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OUA - COME INTERVENIRE SULLA GIUSTIZIA CIVILE E SUL RICORSO PER CASSAZIONE

La media-conciliazione è fallita, è costata molto, anche 3 mila euro per procedura senza conciliazione; con 450 Camere di conciliazione che fanno capo a società che impongono costi incredibili e ingiustificabili. Ed è incostituzionale

L'Avvocatura ha chiesto di essere ascoltata sulla riforma e riorganizzazione della giustizia civile per illustrare al ministro Paola Severino il Decalogo elaborato dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura. L’audizione non è avvenuta, quindi provo a formulare alcune riflessioni. Anzitutto chiediamo una risposta alla domanda: si può realizzare diffusamente, e non a pelle di leopardo, il processo telematico in tutti gli uffici giudiziari? Il processo telematico è la chiave di ogni problema. Adeguare studi professionali e uffici giudiziari alle esigenze delle nuove tecnologie sembra un passo decisivo per il miglioramento dell’assetto della giustizia.
L’OUA ha proposto l’istituzione del Tribunale tecnologico che si può attuare su almeno 80 uffici giudiziari. Con esso si elimina il materiale cartaceo: non ci sono più i fascicoli materializzati, ma è possibile consultare l’intero processo in via telematica. Analogo procedimento - la trasformazione dal cartaceo in telematico - è stato attuato da tempo dalla Cassa forense con notevoli miglioramenti e abbattimento delle spese. Il processo telematico è fondamentale principalmente per i tribunali minori. Perché non ci proviamo? Si possono usare finanziamenti europei. I costi non sono eccessivi.
Altro possibile intervento per accelerare i processi e smaltire gli arretrati è dato dalle prassi virtuose applicando il metodo Barbuto, che richiama i contenuti di un documento di Strasburgo. Anche nei nostri studi legali tentiamo di applicare il principio delle buone prassi distinguendo le materie e l’impegno di lavoro. Vi sono materie seriali, ripetitive, nelle quali chi lavora ha un metodo meno impegnativo per impostare il lavoro. Dei 5 milioni di processi, quante sono le cause seriali?
Possiamo stimare che le controversie promosse dai consumatori, le cause previdenziali ed altre, siano circa un milione, in gran parte identiche. E allora perché si perde tanto tempo? Si possono scrivere un numero enorme di sentenze all’anno, tutte uguali, o quasi. Mettiamo un bel bollino sui processi identici, creiamo una struttura all’interno di ogni ufficio giudiziario per smaltire le cause ripetitive. Se non facciamo questo, ed è agevole, va a finire che le cause rilevanti vengono trascurate e non si riesce a smaltire l’arretrato.
Un terzo intervento necessario riguarda i giudici onorari, o meglio i giudici laici, oltre ai giudici di pace. In quasi tutti gli uffici giudiziari abbiamo giudici onorari o laici addetti alle funzioni giurisdizionali. Di recente una circolare del Consiglio Superiore della Magistratura ha favorito un più intenso impiego dei Got. A noi risulta che sono più di un milione e mezzo le cause trattate e decise dai giudici onorari. Purtroppo, non se ne fa più menzione nelle relazioni della Corte di Cassazione e delle Corti di Appello. Ora, se vi è l’indicato intenso impiego dei giudici onorari, non vediamo perché non si interviene legislativamente, e al più presto, per inquadrare compiutamente questa figura di giudice con un’adeguata retribuzione, con una selezione nell’accesso, con la fissazione di incompatibilità assolute, con l’introduzione di regole deontologiche di grande rigore.
Tutto è lasciato al caso. E si cade, quindi, nella mala gestio consistente nell’utilizzare senza inquadramento e senza rigore più di 10 mila giudici onorari, senza imporre una normativa che preveda uno statuto di diritti e di doveri di grande effetto. Ripetiamo quanto già detto da alcune componenti dell’Avvocatura: siamo disponibili, almeno con 10 mila avvocati, a fornire le nostre forze ed energie per smaltire gran parte delle pendenze giudiziarie.
