Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

CORSERA STORY. SPADOLINI FU LICENZIATO IN TRONCO

L’opinione del Corrierista

Commemorato nelle scorse settimane in occasione del decimo anniversario della sua scomparsa, oltre a una cerimonia organizzata dall’università Bocconi di Milano di cui fu per 18 anni presidente del consiglio di amministrazione, e a qualche articolo dei suoi vecchi commilitoni del Partito Repubblicano, Giovanni Spadolini non ha avuto l’onore di una giusta e doverosa riabilitazione all’interno del grande mondo del Corriere della Sera. Riabilitazione? In riferimento a che cosa? Quale scorretta azione gli sarebbe stata attribuita? Sono domande che può porsi chi non conosce bene la sua storia, dall’ingresso nel Corriere della Sera alla sua uscita. La risposta dovrebbe venire da chi sa quanto fu architettato a suo danno. Perché, nonostante la fama, i meriti acquisiti nella cultura, nello studio, nell’insegnamento della storia, nell’attività pubblicistica e giornalistica - che successivamente l’avrebbero portato a una fulminante carriera politica, parlamentare e governativa -, Spadolini fu l’unico direttore del Corriere della Sera licenziato in tronco dalla proprietà prima ancora della scadenza del contratto, e pure in malo modo. È bene rievocare questa vicenda per aggiungere un tassello alla storia del giornalismo italiano.
Chiamato dal preside della facoltà di Scienze politiche dell’università di Firenze Giuseppe Maranini, che era rimasto colpito dai suoi scritti, ad insegnare storia moderna, nei primi anni 50 il giovane Spadolini aveva collaborato con Il Messaggero di Roma, di cui era direttore Mario Missiroli, che di lì a poco, nel 1952, sarebbe stato chiamato a dirigere il Corriere della Sera a Milano. Ma anche il suo allievo fece presto carriera nel giornalismo: nel 1955 divenne direttore del Resto del Carlino di Bologna.
In Via Solferino a Milano, storica sede del Corriere, Missiroli era circondato dai più illustri giornalisti, articolisti, inviati speciali, corrispondenti dall’estero mai avuti dal Corriere: Gaetano Afeltra, Domenico Bartoli, Luigi Barzini jr, Dino Buzzati, Egisto Corradi, Max David, Enzo Grazzini, Ferruccio Lanfranchi, Virgilio Lilli, Maner Lualdi, Eugenio Montale, Indro Montanelli, Giovanni Mosca, Vero Roberti, Vittorio G. Rossi, Orio Vergani; e a Roma Panfilo Gentile, Augusto Guerriero, Libero Lenti, Silvio Negro, Aldo Valori ecc. Pur a capo di una scuderia di così alto livello e soprattutto proveniente dalla gavetta del giornalismo, Missiroli non faceva altro che parlare del giovane professore come del più bravo giornalista d’Italia.
Nel 1961 i proprietari del Corriere, i fratelli Aldo, Mario e Vittorio Crespi, industriali tessili, furono impressionati dall’annuncio dell’editore Angelo Rizzoli di trasformare il settimanale Oggi in Oggi Quotidiano, ossia in un temibile concorrente del Corriere. Il quale appena qualche anno prima, nel 1956, aveva subito un altro pericolosissimo attacco da parte del neonato quotidiano dell’Eni Il Giorno, diretto da un bravo e scatenato Gaetano Baldacci. Per di più Rizzoli ne aveva affidato la direzione a un giovane e popolare giornalista, il commentatore televisivo di politica estera Gianni Granzotto.
Che fecero i Crespi per fronteggiare la nuova minaccia? Tradizionalmente i contratti dei direttori del Corriere duravano 5 anni; solitamente alla scadenza venivano prorogati, ma di un anno alla volta. Missiroli era già al nono anno, una durata eccezionale. Quando gli comunicarono il mancato rinnovo, i Crespi avevano già scelto e nominato il successore, in persona proprio del suo pupillo Spadolini, il quale non l’aveva subito comunicato al suo grande padrino. Che quando lo seppe ne fu molto amareggiato.
Allora assistemmo all’interno del Corriere a un gesto di eccezionale solidarietà e affetto verso il grande vecchio: otto grandi firme annunciarono le loro dimissioni in blocco; sette sottoscrissero la lettera di dimissioni, l’ottavo, Montanelli, aderì verbalmente. I Crespi furono costretti a recedere dalla nomina, e Spadolini continuò a dirigere il Resto del Carlino. In quei giorni si aggirava in Via Solferino Alfio Russo, all’epoca direttore della Nazione di Firenze. Comunicò la propria disponibilità a Gaetano Afeltra, che ne prospettò la candidatura agli altri sette grandi e alla proprietà. Così Alfio Russo divenne direttore del Corriere della Sera. Architettò subito un organigramma di vertice che io sconsigliai vivamente ad Afeltra di accettare. Ma Afeltra si fece irretire e, dopo appena qualche mese, fu costretto da Russo a lasciare il Corriere. Era l’ottobre del 1961. Ma questa è un’altra storia.
La direzione Russo durò fino al 1968, anno in cui finalmente Spadolini poté fare il proprio ingresso in Via Solferino. Riempì il giornale di articolesse, come si chiamano in gergo redazionale gli articoli lunghi, seri, pesanti. Era un professore, uno storico, non un giornalista. Un giorno gli dissi che Guglielmo Zucconi, direttore della Domenica del Corriere, insisteva moltissimo perché passassi dal Corriere alla Domenica; Spadolini ebbe una reazione d’ira furibonda contro il suo collega: nessun direttore di testate del gruppo, sosteneva, doveva permettersi di sottrargli un giornalista.
Intanto erano morti Aldo e Vittorio Crespi e gli eredi litigavano. Spadolini intervenne per fare acquistare le loro quote a qualcuno? Si disse che l’intromissione non fosse piaciuta a Giulia Maria Crespi, figlia di Aldo. Una mattina del 1972 Spadolini giunse verso mezzogiorno al giornale; non c’era nessuno ad attenderlo, solo una busta chiusa sulla sua scrivania. L’aprì, licenziamento in tronco; si accomodi alla cassa per la liquidazione. Senza un incontro, una parola, un saluto. Un direttore del Corriere, e di quella statura, licenziato come neppure un cameriere.
Erano imminenti le elezioni politiche. Gaetano Afeltra lo accompagnò dal segretario del Pri Ugo La Malfa, che gli riservò un collegio senatoriale a Milano. Spadolini fu eletto senatore come indipendente nelle liste del Pri, partito di cui poi sarebbe diventato segretario. E cominciò la sfolgorante carriera politica che lo portò nel 1981 ad essere il primo presidente del Consiglio non democristiano. Intanto tramontava l’impero dei Crespi: il 28 maggio 1973 Gianni Agnelli e Angelo Moratti acquistarono due quote del Corriere; il 12 luglio 1974 loro due e Giulia Maria vendettero tutte e tre le quote ad Andrea Rizzoli.

Il Corrierista

Tags: consiglio di amministrazione Corsera story Victor Ciuffa Corriere della Sera Corrierista Spadolini giornalisti editori Montanelli industria tessile anno 2004 Gaetano Afeltra Mario Missiroli Giulia Crespi

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa