Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Articoli
  • Articoli
  • diffusa LARGAMENTE, ANCHE FUORI DEI GIORNALI SPECIALIZZATI, LA PAROLA INDICANTE UNA MOLECOLA

diffusa LARGAMENTE, ANCHE FUORI DEI GIORNALI SPECIALIZZATI, LA PAROLA INDICANTE UNA MOLECOLA

LUCIANO CAGLIOTI, Professore emerito dell’università Sapienza di Roma

Vivere nella scienza significa, soprattutto, avere curiosità, fare e farsi domande. Anche le più astruse, o le più ovvie. Che, spesso, ovvie sono solo all’apparenza. Per esempio, lo zucchero. Diciamo: è dolce. Ma per poter dire «dolce» occorre che vi sia un estraneo, un signore che assaggia lo zucchero e riporta una sensazione di gradimento. Il «dolce» è un concetto relativo, come altri. Altro esempio la musica. Dire «La musica di Frédéric Chopin è bella» implica che un signore ascolti ed emetta un giudizio. Ci si può porre una domanda: come mai alcuni gusti sono «eterni», nel senso che lo zucchero piace oggi come piaceva anche diecimila anni fa? Può esservi qualche relazione con i principi dell’eredità genetica, ed in particolare del Dna?
Ormai diffusa largamente al di fuori dei giornali specializzati, la sigla Dna indica una grande molecola chimica formata da una catena di 4 diversi gruppi collegati l’uno all’altro. Una catena di Dna si associa con una seconda catena, in una doppia elica; anche questa espressione compare sempre piu frequentemente su quotidiani e settimanali. Ogni organismo vivente è caratterizzato da un proprio specifico Dna, che contiene tutte le informazioni utili perché l’organismo sia quel tale organismo.
Può valere un’analogia con i calcolatori: il Dna è il programma, il software dell’organismo, che costituisce l’hardware. Al momento del concepimento di un essere umano, il Dna del padre e quello della madre si fondono in un nuovo Dna che, da quel momento in poi, caratterizzerà il nuovo individuo. Ha «gli occhi della madre», il naso è «tutto suo padre», i capelli, la forma delle mani: somiglianze fisiche, ed anche atteggiamenti, tendenze, carattere.
Quanto il comportamento di ognuno di noi deriva da fattori ambientali, quanto invece dal nostro Dna? Sulle riviste scientifiche è stata riportata, anni orsono, una notizia piena di significati e di domande. Sono state esaminate, soprattutto per iniziativa del prof. Michael Ohno in California, alcune molecole di Dna, ponendo particolare attenzione alla successione dei quattro diversi gruppi che, come abbiamo ricordato sopra, compongono il Dna stesso.
I gruppi vengono indicati con quattro lettere, A, T, G e C, per cui il Dna può essere rappresentato da una parola composta da migliaia e migliaia di lettere, scelte fra le 4 sopra citate. Sono state riscontrate ripetizioni di gruppi di lettere, così come nelle sinfonie vi sono ripetizioni di un particolare motivo. Calcolando frequenze, successioni, ripetizioni di lettere e di gruppi di lettere, e paragonando ad analoghe situazioni che si verificano per le (sette ) note musicali, è stato ritrovato un tema principale, e le sue varianti, sviluppato con variazioni sulle quali si sovrappone un tema secondario, in un contesto che può essere definito «armonia». E di vera armonia si tratta se è vero, come è vero, che in alcuni siti internet si possono ascoltare gradevoli brani di «musica al Dna».
Interessante, ma anche inquietante. Soprattutto se si considera quanto scritto da Jeremy Charfas nel saggio «Ingegneria Genetica» edito da Boringhieri: «Il messaggio del Dna ha senso anche se è letto, per cosi dire, dal fondo alla cima. Se ne ha un esempio nel Canone del Granchio, dall’offerta musicale di Johann Sebastian Bach. Ma questo è opera dell’inventiva dell’uomo, ed è nato per dimostrare l’abilità compositiva dell’autore. Che la stessa cosa sia stata fatta dal Dna è estremamente interessante».
Inquietante, dicevamo, soprattutto se si ricorda quanto scritto da Lila Gatlin nel saggio «Information theory and the Living System», che riferisce di notevoli analogie «nelle strategie» di alcune costanti di ridondanza del Dna e del linguaggio umano, in particolare la lingua inglese. L’uomo pensa, parla, ascolta la musica. Il mio linguaggio è collegato alla struttura del mio Dna, che del mio io è il punto di partenza e la caratteristica più significativa? I dati della Gatlin non permettono di affermarlo, ma danno un’indicazione positiva in questo senso.
 Mi piace Frédéric Chopin, o Ludwig van Beethoven per una mia libera sensazione, o l’armonia che esiste nel mio Dna è in qualche modo determinante nel mio atteggiamento nei confronti di un certo tipo di musica? Tornano alla mente le parole di Breitemberg, direttore del Laboratorio di cibernetica del Max Planck Institute: «Il nostro cervello potrebbe avere incorporate fin dalla nascita le leggi che regolano l’universo». I nostri circuiti cerebrali, se così fosse, rifletterebbero, nella loro struttura, le leggi naturali che poi cerchiamo ed esprimiamo. Passi piccoli, ma significativi, verso una sintesi globale di ciò che l’uomo può conoscere.   

Tags: Gennaio 2015

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa