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marcello clarich: diritto amministrativo per studenti? sì, ma dai 18 ai 90 anni

di VICTOR CIUFFA

 

Professore ordinario di diritto amministrativo da oltre 10 anni nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Luiss Guido Carli, Marcello Clarich, laureato in Giurisprudenza - a Pisa nella Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna, dove hanno studiato tra gli altri Giuliano Amato, Antonio Maccanico, Sabino Cassese - dopo avervi conseguito anche il diploma di perfezionamento e successivamente, nell’Harvard Law School di Cambridge in Usa, il Master of Law, ha conseguito il dottorato di ricerca in Legislazione e Diritto bancario nell’Università di Siena. In questa poi per 10 anni è stato professore associato, straordinario e ordinario di diritto amministrativo. È stato docente stabile nella Scuola superiore della pubblica amministrazione di Roma, ha svolto lezioni e relazioni in convegni, ha fatto parte di Commissioni ministeriali di studio o d’indagine. Ha pubblicato saggi e articoli prevalentemente in materia di giustizia amministrativa, di procedimento amministrativo, privatizzazioni, antitrust, sanità, legislazione bancaria, servizi pubblici, enti locali, Autorità garanti.
Avvocato cassazionista e socio dello Studio Legale Freshfields Bruckhaus Deringer con sede in Roma, dal 2003 al 2012, collabora con il quotidiano Il Sole 24 Ore. Ha fatto parte della Commissione per la redazione del Codice del processo amministrativo e della Commissione per lo studio di un progetto di riforma della Corte dei Conti; nel 2012 è stato inoltre nominato dalla Banca d’Italia commissario straordinario dell’Istituto di Credito Sportivo. Autore di numerosissime pubblicazioni sul diritto e sul processo amministrativo, sulle Fondazioni bancarie e sulle Autorità indipendenti, lo scorso luglio ha presentato il suo ultimo libro al quale ha lavorato 5 anni. L’ha semplicemente intitolato «Manuale di diritto amministrativo», ma in realtà l’opera, di 520 pagine, costituisce una «rivoluzione» nel modo di spiegare, insegnare, divulgare una materia di solito orecchiata più che conosciuta proprio da chi dovrebbe conoscerla bene: politici, pubblici amministratori, dirigenti, impiegati.
Domanda. Questo libro, ponderoso pur nella sua eleganza, è frutto di una sua lunga fatica e di un impegno durati 5 anni. Come le venne l’idea di scriverlo?
Risposta. È stato da me pensato e scritto per i miei studenti universitari ai quali, nel corso dei 5 anni, venivo consegnando via via i singoli capitoli. Nel primo anno il materiale era costituito da circa 90 pagine, nel secondo da 180, nel terzo da 300, successivamente dall’intero volume. Un lavoro che ho già avuto modo di verificare nel corso degli esami, quindi di rivedere e di adattare. Diretta anzitutto agli studenti, l’opera soddisfa anche una mia esigenza personale di ordinare, secondo un criterio logico, i tanti argomenti che mi è capitato di studiare e di approfondire in articoli, saggi, conferenze e relazioni specifiche. È stato quindi anche un modo per mettere in ordine 20 anni e più di mia attività.
D. Anche se lei ha scritto questo libro per gli studenti per i quali è senz’altro utilissimo, non ritiene che lo sia anche per i non studenti?
R. Penso di sì perché, come ho scritto nell’introduzione, il diritto amministrativo in questi 20 anni ha cambiato molto la propria connotazione. Più o meno autoritario un tempo, è diventato via via più liberale, più garantista; quindi anche le persone che lavorano nelle Pubbliche Amministrazioni, gli avvocati, i magistrati, hanno necessità di ripensare e di rivedere la materia in funzione più moderna, di trovare chiavi di lettura e parametri nuovi, per esempio il diritto europeo comunitario che ha influenzato in modo incisivo il diritto amministrativo italiano. Quindi il volume è nato per gli studenti ma anche per un’esigenza di tipo scientifico. Non segue tanto, e bisogna chiarirlo, le ultime novità giurisprudenziali quanto quelle legislative. Tiene però conto, ad esempio, anche della legge anticorruzione varata alla fine del 2012, ultima riforma di rilievo.
