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Corsera Story. Frena, ma sembra di accelerare: è la Chiesa di Papa Bergoglio

L’opinione del Corrierista

Fu una grande sorpresa per i romani e in generale per tutti gli italiani e per tutti i cattolici, la successione, avvenuta il 28 ottobre 1958 al papa Pio XII scomparso venti giorni prima: gli successe papa Giovanni XXIII, completamente diverso per carattere, atteggiamenti, comportamenti, concezione del papato; ovvero della missione e funzione del Vaticano e del papa. Tra la ieratica e solenne figura del primo e quella semplice, bonaria del secondo sembrava correre un abisso. La stessa impressione sembrarono avvertire i fedeli quando fu eletto al soglio pontificio il pacifico e sfortunato Albino Luciani, che morì dopo appena 33 giorni di pontificato. E un disagio analogo, anche se diverso, i romani, anzi gli italiani avvertirono più recentemente, quando il papa Benedetto XVI il 28 febbraio 2013 annunciò la propria irrevocabile decisione di dimettersi da papa, di lasciare quella carica ineguagliabile nel mondo.
Tutti costoro sono stati inesorabilmente criticati. A Pio XII furono attribuite colpe mai avute - come quella di non aver impedito al Governo fascista l’emanazione delle leggi razziali, la guerra, le infinite sofferenze causate ai popoli in particolare a quello italiano, a causa di politici e governanti in particolare inglesi e francesi. Basta rileggere la storia dei trattati e della politica internazionale degli anni 30 e dei primi anni 40, fino al comportamento sprezzante e da rapina tenuto da diplomatici e governanti di quei due Paesi già nostri alleati durante la prima guerra mondiale, venuti a trattare con i governanti italiani.
Ma come era veramente Pio XII? Un giorno l’Azione Cattolica della mia parrocchia organizzò una visita al papa con udienza particolare in Vaticano, benedizione da parte del papa di coroncine, rosari e medagliette che stringevamo in mano. Il papa si fermava dinanzi ad ogni ragazzo, ma ad un certo punto della balaustra i suoi assistenti lo distolsero perché la folla era troppa. Pio XII si fermò, si girò e cominciò ad allontanarsi. Poiché io ero rimasto il primo senza benedizione alla coroncina per mia madre, uscii dalla balaustra, afferrai alle spalle la mantellina bianca del papa e la tirai vigorosamente; il papa si voltò meravigliatissimo, mi benedì la mano aperta e rimase qualche minuto a parlarmi per fugare la delusione da me subita poco prima; poi concluse il percorso della balaustra. Mi fece felice e non ho mai creduto a chi ha continuato ad accusare Pio XII di colpe non avute, e a non riconoscere il grande bene che aveva compiuto.
Il mio fu solo un caso? Un episodio casuale, insignificante, un gesto compiuto da un freddo e distratto pontefice? No. Appena eletto, il suo successore, il papa Giovanni XXIII, uscì dalla Cappella Sistina in una cavalcata di cardinali che l’accompagnavano frettolosamente fino al balcone di Piazza San Pietro per dare l’annuncio a tutto il mondo. Essendomi io, durante le fumate nere, appiattito come una sogliola sul portone della Sistina, nella confusione per l’arrivo del nuovo papa e dei suoi cardinali emozionati che lasciavano la Sistina, riuscii ad entrare, a scartabellare i fogli che gli stessi avevano usato per scrivere appunti sullo svolgimento della solenne cerimonia avvenuta dell’elezione. Forse i fogli considerati importanti erano già stati riposti, ma né i cardinali né il nuovo pontefice, ovviamente in preda ad emozione e commozione inconsuete, fecero caso ai mozziconi di torcia rimasti incombusti o che erano stati spenti dagli addetti alla stufa e alla produzione di fumo bianco o nero, unico strumento di comunicazione, in quel tempo con il popolo dei fedeli in attesa appunto del colore della fumata - bianca positiva, nera negativa -. Mi domandai: «M’avranno visto i cardinali e lo stesso neopapa, mentre facevo incetta, in un luogo sacro come la Cappella Sistina, dei cartigli elettorali e dei mozziconi di torcia da bruciare per produrre fumo nero, per annunciare che il nuovo papa ancora non c’era; o mozziconi di torcia per produrre fumo bianco?» E mi ricordai che, a chi violava i segreti dell’elezione papale, era comminata addirittura la scomunica.
Ed ancora: alle ore 17,20 del 13 maggio 1981, giorno dell’attentato in Piazza San Pietro al papa Giovanni Paolo II, il beneamato Karol Wojtyla, dalla redazione romana del Corriere della Sera situata in Via del Parlamento mi precipitai sul posto e dopo tre o quattro minuti lasciai l’automobile con autista del giornale e riuscii ad insinuarmi tra i primi giunti presso la vetturetta dell’illustrissimo passeggero senza che un agente di una qualunque delle forze dell’ordine presente mi chiedesse chi fossi. Mi sembra che questi episodi costituiscano poche, modeste ma significative dimostrazioni del carattere, delle caratteristiche, della cultura non tanto del papato e del Vaticano ma dei papi e del loro vero popolo, fedele e credente. E quando, scomparso Paolo VI ricordiamo Pio XII, Giovanni XXIII, Papa Giovanni Paolo I, papa Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. E quando morì Paolo VI e la Chiesa doveva eleggere il nuovo papa, i nomi dei cardinali più eleggibili e candidabili furono distribuiti, fra i giornalisti più stimati del Corriere della Sera, per la preparazione della biografia preventiva del cardinale che verosimilmente avrebbe potuto essere eletto. Tra i cardinali papabili c’era anche Albino Luciani, del quale quindi fui incaricato di preparare il cosiddetto «coccodrillo», l’articolo cioè che commemora il personaggio, scritto quando questi era ancora in vita.
Girai tutta l’Italia alla ricerca di una cattiveria, una diceria, un pettegolezzo, un’ombra; articolo da tener pronto per la stampa e la immediata diffusione, quasi già in anticipo sull’agonia. Che c’entra questo? C’entra, perché se arriva un papa come Francesco -Jorge Bergoglio- e si mette a fare quelle riforme che una decina di papi a lui precedenti, pur illuminati e amanti del loro popolo, non hanno avuto la possibilità di compiere, che cosa significa, che cosa produrrà nel popolo dei fedeli, nell’universo cattolico? Viviamo in un periodo in cui tutti i popoli di ogni religione hanno cambiato moltissimo, in ogni Paese e continente. E continuano a cambiare. Forse nel mondo cattolico si era giunti alla necessità di una piccola frenata, relativamente alle tendenze, ai costumi, alle abitudini, alle pretese di certi intellettuali o pseudo tali. Non c’è tanto da meravigliarsi se in tale situazione per così dire allo sbando la chiesa cattolica guidata da Francesco imprime in realtà al proprio popolo una saggia frenata anziché una sconsiderata accelerata.

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