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CORSERA STORY. GRAMSCI TORNA SUL CORRIERE MA IN VERSIONI SEMPRE DIVERSE

L'opinione del Corrierista

Il primo maggio scorso il Corriere della Sera ha dedicato due intere pagine a un nuovo libro di Luciano Canfora, «Gramsci in carcere e il fascismo». Intitolato «Il diffamatore di Gramsci che fu arruolato dal Pci. La vicenda torbida e ambigua di Ezio Taddei», il lungo articolo sostiene che «non si sono ancora dissipati i dubbi» sulla lettera scritta nel 1928 da Ruggero Grieco allo stesso Gramsci, nella quale questi veniva indicato come il capo dei comunisti italiani; lettera considerata, dallo stesso sfortunato destinatario, una manovra provocatoria ai suoi danni. La lettera, affermava l’articolo del Corriere, «davvero sembra essere stata vergata per mettere in difficoltà Gramsci», tanto che qualcuno l’ha ritenuta addirittura falsa. Autore dell’articolo, una firma di rilievo nel panorama giornalistico odierno: l’ex direttore dello stesso Corriere della Sera Paolo Mieli, attualmente ricoprente un alto incarico nello staff dirigente dello stesso gruppo editoriale del giornale.
Ma oltre a Canfora, sulle penose vicende di Gramsci hanno scritto altri; tra loro anche il giornalista Giancarlo Lehner, già direttore dell’Avanti!, oggi deputato del Pdl, espertissimo in materia: nel 2008 ha pubblicato il libro «La famiglia Gramsci in Russia». Letto l’articolo sul Corriere della Sera, Lehner rievoca un episodio significativo. «Quando Mieli era direttore del Corriere–afferma–, il nipote di Antonio Gramsci, che si chiama anch’egli Antonio Gramsci, dalla Svezia gli fece pervenire una lettera aperta in russo, che fu tradotta in italiano da don Sergio Mercanzin, prete romano esperto nei rapporti tra Italia e Russia e presidente del Centro Russia Ecumenica».
Nella lettera Antonio Gramsci jr lamentava, tra l’altro, che Palmiro Togliatti, il quale meglio di tutti conosceva l’Unione Sovietica di Stalin, nulla aveva fatto per trarre fuori da quel luogo di miserie e di degrado forse irreversibile dello spirito, che era appunto l’Urss, suo padre Giuliano, cioè il figlio di Antonio Gramsci. «Ma a quella lettera Mieli non rispose, eppure costituiva una notizia».
Nell’articolo dello scorso primo maggio sul Corriere, precisa Lehner, Mieli «dimostra la propria abilità di giornalista più che dello storico che compie ricerche in archivi e consulta fonti inedite. Mieli ha il pregio di essere un grande lettore, di elencare una seri di fatti e di libri; uno storico è un’altra cosa». E quanto a Luciano Canfora? «Il professor Canfora è un filologo classico, negazionista, dedicatosi anche alla storia moderna e contemporanea. Alla fine degli anni 80–ricorda Lehner–, non solo mise in dubbio che la lettera di Grieco a Gramsci del 1928 fosse autentica ma, grazie alle sue capacità filologiche, l’attribuì senz’altro all’Ovra, la polizia segreta fascista. E la stessa versione ritorna in un altro suo libro del 2008 intitolato ‘La storia falsa’, nel quale quella famosa e famigerata lettera che tanto preoccupò e addolorò Antonio Gramsci in carcere, è stata ancora una volta attribuita all’Ovra, quindi definita un falso fascista».
A proposito di questo precedente libro di Canfora, l’on. Lehner - che nella propria attività parlamentare nel corso dell’attuale legislatura si è distinto per il coraggio con il quale ha quotidianamente stigmatizzato comportamenti disdicevoli non solo dei politici avversari ma anche di quelli appartenenti al suo stesso gruppo -, osserva che, forse soltanto per giustificare l’operato di Stalin, vi si mette in dubbio anche che sia autentico il famoso testamento in cui Lenin rivolse critiche appunto a Stalin.
«Inoltre vi si ipotizza che sul famoso Rapporto svolto nel 1956 da Nikita Krusciov nel 20esimo Congresso del Partito Comunista Sovietico sulle atrocità compiute da Stalin, vi sia stata addirittura una manipolazione della Cia americana; nella sua deriva negazionista Canfora ha espresso anche un giudizio positivo sul Patto Molotov- Ribbentrop», firmato nel 1939 dai ministri degli Esteri russo e tedesco, che portò alla spartizione della Polonia fra Urss e Germania e all’invasione dei Paesi baltici da parte dell’Armata Rossa.
«L’apprezzamento verso Stalin ritengo abbia contagiato anche Mieli se qualche tempo fa, assunta la rubrica di Indro Montanelli sul Corriere ossia ‘La posta dei lettori’, ad uno di questi che chiedeva lumi sul confronto tra Hitler e Stalin rispose che certamente sono stati entrambi autori di crimini, ma Stalin era come giustificato dal contesto, mentre Hitler non aveva nessuna giustificazione. Credo che Paolo Mieli sia stato contagiato dalla vicinanza con Canfora».
Nell’articolo del primo maggio, aggiunge Lehner tornando a Gramsci, sembra che Canfora non abbia mai scritto niente, che per 20 anni non abbia attribuito all’Ovra la lettera del 1928 che tanto sconvolse Gramsci: «Affermare che Ruggero Grieco stesso possa essere stato un agente spia dell’Ovra significa che, tra altri 20 anni, arriveremo a dire che anche Gramsci apparteneva all’Ovra. Sono rimasto colpito dal fatto che, purtroppo, un grande giornale come il Corsera sia affetto da familismo amorale a livello culturale; anzi non tanto da familismo quanto da amicalismo, nel senso che gli amici meritano grandissima accoglienza anche se scrivono inesattezze».
Lehner ricorda con stima e affetto Renato Mieli, padre di Paolo, direttore dell’organo del Partito comunista italiano L’Unità di Milano fino all’invasione di Budapest da parte dei carri armati sovietici: «Nel 1964 nel libro ‘Togliatti 1937’, fondamentale per coloro che hanno continuato, come me, le ricerche storiche, svelò per la prima volta i crimini di Togliatti tra cui la condanna e il destino atroce, grazie anche alla sua firma, del Partito comunista polacco; con quella firma Togliatti autorizzò infatti l’uccisione di circa 4 mila comunisti polacchi».
A detta di Lehner, Renato Mieli, ebreo, trovatosi in mano quelle carte, tra l’essere comunista e l’essere ebreo scelse di essere libero, e pubblicò quelle fonti che sicuramente gli erano arrivate da correligionari perché, dei 4 mila comunisti polacchi uccisi, il 90 per cento erano ebrei; un libro quindi dal quale sono partiti tutti coloro che hanno compiuto ricerche sui crimini di Togliatti e il primo testo che inchioda scientificamente il leader comunista italiano sulle vittime polacche.

Victor Ciuffa

Tags: libri Corsera story Corriere della Sera Corrierista giornalisti Montanelli Russia giugno 2012 Giancarlo Lehner

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