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i diritti umani nelle civiltà mediterranee

Tito Lucrezio Rizzo

 

di TITO LUCREZIO RIZZO, consigliere capo servizio Presidenza della Repubblica

Dopo la tragedia delle Torri gemelle, l’Islam nella sua interezza rischiò di essere confuso con una sua degenerazione, non per questo da sottovalutare per l’appeal sinistro che nei momenti di crisi economica fanatici predicatori, pur presenti in ogni religione, sono in grado di esercitare su masse disperate ed affamate, che nulla hanno da perdere nello scontro con società opulente. Ciò premesso, vorremmo ristabilire un minimo di verità nei confronti di una Fede che, nella migliore delle ipotesi è ai più sconosciuta; in quella peggiore, è nota in un’inquietante luce.
È una religione che, unitamente all’Ebraismo e al Cristianesimo, deriva dal profeta Abramo, crede in un unico Dio e si ispira a precetti morali nei quali i punti di contatto o addirittura di identità fra le tre grandi fedi monoteistiche sono così numerosi che è fuorviante parlare o scrivere di «scontri di civiltà». La differenza più marcata dell’Islam rispetto al Cristianesimo è data dal fatto che il primo, oltre ad essere una religione, è anche una fonte di regole per l’economia, le scienze, le arti, la politica e il diritto, il quale ultimo rappresenta soltanto la decima parte dei precetti del Corano.
Complemento delle norme coraniche è la Sunna, che è l’insieme dei comportamenti e delle espressioni usate dal Profeta. Terza fonte normativa è la Igma, peraltro non riconosciuta dagli Sciiti, o consenso popolare espresso tramite l’accordo tra i Dottori rappresentanti della Comunità. Vi è poi l’analogia, la cui liceità risulta assai controversa tra le varie scuole dell’universo islamico. Quinta ed ultima fonte, non accettata dai tradizionalisti, è la consuetudine, che è lo strumento più duttile per recepire l’evoluzione del comune sentire.
Le azioni umane obbligatorie nella religione islamica sono: la professione esterna della propria fede; la preghiera quotidiana 5 volte nella giornata; il digiuno nel mese del Ramadan; l’elemosina; il pellegrinaggio alla Mecca. Assai arduo fu, sin dalle origini, distinguere tra le regole musulmane quelle sacre e quelle profane, il che ne segnò la differenza più marcata con il Cristianesimo, sostanzialmente distinto dal diritto romano, così come si accentuò la separazione tra Impero e Chiesa.
L’Islam ebbe la conseguente difficoltà di teorizzare l’autonomia dello Stato dal potere spirituale, il che avrebbe poi avuto inevitabilmente  ripercussioni negative sulla scienza del diritto, che restò arroccata alla Tradizione, senza poter giungere alle astrazioni necessarie per la configurazione di una giustizia libera da condizionamenti di tipo confessionale. Nel decimo secolo la scienza giuridica islamica subì una battuta di arresto, mentre in altri campi della vita civile progredirono le lettere, le arti, il commercio e le scienze, in un contesto di grande apertura cosmopolitica che favorì il recupero dell’eredità scientifica e filosofica del mondo greco-ellenistico.
A tale recupero contribuì Avicenna (980-1037), medico e filosofo del mondo islamico nel quale si rese tramite della dottrina di Platone e di Aristotele, e nel cui ambito sostenne l’armonia tra Fede e Ragione. Il più grande teologo musulmano dell’undicesimo secolo fu Algazel, il quale contestò che con la sola Ragione si potesse arrivare alla Verità, raggiungibile in realtà mediante la Fede che si poneva, pertanto, ad uno stadio superiore alla prima. Il suo pensiero avrebbe potuto rivelarsi provvidenziale per l’evoluzione della dottrina islamica, nel richiamare il volere stesso di Allah nel punto in cui «ad ogni cambio di secolo sarebbe emerso un uomo pio, degno di indicare nuovi orizzonti alla religione, posta così in condizione di adeguarsi all’evoluzione del comune sentire».
Quanto a poliedricità culturale, la figura più eminente dell’Islam medioevale fu Averroè (1126-1198), il quale sostenne che si poteva arrivare a Dio in due modi, dato che «unica era la Verità ma differenti potevano essere le strade per accedervi: la Ragione per i filosofi e la Fede per il popolo comune». Il suo pensiero fu travisato come dottrina della «doppia verità», sicché la Fede avrebbe potuto portare a talune conclusioni e la Ragione ad altre; ma, nonostante la furia incendiaria che colpì i suoi libri, molti ne furono salvati grazie all’impegno dei filosofi ebrei della Spagna cristiana e della Provenza.
Sconfessati i lungimiranti tentativi di cercare l’armonizzazione tra la Fede e la Ragione, l’Islam subì una battuta d’arresto nell’adeguamento della dottrina al divenire storico, mentre il mondo cristiano, non senza resistenze, subì l’influenza evolutiva dei dibattiti apertisi con l’Umanesimo. Per quel che concerne l’Ebraismo, il Medioevo fu illuminato dagli scritti di Mosè Maimonide, il più grande interprete della filosofia aristotelica per tale Fede, che influenzarono la storia del pensiero non solo nel suo mondo ma anche in quello cristiano e in quello islamico.
