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tiziano treu: si deve facilitare il passaggio dal lavoro alla pensione

Tiziano Treu, già commissario  straordinario dell’Inps

Dopo aver traghettato l’Italia dei lavoratori in molte delle sponde che le varie legislature hanno toccato, sia in qualità di ministro del Lavoro prima, dei Trasporti dopo, sia come economista esperto e consulente dalla lunga carriera accademica internazionale giuslavorista, sia come senatore e nelle varie Commissioni lavoro, sia come componente del Cnel, e dopo aver legato il proprio nome al «Pacchetto Treu» da cui trae origine la legge n. 196 del 1997 recante norme in materia di promozione dell’occupazione, che ha introdotto e regolato in Italia il lavoro interinale (adesso «in somministrazione»), Tiziano Treu è stato commissario straordinario dell’Inps. 

Domanda. Lei ha auspicato l’introduzione di «qualche elemento di flessibilità sull’età pensionabile» e ha rilanciato una proposta alternativa all’anticipo del Tfr: in cosa consiste?

Risposta. C’è crescente consenso sulla necessità di introdurre qualche forma di flessibilità nell’uscita dal lavoro verso la pensione. In proposito esistono varie proposte, cui anche io ho contribuito da senatore. L’Inps stesso avanzerà qualche ipotesi, corredata da una stima delle implicazioni finanziarie che sono evidentemente importanti. Si tratta non di negare l’impianto della riforma Fornero che resta fondamentale, ma di introdurre alcuni correttivi che facilitino un passaggio graduale dal lavoro alla pensione, tenendo conto delle diverse condizioni dei singoli pensionati. Una certa flessibilità è necessaria non solo nel lavoro, ma anche nei sistemi pensionistici, proprio per adattare le norme alla mutevole realtà delle situazioni di lavoro e di vita. 

D. Secondo l’Inps un intervento regolatorio della riforma Fornero è necessario: quali sono i correttivi per una maggiore flessibilità in uscita e per le pensioni anticipate? È utile cercare forme di flessibilità in uscita con penalizzazioni decrescenti per chi ha raggiunto 35 anni di contribuzioni?

R. Le proposte sono diverse e andranno valutate una per una ed è possibile immaginare anche di lasciare ai singoli la possibilità di scegliere fra quelle più rispondenti alle proprie esigenze. Una prima ipotesi, da tempo avanzata, è di prevedere un possibile pensionamento di qualche anno, due o tre, prima rispetto all’età legale con penalizzazioni di misura variabile a seconda dell’anticipo. Ma tale soluzione, già pensata per le donne che adottino il sistema contributivo fino al 2015, può essere estesa agli uomini. Oppure, più in generale, si può dare a tutti l’opzione di pensionarsi entro una fascia di età, ad esempio da 62 a 70 anni, adeguando la pensione in più o in meno a seconda della data prescelta per la pensione dentro la fascia. Un’altra possibilità, prevista ad esempio in Francia e Spagna, è di offrire ai lavoratori cui manchino tre anni alla pensione, l’opzione di lavorare a part time, acquisendo una pensione parziale, così da minimizzare la perdita di reddito. Una ulteriore soluzione prevede che al lavoratore anziano sia corrisposto - anche qui due-tre anni prima dell’età pensionabile - un anticipo della pensione, in misura da definire. L’anticipo andrebbe restituito dal lavoratore al raggiungimento dell’età pensionabile con opportune rateizzazioni, senza interesse e con eventuali aiuti da parte delle aziende. Tale proposta è stata studiata in Italia dal ministro Giovannini e ipotizzata dal ministro Poletti, sulla base di simulazione di costi da parte dell’Inps.

D. È possibile mettere un tetto massimo alle pensioni come esisteva sino agli anni Ottanta? Quanti sono i titolari di più pensioni? È possibile unificarle in una sola pensione?

R. L’applicazione del metodo contributivo alla gran parte dei regimi pensionistici ha già contribuito a superare precedenti situazioni di sperequazione fra le pensioni. Nel sistema contributivo esiste un tetto massimo ai contributi e di riflesso sulle relative prestazioni. Resta semmai da completare l’opera di definitivo superamento dei regimi pensionistici speciali. L’attuale legge di stabilità ha introdotto un limite anche per chi è in regime misto e potrebbe andare oltre il limite dell’80 per cento, cumulando periodi di regime retributivo e contributivo. Tale cumulo non può comunque comportare pensioni superiori al livello raggiungibile secondo le norme di ciascun regime. 

D. Lei dovrebbe portare a compimento il progetto del «SuperInps», cioè la confluenza di Inpdap e Enpals nell’Inps. A che punto siamo?

R. La confluenza di Inpdap ed Enpals nell’Inps è un’operazione complessa perché si tratta di mettere insieme, con coerenza ed equilibrio, non solo sistemi di regole ma anche strutture e culture diverse. Finora sono state compiute alcune di queste operazioni, in particolare l’armonizzazione delle regole di bilancio e delle strutture direzionali, e l’unificazione di gran parte delle sedi territoriali, il che ha comportato risparmi di diverse decine di milioni di euro. Il compito più importante ancora da completare è la ricostruzione del conto assicurativo dei dipendenti pubblici, il che permetterà di avere una ricostruzione esatta della storia contributiva di questi dipendenti, come esiste per i privati. È impegno dell’Istituto di portare a termine tale compito entro il 2015.

D. Come procedono i lavori sulla «busta arancione», ovvero la possibilità per chi è iscritto all’Inps di simulare online quale sarà la propria pensione?

R. La strumentazione necessaria per realizzare la «busta arancione» è già pronta ed è stata presentata al ministero del Lavoro, che ha convenuto sulla sua importanza. Inoltre si è avviato un test della sua praticabilità inviando per via telematica a 10 mila soggetti provvisti di pin un invito a utilizzare il sistema per simulare la futura pensione. Il test sta avendo un buon esito, perché nei primi 15 giorni hanno risposto 3.558 soggetti con 5.050 accessi complessivi e hanno dato un giudizio positivo sull’utilità del progetto. Nel test si è chiarito che si tratta di una simulazione necessariamente approssimativa poiché legata a variabili quali le dinamiche retributive dei soggetti e gli andamenti dell’economia. Le indicazioni, pur approssimative, sono utili a dare maggiore consapevolezza ai lavoratori delle loro prospettive pensionistiche, cioè dell’ordine di grandezza di quanto può loro spettare al raggiungimento dell’età pensionabile; e quindi di prendere le decisioni più idonee, in particolare sulla opportunità di integrare la pensione pubblica con una previdenza integrativa.

D. Quali sono le proposte per uscire dal commissariamento e per migliorare la governance dell’Inps? Il bilancio è a rischio di passività nei prossimi anni?

R. Esistono diverse proposte, anche presentate da vari parlamentari, per dare all’Inps una governance stabile. Di questo l’Istituto ha grande bisogno, per poter affrontare con prospettive sicure di medio periodo i compiti sempre più complessi ad esso richiesti. Tali proposte convergono su alcuni punti fondamentali quali la previsione di un Consiglio di amministrazione autorevole e composto di persone professionalmente competenti, nominato dall’esecutivo; di un Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) con un numero di componenti delle parti sociali più contenuto di quello attuale, ma con poteri chiari di indirizzo e di vigilanza e controllo; di un collegio sindacale ugualmente ridotto di numero e competente. La sollecita approvazione della riforma della governance permetterà all’Inps di consolidare le proprie strategie e di migliorare la sua gestione, che è già solidamente impostata. Permetterà allo stesso tempo di offrire prospettive sicure sul futuro del sistema pensionistico che peraltro dopo la costituzione ed estensione del metodo contributivo è già messo in sicurezza. Il bilancio dell’Inps riflette la solidità del sistema e non presenta alcun rischio nei prossimi anni. Le passività rilevate in questi anni nella gestione Inpdap non costituiscono passività strutturale ma conseguono a ritardi di adempimenti contributivi da parte delle stesse amministrazioni pubbliche: ritardi che sono stati in larga misura sanati. 

D. Quali sono i rapporti di collaborazione con gli altri grandi patronati previdenziali?

R. L’Inps ha da anni stretti rapporti di collaborazione con i maggiori patronati per lo svolgimento delle principali pratiche previdenziali dei lavoratori e dei pensionati. I dati testimoniano l’importanza di tali collaborazioni perché segnalano che nel 2013 il numero delle nuove domande di servizio patrocinate dai patronati è stato pari a 4.987.083. Per questo è importante che i patronati possano continuare la propria opera senza subire tagli che possano pregiudicarla. Peraltro è essenziale che essi si diano un’organizzazione più efficiente, ad esempio coordinandosi con l’attività dei Caf e prevedendo lo svolgimento di prestazioni a tariffa, secondo convenzioni concordate con l’Inps.

D. La divisione in due enti, uno per la previdenza e l’altro per l’assistenza, auspicata negli anni Novanta, può tornare di attualità?

R. Non è necessaria una divisione in due enti, uno per la previdenza ed uno per l’assistenza; è sufficiente che siano chiarite in modo trasparente le diverse prestazioni erogate su base previdenziale assicurativa e quelle invece di carattere assistenziale, cioè pagate con fondi statali. Tale distinzione si può perfezionare ma è già largamente definita. 

D. È utile un’inchiesta su come è stata operata la dismissione del patrimonio immobiliare dell’Inps?

R. L’Inps è intervenuto a completare l’opera di dismissione del proprio patrimonio immobiliare, già avviata da anni. La soluzione più efficiente e sicura è di conferire il patrimonio a fondi immobiliari pubblici, in particolare Invimit e IdeaFimit, cui partecipa anche l’Inps, nella misura e secondo modalità definite dai ministeri vigilanti. Le operazioni di dismissione attuate nel passato si sono svolte secondo le procedure tempo per tempo vigenti. Esse sono state debitamente controllate con esiti che allo stato non sembrano richiedere ulteriori indagini.

D. È stato nominato dal Governo commissario straordinario dell’Inps ma la riforma Madia dice che, a chi è pensionato, non si possono dare incarichi nella Pubblica Amministrazione per più di un anno e comunque a titolo gratuito. Può chiarire la sua posizione?

R. La circolare del ministero della Funzione pubblica sull’applicazione della riforma Madia ha chiarito che gli incarichi attribuibili ai pensionati riguardano quelli conferiti dalle singole amministrazioni pubbliche che sono specificamente indicate dalla stessa circolare. Fra queste non rientrano gli incarichi conferiti dal Governo né dagli altri organi costituzionali. Pertanto i limiti della norma non si applicano alla mia nomina.

Tags: Gennaio 2015 lavoro Inps pensionati Tiziano Treu pensione

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