D. Dovrebbero pertanto leggere il libro e studiarne il contenuto quanti già conoscono il diritto amministrativo?
R. Alcuni magistrati ed altre persone mi hanno già scritto affermando che esso può essere utile per un aggiornamento e una riflessione, ma soprattutto per un ripensamento della materia. Aggiornarsi significa infatti leggere le ultime sentenze, mentre il libro è ponderoso ma nello stesso tempo anche sintetico in quanto non è consuetudine descrivere il diritto amministrativo in sole 500 pagine. Molti manuali, soprattutto quelli per i concorsi pubblici, superano le mille pagine perché hanno la pretesa di sviluppare interamente tutta la disciplina. Il mio «Manuale», invece, è completo ma si limita ai principi, si concentra su alcuni aspetti di impostazione. Ho adottato inoltre, in minima parte, la tecnica giornalistica che uso nelle collaborazioni giornalistiche che svolgo da vari anni, ed ho cercato di evitare per quanto possibile il gergo giuridico-amministrativo inutilmente complesso, anche se un tasso di tecnicismo era inevitabile.
D. Il libro è già nelle librerie?
R. È in vendita dal 25 luglio scorso. Nei giorni successivi Università e Dipartimenti come quelli di Bologna, della Cattolica di Milano, di Pavia ed altri, hanno deciso di adottarlo perché tra i manuali di ultimissima generazione è il più aggiornato. I manuali universitari più diffusi, giunti ormai talvolta a una dozzina di edizioni, sono stati scritti a metà degli anni 90, all’epoca delle riforme Bassanini e Cassese. Poi il diritto amministrativo si è sviluppato integrandosi con quello europeo.
D. Rispetto alla riforma varata alla fine degli anni 90, il suo «Manuale» è più giovane di oltre 10 anni?
R. Per quanto esso non riguardi la Giustizia amministrativa, dedica ad essa un capitolo tenendo conto del Codice del processo amministrativo del 2010, che segna uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo processo. Rispetto a prima, anche questo è un elemento di novità importantissimo, perché da noi il processo ha sempre avuto un’influenza sulla struttura dell’atto amministrativo. Partendo dalla coda, cioè dalla tutela processuale, si è arrivati a questo risultato.
D. Ritiene che il suo «Manuale» rifletta quella che è oggi la giustizia amministrativa, o che questa sia ancora ancorata a principi e a prassi del passato?
R. Ritengo che la giustizia amministrativa, poiché applica il diritto amministrativo, avrebbe bisogno di un ripensamento soprattutto di quest’ultimo. Il processo oggi è abbastanza avanzato, mentre le strutture mentali portanti del diritto, ossia i concetti, in molti casi rispecchiano ancora quello che nell’introduzione ho definito il «vecchio diritto amministrativo», che si contrappone al nuovo; anche qui c’è forse bisogno di ripensare e di aggiornare molti concetti e categorie.
D. La legge 142 del 1990 sui poteri degli amministratori pubblici avviò una raffica di leggi ufficialmente a vantaggio dei cittadini, ma in realtà a loro danno: ad esempio la legge 241 del 1990 sulla trasparenza, quella sullo spoil system, l’elezione diretta del sindaco, la scelta di assessori esterni, le due leggi Bassanini del 1997, la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, la privacy. Non pensa che siano state usate da politici e amministratori per fini opposti a quelli dichiarati?
R. Soprattutto lo spoil system, sul quale la Corte Costituzionale è intervenuta per eliminare gli eccessi, determina un asservimento dell’Amministrazione alla politica, perché il dirigente che teme di non essere confermato diventa molto più supino alle direttive ricevute. Anche con la riforma dei contratti di lavoro della dirigenza, ossia con la privatizzazione del pubblico impiego, i rapporti tra dirigenti e politici sono stati spesso piegati a interessi di parte.
D. Il nuovo Codice dei Beni culturali delega poteri dello Stato a Regioni e Comuni in materia vincolistica. Qualsiasi architetto subdelegato può concedere dei nulla osta su una zona vincolata; inviati alla Sovrintendenza, se questa non li contesta entro 60 giorni, scatta il silenzio-assenso. Così si possono costruire «mostri» e compiere enormi speculazioni violando tutti i vincoli.
R. Nel mio libro c’è una critica a questi meccanismi automatici di silenzio-assenso che non tutelano l’interesse pubblico ma neanche quello privato; in molti casi, infatti, le banche non finanziano progetti approvati con il silenzio-assenso, in quanto questo istituto non offre una reale garanzia di legittimità.
D. Un’altra legge garantisce l’immunità dei pubblici amministratori: la depenalizzazione del reato di abuso di ufficio. Adesso il danneggiato deve dimostrare il dolo del pubblico ufficiale responsabile, impresa impossibile per i mille pretesti addotti: eccessivo carico di lavoro, organico insufficiente, buona fede ecc. Ciò le sembra un vantaggio per il cittadino?
R. Questo argomento attiene al settore penale del quale il mio «Manuale» non si occupa. Si occupa invece del ruolo della Corte dei Conti, e contiene inoltre un’innovazione che mi fa piacere sottolineare e che ho già illustrato ad alcuni miei colleghi. In tema di autorizzazioni, concessioni e controlli pubblici sull’attività privata, finora tutti i manuali hanno anteposto questi ultimi e poi illustrato gli strumenti di semplificazione. Io ho rovesciato l’ordine. Sostengo che esiste prima la libertà del privato di realizzare tutto quello che desidera, poi vengono i controlli, penetranti e crescenti secondo i bisogni. Per cui in molti casi basta che il cittadino segnali che sta avviando un’attività. Se questo non è sufficiente, deve chiedere un’autorizzazione, e se anche questa non basta, c’è la concessione magari rilasciata all’esito di una procedura di gara. L’impostazione tradizionale va rovesciata.
D. Il suo è un lavoro meritorio in quanto illustra con chiarezza i vari istituti del diritto amministrativo anche ai più sprovveduti cittadini. Ma nella realtà i principi, gli scopi e le procedure indicate nelle leggi spesso sono stravolte, usate per raggiungere risultati opposti. Se, appena conseguita una laurea, un giovane architetto viene assunto nell’Ufficio tecnico di un Comune, impara subito questi meccanismi perversi. Come prevenire queste patologie?
R. Certamente esiste il problema dell’applicazione distorta delle norme. Questo fenomeno agli studenti si può accennare, ma gli va spiegato che non è tutto così. La stampa è spesso critica verso questa cultura politico-amministrativa che costituisce un ostacolo per lo sviluppo del Paese. La burocrazia e il sistema del diritto amministrativo possono essere una palla al piede come da noi ma, se funziona bene, l’Amministrazione pubblica diventa un punto di forza. Paesi come Germania, Inghilterra e Francia hanno un’Amministrazione efficiente, chiara, responsabile, dialogante. Un’Amministrazione simile, attiva, con regole e procedimenti chiari e ben gestiti, costituisce un fattore di crescita. I Paesi più sviluppati hanno tutti una burocrazia efficiente, amica dell’impresa e del cittadino, che aiuta a risolvere i problemi, come in realtà è scritto nel nuovo modello. Purtroppo in Italia esiste una distanza tra il modello e la realtà.
D. Quali sono gli ultimi approdi del diritto amministrativo? Come può la Giustizia amministrativa influire e stimolare l’attività della burocrazia? Anzi, come può costringere le Pubbliche Amministrazioni ad attuare le sue decisioni e a rendere giustizia a cittadini e imprese?
R. Con il Codice del processo amministrativo la magistratura amministrativa adesso ha un po’ più di potere. Per esempio, può condannare un’Amministrazione pubblica per il danno da ritardo, e può anche stabilire una specie di indennizzo per ogni giorno di ritardo. Ancora non è molto applicato, ma questo Codice ha rafforzato molto l’aspetto dell’ottemperanza. La preoccupazione che le Amministrazioni Pubbliche non ottemperassero c’è stata sin dall’inizio. Ho fatto parte della Commissione che ha scritto il Codice, cosiddetto Codice De Lise dal nome dell’allora presidente del Consiglio di Stato. Nel corso dei lavori il problema dell’esecuzione delle sentenze è stato molto presente, tanto che sono state introdotte norme nuove. Tra esse quelle sull’ottemperanza hanno costituito uno dei temi più sentiti.
