato console generale a Shanghai. Al suo rientro nel 2010 è passato alla Direzione generale per la Mondializzazione e le Questioni globali e, nel 2012, è divenuto vicecapo del cerimoniale diplomatico della Presidenza della Repubblica. Da gennaio 2013 rappresenta l’Italia a Manila.
Domanda. Affinità con l’Italia per la dominazione spagnola e la più grande comunità di filippini presenti nel nostro Paese che inviano valuta in patria; popolazione numerosa e buoni indicatori economici; quali altre caratteristiche delle Filippine in relazione con l’Italia?
Risposta. È vero, molte sono le affinità che accomunano i nostri due Paesi, rafforzate soprattutto dai rapporti umani e dai numeri. In Italia i filippini contano circa 135 mila presenze ufficiali che salgono a circa 180 mila considerando anche gli irregolari, e rappresentano la sesta comunità straniera con un volume di rimesse medio, negli ultimi anni, valutato intorno ai 500 milioni di dollari. Si tratta della più numerosa comunità filippina nell’Europa continentale; tra i Paesi europei solo la Gran Bretagna supera il nostro Paese. La scelta dell’Italia da parte di tanti ofw, cioè «overseas filipino workers», è di per sé un buon indicatore della comunanza sotto tanti aspetti tra i due Paesi. Infatti, oltre alla tradizione cattolica, l’impronta plurisecolare spagnola ha lasciato alcuni tratti «latini» chiaramente distinguibili–attaccamento alla famiglia, emotività, carattere estroverso e passionale ecc.–, che senz’altro rendono le Filippine il Paese asiatico culturalmente più vicino a noi ed hanno un’importante influenza sulla percezione che si ha dell’Italia. L’immagine del nostro Paese è tuttora fortemente positiva e i prodotti italiani sono decisamente apprezzati nelle Filippine, dove il «made in Italy» è sempre sinonimo di prestigio di elevata qualità. Da un punto di vista economico, invece, con una crescita che nel 2012 ha sfiorato il 7 per cento, le Filippine ricordano l’Italia ma, duole rilevarlo, quella degli anni del boom economico, caratterizzati da città in rapida espansione e dalla febbrile costruzione di strutture moderne.
D. A che punto è lo sviluppo sociale del Paese?
R. Nonostante l’esuberante crescita degli ultimi anni, permane una forte sperequazione tra gli strati sociali nel Paese. Un saldo economico positivo non si è purtroppo tradotto in migliori condizioni di vita per tutti i filippini. In questo contesto le critiche più frequenti mosse alla corrente amministrazione riguardano, ad esempio, il persistente ritardo nel raggiungimento dei millenium development goals, soprattutto per quanto attiene a obiettivi quali l’istruzione primaria universale, la salute materna, e, appunto, la disuguaglianza economica. Gli ostacoli più evidenti sono da ricercare in una pesante tradizione di corruzione e impunità, ed in un’eccessiva concentrazione economica tra poche famiglie; la crescita beneficia pochi ed esclude i più, ampliando ulteriormente il divario tra i ceti ricchi e quelli più poveri. Va dato peraltro atto al presidente Benigno Aquino del suo forte impegno e delle buone intenzioni in questo versante, in particolare nella lotta alla corruzione; e in molti casi i risultati si sono visti, grazie anche alla presenza di un’informazione libera e disinvolta. L’amministrazione ha fatto della cosiddetta «inclusive growth» uno dei propri slogan politici.
D. L’economia nel primo semestre 2013 è cresciuta del 7,8 per cento; a che punto è lo sviluppo economico?
R. Il risultato del primo semestre 2013 è stato il più elevato in tutta l’Asia orientale, picco di un’economia che, negli ultimi tre anni, è cresciuta ad un valore medio del 6 per cento. Un risultato considerevole se inserito in un contesto di crisi globale e che contrasta particolarmente con le recessioni in atto in molte economie del vecchio continente. La crescita è principalmente alimentata dai consumi interni, con una componente privata del 70 per cento, in un Paese che ha una propensione al consumo tra le più alte nel continente asiatico. A questo si deve aggiungere il costante contributo dei lavoratori residenti all’estero, con un volume di rimesse di circa 20 miliardi di dollari solo nel 2012, equivalenti a circa il 9 per cento del prodotto interno nazionale. Risultati estremamente positivi, considerando che avvengono nonostante la perdurante presenza di significativi ostacoli allo sviluppo, quali la presenza di regole restrittive per gli investimenti stranieri, lo stallo nei processi di riforma di alcuni settori economici e la lentezza nello sviluppo dei grandi progetti infrastrutturali. Alcuni di questi ostacoli potrebbero essere presto rimossi con l’evoluzione normativa contestuale alla progressiva integrazione economica dei Paesi Asean prevista a partire dal 2015, quindi con previsioni di crescita al rialzo nel medio e lungo termine.
