tutti i figli saranno davvero uguali
Lo schema di decreto legislativo recante la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, ai sensi dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012 n. 219 - rispetto al quale le Commissioni Giustizia della Camera e del Senato hanno espresso parere favorevole - compie l’opera di unificazione dello stato di filiazione intrapresa con la legge n. 219 del 2012 già entrata in vigore. Lo schema di decreto legislativo parifica lo stato dei figli nati nel corso di un matrimonio dichiarato nullo a quello dei figli nati nell’ambito di un matrimonio valido. L’opzione legislativa, da tempo attesa da dottrina e giurisprudenza, era indifferibile. Se può essere dichiarato nullo un matrimonio viziato, infatti, non deve rimanerne pregiudicata una filiazione nata validamente nell’ambito di quel matrimonio. Le regole superate comportavano, per i figli nati fuori dal matrimonio, quella che il legislatore delegato ha definito, nella relazione allo schema di disegno di legge, una «discriminazione sistematica». Da ora si parlerà solo di figli nati nel matrimonio o all’infuori di esso, tutti con uguali diritti.
La considerazione dell’unico e indistinto status di «figlio» appartiene alla moderna coscienza sociale e alla sensibilità dei giuristi. Era indispensabile che il legislatore prendesse atto di questa evoluzione culturale e adeguasse il nostro ordinamento alle scelte già compiute in altri Paesi e in linea con l’Unione Europea. In coerenza, quindi, con l’art. 315 del Codice civile introdotto la legge n. 219 del 2012 - secondo cui «tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico» indipendentemente dall’origine e dalla collocazione del figlio -, le nuove norme contenute nello schema di decreto delegato adeguano anche la disciplina successoria attuando in tale ambito l’estensione dei vincoli di parentela alla filiazione fuori dal matrimonio.
In ossequio alle direttive previste dalla legge delega, il testo dello schema perfeziona anche la terminologia centrando l’attenzione sui diritti dei figli nei confronti dei genitori piuttosto che sulle facoltà riconosciute a questi ultimi nell’educazione dei minori. Per cui non si parlerà più di «potestà» dei genitori ma di responsabilità genitoriale, definita nella relazione allo schema di decreto legislativo, la «situazione giuridica complessa idonea a riassumere doveri, obblighi e diritti derivanti per il genitore dalla filiazione». Si registrano, quindi, la «rivoluzionaria» abolizione del vecchio istituto della «potestà» risalente al diritto romano e l’introduzione della nozione di responsabilità genitoriale che regola le relazioni tra genitori e figli sia nella fisiologia della convivenza sia in tutte le ipotesi di «crisi» del rapporto tra i genitori.
La nozione di potestà è assente, del resto, non solo nella Costituzione ove si menziona il «dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli», ma anche nella normativa di diritto europeo: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ora parte integrante del Trattato di Lisbona, sancisce all’articolo 24 la preminenza dell’interesse del minore e il suo diritto alla protezione e alle cure necessarie per il suo benessere. Il Regolamento europeo numero 3 del 2001 preferisce la diversa nozione di «responsabilità genitoriale», definita come «i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita».
Con le modifiche derivanti dall’emanazione del decreto delegato il nostro ordinamento si conformerà anche alla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991 n. 176, ove si sancisce l’obbligo degli Stati di «assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati»; e alla Convenzione di Strasburgo adottata dal Consiglio d’Europa nel 1996 e ratificata dall’Italia con la legge 20 marzo 2003 n. 77, che definisce detentore di responsabilità di genitore «il genitore ed altre persone o organi abilitati ad esercitare in tutto o in parte responsabilità di genitore».
Si segnala, inoltre, anche l’opportuna regolamentazione del diritto del minore all’ascolto, rispetto al quale lo schema di decreto legislativo introduce l’opportuna previsione secondo cui «se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato», evitando così che il legittimo esercizio di un diritto si trasformi in pericolo di pregiudizio per l’integrità psicofisica del minore. Viene disciplinata, altresì, la modalità di svolgimento dell’ascolto, attribuendo al Giudice il ruolo di primario interlocutore, salva la possibilità di avvalersi dell’ausilio di esperti.
Assai significativa è anche la norma di cui all’articolo 42 dello schema di decreto legislativo, che introduce il nuovo articolo 317 bis del Codice civile, ove si ribadisce il diritto dei nonni ad avere rapporti significativi con i nipoti, come già previsto dalla legge sull’affido condiviso in caso di separazione o divorzio dei coniugi. Questa volta, però, il legislatore provvede a rendere effettivo il diritto degli ascendenti, riconoscendo loro la legittimazione ad agire in giudizio per ottenere che il loro diritto non rimanga pregiudicato. Le nuove norme sanciscono l’abolizione di ogni discriminazione tra figli a seconda dell’origine della filiazione, li pongono al centro della tutela ma non cancellano la centralità che la Costituzione attribuisce alla famiglia fondata sul matrimonio e la rilevanza che gli obblighi nei confronti dei figli assumono nell’ambito interno del vincolo coniugale.
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