D. Praticamente i giovani che escono adesso dall’università hanno una visione abbastanza diversa del diritto e del processo amministrativo?
R. C’è un pò di distanza tra i modelli e la realtà, questo è vero. Però se non si conosce nemmeno il modello, non si riesce a modificare la realtà. Quindi nel mio manuale lo sforzo è stato quello di innovare ma non troppo, perché non si può creare un diritto astratto; si deve compiere un piccolo passo avanti nel ripensamento, che spero possa aiutare a cambiare la situazione. Questo costituisce un po’ il messaggio che proviene dal mio lavoro.
D. Nelle università come potrà essere diffuso il suo «Manuale» tra i professori della materia? Il modello da lei descritto viene insegnato già alla Luiss?
R. Tutti i docenti hanno già ricevuto notizia, e chi l’ha richiesta ha già ricevuto la copia, ovviamente per valutarla in piena autonomia. Io l’insegno da 20 anni, e da 10 anni alla Luiss che praticamente, anche per quanto riguarda l’insegnamento del diritto amministrativo, è un’università all’avanguardia. Alla Luiss il manuale è stato adottato anche da altri professori, ad esempio da Bernardo Mattarella, attualmente Capo dell’Ufficio legislativo del ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. L’ha adottato l’anno scorso e lo sta «sperimentando».
D. Dovrebbero adottarlo tutti gli Uffici legislativi, le Autorità garanti, le Amministrazioni dello Stato, i Tribunali amministrativi regionali, i consiglieri di Stato?
R. Spero di sì, perché prospetta una realtà nuova rispetto al diritto amministrativo degli anni precedenti, rimasto agli anni 80. La vera svolta normativa si è verificata a partire dal 1990 con le leggi 142 sui Comuni e le Province, e 241 sulla trasparenza, i due momenti anticipatori di quella svolta.
D. Poiché stavano per scoppiare le inchieste della Procura della Repubblica di Milano su Tangentopoli, con quelle due leggi la classe politica cercò di prevenirle avviando un processo di rinnovamento che si è protratto per tutti gli anni 90. Non è stato così?
R. Questo è vero, ma il modello è cambiato anche per altri motivi. Lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo diritto amministrativo è consistito nell’irruzione dell’Unione Europea con le proprie direttive, le norme e i principi nel diritto amministrativo europeo.
D. Questo prelude e annuncia altre innovazioni e trasformazioni di provenienza europea?
R. Certamente, e io ne parlo nel libro. Faccio l’esempio dell’Unione bancaria, spiego cosa cambierà con il trasferimento alla Banca Centrale Europea dei poteri di vigilanza sulle banche, per cui dipenderanno da essa le autorizzazioni all’apertura di banche, le sanzioni, il controllo sulle stesse. Questo cambierà molto la situazione, perché tali poteri di autorizzazione e di sanzione saranno addirittura cogestiti: una parte resterà alla Banca d’Italia, un’altra parte, importantissima, andrà alla Banca Centrale Europea.
D. Quindi il diritto amministrativo europeo influenzerà ancora notevolmente quello italiano?
R. Sempre di più. È proprio il caso della Banca Centrale Europea: se un soggetto vorrà impugnare una sanzione ricevuta, dinanzi ad essa, dovrà andare a Lussemburgo e non più al Tar del Lazio. Sarà un cambiamento molto rilevante.
D. Verso quale comparto si sente più portato nell’insegnamento?
R. Io insisto molto sui concetti fondamentali del diritto europeo. I principi nuovi, le garanzie a favore del cittadino e dell’impresa costituiscono gli aspetti più significativi per quanto riguarda le attività. Poi c’è la parte di organizzazione, nella quale assume un grande rilievo quella relativa alle società pubbliche e alle Autorità garanti. Questi sono i due temi più importanti. Quello dei servizi pubblici, oggi disciplinati tutti dal diritto europeo, è il comparto che ritengo più attuale e formativo. La mia speranza è che studiosi di una generazione più giovane, cioè i 40-45enni, portino ancora più avanti il mio lavoro.  

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