D. Com’è il tessuto imprenditoriale?
R. Il panorama imprenditoriale nelle Filippine è dominato da un’oligarchia locale di una cinquantina di famiglie che hanno posizioni dominanti nei diversi settori di competenza. Su questo punto numerose analisi concordano sul fatto che la creazione di tali posizioni sia stata possibile, in molti casi, attraverso meccanismi collusivi di «regulatory capture». Basti pensare che i conglomerati, gestiti da queste famiglie, pur rappresentando solo lo 0,4 per cento delle imprese, pesano per il 64 per cento del prodotto interno e il 39 per cento dell’occupazione complessivi. Le piccole e medie imprese rappresentano meno dell’ 8 per cento, con un contributo complessivo del 31 per cento per il prodotto interno e del 31 per cento per l’occupazione. Il resto consiste in microimprese, 92 per cento del tessuto imprenditoriale complessivo, che rappresentano solo il 5 per cento del prodotto interno, ma il 30 per cento dell’occupazione. Questi dati mostrano in tutta evidenza l’importanza della creazione di un mercato più competitivo per il Paese. Il dibattito intorno all’introduzione di una legge sulla concorrenza nelle Filippine è in corso da più di 15 anni, purtroppo ancora senza risultato. Tra le misure concrete prese dall’attuale amministrazione in questo senso rientra senz’altro la creazione di un «competition office» alle dipendenze del Dipartimento di Giustizia, ma questo tuttora nelle more di una propria normativa completa sulla concorrenza che dovrà essere approvata dal Congresso.
D. Il made in Italy nei Paesi asiatici ha registrato un export crescente; quali sono i prodotti più richiesti nelle Filippine?
R. Senz’altro per i filippini l’Italia è percepita come il Paese delle tre F: fashion, food e furniture. Sono questi i tre settori con cui il nostro Paese viene associato più frequentemente. In realtà le voci principali dell’export italiano qui sono quelle dei macchinari, sia per impiego generale che speciali, e dei prodotti chimici, in particolare fertilizzanti e medicinali. Un peso determinante hanno però anche i prodotti di gioielleria e alcuni accessori di moda, lavorazioni in cuoio ecc.
D. Il potenziale per gli investitori è alto. Quali sono i settori più promettenti?
R. I settori maggiormente in crescita sono quelli dei servizi e in particolare quello legato al business process outsourcing. Nel corso del primo semestre del 2012 le Filippine hanno superato anche l’India come primo fornitore globale di call center, ma sono in forte crescita anche i servizi più sofisticati legati al settore informatico e tecnologico. Per favorire la crescita del BPO il Governo ha approvato i necessari emendamenti al codice del lavoro ed ha introdotto una nuova legge per la tutela e la riservatezza dei dati. Finora, il settore ha generato 11 miliardi di dollari di ricavi e 640 mila posti di lavoro a tempo pieno, e si calcola possa raggiungere i 25 miliardi di dollari e 1,3 milioni di posti di lavoro entro il 2016. Il Paese ha inoltre un grande potenziale nel settore minerario, è tra i 5 più importanti Paesi del mondo per riserve minerali complessive.
D. Tutte queste risorse come possono essere sfruttate nel modo migliore?
R. Molti analisti ritengono che, se sfruttate in modo responsabile, sarebbero in grado di sollevare totalmente il Paese dal suo sottosviluppo. Secondo il Mines and Geosciences Bureau del locale Department of Environment and Natural Resources, le Filippine sono il secondo Paese del mondo per riserve in oro e il terzo per quelle in rame, oltre a disporre di 152 milioni di barili di riserve di petrolio e 3,7 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale. Per la cattiva gestione ambientale in alcuni siti e la sbilanciata condivisione dei benefici economici tra il Governo e le compagnie minerarie avutasi in un passato anche recente, è in corso una riforma, dagli esiti ancora incerti, che si propone di ridefinire la politica mineraria governativa, con nuove norme e regolamenti di attuazione che pongano l’accento sullo sviluppo sostenibile, equa ripartizione degli introiti, e l’introduzione di meccanismi di public bidding per le concessioni di sfruttamento.
