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LA BUROCRAZIA è la peggiore NEMICA DELLE IMPRESE

di LUCIO GHIA

Nella guerra economica in atto combattuta non a cannonate, ma a colpi di rating, spread, differenziali tra titoli di Stato, bolle, speculazioni internazionali e manovre sulle valute e sulle emissioni di nuova moneta, tra i grandi della finanza mondiale e i singoli Paesi, va consolidandosi una realtà bellica che ci riguarda da vicino. Tutti i giorni più di 200 economie nazionali competono su un mercato sempre più globale e aperto, con i loro prodotti, il loro know how, la loro qualità, ma soprattutto con la loro capacità di creare fiducia ed attrarre finanziamenti, realizzare nuove imprese e nuova occupazione. Le aree di influenza se non di sovranità nazionali non si conquistano più con eserciti che avanzano, con flotte navali e aeree che seminano morte e distruzione, ma a colpi di miglioramenti legislativi, di iniziative capaci di eliminare inutile burocrazia e correlata corruzione, di tagliare quelle pratiche imposte dalle mille autorità padrone di quei «lacci e laccioli» dei quali noi italiani siamo maestri. I Paesi che non reagiscono sono condannati ad un progressivo declino.
La globalizzazione delle notizie, il confronto immediato tra i diversi «sistemi Paese» in termini di efficienza legislativa, di assenza di burocrazia, di rispetto delle esigenze dell’investitore non consentono tregue. Ebbene anche quest’anno uno strumento di grande effetto per una visione globale del peso specifico dei vari Paesi sui mercati della globalizzazione è venuto alla luce con il Doing Business 2014. Per avere un’idea della sua importanza non basta fare riferimento ai timidi accenni che alcuni quotidiani specializzati italiani hanno compiuto al riguardo, poiché si sa che la cultura sociale ed economica della nostra informazione è molto concentrata sui fatti nazionali, sui salotti più o meno «buoni» della nostra finanza e molto meno su quanto proviene dalla Banca Mondiale.
Eppure è necessario comprendere che la classifica contenuta in questa pubblicazione, tra i «buoni» sistemi Paese, quelli «meno buoni» e quelli «cattivi» ha un peso specifico enorme per le Agenzie internazionali di rating, per le grandi banche internazionali, le più importanti multinazionali, ovvero per coloro che sono i veri Player dei mercati finanziari mondiali. Il Doing Business finisce per essere ogni anno un autorevole indicatore per attirare direttamente o indirettamente l’interesse della finanza globale su un Paese anziché un altro. Una tale attenzione oggi significa molto perché, senza finanziamenti di carattere internazionale, le economie industrializzate non ottengono risultati. Noi soffriamo di una disattenzione antica rispetto a scenari che vadano oltre il nostro limitato orizzonte nazionale e che traguardino obiettivi imposti da  ineluttabili confronti dai quali dipende non solo il nostro futuro, ma il nostro domani più immediato.
A questa pubblicazione lavorano più di 10.200 specialisti in 189 Paesi, i quali per realizzare le graduatorie seguono una metodologia accurata, basata su fatti estremamente concreti, le «best practices», che i vari Paesi possono vantare non solo come fiore all’occhiello, ma come strumenti operativi per la migliore realizzazione di interessi reali dettati dalle concrete esigenze economico-finanziarie proprie di una visione globale. Per realizzare questa classifica del 2014 sono state prese in esame, infatti, 51 riforme legislative in vigore nei vari Paesi per rendere più facile l’inizio di un’attività imprenditoriale, realizzate tra il giugno 2012 e il giugno 2013, e ben 244 riforme compiute nel mondo negli ultimi cinque anni. Questi misuratori di efficienza dei vari Paesi hanno precisi obiettivi.