Ulteriore intervento necessario: assumere uno o più manager nei grandi uffici giudiziari. La Cassa forense all’inizio dei miei dieci anni di presidenza ha assunto un direttore generale proveniente da una grande azienda italiana. Che c’entrava questa nomina con la previdenza? C’entrava, e come. Così si è creata un’azienda previdenziale che è andata al top ed ha avuto grandi vantaggi nella gestione e ottimizzazione delle risorse. Cominciamo subito: nei grandi uffici giudiziari, abbiamo bisogno di figure manageriali per la gestione dell’azienda giustizia, di soggetti altamente specializzati per consentire forti risparmi ed evitare sprechi. Non si tratta di privare delle funzioni o demotivare i presidenti dei Tribunali o i dirigenti degli uffici, ma di valorizzare le loro qualità con ulteriori specifiche energie.
Tribunali tecnologici, processo telematico, prassi virtuose, giudici laici, managers. Cominciamo ad attuare in maniera diffusa nel territorio queste innovazioni, e non a macchia d’olio. Non in qualche ufficio sì, e in molti altri no. Cominciamo da quegli uffici giudiziari che si vorrebbe abolire e che funzionano oggi bene da giustizia di prossimità. Cominciamo da lì. Perché così anche i magistrati, i giudici togati si possono sentire sgravati da compiti impropri e possono recuperare quella funzione giurisdizionale che è molto importante per i cittadini. Fino ad oggi cosa si è fatto e cosa si è fatto di sbagliato? Non è che non si è fatto niente. Per carità, si è fatto molto e si è fatto molto di sbagliato. Non si è comunque fatto niente, o quasi, di quello che l’Avvocatura ha chiesto.
Altro tema: il giudizio in Cassazione. Ero presente quando, nell’Aula Magna della Cassazione, fu presentata la nuova legge di riforma del giudizio per cassazione che prevedeva la stesura dei «quesiti di diritto» come condizione di ammissibilità del ricorso. Allora dissi che l’introduzione dei quesiti di diritto poteva, sul piano teorico, aiutare la migliore stesura e comprensione delle ragioni del ricorso, ma presentava un’obiettiva pericolosità in quanto non esistevano prassi consolidate di «compilazione del quesito», e ciò si poteva conseguire solo dopo la stesura di alcune decisioni di indirizzo delle Sezioni Unite. Ciò non si è fatto e si sono date interpretazioni diverse da parte delle singole Sezioni. I professori universitari che avevano proposto questa riforma hanno ottenuto che anche i loro ricorsi sono stati dichiarati inammissibili per difetto del quesito formulato.
Se si consultano i testi delle Biblioteche giuridiche, si può rilevare che gli atti e le memorie difensive dei grandi avvocati venivano, all’inizio del Novecento, redatti con la formulazione di quesiti per ogni capo di domanda, mediante i quali si sviluppava il ragionamento sui diversi argomenti pervenendo ad indicazioni e soluzioni attraverso questo tipo di esposizione; ma non c’era certamente alcuna sanzione di inammissibilità affidata alla discrezionalità, se non al volere, dei giudici. C’era solo l’indicazione di un metodo di esposizione. La norma sui quesiti è stata abrogata. Ed è sopraggiunta la mania del filtro in Cassazione.
Prima cinque filtri, poi ridotti a due, di cui uno è incomprensibile e l’altro riguarda la conferma di un consolidato orientamento giurisprudenziale che è, nella sostanza, una vera e propria ragione di infondatezza, e non di inammissibilità, del ricorso, come è stato riconosciuto dalla stessa Corte di Cassazione, che ha aggiunto la parola «manifesta» all’infondatezza. È rimasto il principio dell’autosufficienza, di cui si fa un uso abnorme, per cui un ricorso fondatissimo viene dichiarato inammissibile perché nel ricorso non è citata la clausola di uno statuto o di un contratto, o il testo di una lettera, pur se esibiti in giudizio. Sul punto abbiamo avanzato una proposta molto chiara. Il difensore, nel presentare il ricorso, allega un cd dell’intero fascicolo di parte e di ufficio: uno per ogni giudice.
La verità è questa: si tenta in tutti i modi, anche con mezzi impropri, di stroncare i ricorsi per cassazione che sono numerosi. Laddove per raggiungere questo risultato basterebbe modificare l’articolo 111, settimo comma, della Costituzione. In Francia e in Germania non tutte le materie vanno in Cassazione. L’Avvocatura è disponibile ad esaminare alcune ipotesi di modifica di tale comma dell’articolo 111 della Costituzione. Facciamo le riforme serie ed utili specie in sede di riforma del processo civile.
Il Parlamento ha spazzato via una norma «non intelligente» che prevedeva la presentazione di un’istanza sottoscritta dalla parte per la trattazione delle cause pendenti da più di tre anni davanti alle Corti di appello e alla Corte di Cassazione. La norma è stata provvidenzialmente cancellata. Credo che il sottosegretario Salvatore Mazzamuto abbia avuto un ruolo fondamentale nell’abrogazione di quella norma. Anche noi avvocati, naturalmente. Ho chiamato i miei clienti, non ce ne è stato uno che non abbia firmato l’istanza di trattazione. Uno mi ha chiesto: «Ma non è strano tutto questo? Io ho fatto una causa per tutelare le mie ragioni, avere una sentenza; l’ho fatta poco più di tre anni fa, e lei, dopo due udienze, mi chiede se ho ancora l’interesse ad avere una decisione».
Quanto all’obbligatorietà della mediaconciliazione, l’on. Angelino Alfano, allora ministro della Giustizia, rilasciò al Corriere della Sera questa dichiarazione: un milione di processi in un anno andranno in mediaconciliazione obbligatoria e così potranno smaltire l’arretrato civile. Il risultato è stato deludente e fallimentare. Sono state «definite» in un anno 15 mila? No: ne sono state conciliate 5 mila. La parola «definita» significa anche redazione di un verbale negativo. E poi si comincia la causa.
Quindi la mediazione è fallita. Non solo è costata molto: anche 3 mila euro per procedura senza conciliazione. Con 450 Camere di conciliazione che fanno capo a società per azioni e a responsabilità limitata, che svolgono questo lavoro con costi incredibili e non giustificabili. È quindi incostituzionale, non ci sono dubbi. E interverrà anche l’Europa per sanzionare l’illegittimità dei costi. In Europa è sviluppata la mediazione endoprocessuale, non c’è l’obbligatorietà. Qualche mediazione obbligatoria c’è solo su materie secondarie, bagatellari. Noi abbiamo messo tutto là dentro e il 21 marzo scorso sono entrate in vigore le norme su altre due materie. I cittadini si devono assumere i costi di mediatori per cause che non saranno mai conciliate.
Ma cosa la Politica, meglio il legislatore, sta facendo in questo Paese? Sta creando preclusioni all’accesso alla giustizia, aumentando costi, creando remore, dicendo di non far valere i propri diritti, creando barriere e ostacoli. Abbiamo chiesto di rinviare le due materie - infortunistica stradale e condominio - fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, abbiamo chiesto di sviluppare la mediaconciliazione endoprocessuale, di studiare strumenti affermativi di diversa portata, abbiamo anche i giudici di pace per sperimentare la conciliazione.
Noi avvocati non siamo l’ostacolo, avevamo previsto l’insuccesso della mediaconciliazione obbligatoria. Nelle controversie di lavoro è saltata, così per le locazione. Tutte le precedenti obbligatorietà sono fallite. Non basta portare i conti di un anno all’Europa con una contabilità fittizia dei processi pendenti. È presumibile che quest’anno si facciano meno processi ma nel prossimo il triplo. Anche questo Governo tecnico ha innalzato un muro incredibile. Abbiamo scritto al ministro della Giustizia e chiesto di revocare l’obbligatorietà in base ai risultati negativi e all’incostituzionalità delle norme.

Tags: Settembre 2012 Maurizio de Tilla avvocatura Corte di cassazione giustizia

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