Le tre diverse Fedi si incontrarono non solo nell’identità di alcuni precetti, come l’amore per Iddio e per il prossimo, ma anche sul terreno di una medesima razionalità grazie alla quale poteva rendersi possibile l’interpretazione evolutiva rispettivamente della Torah, dei Vangeli e  del Corano. Maimonide, San Tommaso d’Aquino, Alberto Magno, Averroè ed Avicenna furono, dunque, discepoli ideali di Aristotele e si ispirarono alla sua Logica, traendone spunti metodologici per dimostrare la finale compatibilità tra le rispettive Fedi e la Ragione.
È noto purtroppo che di fronte a spiriti eccelsi e lungimiranti come quelli appena ricordati, aperti al confronto e al reciproco arricchimento nella diversità, nel corso della storia prevalsero logiche «identitarie» e collisive, dalle quali scaturirono conflitti tanto più gravi quanto più adducenti motivazioni di tipo religioso. Ai nostri giorni, innanzi ad una sempre più massiccia presenza di credenti islamici nel mondo occidentale, è stato sollevato il problema del vero volto del mondo musulmano.
Assai rilevante a tal fine è la data del 5 agosto 1990, allorché la Lega degli Stati arabi emanò la «Dichiarazione del Cairo» sui diritti umani nell’Islam, riaffermando «l’importanza della vita e dell’incolumità personale, il ruolo della famiglia, la pari dignità femminile, il ruolo dell’istruzione e del lavoro, il valore della proprietà, la rilevanza della tutela ambientale, l’uguaglianza delle persone innanzi alla legge». In ultimo, a conferma dei crescenti segni di apertura del mondo musulmano verso le altre religioni, va registrata la VI Conferenza sul dialogo tra le Religioni svoltasi a Doha, capitale del Qatar, il 15 maggio 2008, cui hanno partecipato ebrei, cristiani ed islamici accomunati da sincero spirito ecumenico.
Il tutto a coronamento della Lettera-appello di 138 Saggi musulmani sia sunniti che sciiti, scritta nell’ottobre 2007 e indirizzata a tutte le Chiese cristiane, richiamante i principi comuni alle tre religioni monoteistiche come l’amore per Iddio e per il prossimo. Per quanto concerne l’Europa del terzo millennio, va evidenziato che essa è la risultante di una coesione spirituale fra popoli convergenti in un comune sentire sui diritti fondamentali e sulla dignità dell’Uomo; pertanto è chiamata a svolgere un ruolo straordinario di equilibrio internazionale, agevolata dall’essere stata da sempre un crocevia delle ricordate diverse civiltà.
Un diritto universale, sul quale possano convergere gli ordinamenti delle varie nazioni, sarà realizzabile quanto più risulteranno progredite le legislazioni dei Paesi interessati nella recezione di valori  come la dignità umana, le libertà fondamentali, l’uguaglianza, la solidarietà e la giustizia. Valori questi oggi non meramente programmatici ma giuridicamente cogenti per gli Stati membri dell’Unione Europea e costituenti, altresì, la condizione di accesso per quelli che ambiranno a farne parte, in quanto espressamente recepiti dalla Carta di Lisbona firmata il 13 dicembre 2007. La mentalità speculativa del mondo greco classico, la razionalità giuridica di quello romano, il patrimonio spirituale dell’Ebraismo, del Cristianesimo, dell’Islamismo, lo spirito di giustizia dell’Illuminismo: queste sono le radici ideali del nostro Continente.
Riscoprire e tornare a leggere le opere degli uomini di buona volontà di ogni tempo e di ogni fede può aiutare l’umanità intera a fare emergere lo spirito di fratellanza universale che da sempre ha animato le intelligenze più alte alla ricerca del bene comune, portandone a compimento gli auspici e traducendone il pensiero in azioni di pace. Che non si tratti di mere utopie lo dimostra la più recente storia dell’Europa che, uscita dalle macerie della II guerra mondiale, non ha conosciuto dal 1945 ad oggi più alcun conflitto tra i Paesi che, a mano a mano, sono entrati a farne  parte.
Il medesimo auspicio sia consentito esprimere per il martoriato Medio Oriente, per la cui pacificazione sono caduti, per citare i più noti, Rabin e Sadat, convinti assertori della necessità della conciliazione tra popoli che nel passato conobbero pure momenti di intensa e feconda collaborazione. Ecco allora che il Medioevo, generalmente accreditato come periodo buio della storia dell’umanità, potrà rivelarsi fonte di luce per riprendere il cammino interrotto, mirando noi tutti alla meta di un progresso morale e civile che solo la cultura può agevolare, consentendo kantianamente di far emergere attraverso di essa lo sviluppo di quelle potenzialità intellettive, altrimenti inespresse, che ogni uomo possiede latenti sin dalla nascita.   

Tags: Gennaio 2014 Islam Tito Lucrezio Rizzo

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