Il primo indicatore che viene analizzato si concreta nella facilità di far decollare una qualsiasi iniziativa commerciale o industriale. Viene misurata in termini di risultati la capacità del Paese di assecondare, di affiancarsi all’imprenditore nella realizzazione del suo progetto. Esaminando la classifica dei 192 Paesi presi in esame dal Doing Business 2014, vediamo che il Paese nel quale è più facile avviare un’attività commerciale o industriale è la Nuova Zelanda, perché la legislazione in vigore è riuscita a concentrare tutte le procedure necessarie in una sola struttura, lo «sportello unico» che rilascia tutte le autorizzazioni necessarie in sei ore. Anche la tassazione degli utili è particolarmente bassa: solo l’1 per cento, mentre non è previsto alcun pagamento sul capitale minimo nel caso di società.
Anche la Grecia ha realizzato un importante progresso nel rendere più facile l’inizio di un’impresa, e questo negli ultimi tre anni. Come si vede, le crisi in alcuni Paesi servono a qualche cosa; non mi pare che noi possiamo dire lo stesso, poiché sotto il profilo della pesantezza burocratica e della eterogeneità e molteplicità degli interlocutori da convincere per ottenere le autorizzazioni necessarie a far decollare una nuova iniziativa, per non parlare dei costi, non mi sembra sia cambiato molto.
La Guinea Bissau e la Costa d’Avorio si distinguono tra le economie che hanno compiuto i più importanti progressi per superare le barriere nella regolamentazione pratica per consentire il «decollo» delle nuove imprese negli ultimi cinque anni, in particolare per agevolare le «start up» nel settore delle piccole e medie imprese, riducendo al minimo possibile gli incombenti necessari. Purtroppo l’Italia negli ultimi cinque anni non ha registrato significativi progressi; è sempre dietro a Singapore, Cina, Stati Uniti, Inghilterra ma anche ad Austria, Thailandia, Lituania ecc.
Un’altra area significativa presa in esame è quella relativa alla velocità nel rilascio di permessi di costruzione dei vari Paesi. Evidentemente anche la Banca Mondiale vede nelle opere edili, piccole e grandi che siano, un efficace volano per lo sviluppo delle economie. Lo scenario mondiale preso in esame, anche a riguardo, è particolarmente interessante. I permessi di costruzione si ottengono con grande facilità ad Hong Kong ed in genere in tutta la Cina, dove sono necessarie sei diverse procedure e 71 giorni per completarle. Si noti che la legislazione vigente richiede che i nuovi edifici, o comunque parcheggi, siano dotati di magazzini, cantine, garage, rete fognaria, e i permessi riguardano anche tutti i servizi essenziali quali fognature, rete idrica ed elettrica, linee telefoniche.
Per pervenire a questa graduatoria il Doing Business 2014 ha esaminato le 24 riforme attuate nei vari Paesi nell’ultimo anno per rendere più facile il rilascio dei permessi di costruzione e 109 riforme negli ultimi cinque anni attuate nel mondo. L’Ucraina ha compiuto un passo avanti significativo in questo settore ed ha varato negli ultimi cinque anni una consistente riforma nella regolamentazione pratica del rilascio dei permessi di costruzione. Anche l’Europa e l’Asia Centrale hanno registrato un notevole progresso negli ultimi cinque anni nel rendere più facile il rilascio delle autorizzazioni edilizie, soprattutto riducendo il numero delle varie autorità e mirando alla creazione di un unico interlocutore pubblico.
Anche la facilità con cui si può ottenere una connessione elettrica viene presa in considerazione come elemento di differenziazione tra le varie economie. Quest’anno si è classificata al primo posto l’Islanda, nella quale con quattro procedure e 22 giorni di attesa, ad un costo di soli 5 dollari e mezzo, si riesce ad ottenere il collegamento elettrico. Ai primi posti si trovano la Germania, gli Emirati Arabi, la Svizzera, la Svezia.
