Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

CORSERA STORY. RASSEGNE STAMPA TV, REGALI O RAPINE AI GIORNALI?

L’opinione del Corrierista

Dopo aver ascoltato la diagnosi sullo stato di salute della carta stampata, stilata lo scorso 16 aprile dal presidente degli editori di giornali Carlo Malinconico nell’assemblea annuale della Fieg, la loro associazione, resterebbe solo da suonare a morto. A suo dire, infatti, la stampa è soggetta a mille attacchi, è affetta da mille malanni. Subisce innanzitutto i «terribili effetti» dell’attuale crisi economica; le perdite sono aumentate del 100 per cento, gli utili sono diminuiti del 30 per cento, la diffusione media è calata del 2,8 per cento; il margine per gli investimenti si è azzerato; nei primi due mesi del 2009 la pubblicità è diminuita del 25 per cento e addirittura del 60 per cento per alcuni giornali locali.

Il settore, pertanto, «si avvita in una spirale di recessione» e «le imprese non possono sopravvivere in questo contesto». Un quadro funereo. Colpa, secondo la Fieg, non solo di cinema, radio e televisione, ma ora anche di desktop, computer, telefoni cellulari, smartphone, web, computer games, tv digitale, interattività, realtà virtuale; questo perché dalla rete, dalla tv e dai computer le informazioni procedono a cascata, da un medium all’altro, fino a raggiungere il destinatario. Ovviamente bypassando la carta stampata.
A mio parere, non tutta la diagnosi della Fieg è esatta; tanto più che in essa stessa si coglie, qua e là, qualche barlume di speranza. «Nessun mezzo di comunicazione è stato finora spazzato via dalle nuove tecnologie, né probabilmente lo sarà», afferma; spesso, aggiunge, sono state espresse affrettate e interessate previsioni funeste che hanno suggestionato i politici inducendoli a diffondere atti legislativi, amministrativi, giudiziari, pubblicitari ecc. sui siti web anziché sulla stampa. Ma poiché internet è una grande opportunità anche per l’editoria, la Fieg non intende avversarla, e comunque «la stampa resisterà» al suo avvento.

Poi è riportata un’indagine del Censis da cui risulta che nel 2007 oltre metà degli italiani hanno letto abitualmente giornali a pagamento; che dal 2001 al 2008 i lettori sono aumentati di 3 milioni 780 mila unità e che nel 2008 ogni giorno questi sono stati 23 milioni 278 mila. Se l’indagine del Censis è attendibile, e non c’è motivo per dubitarne, lo stato maggiore dell’editoria italiana appare un po’ troppo pessimista in certe sue previsioni; pessimista e contraddittorio insieme.
Per quali motivi? Recentemente la Fieg è stata costretta a rinnovare finalmente, dopo resistenze, dinieghi e ritardi di alcuni anni, il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, riuscendo a strappare ai sindacati «sacrifici spesso dolorosi». Ma il contratto collettivo, avverte la Fieg nella relazione, è uno strumento «importante e necessario, ma non sufficiente»; per attenuare la crisi della stampa occorrono «mezzi di accompagnamento che solo il Governo è in grado di precostituire». Ossia un aumento del numero e dell’importo delle provvidenze per l’editoria, di cui beneficiano largamente soprattutto i maggiori giornali. E implicitamente, in vista della ripresa economica, un aumento del prezzo.

Non posso certamente essere contrario alla concessione di maggiori provvidenze per l’editoria, che dovrebbero però essere accompagnate da una moralizzazione del sistema di erogazione, perché finora esse sono state elargite in base non ai meriti ma ai trucchi attuati per aggirare la relativa legge; impresa, questa, del resto non difficile dal momento che certe norme sono congegnate proprio per essere aggirate dai loro stessi furbi autori. Altra richiesta al Governo: l’estromissione degli editori dalle sanzioni penali e conseguentemente finanziarie previste dal Governo a carico della stampa per la pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni telefoniche.
Le «provvidenze» per l’editoria sono costituite da ingenti flussi finanziari che, oltre ai partiti politici e a gruppuscoli presunti tali, finiscono in conclusione alle banche e alle industrie proprietarie di giornali. La Fieg dovrebbe sollevare il problema del controllo della stampa da parte di grandi gruppi finanziari e industriali, tra i quali appunto gli istituti di credito; ma come può farlo se, rappresentando gli attuali editori, tutela indirettamente gli interessi delle grandi banche e industrie proprietarie dei maggiori giornali e periodici? Questi conflitti di interessi spiegano perché il lettore deve essere scettico, deve accettare con beneficio di inventario certe apocalittiche descrizioni della situazione economica compiute da alcuni giornali; esiste il ragionevole dubbio che siano dirette ad ottenere dal Governo benefici vari, comunque li si chiami - rottamazioni, ammortizzatori, provvidenze ecc. -, minacciandolo di minarne il consenso elettorale.

Un problema veramente centrale e determinante per la cattiva salute della carta stampata è stato, invece, troppo timidamente affrontato, mentre doveva essere oggetto di un’azione decisa chiamando a raccolta tutta la categoria giornalistica: la concorrenza spietata fatta non tanto da internet, ma dalle televisioni a giornali e periodici tramite la trasmissione di rassegne stampa che riempiono ormai, con titoli, articoli e commenti pubblicati dai giornali, ore ed ore dei loro programmi, risparmiando in tal modo ingenti costi.
La Fieg ha appena accennato al problema non inserendolo tra gli interventi principali ma confinandolo tra quelli «complementari», dedicandovi appena una riga e mezza e liquidandolo come una «suggestione»: cioè il «riconoscimento economico dello sfruttamento dei contenuti giornalistici nelle cosiddette rassegne stampa», in sostanza il pagamento dei diritti d’autore. Perché una suggestione? Perché questa acquiescenza totale a tv non solo prive di informazioni, approfondimenti, riflessioni e commenti di cui è ricca la stampa, ma diseducative culturalmente e moralmente?

Forse perché molti editori sono anche proprietari di tv; forse perché i «diritti di autore» eventualmente pagati da queste dovrebbero andare solo ai giornalisti; forse perché sono alcuni di questi che, attratti dalla tv con ben retribuiti contratti di collaborazione, consentono questa «rapina» e inoltre dedicano gratis spazi eccezionali ai loro programmi più melensi. Grande fiducia mostra invece la Fieg verso i prossimi «Stati generali dell’editoria» che rischiano di essere un’inutile passerella destinata non a risolvere i reali problemi di un’autentica editoria, ma a regalare, con l’avallo di troppo ingenui o di troppo scaltri giornalisti, ulteriori privilegi ai gruppi finanziari estranei al settore.

V. C.

Tags: web stampa FIEG - Federazione italiana editori giornali televisione smartphone Corsera story Victor Ciuffa Corrierista giornalisti editori Censis maggio 2009

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa