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italia non piu' culla del diritto ma paese dell’illegalita'

Anna Maria Ciuffa e Maurizio De Tilla, fondatori di «Le Professioni per l’Italia»

Proviamo ad indicare alcune gravi lacune del nostro ordinamento giuridico che accre-scono l’illegalità e le disfunzioni del  Paese. Anzitutto è da osservare che, a causa dell’eccesso di produzione normativa, della complessità dei fenomeni sociali e della qualità non sempre adeguata dei testi legislativi, più spesso destinati alla comunicazione politica di quanto non lo siano alla disciplina dei rapporti giuridici, la legge ha in parte smarrito la propria potenza simbolica e la capacità di regolare efficacemente i comportamenti dei cittadini. Si è proposto che si dia certezza al diritto con strumenti interpretativi che assicurino la «prevedibilità delle conseguenze giuridiche dei comportamenti».
Si prospetta di risolvere il problema della mutevolezza delle interpretazioni con il seguente rimedio: «Rafforzare l’autorità dei precedenti provenienti dalle giurisdizioni superiori e gli obblighi di motivazione in caso di scostamento da interpretazioni consolidate». La proposta è buona, ma è difficilmente praticabile. Spesso è, infatti, oscuro e non interpretabile univocamente proprio il precetto legislativo. D’altra parte, legislazione e interpretazioni giurisprudenziali sono mutevoli anche per l’evoluzione dei tempi.
Un forte ostacolo alla competitività del Paese è costituito da carenze nella certezza del diritto. Il «diritto inconoscibile» impedisce il calcolo economico, pregiudica le aspettative e, quindi, blocca od ostacola gli investimenti e la loro convenienza. Inoltre trasforma il cittadino in suddito, perché la garanzia piena dei diritti risiede nelle possibilità di riferirsi ad una regola chiara e nel diritto di ottenere, nel caso di sua violazione, una decisione rapida, da parte del giudice, che assicuri l’effettività della tutela. Di fronte all’improvvisazione e alla confusione del legislatore è spesso il cittadino comune che paga le gravi conseguenze.
La tecnica normativa «a cascata», cioè il rinvio della legge ad altri atti normativi, rende difficile la lettura delle norme e contribuisce all’asistematicità dei contenuti legislativi. Il punto centrale è che bisogna aumentare il tasso di «lucidità giuridica» del legislatore, Parlamento e Uffici legislativi. Inoltre è da rilevare che è una prassi diffusa in Italia l’assenza di una valutazione preventiva delle conseguenze di una legge. L’Air, Analisi di impatto della regolamentazione introdotta nel sistema italiano in base alle indicazioni dell’Unione europea relative alla Better regulation» già nel 1999, e rafforzata tra il 2001 e il 2011, è ancora scarsamente usata. Ciò impedisce che il processo normativo sia sviluppato attraverso una seria valutazione ex ante ed ex post degli effetti di quest’ultima.
In Italia manca quasi sempre la valutazione preventiva delle conseguenze di una legge. Di qui l’emanazione di leggi che provocano risultati disastrosi e negativi. Un esempio clamoroso è dato dalla normativa in tema di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Altro che culla del diritto. Le statistiche e i rapporti internazionali denunciano a più riprese le lungaggini dei processi italiani. Le cui cause reali riguardano la scarsa informatizzazione degli uffici e le carenze di risorse economiche e gli organici di giudici e di personale.
Sono queste le principali cause della «giustizia malata». Il Governo non intende aumentare gli investimenti e la produttività degli uffici giudiziari, ma si affida a due rimedi inidonei a generare produttività e smaltimento dell’arretrato: lo smantellamento di mille uffici giudiziari e la media conciliazione obbligatoria. Che non sono altro che tentativi per demolire la giustizia anche di prossimità per la tutela dei diritti dei cittadini comuni e affidarsi a tagli di mezzi economici che fanno intendere che la giustizia che si vuole garantire è quella che riguarda una ristretta cerchia di cittadini e di imprese.
Invece che cambiare rotta per evitare il «naufragio», il Governo Letta-Alfano ha riprodotto gli stessi errori dei Governi precedenti, privi di progetti seri e articolati in materia di giustizia. Oggi il Governo Renzi deve dare una diversa e articolata risposta. Infine è da segnalare che la giustizia funziona male anche perché la disciplina italiana della responsabilità del giudice è lacunosa e va modificata. Ma non si riesce a tanto per il contrasto tra le parti politiche. Intanto la Commissione europea ha aperto la procedura di infrazione perché la legge n. 117 dell’88 non copre le «manifeste violazioni del diritto europeo». Ben poca cosa rispetto alla discussione che si è aperta nel Paese e che ha assunto un percorso accidentato. Lo Stato risponde oggi dei danni ed esercita l’azione di rivalsa verso il magistrato. Ma sono pochi i casi di rivalsa, ma ancor meno sono i casi di condanna dei magistrati: non più di cinque.  

Tags: Maggio 2014

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