VOTO DI SCAMBIO, LOTTA ALLA MAFIA, IMPUTATI IN PROVA
Il testo del disegno di legge di riforma del reato di voto di scambio politico-mafioso, testé approvato dalla Camera dei Deputati, è il risultato di un significativo sforzo congiunto compiuto dal Governo e dalle principali forze parlamentari. È stato elaborato un testo che costituisce un punto di sintesi e di equilibrio che tiene conto dei problemi e delle difficoltà evidenziate nel corso dell’iter parlamentare. Si è fatto un rilevante passo avanti nella lotta alla mafia, riuscendo ad unire le esigenze di efficienza della macchina investigativa e giudiziaria con quelle della garanzia del diritto di difesa.
Infatti la norma approvata punisce lo scambio delle promesse tra il politico e il mafioso. Da un lato, la promessa del mafioso di procurare voti al politico usando i metodi e la forza intimidatoria dell’associazione mafiosa; dall’altro la promessa del politico di favorire la mafia con qualsiasi tipo di utilità economicamente valutabile, ad esempio appalti, permessi edilizi e posti di lavoro. Lo scambio delle promesse deve essere punito perché un accordo tra politico e mafioso condiziona il voto, influisce sulla competizione elettorale creando un grave vulnus alla sua regolarità e alla legittimazione popolare degli organi eletti, ed instaura un pericolosissimo connubio tra mafia e politica.
La norma che era stata approvata dal Senato è stata anche opportunamente corretta dalla Camera, in particolare eliminando il riferimento alla condotta consistente nel dare la disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze della mafia. Si trattava di una formula assai fumosa che finiva col contrastare con principi cardine del nostro ordinamento, quali quello di tipicità e sufficiente determinatezza delle fattispecie penali, e che avrebbe causato serie difficoltà di accertamento probatorio. Una formula, inoltre, potenzialmente fonte di incertezze giuridiche che avrebbero rischiato di rendere inefficace l’esito dei processi e ondivaga e arbitraria l’azione della Magistratura.
Va comunque chiarito che l’eliminazione di quel Riferimento non è certamente un passo indietro. In primo luogo perché la mafia si combatte con norme chiare e precise che descrivano inequivocabilmente i contorni di ciò che è illecito, perché solo con la chiarezza e la precisione si possono avere norme efficaci che, senza mettere in discussione i principi dello Stato di diritto, siano in grado di essere effettivamente applicate e di raggiungere risultati concreti, con condanne in grado di reggere anche in Cassazione.
In secondo luogo perché bisogna tener presente che chi, senza essere mafioso, si metterà a disposizione della mafia sarà comunque punito per concorso esterno in associazione mafiosa quando il suo comportamento avrà effettivamente agevolato la mafia, per cui la pena per il concorso esterno si sommerà a quella per il voto di scambio politico-mafioso. Con il testo che era stato approvato al Senato, se il politico, oltre ad accordarsi con un mafioso promettendogli denaro o utilità economiche, si fosse messo anche a disposizione della mafia, avrebbe risposto solo del reato di voto di scambio e non anche di concorso esterno in associazione mafiosa.
Da condividere anche la pena edittale fissata dalla Camera per il voto di scambio, considerato che i reati di associazione mafiosa e voto di scambio presentano un disvalore diverso e quindi devono essere puniti con pene diverse, come ha suggerito anche l’autorevole Commissione presieduta dal giurista Giovanni Fiandaca: il primo comporta una partecipazione stabile e continuativa a un’associazione criminale, un inserimento organico nel sodalizio criminale e quindi una vera condivisione delle gravi finalità della mafia; il secondo invece consiste in una condotta limitata nel tempo e nella gravità, circoscritta al momento dell’accordo per scambiare voti e utilità. Il Governo seguirà con la massima attenzione l’iter parlamentare anche al Senato, impegnandosi ad accelerare l’approvazione di questo testo che deve diventare legge prima delle prossime elezioni europee ed amministrative.
Consistenti novità sono state previste anche nel disegno di legge approvato dalla Camera contenente la delega al Governo per la riforma di sanzioni penali e norme in materia di sospensione dei procedimenti nei confronti di irreperibili e di sospensione per la messa alla prova dell’imputato. Il Governo è stato delegato a riformare le sanzioni penali introducendo anche le sanzioni della reclusione domiciliare e dell’arresto domiciliare per reati non gravi; ad ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto del lavoro di pubblica utilità; ad introdurre l’istituto della non punibilità nei casi di particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento illecito; a depenalizzare numerosi reati trasformandoli in illeciti amministrativi tra cui quello di immigrazione clandestina; ad introdurre il nuovo istituto della sanzione pecuniaria civile.
Il disegno di legge introduce disposizioni, immediatamente applicabili, che prevedono la sospensione del procedimento per la messa alla prova dell’imputato il quale, nel procedimento a proprio carico per reati non gravi, potrà chiederne la sospensione al fine di adottare condotte riparatorie o risarcitorie. Verrà inoltre affidato ai servizi sociali per svolgere attività di volontariato e lavoro di pubblica utilità. La sospensione del procedimento verrà revocata in caso di trasgressione reiterata o di non lieve entità al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, in caso di rifiuto di prestare il lavoro di pubblica utilità e di commissione, nel periodo di prova di un nuovo delitto non colposo o della stessa indole di quello per cui si procede. Al termine del periodo di messa alla prova, in caso di esito positivo di questa, è previsto il proscioglimento dell’imputato; in caso negativo, riprenderà il processo.
Sono previste anche norme sulla sospensione del procedimento a imputati irreperibili, per evitare di celebrare processi inutili e contemperare il principio della ragionevole durata del procedimento con la necessità di garantire il diritto dell’imputato alla conoscenza delle sue singole fasi. Il procedimento viene sospeso quando non vi sia prova certa che l’imputato ne è a conoscenza. Disposta la sospensione, ogni anno la Polizia Giudiziaria deve rinnovare le ricerche dell’imputato al fine di riattivare il procedimento.
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