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parità di accesso in tutta Europa

Maurizio de Tilla, presidente dell’ANAI, Associazione Nazionale Avvocati Italiani

L'AEDH ha stilato un manifesto per un’Europa dei diritti umani che poggia su alcuni concetti fondamentali. Anzitutto, una cittadinanza di residenza europea che conferisca a tutti i residenti gli stessi diritti civili e politici. Perché l’Europa sociale primeggi sull’Europa mercantile, l’Unione Europea deve assicurare la parità di accesso ai diritti economici, sociali e culturali e armonizzare dall’alto le diverse politiche sociali. Se l’UE non vuole perdere la propria credibilità in materia di lotta contro tutte le discriminazioni in tutti i settori, deve essere adottato il nuovo progetto di direttiva contro le discriminazioni bloccato al Consiglio da vari anni. Un elemento essenziale della lotta contro le discriminazioni è l’azione per la parità dei diritti.
L’UE deve garantire ad ogni migrante il pieno esercizio dei suoi diritti, nella loro universalità e la loro indivisibilità. Ogni richiedente asilo deve essere accolto dignitosamente e avere la garanzia di disporre dei mezzi materiali e giuridici per presentare la richiesta di protezione, ovunque esso si trovi nel territorio dell’UE. Tutti gli Stati membri devono offrire condizioni di accoglienza per consentire ai richiedenti asilo di vivere dignitosamente per tutta la durata della procedura d’asilo. Non c’è alcuna plausibile ragione perché l’Europa faccia orecchi da mercante alle istanze italiane che lamentano le disattenzioni in relazione ai problemi delle coste italiane diventate la frontiera europea delle immigrazioni.
La maggior parte degli immigrati transita in l’Italia e si trasferisce nelle altre regioni europee dove trova maggiori occasioni di lavoro e sistemazione. La preoccupazione italiana è non riuscire a fronteggiare il crescente fenomeno di immigrazione sul piano sia organizzativo sia economico. E gli altri Paesi europei non vengono in soccorso, avendo i loro problemi per la sempre più ampia presenza di immigrati. Ma vi sono altri punti essenziali per affermare un’Europa dei diritti umani. I detenuti rimangono dei cittadini, privati in via eccezionale della libertà in virtù della legge, libertà che ritroveranno dopo aver scontato la pena. Per cui i loro diritti al lavoro, alla formazione, alla previdenza sociale devono essere mantenuti.
Prima di condannare ad una pena di reclusione, ogni altra pena alternativa deve essere valutata. Le condizioni di reclusione devono essere armonizzate nell’Unione europea verso standard più elevati. La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale e non uno «strumento per la crescita economica». La protezione dei dati personali va garantita con le stesse garanzie da un unico testo giuridico in ambito amministrativo, sociale, commerciale ed economico, della polizia, della giustizia e dell’interno.
In Europa deve prevalere una cultura ispirata al paradigma dei diritti umani. Le definizioni di cultura e di diversità culturale trovano nei diritti umani un necessario orizzonte di riferimento e limitazione. La Convenzione dell’Unesco sulla protezione della diversità delle espressioni culturali (2005) afferma: «La protezione e la promozione della diversità culturale presuppongono il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali quali la libertà di espressione, d’informazione e di comunicazione nonché la possibilità degli individui di scegliere le proprie espressioni culturali». La Dichiarazione universale dell’Unesco sulla diversità culturale (2001), stabilisce: «La difesa della diversità culturale è un imperativo etico inscindibile dal rispetto della dignità della persona umana. Essa implica l’impegno a rispettare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, in particolare i diritti delle minoranze e dei popoli autoctoni». Il legame tra una definizione, seppur aperta e controversa, di «cultura» e il paradigma diritti umani si definisce, tuttavia, ancora più profondamente, facendo riferimento alla nozione di «dignità umana».
Pur riportandone l’ampiezza di significati ed espressioni, molti documenti internazionali riconoscono nella cultura una fondamentale espressione di umanità. Nella Dichiarazione di Città del Messico sulle politiche culturali (1982) si afferma a questo proposito: «È la cultura che ci rende specificamente umani, esseri razionali, dotati di giudizio critico e di impegno morale. È attraverso la cultura che scegliamo i valori a cui appellarci e compiamo delle scelte. È attraverso la cultura che l’uomo esprime se stesso, diviene consapevole della propria umanità, riconosce la sua incompletezza, mette in discussione le sue conquiste, ricerca instancabilmente nuovi significati e crea delle opere attraverso le quali trascende i propri limiti».
Con lo stesso tono si esprime la Dichiarazione di Friburgo sui diritti culturali, redatta nel 2007 dal cosiddetto «Gruppo di Friburgo», gruppo di esperti affiliati all’Istituto interdisciplinare di etica e dei diritti dell’uomo (Iiedh) dell’omonima università svizzera. Questo documento definisce, nell’articolo 2b, l’identità culturale come: «L’insieme dei riferimenti culturali con il quale una persona, da sola o con gli altri, si definisce, si costituisce, comunica e intende essere riconosciuta nella sua dignità».
Bisogna recuperare l’Europa dell’anima rispetto a quella della moneta. Claudio Magris sul Corriere della Sera ha scritto che «Chi contrappone con retorica spiritualeggiante l’Europa dell’anima a quella, espressamente volgare, della moneta, dimentica che quest’anima consiste anche nella concezione che si ha della moneta, senza la quale non c’è pane sulla tavola delle famiglie, né scuole per i propri figli». Il problema non è quello di contrapporre l’anima alla moneta, quanto quello di evitare che il mercato finanziario la faccia da padrone assoluto. Il capitalismo deve essere umano e non parassitario. Zygmunt Bauman sostiene a ragione che i poteri finanziari che determinano benessere e miseria per milioni di persone si sono costituiti in un dominio extraterritoriale, una terra di nessuno.
La politica di un legislatore sensibile alle pretese normative di una cittadinanza democratica deve trasformare le richieste di solidarietà dei marginalizzati in veri diritti sociali. Esiste uno stretto nesso concettuale (e reale) tra «giustizia politica» e solidarietà. L’austerità non produce «di per sé» solidarietà, anzi è spesso il contrario se i sacrifici non danno corso ad una redistribuzione a favore dei ceti meno abbienti, senza il filtro di una politica che è spesso clientelare e corrotta. Per realizzare quanto sopra bisogna riformulare una costituente per l’Europa, che ha già perso varie occasioni per l’Unione politica.    

Tags: Marzo 2015 Europa Unione Europea Maurizio de Tilla unesco immigrazione

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