Anche la Federazione Russa ha compiuto un massiccio sforzo per rendere più facile l’erogazione di energia elettrica nell’ultimo anno, ed insieme alla Tanzania si è distinta tra i Paesi che hanno realizzato un notevole balzo avanti per abbattere gli ostacoli regolamentari che si frappongono nell’erogazione dell’elettricità. L’Europa e il Centro Asia, invece, mantengono processi ancora generalmente complessi in questo campo. Malgrado la buona performance di due anni fa da parte dell’Acea, l’Italia, è rimasta a metà della classifica. Anche in questo caso il Doing Business 2014 ha esaminato 14 riforme legislative realizzate per rendere più facile l’erogazione di energia elettrica nei vari Paesi del mondo nell’ultimo anno, e 45 riforme dal 2010.
Proseguendo nell’esame dei dieci indicatori posti dal Doing Business 2014 a base delle valutazioni di efficienza e di attrattività dei diversi sistemi Paese, anche la facilità delle operazioni di trasferimento delle proprietà costituisce un rilevante parametro. In questo caso è stata effettuata un’analisi sui diversi sistemi di registrazione dei trasferimenti di proprietà in vigore nei vari Paesi, individuando i relativi costi e la velocità di compimento delle diverse operazioni. Al riguardo il sistema adottato per i registri immobiliari in Italia appare tra i più avanzati, ma presenta costi elevati sia per la necessaria interposizione dei notai mentre in molti sistemi giuridici queste registrazioni vengono effettuate direttamente dalle parti interessate, sia per gli alti costi fiscali connessi.
Tra i Paesi che hanno realizzato un maggiore progresso in questa area negli ultimi cinque anni si distinguono le Maldive, la Danimarca e il Portogallo. Mentre i sistemi più semplici vengono adottati nella Nuova Zelanda, negli Emirati Arabi, in Norvegia, in Lituania, in Danimarca ed anche in Cina. L’Italia si distingue nella prima metà della classifica pur dovendo migliorare sotto i profili dell’accessibilità diretta ai Registri senza intermediazione e dell’unificazione dei molti Registri mobiliari esistenti. Viene quindi valutata la facilità di accesso e di erogazione del credito e di finanziamenti, elementi questi di estrema importanza per la salute delle imprese e per l’espansione economica, che costituiscono un ulteriore indicatore di efficienza-Paese.
Anche questa area è stata studiata con un metodo decisamente anglosassone o meglio statunitense, ovvero sono state esaminate le più significative differenze di trattamento normativo nella tutela dei crediti privilegiati e nella pubblicità di tali diritti nei Registri delle garanzie con l’annotazione dei contratti di creazione dei cosiddetti «secured interests». Si tratta di strumenti giuridici che si sostanziano nella creazione di una garanzia non possessoria, ovvero il bene oggetto della garanzia resta nella disponibilità del debitore-imprenditore il quale continua ad utilizzarlo a fini della sua attività produttiva. Questa garanzia costituisce un elemento di grande importanza sia per la concessione del credito a tassi inferiori rispetto a quelli di mercato, sia per la velocità e automatismo della concessione del finanziamento.
In Italia abbiamo conoscenza di numerose forme di garanzia negoziale, ma non abbiamo né i registri elettronici nei quali vengono iscritti questo tipo di collaterali, né professionalità specializzate nell’assistenza all’impresa con forme di garanzia che ricomprendano tutti i suoi asset, anche di carattere immateriale. Quindi in quest’area c’è molto da fare. Si tratta di prospettive con le quali le nostre banche e finanziarie debbono confrontarsi per rendere il nostro sistema creditizio più flessibile e meno costoso e per costruire una diversa cultura creditizia propria della banca presente nell’impresa, in grado di accompagnarla conoscendo le sue quotidiane necessità. Viste la complessità e l’attualità dei temi affrontati dal Doing Business 2014, continueremo il loro approfondimento nel prossimo numero.    

Tags: Marzo 2014 Lucio Ghia

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