D. Cosa ne è delle produzioni italiane?
R. Per quanto riguarda le più tradizionali, il Paese presenta un potenziale molto interessante, soprattutto se si considera che la classe media emergente è formata in gran parte da giovani, con la più elevata propensione al consumo della regione, e una cultura forse meno parsimoniosa degli altri vicini asiatici, frutto anche di un’influenza culturale americana. Bisogna tenere conto della restrittiva legislazione sugli investimenti stranieri; nella maggior parte dei casi la quota maggioritaria del capitale deve essere di proprietà filippina, ma a questi inconvenienti si può ovviare attraverso soluzioni distributive quali il franchising. Se, invece, si vogliono scegliere le Filippine come trampolino verso il resto dell’Asia dal momento che solo il mercato conta oltre 600 milioni di consumatori, attraverso attività export-oriented, oltre alla possibilità di piena partecipazione straniera al capitale sono previsti numerosi incentivi fiscali, attraverso i meccanismi della registrazione BOI e degli investimenti nelle zone economiche speciali.
D. E i partner commerciali più cercati nelle Filippine in questo momento?
R. Più che «cercare» i partner commerciali, le Filippine hanno un sostanziale problema di «attrattiva» per gli investitori stranieri. Il livello potenziale di investimenti esteri diretti nelle Filippine è fortemente limitato dalla costituzione del 1987 dove, quasi in tutti i casi, la proprietà straniera è limitata ad un massimo del 40 per cento. Questo elemento, insieme alle lunghe e complesse procedure burocratiche di creazione delle imprese, una corruzione ancora ampiamente diffusa, una mancanza di tutela giuridica efficace con un ordinamento caratterizzato da responsabilità spesso poco chiare, hanno finora impedito alle Filippine di raggiungere livelli di investimenti esteri diretti simili a quelli di altre vicine economie: Thailandia, Indonesia, Malesia. L’amministrazione ne è ovviamente consapevole e uno dei punti chiave nel programma governativo è la ricerca di misure concrete per rendere l’economia più aperta dal punto di vista internazionale, misure che potrebbero implicare modifiche al capitolo economico della costituzione. Va altresì considerato che, a partire dal 2015, inizierà la fase finale di integrazione economica regionale in ambito Asean, e in un’ottica via via più avanzata di «mercato comune» certe «chiusure» diventeranno sempre più incompatibili. Ad ogni modo i partner commerciali più consistenti sono Giappone, USA, Cina e Corea. L’Italia occupa la ventesima posizione in termini di volumi scambiati.
D. È una meta ancora poco visitata per turismo. Come si può incrementare il numero dei turisti, vista la situazione delle infrastrutture ancora da migliorare?
R. Il Paese dispone di un patrimonio paesaggistico notevole, formato da oltre 7 mila isole, con scenari spettacolari di coste, barriere coralline, spiagge, una ricchissima biodiversità; senza contare la spettacolarità offerta anche dall’interno con foreste, montagne, vulcani e la ricchezza del suo folklore. Nonostante questo potenziale il turismo contribuisce solo per il 6 per cento al prodotto interno filippino con un fatturato valutato intorno ai 4,5 miliardi di dollari. Ogni anno circa 4 milioni di turisti visitano il Paese, in maggioranza coreani, circa 1 milione, e statunitensi, 650mila, seguiti da giapponesi e cinesi. Il turismo dall’Europa è invece ancora limitato–circa 350 mila complessivi–, peraltro influenzato negativamente in questa fase da ostacoli contingenti che si prevede verranno presto superati, quali il «ban» europeo alle compagnie aeree filippine per motivi di standard di sicurezza e l’assenza di voli diretti da parte delle compagnie europee dovuta a oneri fiscali discriminatori. Pesano anche i costi di viaggio, spesso elevati rispetto ad altre destinazioni vicine.
D. Qual è il problema maggiore?
R. La seria insufficienza delle infrastrutture, vero handicap del Paese. Il Governo sta intervenendo con una serie di ambiziosi progetti, sia in partenariato per la costruzione di infrastrutture di collegamento, sia favorendo l’iniziativa privata come nel caso della costruzione del polo del gioco d’azzardo nella municipalità di Paranaque City, vicino l’aeroporto di Manila, con quattro mega strutture in grado di offrire un’alternativa a destinazioni del «gambling» quali Macao e Singapore. Vi sono poi alcuni interventi, quali l’upgrading per i collegamenti internazionali di alcuni scali interni, che potrebbero aiutare notevolmente ad incrementare i flussi turistici, oltre che a decongestionare il sovraffollato aeroporto di Manila. In definitiva, il Governo filippino sta seriamente perseguendo una politica di sviluppo del turismo che potrebbe dare al Paese quel salto di qualità che indubbiamente merita in questo settore, e che potrebbe contribuire notevolmente al suo futuro sviluppo.    

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