Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Articoli
  • Articoli
  • stefano corrado (sas): il valore nascosto dei dati per lo sviluppo di nuovi servizi. gli open data oltre la data governance

stefano corrado (sas): il valore nascosto dei dati per lo sviluppo di nuovi servizi. gli open data oltre la data governance

Stefano Corrado,  Sales Manager  Pubblica Amministrazione di Sas

A chi servono, perché sono importanti e quale uso possiamo fare dei dati pubblici in formato aperto? Leggere gli open data per scoprire un mondo di correlazioni nascoste. L’intreccio della realtà è costituito da fatti e dati. I dati sono gli indizi che ci aiutano a scoprire i fatti e a rappresentare la realtà. Sono come le parole di un racconto o come la sequenza di un codice.
«Partendo dai dati grezzi è possibile comprendere fenomeni complessi e le mutue relazioni che caratterizzano un certo dominio di conoscenza–spiega Stefano Corrado, Sales Manager Pubblica Amministrazione di SAS–. I dati grezzi sono come un’istantanea della realtà: la loro contestualizzazione, la loro scomposizione attraverso strumenti di analisi avanzata e la loro ricomposizione grazie alla correlazione con altre banche dati, permettono di fornire informazioni completamente nuove. E prendere decisioni strategiche e, nello stesso tempo, rispondere meglio alle nuove sfide del cliente omni-channel, dell’online retailing, dell’ipercompetizione, della gestione dei rischi e delle frodi, dei margini sempre più ridotti e dei clienti sempre meno fedeli».
Gli open data come strumento di trasparenza rientrano nelle tre linee guida dettate dal Governo sull’Agenda Digitale, insieme alla semplificazione e alla revisione della spesa. L’obbligo di pubblicazione online di tutti i dati degli enti locali e centrali promette di premere l’acceleratore sulla riforma della PA. Il processo di gestione delle informazioni prodotte si sta progressivamente evolvendo verso modelli più aperti. Le pubbliche amministrazioni raccolgono, organizzano e gestiscono una vasta quantità di dati pubblici. Bisogna capire, però, che i dati raccolti dalla PA non sono solo funzionali ai processi di trasparenza interna, ma hanno un valore e un potenziale economico molto più ampio per tutta la società.

Cosa sono i dati aperti?
«I dati aperti–spiega Stefano Corrado–sono tipologie di dati liberamente accessibili a tutti, privi di brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione e le cui restrizioni di copyright riguardano eventualmente la citazione della fonte o il rilascio delle modifiche. I linked open data (LOD) si basano su formalismi per la rappresentazione standardizzata dei dati e dei meccanismi condivisi per l’accesso e l’interrogazione di tali dati attraverso l’utilizzo di metadati.
I LOD, come gli open data, hanno l’obiettivo di abbattere le barriere sociali, culturali, legali ed economiche che ostacolano la libera condivisione dei dati tra persone e agenti software. L’interconnessione tra dataset diversi, nata da iniziative di carattere governativo ma anche indipendente, porterà nel giro di pochissimi anni alla creazione di una grande nuvola di collegamenti tra sorgenti dati differenti».
Ci sono molte tipologie di dati aperti che possono avere usi e applicazioni diversi: le informazioni sui conti pubblici e quelle sui mercati finanziari, i dati prodotti dagli uffici statistici, i dati dei musei, quelli della ricerca scientifica, quelli atmosferici e del territorio, fino alle mappe dei trasporti e alle reti di telecomunicazioni. Bisogna avere una visione degli open data in grado di andare oltre la data governance.
«Se si continua a considerare gli open data solo come strumento di governance, si rischia di confondere il mezzo con il fine–avverte Corrado­–. I dati aperti non sono l’obiettivo, ma lo strumento per costruire non solo un’amministrazione più efficiente e trasparente, ma anche nuove prospettive di crescita economica. Come la trasparenza non può essere un mero adempimento normativo, il valore strategico dei dati aperti dipende dall’uso che se ne fa. In attesa di costruire un modello di ‘data monetization’ valido anche per gli open data, non è più possibile continuare a parlarne senza riflettere su una strategia condivisa tra soggetti pubblici e operatori privati. Con quale scopo? Quello di vedere i dati delle amministrazioni come elemento infrastrutturale e ricchezza per il Paese in termini di opportunità economiche, crescita occupazionale, riduzione degli sprechi e aumento dell’efficienza».

La sfida di sas sui dati aperti
«La sfida di SAS sta nel supportare la PA sia nella generazione di open data attraverso le soluzioni di Data Management, sia nel loro utilizzo strategico attraverso strumenti di Business Analytics. Gli open data sono a tutti gli effetti un enorme database aperto e distribuito–prosegue Corrado–. All’interno di questo patrimonio di dati grezzi sono nascoste informazioni di valore sociale ed economico per lo sviluppo di nuovi servizi. Le classifiche delle città o delle regioni più diligenti ad aprire i dati e il numero dei dataset rilasciati, in realtà, contano poco. È importante, invece, quanto quei dati possano contribuire a risolvere un problema, migliorare la qualità della vita dei cittadini, fornire risposte alle imprese».
Ma se gli open data sono uno strumento, qual è l’obiettivo? «Spesso si parla di open data senza avere una strategia», risponde Stefano Corrado. «Che uso bisogna farne? La normativa è chiara: obbliga le pubbliche amministrazioni centrali e locali alla pubblicazione di questi dati. Attualmente l’Italia produce quasi diecimila dataset in formato aperto, resi noti dalle amministrazioni pubbliche sui loro portali web. Rispetto ai tremila disponibili a settembre 2012, questo aumento segnala che la PA italiana sta rispondendo in modo positivo. Il prossimo passo sarà quello di sfruttarli per creare valore».

La sfida del paese
Secondo i dati del Governo americano, gli open data valgono 4 punti di prodotto interno lordo e un milione di posti di lavoro. «Negli USA esistono molti servizi che vengono erogati, incrociando i dati pubblici - dice Stefano Corrado. In Italia, il fenomeno è ancora marginale, esistono piccole startup che hanno lanciato app sugli open data. Le imprese italiane - e tra queste includo anche le filiali regionali delle grandi multinazionali - non hanno ancora una visione chiara di questo fenomeno. L’AgID dice che siamo alla fase due degli open data, anche se dal punto di vista delle idee, siamo ancora alla fase uno. Al G8 di giungo 2013, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha spiegato all’Europa il piano americano per gli open data. Se l’Italia non sarà pronta sia da un punto di vista infrastrutturale sia culturale, la PA fornirà i dati a terzi, che li rivenderanno sotto forma di servizi. E com’è successo nelle telecomunicazioni, presto o tardi arriveranno gli OTT dei dati aperti che costruiranno nuovi modelli profittevoli di business».  

Tags: Giugno 2014

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa